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Lorenzomorandi
www.juzaphoto.com/p/Lorenzomorandi



avatarUtilizzo sul campo della Nikon Z6 per raccontare un grande Chef
in Tecnica, Composizione e altri temi il 06 Luglio 2019, 1:48


Ciao a tutti!
Ho pensato di scrivere questo post per raccontarvi la mia esperienza di utilizzo della Nikon Z6 durante un lavoro commissionato, mettendo in risalto alcune peculiarità della macchina che si sono rivelate utili in circostanze di lavoro non estreme ma nemmeno del tutto ordinarie.
Utilizzo per lavoro la Z6 ormai da un paio di mesi e si sta rivelando un'ottima fotocamera per il generi che abitualmente faccio.
Perché la Z6? Perché ho voluto affiancare alla fedele D810 una macchina con buone caratteristiche video per realizzare brevi contenuti a supporto delle fotografie, senza la necessità di avere un doppio corredo. Sono molte le circostanze in cui, anche per il genere fotografico commissionato, utilizzo sempre di più la Z6 anche per fotografare.

Parliamo del lavoro.
A giugno il magazine “The Creative Brothers” mi ha incaricato di raccontare con le immagini lo chef Andrea Berton, uno dei più brillanti allievi di Gualtiero Marchesi e noto per una visione del lavoro basata su regole ferree, sacrificio e disciplina rigorosa. L'intervista e lo shooting si sono svolti nel suo ristorante stellato di Milano.
The Creative Brothers è un magazine on-line che racconta, con interviste e immagini, storie di “creativi” di ogni campo. Fotografie e parole trovano sintesi in storie coinvolgenti e in contributi approfonditi e stimolanti. A mio avviso uno dei più interessanti esempi di "storytelling" che si trovino on-line in Italia.

La mia collaborazione con il magazine è cominciata un paio di anni fa e da allora anche il mio stile fotografico si è evoluto e affinato per adattarsi al format. Ho pensato di scrivere una serie di post che, partendo dai vincoli e dalle specificità di ogni storia, descrivano il mio approccio fotografico, le scelte fatte e gli aspetti tecnici.
Concluso questo preambolo, finalmente comincio.

Per raccontare Andrea Berton, la bravissima Marianna Tognini, autrice dell'intervista e dell'articolo, ed io abbiamo avuto a disposizione due ore scarse, appena prima dell'apertura a pranzo. E' stato indispensabile adattarsi al ritmo ordinario del ristorante, rispettando il lavoro in cucina e del personale di sala, muovendosi in un luogo per noi totalmente nuovo. Nessuna occasione per ripetere gli attimi persi né tantomeno per fare i perfezionisti nell'allestimento dei set e delle luci.
Un vero reportage sviluppato in diverse fasi, non sempre tra loro distinte:
fotografie nelle cucine durante la preparazione e l'impiattamento;
fotografie dei piatti;
fotografie informali dello chef durante l'intervista;
fotografie delle sale del ristorante;
ritratti ambientati dello chef Berton.














1_fotografie nelle cucine durante la preparazione e l'impiattamento

Poco spazio a disposizione, aspetto che ha vincolato molto i punti di ripresa: principalmente ho fotografato da due angolazioni contrapposte, utilizzando focali di 35mm e 50mm e, per i particolari dell'impiattamento, 60mm micro. Non essendoci stato modo di collocare luci flash, tutto è stato realizzato con l'illuminazione presente, comunque adeguata a scattare con tempi rapidi, senza esagerare con il valore degli ISO.











2_fotografie dei piatti

Ogni piatto ultimato (un antipasto, un primo e un dolce) è stato immediatamente portato in sala per essere fotografato, affinché mantenesse intatte caratteristiche e composizione. Fase 1 e fase 2 si sono quindi susseguite rapidamente per tutte le tre portate. In sala ho preparato un set essenziale composto da un flash montato su stativo, diffuso con un softbox e comandato wireless. Ho scelto di creare immagini fortemente contrastate che mettessero in risalto la contrapposizione tra il bianco del piatto e le tinte scure del legno dei tavoli. Anche in questi scatti ho utilizzato il 60mm micro.











