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Quel primo giorno passato a Timisoara mi ha subito insegnato una cosa: non ero preparato. Ero partito con delle aspettative, con un'immagine sicuramente fiabesca e inesatta di come si potesse presentare ai miei occhi la Romania ed in particolare la Transilvania, ma la differenza era decisamente troppa. Abbattuto, quasi depresso all'idea di trovarmi davanti 2 settimane di duro viaggio con la prospettiva di non riuscire a ricavarne niente (soprattutto a livello fotografico) mi sono abbandonato all'idea che se non c'era modo di avere una buona foto allora dovevo renderla buona con quello che c'era. Una grandissima differenza tra buona parte dei paesi più sviluppati e quelli meno, una roba che può sembrare sciocca, ininfluente... sono i fili della luce. Se non ci siete mai stati non potete capire la costanza, la potenza con la quale ricoprono ogni angolo delle città e con cui si insinuano insistentemente nel frame. Evitarli è impossibile. A quel punto l'unica cosa che si può fare è usarli a proprio vantaggio. L'altra caratteristica più che evidente è il contrasto, il contrasto tra ciò che è nuovo, ciò che è bello... ed il resto. case moderne, ben tenute, possono tranquillamente convivere accanto ad altre cadenti, abbandonate. E' un mondo strano, dove una parte della popolazione ha avuto modo di godere delle meraviglie del mondo moderno, ed ha lasciato il resto dove stava. Si passa da un secolo all'altro in pochi passi, e questo è ancor più apparente nei piccoli borghi, da cui alcuni fuggono in favore delle città.
E così, in una scala di grigi molto repentina, iniziava il mio cambiamento.
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