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Alessia...

Prendersi Cura

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Alessia inviata il 05 Dicembre 2021 ore 12:07 da Matteop7. 0 commenti, 41 visite. [retina]

1/80 f/1.4, ISO 2500,

Alessia, 35 anni, Ostetrica Alessia è un'Ostetrica. La professione delle ostetriche è considerata una delle più antiche al mondo. Nasce come un sapere femminile che si arricchisce di generazione in generazione, persona dopo persona, voce dopo voce. Platone, nei suoi scritti su Socrate, fa spesso riferimento alla madre levatrice, che gli ispirò il principio della Maieiutica: il “tirare fuori, il fare emergere”. Se si chiede alla civiltà anglosassone cos'è la scienza ostetrica, si trova la definizione di “Midwifery”, individuando la “Midwife”, cioè l'Ostetrica, come quella figura centrale che letteralmente “sta con la donna”. Questo ruolo un tempo era riservato alle donne, chiamate mammane o levatrice, ma oggi l'ostetrica è donna o uomo. E segue non solo il parto fisiologico in totale autonomia, ma accompagna la donna in tutta la gravidanza, il post-partum ed aiuta la mamma ad accudire il bambino nei primi mesi. Alessia è una delle prime ostetriche che ho conosciuto durante la mia turnazione in anestesia ostetrica. Anche una di quelle che più prendo in giro. Quando ho deciso di virare l'animo di questo progetto dal Medico alle Figure Sanitarie in generale, mi è venuto naturale coinvolgere subito Alessia e il suo sorriso. Ed è stato incredibilmente facile, avrei creduto di incontrare più resistenza. Invece Alessia l'ha preso come un gioco. E mi ha fatto letteralmente dannare a scattare la foto, introducendo in ogni scatto una risata genuina o delle facce buffe. Ma mi vendico intervistandola. - Alessia, come sei finita a fare l'ostetrica? - “A differenza di quello che dicono alcune, per me non è stata una vera vocazione. Non l'avevo mai considerata, se non dopo un anno di Farmacia. Io mi sono iscritta a Farmacia perché la volevo fare, ma dopo un anno in cui ho dato esami e l'ho vissuta, mi sono resa conto che non mi piaceva e ho cambiata”. - Almeno tu non sei partita con l'idea di fare Medicina, intervengo con un tono provocatorio - “No, infatti. Ho valutato l'idea di fare il test, però no. Non so esattamente perché no: forse perché troppo lungo, troppo difficile, forse perché poco affine a me. Ad ogni modo, sono passata a fare Ostetricia, ed è stato quasi un caso direi. Ho scelto sulla carta in base all'offerta formativa che c'era e mi sono buttata”. Nel frattempo Alessia si gira costantemente per controllare che non arrivi nessuno, e ridacchia ogni volta che qualcuno si avvicina o ci guarda. Sembra proprio una bambina che fa una marachella. Forse conservare una parte di genuinità infantile aiuta tanto a lavorare bene con le mamme e i neonati. Sarà questo il segreto? - Quindi alla fine questo buttarsi ha funzionato?- “Si, il salto nel buio ha funzionato, non ho più cambiato e mi sono appassionata abbastanza strada facendo”. - Immagino che le soddisfazioni che ti da' questa professione ti abbiano aiutato abbastanza! e nel frattempo penso all'aria strana che si percepisce in sala parto dopo che un bambino è nato. E' tutto sospeso, come se in quel momento non ci sia cosa più importante che salutare questa nuova creatura - “Si, ci sono bei ricordi. Ogni volta che un parto va bene siamo tutti soddisfatti. Mi ricordo bambini, e figli di amiche che sono andati bene. E poi ci sono quei parti che sono effettivamente belli, che tutto va da sé, che non devi forzare nulla e che li vivi al 100%. Come una cosa naturale, quali sono, in cui non devi fare nulla. Perché di fatto dovrebbe essere così, se tutto va bene non c'è bisogno di un'ostetrica”. - Però, che tutto vada bene, lo devi impostare tu, la incalzo - “Hai ragione, però bisogna anche essere un po' ottimisti, insomma alla fine è la cosa più naturale del mondo, quindi bisogna vederla in positivo. Però escludendo tutte le sfighe che ti possono capitare, è la cosa fondamentale. Perché essere rosee in questo lavoro non va bene, ci sono troppe variabili”. - Sai, sei