3_fotografie informali dello chef durante l'intervista

In questa fase ho avuto più libertà di movimento, nel rispetto della conversazione in corso tra Marianna e lo chef. Nella saletta scelta per l'intervista ho realizzato alcuni scatti utilizzando un 50mm e, per tagli più “cinematografici” e stretti, un 70-200mm F/2.8. Queste immagini, realizzate sfruttando la luce naturale proveniente dall'esterno, restituiscono l'atmosfera dell'intervista e contribuiscono ad immergere nella situazione il lettore.
Un aspetto importante è che, dal momento che l'intervista è stata registrata, ho preferito utilizzare la fotocamera mirrorless in modalità silenziosa, senza interferire in alcun modo con ciò che stava accadendo, nemmeno con il rumore dell'otturatore.











4_fotografie delle sale del ristorante

Ho approfittato degli ultimi minuti dell'intervista per realizzare alcuni scatti al locale utilizzando un 35mm e un 50mm per i particolari, mettendo la macchina fotografia sul treppiede. Le inquadrature relativamente “strette” sono una scelta del tutto personale legata al mio linguaggio: non amo le distorsioni e difficilmente utilizzo grandangoli spinti nelle foto d'architettura, a meno che non sia richiesto in modo specifico dall'utilizzatore delle fotografie. Inoltre il personale di sala stava ultimando i preparativi per l'apertura, motivo per cui inquadrature più strette hanno permesso di escludere parti del locale non ancora pronte.








5_ritratti ambientati dello chef Berton

La fotografia di ritratto è quella che più mi coinvolge e appassiona perché profondamente legata al rapporto e alla connessione intima con il soggetto. Purtroppo i minuti a disposizione prima che il ristorante aprisse erano pochi, giusto il tempo per scattare alcune fotografie adattando il “set” che poco prima avevo preparato per i piatti: una luce flash diffusa con un beauty dish e 70-200mm, posizionando lo chef in punti diversi del locale ed “inseguendolo” con la luce.





Le immagini sono state scattate in RAW e sviluppate in Capture One, realizzando una post che valorizzasse gli abbinamenti cromatici presenti all'interno del ristorante (colori freddi, cemento e oro) e le cromie dei piatti. Per i ritratti ho ritenuto opportuno un passaggio in Photoshop per piccoli miglioramenti (principalmente con la tecnica di separazione delle frequenze).

Ho utilizzato una Nikon Z6 con ottiche del sistema reflex, ad eccezione del Nikkor 50mm F/1.8 S nativo per la serie Z. Indispensabile quindi l'utilizzo dell'adattatore Nikon FTZ F-Mount Z-Mount, grazie al quale non si perdono gli automatismi. La Z6 mi ha permesso, come già accennato, di scattare in modalità silenziosa. Ho utilizzato molto l'autofocus con riconoscimento dell'occhio che è stato un aiuto valido e costante. Tutte le fasi sono state realizzate con lo stesso corpo macchina, con un frequente cambio di obiettivi. Una sola batteria è stata ampiamente sufficiente a scattare un numero totale di circa 350 file RAW.
Come fonte di luce artificiale ho utilizzato un flash portatile Godox AD200 con testa a bulbo, posizionato su uno stativo e modificato con un beauty dish pieghevole, su cui, all'occorrenza, ho posizionato il telo diffusore, ottenendo qualcosa di molto simile ad un un softbox. La batteria al litio integrata mi ha permesso di realizzare con tranquillità l'intero servizio.

Tutta l'attrezzatura fotografica è stata trasportata in uno zaino. Stativo e cavalletto contenuti in un borsone a tracolla e beauty dish tenuto in mano, chiuso nella sua custodia. Così equipaggiato ho raggiunto il ristorante spostandomi in metro, con un bagaglio relativamente compatto e trasportabile da una singola persona.

