| inviato il 18 Febbraio 2016 ore 2:11
Riguardo ai coniugi Bernhard Becher, detto Berndt (1931-2007), e Hilla Becher, nata Wobeser (1934-2015), fondatori della Scuola di Düsseldorf, la scheda di Wikipedia in italiano è sin troppo scarna: it.wikipedia.org/wiki/Bernd_e_Hilla_Becher Decisamente meglio quella in inglese: en.wikipedia.org/wiki/Bernd_and_Hilla_Becher Una scheda sintetica ma corretta su questi fotografi la si trova sul sito di Marco Crupi: marcocrupifoto.blogspot.it/2013/10/bernd-e-hilla-becher-la-tecnica-al. In questo articolo su Artribune.com per la scomparsa di Hilla Becher: www.artribune.com/2015/10/in-memoria-di-hilla-becher-quando-muore-la-s Angela Madesani scrive: "Quella dei Becher è stata una storia bellissima di amore e fotografia, iniziata nella seconda parte degli Anni Cinquanta. Si incontrano nell'agenzia di pubblicità dove Hilla lavora come fotografa commerciale. Agenzia con la quale Bernd, pittore, nato nella zona della Ruhr, collabora per fare qualche soldo. L'incontro unisce due mondi, quello di Bernd che dipinge le fabbriche, memore della sua storia personale, e quello di Hilla, che aveva un rapporto privilegiato con la fotografia, un linguaggio che conosceva perfettamente. La volontà di Bernd e quindi quella di Hilla è quella di seguire il cambiamento in atto in un mondo che sta vivendo una profonda trasformazione, ma la pittura è un mezzo troppo lento, così iniziano a lavorare con il banco ottico, prima nella Ruhr e poi in altre zone della Germania e dei Paesi limitrofi: dalla Francia al Belgio, dal Lussemburgo all'Olanda per poi arrivare in Inghilterra e negli Stati Uniti." Alcune selezioni di foto: www.klatmagazine.com/art/bernd-hilla-becher-pics-024/10570 www.artnet.com/artists/bernd-and-hilla-becher/ www.peopleofprint.com/exhibition/bernd-hilla-becher-photographic-typol www.mo-artgallery.com/becherplhr.htm In rete ho trovato anche questa tesi di laurea (non ho avuto il tempo di leggerla e la passo con beneficio d'inventario): dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/5128/987564-1180247.pdf?sequenc c4gallery.com/artist/database/bernd-hilla-becher/bernd-hilla-becher-ga www.corsifotografia.it/wp-content/uploads/2015/10/Becher_04.jpg explicark.files.wordpress.com/2014/05/becher_explicark_08.jpg monovisions.com/wp-content/uploads/2015/04/bernd-hilla-becher-55.jpg www.artribune.com/wp-content/uploads/2015/10/Unopera-di-Bernd-e-Hilla- www.tate.org.uk/art/images/work/T/T01/T01923_10.jpg www.museoreinasofia.es/sites/default/files/obras/DO01533.jpg www.artribune.com/wp-content/uploads/2015/10/Unopera-di-Bernd-e-Hilla- www.apollo-magazine.com/wp-content/uploads/2014/09/Bernd_and_Hilla_Bec www.peopleofprint.com/wp-content/uploads/2015/01/BerndandHillaBecher00 www.hausderkunst.de/uploads/pics/Becher_Bernd_und_Hilla_Fabrikhallen_e www.scad.edu/sites/default/files/media/Academics/Architecture/Becher-h Un documentario sulla Scuola di Düsseldorf è stato trasmesso da Sky Arte. Si trattava di una puntata della serie "Photo - L'arte della fotografia" di Stan Neumann intitolato appunto "La nuova oggettività tedesca", realizzato nel 2011. * I coniugi Becher hanno iniziato a fotografare, nel 1959, le aree industriali operative o in via di dimissione della Ruhr, all'inizio con intento di documentazione. Cito letteralmente dal commento della trasmissione: "I Becher fotografavano le installazioni ferme. Non sono interessati a ciò che fanno ma ciò che sono: costruzioni le cui forme sono dettate solo dalle funzioni, dalla bellezza strana quanto assolutamente involontaria. È anche