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Che discorso. Non avevano l'AF e l'IS semplicemente perché non esistevano ma stai certo del fatto che quelle macchine rappresentavano il massimo della tecnologia dell'epoca ... in altre parole stai tranquillo che non le avevano trovate nel fustino del dixan!
Giacomelli non aveva il meglio dell'epoca tanto che tutti gli intervistatori restavano stupiti per la sua modesta attrezzatura e pensavano che la utilizzasse per snobismo. A chi gli chiedeva che ottiche usasse rispondeva 'il corto ed il lungo'. Non è l'attrezzatura che fa il grande fotografo, come non sono i pennelli o la marca di colori che fanno un Modigliani o un Van Gogh. Leggi cosa dice a proposito della sua macchina fotografica; www.maledettifotografi.it/interviste/mario-giacomelli/ Un caro saluto, Fabrizio
Molto interessante, seguo! E graditissima pure l'intervista a Giacomelli, umiliante se mi passate il termine, e affascinante allo stesso tempo. Sicuramente educativa...
Non lo so Fabrizio, l'intervista a Giacomelli è certamente interessante ma in molti punti ho la netta sensazione che stia recitando una parte ... la parte dell'artista appunto!
Parliamoci chiaro: per andare in bicicletta non ci vuole la laurea, e nemmeno per fotografare ovviamente, ma devi almeno sapere cosa siano le ruote e a cosa servono, devi sapere cos'è il manubrio e a cosa serve, devi sapere cos'è il sellino e a cosa serve, non fosse altro perché su quel sellino devi pur sempre poggiarci sopra le terga e alla fine, storto e dritto che sia, pure qualche altra cazzatina assortita devi conoscerla, per poter andare in bicicletta appunto, mentre Mario Giacomelli invece non conosce alcunché ... nemmeno le regole base della fotografia, o almeno questo lascia intendere, e la cosa mi suona stranamente falsa anche perché, scusa, se quella scatola (inutile?) se l'è costruita qualcosa sul suo funzionamento, e sulla tecnica per assemblarla, che peraltro è tutt'altro che semplice, doveva pur conoscerla non credi?
Secondo me recita, e pure spudoratamente, poi che vuoi che ti dica potrei anche sbagliare anche se non credo proprio anche perché, dai, osservalo bene in quella immagine: tutto bello preciso lui, con la sua candita chioma fluente, pure mezza arruffata chiaramente, col suo aspetto generale un poco trasandato e con l'aria vagamente sognante ... quell'aria tipica di chi è sempre assorbito in un mondo tutto suo, l'aria insomma di chi porta sulle spalle tutti i problemi del mondo ... secondo me recita, senti a me ... e lo fa anche sfacciatamente!
Ciao Paolo, ciò che dici è quello che pensavano tutti i critici d'arte all'epoca. Giacomelli conosceva benissimo la base della fotografia: studio della luce e sua regolazione con tempi e diaframmi e questo gli bastava. Ha sempre fotografato con la stessa macchina di grande (ai nostri giorni) formato. autocostruita con i pezzi di altre macchine, ma all'epoca non c'erano le diavolerie (utilissime, per carità, ma non indispensabili) di oggi.
Ancora più spinto nella semplicità del mezzo fotografico è Paolo Gioli nelle foto col foro stenopeico, cioè senza macchina fotografica. Ecco una sua foto con questa 'tecnica': www.paologioli.it/foto33b.php?page=foto&sez=3&id=1 In una intervista di Paolo Costantini diceva: 'Pensa che in piena supertecnologia, con il foro stenopeico uno può esprimersi comunque, al di fuori di qualsiasi limitazione. ... Arrivi cioè dove l'occhio non arriva, ma senza ottica. Insomma, lavoro al di sotto delle capacità dell'occhio, con il foro stenopeico... Pensa al problema dell'ultravioletto, delle ottiche trattate, dei filtri-colore. Con il foro stenopeico tu hai un'immagine blu, blu-viola, a seconda se è mattina o pomeriggio: rispetta esattamente l'andamento della giornata, il pomeriggio ti viene un blu con una punta di giallo, che è poi come quando il sole cala, e alla mattina c'è questo azzurrino, potentissimo, dominante. Attraverso il foro stenopeico capisci ancora di più come sarebbe la realtà senza la complessità di occhio e cervello. Nel foro stenopeico vedi come sarebbe la vita, e la visione, senza il bilanciamento del cervello.'
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