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Bagno sacro al Triveni Sangam ( punto di congiunzione tra i fiumi sacri Gange ,Yamuna e Saraswati) Punto magico e immensamente sacro nel quale bagnarsi per tutti gli Induisti. .Nel 2013 si è tenuto a Prayaga Il Maha Kumbh mela, il più grande raduno religioso al mondo, in occasione del quale 120 milioni di pellegrini si sono riuniti per bagnarsi nel Sangam, la sacra confluenza dei fiumi Ganga, Yamuna e Sarasvati. Il primo bagno è stato il giorno di Makara sankranti, il 14 gennaio, e l'ultimo in occasione di Mahashivaratri, il 10 di marzo. Nell'arco di poco più di un mese e mezzo, circa 120 milioni di persone si sono avvicendate, in file ordinate e ininterrotte che notte e giorno entravano e uscivano dall'accampamento accompagnate dal suono di milioni di voci che si fondevano in un brusio costante. Milioni di pellegrini si sono bagnati con gioia, devozione, concentrazione, i vip arrivati con discrezione in elicottero, i più poveri sfamati e alloggiati nelle tende degli ashram. In ottomila si sono smarriti il primo giorno, in una trentina sono purtroppo morti per incidenti ma l'organizzazione era evidente tanto nello spiegamento di forze quanto nella pulizia e nell'ordine del campo. Nulla meglio del Kumbhamela può rendere la complessità dell'India, stratificatasi in quattromila anni di cultura. Basta assistere a uno dei bagni reali "shahi snana" per rendersi conto di come l'India arcaica sia ancora estremamente viva e presente accanto alle tecnologie del secondo millennio. I baba nudi, che avanzano prima dell'alba verso il Sangam, correndo con le spade alzate, i corpi emaciati coperti di cenere, ci trasportano in un altro mondo. Il campo della Juna akhada con i naga baba seduti a gambe incrociate davanti al loro fuoco sacro, che fumano i chilum, che benedicono i pellegrini ci offre immagini senza tempo. I sadhu non parlano, hanno un aspetto duro. Sono strani, impietriti dalle pratiche ascetiche, i capelli simili a radici. Spesso si dedicano a pratiche estreme, come rimanere in piedi o con un braccio sollevato in aria per anni. Corrono voci sulla loro proverbiale irascibilità, sulle maledizioni che sono in grado di lanciare a chi non li serve come vorrebbero. Sono icone del mistero, senza passato, senza legami. Ma all'improvviso un paio di occhiali da sole qua, un cellulare là, un mazzo di banconote che passa veloce di mano in mano ci riportano al nostro tempo, come i maxi-schermi vicino alla torre della stampa, dove si sono appollaiati i fotografi e i giornalisti, come le analisi dell'acqua del Sangam pubblicate ogni giorno sui quotidiani. La modernità è ancora più visibile sui carri dei guru famosi, spesso per vicende poco edificanti, che sfilano, decorati e sgargianti, a suon di musica verso il Sangam. Al Kumbhamela si parla anche di salvare la madre Ganga, che al pari della Yamuna rischia di morire per aver lavato troppi peccati. Le sue acque sono deviate a monte per approvvigionare città e fabbriche e al Sangam non arriva più l'acqua dell'Himalaya ma quella degli scarichi civili e industriali delle grandi città e, per consentire il bagno è stata temporaneamente rilasciata l'acqua dalle dighe. L'unica speranza è che la fede e l'affetto che gli Indiani nutrono per il Gange, da millenni madre e fonte di vita, la fede che abbiamo visto brillare negli occhi di chi era presente al Mahakubhamela riesca a sposare in senso pieno il nostro tempo e a trasformarsi in consapevolezza e concreta azione di conservazione. La storia di Ganga che sposa il re Shantanu a condizione che egli non la interroghi dovrebbe insegnarci qualcosa sulla natura volubile della fiumana celeste. Infatti quando il sovrano chiede alla consorte perché mai abbia ucciso sul nascere ogni loro figlio, lei scompare.
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