un'opera militante: i Becher vogliono liberare la fotografia dai suoi 'errori espressionistici', per tornare a una rigorosa oggettività documentaristica. Per cogliere la realtà in quanto tale e non deformata dallo sguardo del fotografo si sono imposti delle regole ferree: (...) è proibito ritrarre la struttura in attività, l'aneddoto umano, il colore, gli effetti da primo piano, il flou, giochi di riflessi e altri espedienti artistici, inquadrature decentrate, dettagli bizzarri, composizioni astratte o pittoresche, focali corte che deformano la prospettiva e inquadrature inclinate. L'oggetto deve essere inquadrato per intero. Per evitare qualsiasi tipo di deformazione la posizione della macchina fotografica deve essere centrata verticalmente e orizzontalmente. Infine le fotografie sono scattate in inverno, con il cielo grigio, per evitare sia il Sole e le interferenze causate dalle ombre che esso proietta, sia i cieli nuvolosi che mettono in risalto lo sfondo a discapito della leggibilità dell'oggetto. In breve rinunciare a tutto ciò che caratterizza quella che viene chiamata 'fotografia soggettiva', per dovere di oggettività..." Vengono,individuati come antesignani il fotografo americano Waker Evans con le sue vedute frontali: www.juzaphoto.com/topic2.php?l=it&t=1704527 e August Sander, il fotografo della "Nuova Obbiettività Tedesca - Neue Sachlichkeit" degli anni '20, con la sua serie degli uomini del XX secolo. www.americansuburbx.com/2015/01/august-sanders-people-of-the-20th-cent Gli allievi di Becher, all'Accademia di Belle Arti (Kunstakademie) di Dusserldorf, tra cui vengono citati Candida Hofer, Thomas Ruff e Andreas Gursky (vengono, discutibilmente, omessi i nomi di Thomas Struth e Axel Hütte) "malgrado la diversità del loro approccio, dagli insegnamenti ricevuti hanno conservato alcuni tratti comuni: innanzitutto i segni distintivi dell'oggettività, la frontalità, la rappresentazione di linee rette, una distanza, quasi una freddezza appena attenuata dal costante ricorso ai colori (...). Nella maggioranza degli esponenti di questa scuola ricorre anche una predilezione per ambientazioni grandiose nelle quali la figura umana ricopre un ruolo marginale...". Per un approfondimento sulla Scuola di Düsseldorf segnalerei questo libro che, per ora, conosco solo di fama non avendolo né letto né acquistato: pensierifotografici.wordpress.com/2013/10/04/la-scuola-di-dusseldorf-c P.S.: www.academia.edu/34292960/Gli_anti-monumenti_industriali_dei_coniugi_B * m.youtube.com/watch?v=wYuQBXp0ajE Gli altri ottimi documentari della stessa serie: www.google.it/search?tbm=vid&sxsrf=ALeKk03MBL9z3ewyR4baVnQR_F-jheCqkQ% |
| inviato il 18 Febbraio 2016 ore 9:09
Topic su questi autori mancava ancora. Credo sia indubbia la loro influenza sulla fotografia, le loro foto obbligano chi le osserva ad andare oltre al normale: bella/brutta, ma a chiedersi perchè? In realtà andavano oltre la singola foto, ma l'opera finale era istallazione formata dalla ripezione di più foto come pubblicato sopra |
| inviato il 18 Febbraio 2016 ore 9:17
Si, il raggruppamento per tipologie e la ripetizione hanno un ruolo importante nelle loro pubblicazioni. Mi sembra che all'inizio siano partiti con un intento documentario, per poi andare oltre. |
| inviato il 18 Febbraio 2016 ore 9:20
La ripetitività necessaria a cogliere tutte le diversità nell'uguaglianza funzionale e formale. |
| inviato il 18 Febbraio 2016 ore 11:01
seguo |
user39791 | inviato il 18 Febbraio 2016 ore 11:28
