| inviato il 07 Giugno 2020 ore 12:32
Nel 1990 fu introdotta la pellicola che per una quindicina d'anni ha rappresentato la scelta pressoché unanime dei fotografi professionisti del periodo finale di quella che può (a ragione) definirsi l'epoca d'oro della fotografia chimica. Nasceva, nelle intenzioni del colosso giapponese Fuji, con lo scopo dichiarato di scalzare la rivale statunitense Kodak dall'Olimpo della fotografia sul quale essa era comodamente assisa, in veste di protagonista assoluta, dal lontano 1935 grazie alle mitiche (o forse sarebbe meglio definirle mitologiche?) pellicole Kodachrome 25 e 64 ASA. L'impresa in realtà si prospettava tutt'altro che semplice perché le emulsioni sue rivali, nonostante l'anzianità di progetto (ma secondo molti esperti e commentatori proprio in virtù di questo) erano ancora insuperate sia dal punto di vista della risoluzione che della finezza di grana e inoltre, dopo oltre mezzo secolo sulla cresta dell'onda, erano talmente conosciute e apprezzate che la maggior parte delle riviste di quegli anni accettava quasi esclusivamente servizi realizzati con pellicole Kodak; e una testata in particolare, forse la migliore di tutte, certamente la più conosciuta e prestigiosa, il celeberrimo National Geographic Magazine, per i suoi servizi non accettava materiale iconografico che non fosse stato ripreso, e questa era di fatto una condicio sine qua non, con pellicole Kodachrome. Inoltre poi sul finire degli anni '40 (se non ricordo male), e maggiormente per i mercati al di fuori di quello degli Stati Uniti d'America, la Casa Gialla aveva presentato... e di fatto quasi imposto, una sua nuova emulsione per diapositive, la Ektachrome 64, che seppure leggermente inferiore alle cugine Kodachrome - sia per risoluzione che per finezza di grana - e nonostante una resa cromatica sostanzialmente diversa rispetto alla loro, era riuscita a ritagliarsi uno spazio tutto suo, sempre all'interno di un mondo estremamente esigente come è quello dell'Alta Editoria, al punto che ormai la posizione di preminenza mondiale di Kodak era considerata non solo un dato di fatto assodato ma, soprattutto, nei fatti IMMUTABILE! La Storia ha dimostrato che le cose, tutte le cose... anche quelle ritenute immutabili, in realtà temono l'inesorabile scorrere del tempo e alla fine, nonostante il forte scetticismo iniziale nei confronti di una pellicola che non solo era per davvero una concorrente agguerrita ma, addirittura, si presentava con delle caratteristiche effettivamente superiori a quelle delle emulsioni rivali, al punto che all'atto pratico il confronto, seppure con molte e in parte anche giustificate resistenze da parte degli addetti ai lavori (non dobbiamo infatti dimenticare che in quegli anni le tipografie lavoravano da oltre mezzo secolo sempre con le stesse pellicole, pellicole che quindi erano ormai non solo apprezzate ma anche e soprattutto conosciutissime in ognuna delle loro infinite sfaccettature), quel confronto dicevo, che all'inizio sembrava improponibile, da un lato, dall'altro si è dimostrato semplicemente senza storia al punto che al giorno d'oggi la Velvia, anche e soprattutto a causa del fatto che il sopraggiungere della rivoluzione digitale ha impedito ogni ulteriore evoluzione di una pellicola che invece, nelle intenzioni dei progettisti, doveva essere solo il primo tassello di una nuova generazione di emulsioni fotografiche che però non potè più realizzarsi per i motivi appena addotti, e fu così quindi che alla fine alla pur eccellente (ma ancora migliorabile) Velvia è rimasta, ab aeterno purtroppo (a meno che non avvengano ulteriori sconvolgimenti epocali di cui invero si avvertono da tempo i prodromi ) la palma della migliore emulsione fotografica di tutti i tempi A tutti gli appassionati cui dovesse interessare l'argomento auguro una buona chiacchierata ma mi raccomando, evitiamo le solite diatribe chimico contro digitale... in questa discussione l'argomento numerico è da considerarsi del tutto fuori luogo. Grazie |
| inviato il 07 Giugno 2020 ore 13:20
A me le velvia piacciono.. tirano fuori dei cieli fantastici. |
user155906 | inviato il 07 Giugno 2020 ore 13:26
Assolutamente la mia pellicola preferita, incredibilmente dettagliata e con colori fantastici. P. S. Grazie per aver scritto "fotografia chimica" finalmente |
| inviato il 07 Giugno 2020 ore 13:44
La velvia poi aveva un innegabile vantaggio su lla kodakrome: la si poteva sviluppare da soli in casa |
| inviato il 07 Giugno 2020 ore 13:49
ho diapositive 6x7 e 6x9 spettacolari con la velvia 50 |
| inviato il 07 Giugno 2020 ore 14:03