Alcuni link:

Storia su The Creative Brothers
Qui le immagini sono state utilizzate all'interno dell'articolo rispettando la suddivisione in fasi.
www.thecreativebrothers.com/andrea-berton-chef/

Storia fotografica su YourStory
YourStory è il nome che ho dato al mio format indipendente di storytelling fotografico. Qui la selezione fotografica è in parte differente e segue uno sviluppo narrativo proprio, non necessariamente temporale. Le immagini sono messe in sequenza e accostate creando tra loro relazioni compositive, assonanze e contrasti.
www.yourstory.it/andrea-berton-chef.html

Articolo sul blog.
Lo stesso post che state leggendo è anche sul blog di YourStory, con qualche differenza e con più immagini (alcune con dati EXIF). Vi invito con piacere a visitarlo, insieme al resto dei contenuti e approfondimenti (se vi piace, lasciate un commento e iscrivetevi alla newsletter. Anche le critiche costruttive sono naturalmente ben accette!).
www.yourstory.it/blog/andrea-berton-fotografare-un-grande-chef

Instagram
Questo è il profilo IG di YourStory, in cui pubblico con frequenza immagini tratte dalle storie fotografiche e, prossimamente, qualche video.
www.instagram.com/yourstoryphoto/

Se esperienze d'uso come questa vi risultano interessanti e utili, sarò felice di raccontarne altre avute in contesti differenti su personalità legate ad altri settori.
Vi ringrazio dell'attenzione!

Lorenzo


20 commenti, 1367 visite - Leggi/Rispondi


avatariPad Pro
in Computer, Schermi, Tecnologia il 08 Gennaio 2019, 12:01


Buongiorno a tutti,
mi piacerebbe integrare l'utilizzo di un iPad Pro nel flusso di sviluppo e post-produzione fotografica, che attualmente svolgo su Mac.
Per scelta personale legata alla tipologia di lavori, non utilizzo Lightroom. Utilizzo Camera Raw e Photoshop, per poi archiviare manualmente su unità esterna.

Da utente iOS conosco bene le limitazioni di questi dispositivi, soprattutto legate al fatto di non avere una vera gestione dei file e al non poter ricorrere, a meno di soluzioni francamente molto macchinose, a hard drive esterni.
Ho notato però che alcune app come Darkroom propongono flussi di lavoro integrati con l'app di gestione foto di iOS (con la quale si deve fare i conti, a meno di non avere foto archiviate sul Cloud).

Qualcuno di voi ha già fatto o sta facendo esperimenti di questo tipo, che escano dalla logica iPad + Lightroom CC, che al momento sembra essere l'unica soluzione funzionale?


10 commenti, 681 visite - Leggi/Rispondi


avatarFotografo e Direttore Artistico
in Tecnica, Composizione e altri temi il 27 Giugno 2018, 8:02


Buongiorno a tutti!

In una recente "diretta social", due noti(ssimi) fotografi italiani si sono soffermati sulla necessità, per un fotografo contemporaneo, di essere prima di tutto un Art Director.
Pur non amando l'espressione "Art Director", si tratta di una posizione chiave nel progetto e realizzazione di una o più immagini (Wikipedia riporta sinteticamente: "Professionista cui è affidata l'impostazione grafico-visiva di una campagna pubblicitaria").

Come fatto notare nello stesso intervento, di un film ci si ricorda il nome del regista, molto meno del direttore della fotografia e per nulla quello degli operatori, che sono professionalità di altissima competenza.

La fotografia ha tanti punti in comune con il cinema, pur essendo evidentemente una cosa diversa.
La fotografia permettete di essere svolta, anche come professione, da soli o con un assistente.

Io mi sento di condividere però questo modo di vedere, soprattutto oggi in cui sono due gli aspetti chiave:
1- ci sono tanti bravissimi fotografi e maggiori possibilità di farsi notare
2- gli strumenti fotografici semplificano sempre di più gli aspetti di natura tecnica

Io in questo non vedo nulla di male, anzi, penso sia un'evoluzione che costringa/permetta di spostare più energie verso la fase di ricerca e progetto.


Mi piacerebbe confrontare qualche punto di vista





35 commenti, 1236 visite - Leggi/Rispondi





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