Questi due fotografi hanno fatto un chiaro tentativo di spazzare via la tendenza ad una visione soggettivistica tipica degli anni '50 andando a recuperare il rigore fotografico degli anni '30. Si muovono all'iterno di un movimento culturale che si contrappone all'estetismo, che vuole dare una forma meccanicistica all'arte. Le loro fotografie sembrano un catalogo di architetture fatto per offrire a chi le guarda una visione avulsa da ciò che le circonda. Davano alle loro opere titoli esemplificativi come "Sculture anonime". L'uso di formati molto grandi e la totale assenza di grana unito al ricorso sapiente della luce diffusa contribuisce a dare un aspetto scientifico alle loro foto. Un'arte documentaristica a tutti gli effetti, che grazie alla decontestualizzazione e alla scomposizione delle immagini, con l'uso sistematico della griglia, diventa puramente concettuale. Grande segnalazione! |
| inviato il 18 Febbraio 2016 ore 11:48
Non solo, dalla loro scuola sono uscita alcuni tra i fotografi più quotati che credo meritino topic loro e che prima o poi apro quando ho tempo |
| inviato il 18 Febbraio 2016 ore 12:22
In effetti i tedeschi hanno questa mentalità estremamente coerente nella rappresentazione della realtà. Fermamente convinti di quello che facevano e hanno portato a termine queste ricerche, probabilmente anche molto noiose da realizzare, come un compito in classe....... |
| inviato il 19 Febbraio 2016 ore 12:02
Nell'articolo di Angela Madesani a cui ho messo il link nel post di apertura e che qui per comodità rimetto: www.artribune.com/2015/10/in-memoria-di-hilla-becher-quando-muore-la-s si legge: "Bernd e Hilla Becher avevano dato vita a una sorta di grande catalogazione di edifici industriali, utilizzando griglie di fotografie disposte secondo due criteri. Il primo ha previsto l’affiancamento di strutture industriali della stessa tipologia, il secondo l’analisi di uno stesso edificio da diversi punti di vista. Il loro è stato un lavoro analitico, attraverso il mezzo fotografico, di grande peso teorico." Le foto che ho allegato nel post di apertura appartengono al primo criterio, ovvero "l’affiancamento di strutture industriali della stessa tipologia" prese frontalmente. Queste invece sono ascrivibili al criterio de "l’analisi di uno stesso edificio da diversi punti di vista": www.cultureimpresa.it/blog/wp-content/uploads/2014/01/Bernd-e-Hilla-Be www.klatmagazine.com/wp-content/uploads/2013/10/Klat_Bernd_e_Hilla_Bec ftp.urbanartrisorsecrescita.altervista.org/img/portfolio/Becher.jpg column.no/content/uploads/2014/11/1756_BHB-01030_Coal-Bunkers_Liege-Fl s-media-cache-ak0.pinimg.com/736x/46/a6/0f/46a60f12534a5465e5b87e85fdb Più avanti, nello stesso articolo: "Le loro inquadrature frontali, sempre in bianco e nero, come dei ritratti, hanno sottolineato le caratteristiche scultoree degli edifici proposti, colti nella loro essenza, privi di ambientazione alcuna. Proprio per questo legame con la scultura vengono premiati nel 1990 con il Premio internazionale La Biennale di Venezia - Leone d’oro, per uno scultore. È il superamento della peculiarità del mezzo. Se c’era una cosa che li faceva arrabbiare, era quella di definire il loro un lavoro di archeologia industriale. Le loro immagini non sono certo una testimonianza nostalgica su realtà dismesse. Mentre lavoravano le cose cambiavano, giorno dopo giorno. Non ci troviamo di fronte a dei fantasmi, ma a realtà vive. L’archeologia è riferita alle pietre, alle rovine. I materiali delle loro fabbriche scompaiono senza lasciare traccia e il loro interesse è stato quello di registrare, di mappare, senza tuttavia fare un lavoro di documentazione." Su questo sito francese ho trovato una bella selezione di fotografie: www.laboiteverte.fr/bernd-et-hilla-becher/ |