Ah, la Velvia... Mon amour, mi ricordo che aspettavo la paghetta per andare a comprare il rullo con lo sviluppo omaggio. Che nostalgia... Quasi quasi metto sotto carica la batteria della Eos 1V, domani vado dallo spacciatore e mi faccio un 36 pose. |
| inviato il 07 Giugno 2020 ore 14:09
La Velvia rimane un'emulsione di eccellenza assoluta. A mio avviso, la Kodachrome 64 ha una maggiore duttilità che la rendeva più adatta ad un uso editoriale, in condizioni imprevedibili o difficili. |
| inviato il 07 Giugno 2020 ore 15:08
Beh Ponz se è solo per questo io adopero esclusivamente il termine "fotografia chimica"; l'aggettivo analogico, lo dico francamente, non lo sopporto affatto, oltre a non sembrarmi neppure corretto. |
| inviato il 07 Giugno 2020 ore 15:28
Verissimo Bergat, anche se poi l'E6 (e di seguito la sua variante Fuji CR-56) era stato messo a punto per le pellicole Ektachrome e volutamente lasciato libero, al contrario del K-12 e del successivo K-14 (all'inizio degli anni '70) che invece erano brevetti Kodak, proprio per fornire da un lato un prodotto che facilitasse la sempre più profonda compenetrazione di Kodak nel mercato fotografico, tattica efficace visto che negli anni '80 essa deteneva una posizione pressoché monopolista in detto mercato, e dall'altro per lasciarsi comunque una nicchia di eccellenza personale con la quale rimarcare (semmai ce ne fosse stato bisogno) la propria completa superiorità! Ecco perché, tra le altre cose, la sfida portata da Fuji con la Velvia è così tanto importante: ossia perché con essa la casa nipponica si riproponeva apertamente di mettere in discussione le basi stesse della pluridecennale supremazia Kodak. |
| inviato il 07 Giugno 2020 ore 15:33
Attento Ottobrerosso... la dipendenza comincia (oppure ricomincia) dalle piccole dosi |
| inviato il 07 Giugno 2020 ore 15:47
Vero quel che affermi caro Ale, ma vero fino a un certo punto. La Velvia è stata denominata in questo modo proprio per l'attinenza di questo nome col termine inglese VELVET (velluto) proprio perché, nelle intenzioni di Fuji, questa pellicola doveva essere satura e densa, da un lato, mentre dall'altro doveva mantenersi delicata ed estremamente sfumata... come il velluto appunto che coniuga, senza compromessi, grandi virtù di resistenza e di morbidezza insieme. Un progetto chiaramente difficile da ottenere non per limiti propri della pellicola quanto piuttosto per tutta una serie di piccoli "sabotaggi" messi in atto da Kodak per mettere in difficoltà la pericolosissima rivale. Non per nulla a un certo punto, nel periodo a cavallo del millennio, le Velvia trattate nei soli tre o quattro laboratori che in Italia usavano chimici Fuji, risultavano del tutto diverse rispetto a quelle trattate con i normali chimici Kodak. |
| inviato il 07 Giugno 2020 ore 15:56
Appunto per questo Fuji fu poi costretta a rivedere la composizione chimica della Velvia, ricordate nel 2007 il passaggio dalla "Velvia" alla "Velvia 50" vero? un passaggio che senza modificare in alcun modo la resa della pellicola servì unicamente a renderla più tollerante nei confronti dei comuni bagni E6 che nel frattempo erano divenuti sempre meno compatibili con essa. |
| inviato il 07 Giugno 2020 ore 16:37
Paolo, la Velvia è stata ed è tuttora una pellicola straordinaria, i Giapponesi si sa hanno copiato le tecniche occidentali e le hanno rese perfette. Basti pensare che si diceva che le prime Ferrari prodotte andavano in Giappone, dove venivano analizzate pezzo per pezzo per studiare la tecnica. Alcuni potrebbero dire “ che copioni”, ma bisogna essere in grado di copiare. Sotto l'aspetto fotografico sono i numeri 1!! Danno prodotti vicino alla perfezione a costo medio, non come i blasoni Leica e company. Ritornando alla Velvia, è stata l'evoluzione di pellicole gloriose come le Kodakchrome ma con una grana diversa, una struttura che ben ricordo pentagonale o esagonale, capace di catturare sfumature di colori come nessuna prima ci era riuscita. Peccato che si fatichi a trovare ottimi laboratori per il trattamento. Ciao Simeone |
| inviato il 07 Giugno 2020 ore 16:56
Personalmente non mi piacevano i toni della velvia, ho preferito (nelle occasioni di diapositiva), le ektachrome. Preferisco (opinione mia) le negative colore, la mia preferita credo sia facile da indovinare visto l'avatar! |
| inviato il 07 Giugno 2020 ore 16:57
Più che la dipendenza, mi preoccupa lo sviluppo... L'affiderei allo spacciatore... Persona di assoluta fiducia. Oppure avete qualche consiglio, intendo laboratori affidabili? Come zona diciamo nord-ovest della nostra cara nazione. |
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