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Costanza...

Prendersi Cura

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Costanza inviata il 05 Dicembre 2021 ore 12:07 da Matteop7. 0 commenti, 47 visite. [retina]

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Costanza, 33 anni, Infermiere strumentista in Cardiochirurgia Nella cultura popolare l'infermiere strumentista è semplicemente 'colui che passa i ferri' volgarmente detto 'ferrista di sala operatoria'; è quella figura che si vede nei film e nelle famose serie tv come ER, Dr.House e Scrubs, che durante l'operazione chirurgica affianca il chirurgo e che al comando “Bisturi!” risponde con decisione “Bisturi!” e lo schiaffa in mano al chirurgo. Giusto. Ma è davvero tutto qui? Costanza non è una semplice 'passa ferri', come mi racconterà più avanti. Lei lavora come infermiere strumentista nella sala operatoria di Cardiochirurgia. La Cardiochirurgia è, anzi dovrebbe essere, caratterizzata da un incedere elegante, preciso, con autocontrollo. C'è chi paragona il cardiochirurgo a un direttore d'orchestra che 'suona i tempi della strategia chirurgica con armonia senza pari' e tutti i componenti della sua équipe hanno una manualità che non è calligrafismo ma perfezione del movimento, simile a quella di una ballerina che si esprima al massimo dell'eleganza. Immagino che strumentisti eleganti non si nasca, penso mentre le tengo compagnia in uno dei rari pomeriggi di quiete in comparto. Un bugiggattolo, due pc con a video una coronarografia che rimanda luce pulsante, gambe incrociate sulle sedie e calzini buffi che spuntano (stelline lei, volpi io). Colgo l'occasione per intervistarla. - Costanza, come ti sei avvicinata alla figura professionale dell'Infermiere? - “Guarda, diciamo che è stato un po' un caso. Prima di scegliere questo corso di laurea ho fatto altre esperienze, dopo un po' ho pensato che dovevo fare qualcosa di serio per il mio futuro. Allora ho pensato a Medicina o una analoga. Io non ne avevo molta conoscenza di cosa fosse la laurea di infermieristica. Ho letto il piano di studi, mi è piaciuto, e mi sono iscritta. Ti dico, non sapevo bene a cosa andassi incontro, ho fatto il mio primo tirocinio a Medicina Clinica e ho detto 'Beh, basta. E' la mia strada'. -Però, se ci pensi, l'Infermieristica ha tante branche. Come mai sei finita in una di quelle più rognose dal punto di vista fisico e mentale? - “Sai, è stato un percorso graduale. Ho lavorato il mio primo anno alle Piccole Figlie, un ospedale privato piccolino, in cui ero in un reparto medico-chirurgico. Da lì ho fatto tre anni in Pronto Soccorso qui, che mi piaceva da Dio anche se c'era una mole di lavoro esagerata” - A stare lì ti rovini la salute, intervengo io - “Esatto, io però ci volevo andare. Sono contenta di averlo fatto. E' stata una bella esperienza, non mi piacciono le cose troppo routinarie. Poi è uscito il bando per le sale operatorie, mi sono buttata e sono finita qui. Un po' a scatola chiusa. E' stata dura, perché comunque questa è una specialità molto diritta, molto inquadrata, difficile. Infermiera di sala prima, poi scoglio della strumentista, che è stato uno scoglio duro” -E' stata dura diventarlo?- “Si, è stata dura, ma a me ha dato tanto. Nel senso che impari a gestire l'emotività. All'inizio è difficile, ma poi quando sei lì impari a gestire l'ansia, l'emotività. Per me che sono tanto emotiva devo dire che è stata una fortuna. E poi ti fai la pellaccia, nel senso che sei tu lì. E' vero che l'intervento non lo fai tu, ma lo fa il chirurgo. Ma tu sei lì, devi sapere cosa sta succedendo, essere presente al 100%. Deve essere una presenza costante, che tu sia lì da due ore che da sei ore”. - Quando parli della Cardiochirurgia sorridi sempre (E' raro che la Costanza non sorrida, a dirla tutta), quale pensi sia la cosa più bella di questo lavoro? - “I miei colleghi, certamente. Stiamo bene, siamo un bel gruppo e ci aiutiamo. Siamo solidali l'uno verso l'altro, siamo disponibili sia per il lavoro che per le cose fuori. Se ho bisogno di una cosa, se sono insicura, posso chiedere una cosa e nessuno mi dice 'non capisci un cazzo, sei un'idiota' ma anzi mi aiutano”. - Così tanti colleghi implica tanta persone da cui ispirarti, imparare. Cosa pensi che dovresti imparare da loro? - “Ad essere meno empatica, farmi meno carico dei problemi del mondo che mi circonda, non farmi coinvolgere troppo. Cioè lo faccio volentieri, non mi pesa. Ma a lungo andare ti sfianca, forse dovrei essere un po' più distaccata, più egoista forse dovrei essere. Anche se mi piace come sono, è il mio carattere, è normale". - Al contrario invece? - “Eh, al contrario è uguale. Quello che ho io, l'empatia forse. Alla fine sono due facce della stessa persona”. Ma allora cosa vuol dire Prendersi Cura, da empatica? “Prendersi cura vuol dire un sacco di cose, un sacco di cose bellissime. La cosa più di tutte la vedo come una cosa nell'amicizia, eni rapporti di coppia, non solo nel nostro lavoro. Io mi prendo cura dei miei amici, mi prendo cura del mio compagno. Secondo me è esserci nel momento del bisogno, qualunque esso sia, dal più stupido a quello più importante. Nei momenti più gravi, come ti capita nel tuo lavoro. Noi, da infermieri di sala operatoria, come tu sai, dobbiamo tra virgolette, vegliare sul malato. Quindi per noi la sterilità e tutte le altre cose, i posizionamenti giusti, i gesti appropriati, tutte le cose che riguardano il malato in sala operatoria sono importantissimi e sempre presenti. Ma si arriva fino alle cose banali di tutti i giorni, anche della tua vita. Che so, un amico che ha bisogno in un momento particolare, il tuo compagno che ha un momento di stress, anche una parola. E' un concetto molto ampio” - e tu sei la prima che lo amplifica, descrivendolo nella vita di tutti i giorni - “si, per me è veramente molto ampio come concetto. Non sapevo che si potesse essere così eleganti nel prendersi cura.



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