la prima persona che mi dice che bisogna essere ottimisti, di solito tutti dicono che bisogna essere preparati al peggio - “No, certo, noi lavoriamo e agiamo per evitare il peggio, è ovvio. Se le cose chiaramente non vanno bene, devi attrezzarti e prepararti per fare in modo che in qualche modo l'outcome mamma-bambino sia il migliore possibile”. - Alessia, hai detto prima che la tua non è stata una vocazione ma che ti sei appassionata. Perché ti sei appassionata? “Sai” - e mentre lo dice ruota gli occhi al cielo, e non si accorge di sorridere - “Trovavo Farmacia molto sistematica, molto asettica se vuoi, non davi del tuo. Nel senso, un medico fa il medico e si vede la differenza tra uno e l'altro, il farmacista (senza nulla togliere alla loro professione) è abbastanza standardizzato se vuoi”. - Invece l'Ostetrica?- “L'Ostetrica no dai, devi mettere anche del tuo”. - Mi fai un esempio, per capire meglio? - “Un esempio? Ti ritrovi sempre in mezzo a tante situazioni, magari monti di notte e non ne hai voglia, oppure sei stanca e sono le 4 di notte, sei su un turno lunghissimo, in tutti questi casi tu devi essere comunque al 100% perché, chiaramente, sei nel momento clou di una coppia, di un evento unico se vuoi, anche se per noi è routine. Soprattutto devi saperti destreggiare tra le varie differenze che trovi tra le donne. E poi devi saper essere un po' psichiatrica e psicologa”. Immagino ci sia anche qualche ricordo brutto - “Eh va beh, qualcuno c'è purtroppo. I bambini nati dopo qualche brutto parto, qualche MEF (Morte Endouterina Fetale, ndr) che mi ricordo benissimo. Perché questo è un lato del nostro lavoro che non tutti considerano. La maternità viene considerata un'isola felice, ma c'è anche la parte negativa, ed è veramente negativa. Questi momenti me li ricordo abbastanza chiaramente tutti, e forse questi sono ancora più difficili perché sei li e non puoi fare nulla, se non cercare di sostenere le persone". - So che recentemente sei stata in Sierra Leone con una Onlus, andando insieme a tuo marito Andrea che fa l'Anestesista. Che impressione ne hai avuto?- “Fighissimo, bellissimo, da rifare. Lì non ho fatto l'Ostetrica, ho fatto la tuttofare, l'ortopedica, il terzo operatore. Ho aiutato in tantissimi modi diversi” - qui l'intervista si interrompe per qualche minuto, la prendo in giro sul fatto che abbia approfittato del marito per fare tutto lei. Credo che le risate si siano sentite anche a Modena - “E' stata una bellissima esperienza, sarebbe bello farla nel mio ambito, perché chiaramente è il mio ambito e posso dare di più. Sicuramente in questi contesti devi cambiare il tuo modo di lavorare, adattarti, azzerare alcuni tuoi criteri di ragionamento”. - Quindi l'anno prossimo ti vedrò in Afghanistan, nella valle del Panshir? (<a href="https://www.emergency.it/progetti/afghanistan-anabah-centro-maternita/" rel="noreferrer nofollow">www.emergency.it/progetti/afghanistan-anabah-centro-mater...</a>) - “Mi piacerebbe molto, avevo fatto la domanda e dovevo andare a fare il colloquio preliminare a Milano, poi in realtà non sono riuscita per vari motivi. Mi sarebbe piaciuto tantissimo, non lo escludo in futuro. Chi lo sa”. -Alessia, sei pronta alla domanda clou?- “Guarda, sono andata a cercare le definizioni nei vari siti e mi sono letta tutte le tue interviste, cosa hanno detto i vari ritratti. Eppure non ho in mente nulla, mi verrà sul momento” - Allora spara, cosa vuol dire per te Prendersi Cura?- “Credo che sia un occuparsi a 360 gradi di una persona, di un qualcuno che in quel momento, per un motivo o per un altro, ha bisogno di un supporto, di un aiuto, di quel che vuoi, soprattutto psicologico. È cercare di affrontare insieme quel momento, far capire che non è solo”. Nel frattempo passa un mio collega, mi informa che quel parto difficile è andato a buon fine. Alessia si illumina in volto, sembra una bambina che vede per la prima volta il Natale. Lei dice di no, ma credo che una parte di vocazione aristotelica ci sia in lei, e anche bella forte.



Vedi in alta risoluzione 6.0 MP  

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