| inviato il 19 Febbraio 2016 ore 12:22
Molto interessante questa seconda catalogazione. In effetti credo non facessero archeologia industriale, con le loro foto sono riusciti a rendere la struttura come qualcosa a se stante, andando oltre al fine documentaristico, ma creando un'opera basata sulla ripetizione, quasi che queste fabbriche siano diventati dei pattern |
| inviato il 19 Febbraio 2016 ore 12:35
Sono d'accordo con questa interpretazione. Nello stesso articolo Angela Madesani scrive: "Ricordo di aver visto a Parigi in una straordinaria mostra nel 2000, 'Voilà (le monde dans la tête)', un lungo ambiente in cui su una parete erano decine di lavori dei Becher e di fronte erano, in posizione speculare, fotografie di August Sander, fotografo geniale della prima metà del secolo scorso, con cui avevano uno straordinario legame. Si trattava di un intenso dialogo impostato su un criterio di matrice tassonomica che ha radicalmente segnato l'opera di entrambi: il loro atteggiamento, della coppia e di Sander, era molto vicino, profondamente segnato da una stessa appartenenza culturale e non solo." E più avanti: "Pensando a Hilla Becher, mi viene in mente una bella foto, che la ritrae con Gabriele Basilico. Il nostro fotografo raccontava che a metà dei Settanta aveva visto in una galleria milanese una bellissima mostra dei Becher, che gli aveva ispirato una riflessione profonda sul senso della fotografia industriale e di paesaggio e che il suo lavoro "Milano. Ritratti di fabbriche" era profondamente debitore alla riflessione della coppia. Nel 2009 quando Hilla, ormai sola, era arrivata a Bologna alla sua mostra al Museo Morandi, aveva incontrato Basilico e si erano subito intesi. L'immagine in cui sono ritratti insieme è buffa: il gigante Basilico e la piccola Hilla, uno con la mano sulla spalla dell'altra. L'atmosfera è dolce, quasi intima: affinità elettive, per rimanere in territorio tedesco. Certo è che la ricerca dei Becher, amata dai Minimal americani, dagli artisti concettuali, per la catalogazione rigorosa di una normalità ripetuta, differente e uguale a se stessa, è stata un punto fondamentale della storia dell'arte e del pensiero artistico del nostro tempo. L'eredità che hanno lasciato agli artisti, ai fotografi, agli studiosi è di un valore inestimabile, punto di partenza e di confronto imprescindibile, su cui molto sarebbe ancora da dire." |
| inviato il 22 Maggio 2016 ore 19:18
Nel mio post precedente avevo citato, da un articolo di Angela Madesani: "Pensando a Hilla Becher, mi viene in mente una bella foto, che la ritrae con Gabriele Basilico. [...] L'immagine in cui sono ritratti insieme è buffa: il gigante Basilico e la piccola Hilla, uno con la mano sulla spalla dell'altra. L'atmosfera è dolce, quasi intima: affinità elettive, per rimanere in territorio tedesco." In rete quella foto non sono riuscito a rintracciarla. Invece ieri sera, sfogliando questo libro appena acquistato: www.contrastobooks.com/images/LOGOS_Basilico_G.jpg ho trovato questa foto a p. 84: s26.postimg.cc/60oapwird/Img148_ridotta.jpg Non è esattamente quella di cui parla Angela Madesani dal momento che qui Basilico non tiene la mano sulla spalla di Hilla Becher, ma penso che sia stata scattata nella medesima occasione. |
user39791 | inviato il 22 Maggio 2016 ore 19:40
Nella mia città, chissà dov'erano????? Forse al museo di arte moderna. |
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