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" LE STORIE DEL VETRO "
Colle di Val D'Elsa è un borgo di pregio posto a Nord Ovest di Siena, sulla strada che ormai volge in direzione del Tirreno. E' terra di vetro e, soprattutto, cristallo di cui è capitale italiana con il 95% della produzione nazionale. Butto un occhio in una grande vetreria, i cui alti soffitti e gli ampi finestroni mi riportano alla mente quelli di una Cattedrale d'acciaio e cemento. Anch'essa ogni giorno mette in scena un'inesorabile liturgia laica del lavoro. In un angolo dell'opificio incontro Francesco, che gestisce in autonomia un piccolo forno per la realizzazione dei suoi manufatti. E' lì dal buio brinato delle 4 del mattino. C'è della miscela di vetro che deve essere smaltita in fretta che i costi dell'energia mordono le caviglie a questo settore. Conosce i segreti del mestiere grazie al padre, un uomo che nel corso dei nostri discorsi riesco a comprendere quanto debba essere stato caratteristico. D'indole fumantina, era facile alle risse. La corporatura robusta e l'altezza non proprio generosa, gli fecero guadagnare, nei campi di calcio del circondario, il soprannome di “Puskas”, come il fenomenale e tarchiato centrocampista della grande Ungheria. Perciò, in paese, il figlio è per tutti "Puskassino". In seguito ebbe modo di distinguersi anche nel pugilato, ove dette sfogo alla natura esuberante. Francesco stesso ha combattuto con buoni risultati, sotto la guida del padre. Ma non lo diresti mai. Ha un'aria paciosa; "son tutto la mi mamma" mi dice, " che dove la mettevi stava". In realtà mi è evidente quanto sia tenace e volitivo nell'affrontare con coraggio e passione le sfide che una piccola attività artigianale impone. C'è dentro la storia della sua famiglia, tra cui anche la sorella Marta, alla quale è unito da un'intesa viscerale che non ha bisogno di molte parole per esprimersi. Dispone di una grande manualità e dell'umiltà di mostrarmela senza farlo pesare. Da quella miscela incandescente ed informe che estrae dalle vampe del forno, attraverso il solo ausilio di una pinzetta, dona vita a piccoli animali che una qualche magia sembra aver cristallizzato in un eterno istante. Mi colpisce che quel corpo, apparentemente sano ed integro, in realtà abbia dovuto pagare un dazio salato alla ripetizione incessante dei gesti che scandiscono il mestiere, sacrificando i tendini di entrambe le spalle, di un gomito, delle ginocchia. Lo racconta con grande serenità, nella quale scorgo l'accettazione fatalista del costo che certi lavori impongono. La dignità di affrontare senza risparmiarsi la strada che si è scelti per stare al mondo, ben sapendo che ci imporrà di lasciare pezzi di noi stessi lungo il tragitto.
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