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| inviato il 17 Novembre 2019 ore 18:03
L' ALTARE DELLA PATRIA E' STATO CONDANNATO MA NIENTE DEMOLIZIONI ROMA - "Condannato ma non alla pena capitale. La corte ha respinto le istanze di demolizione presentate dall' accusa". Così, con il minimo della pena, si è concluso il processo al monumento a Vittorio Emanuele II, imputato di estraneità e sopraffazione sulla città circostante, di offesa estetica. In poche parole, di essere brutto, anzi bruttissimo. L' appuntamento, organizzato dal Mediocredito del Lazio in occasione della riedizione de "I mattoidi" (il libro scritto da Carlo Dossi nel 1883 sui progetti presentati al primo concorso per il monumento da dedicare al re "galantuomo") ha avuto un successo assolutamente imprevedibile. Palazzo Venezia, sede della "corte", è stato raggiunto da una vera folla di architetti, urbanisti, signore dall' aria colta, giovani studenti d' arte e d' archeologia, curiosi: tanti come solo il presenzialismo degli anni ' 70 ne aveva visti, capaci di resistere per quattro ore in piedi, assiepati, accaldati, pronti a ridere o a mugugnare sulle varie opinioni. Ai banchi della difesa e dell' accusa, rispettivamente Paolo Portoghesi e Claudia Conforti e Bruno Zevi e Klaus Koenig, noti storici dell' architettura, abili mattatori, anzi quasi uomini di spettacolo ormai. Per Zevi non era una novità attaccare il monumento: se nel ' 70 aveva proposto un bel "facciamolo saltare", anche ieri non si è frenato dal definire quei mastodontici marmi, "un incubo a cui non ci siamo assuefatti", "un disastro su cui si riesce solo ad imbastire farse e ironie", "una grossolana assurdità, uno scherzo di pessimo gusto su cui bisogna avere il coraggio di prendere una posizione rigorosa". Quale? Per Zevi-anni ' 80, meno nichilista di un tempo, non si deve distruggere, tutto e subito questa volta, ma bandire un nuovo concorso per la sistemazione della piazza e dell' ingresso alla zona archeologica. Meno clemente e più definitivo l' intervento dell' altro rappresentante dell' accusa, Koenig: la sua proposta meramente provocatoria è che a portar via il monumento, a mano, o meglio tirato a fune siano i governanti d' Italia. Tutti d' accordo a vilipendere, per poi salvare in corner il gigantesco gateau di panna neoclassica? Assolutamente no. Perfino Renato Nicolini, intervenuto in fondo alla giornata, ha chiesto di salvarlo in un periodo di così scarsi valori patriottici, e Claudia Conforti, alla difesa, è andata più in là: ha chiesto di ridorare tutte le statue del monumento, riaprire i cancelli, far garrire di bandiere i pennoni per la festa del Tricolore da poco istituita". Ma se l' architetto Conforti forse si è lasciato un po' prendere la mano, Paolo Portoghesi ha sostenuto appassionatamente una tesi certo più accettata dalla "gente comune". Secondo il teorico del post-moderno, fermarsi a dire che il Vittoriano è brutto è troppo poco, se non ×. Quel che bisogna fare per giudicarlo con giustizia è considerare il momento storico in cui nacque, il fatto che, allora, rappresentava l' Italia contro la Roma dei Papi. Oggi per sua sfortuna, è odiato perchè rappresenta la vecchia cultura. Che fare dunque? Per Portoghesi, ma anche per la buona parte della giuria (citiamo tra gli altri il pretore Adalberto Albamonte, Arbasino, il soprintendente Dante Bernini) il Vittoriano non va demolito, le ceneri del milite ignoto vanno portate in un luogo più dignitoso (il Pantheon?), e l' enorme colosso adibito, per i suoi larghi spazi, alle mostre d' arte. Anche Andreotti e Spadolini avevano mandato una testimonianza televisiva: ma le nuove tecnologie ancora una volta non hanno funzionato. Andranno in onda domani, al Tg. IL VITTORIANO, 100 ANNI DI STILE ROMAN-KITSCH... di Damiano Laterza L'Altare della Patria è il monumento più brutto mai costruito? A un secolo dalla sua (prima) inaugurazione, sembra che i romani (alcuni, non tutti, ma molti) abbiano finalmente digerito tutto quel bianco messo lì a deturpare secoli di compostezza architettonica senza precedenti. E la "Dentiera" di Roma è passata dall'esprimere un ghigno infastidito ad abbozzare un quasi sorriso. Dileggiato dalla maggior parte delle guide internazionali, in realtà, questo monumento anticonformista per i turisti è un must. Alcuni americani rivelano addirittura di preferirlo al Colosseo, definito troppo «sporco, rovinato e inutilizzabile». Inaugurato nel 1911 da Vittorio Emanuele III - ma i lavori termineranno solo nel 1935 – questo oggetto misterioso a guisa di "macchina da scrivere" gigantesca è servito, in fondo, per redigere la storia unitaria del paese. Un'epopea controversa e pacchiana, proprio come l'eccentrico altare monumentale suggerisce. Ancora c'è qualcuno, in città, che ricorda bizzarre leggende legate alla costruzione del faraonico manufatto (durata quasi mezzo secolo e realizzata con grande dispendio di risorse): tipo che dentro il ventre del cavallo su cui monta il mitico re soldato, gli operai ci avevano messo tavolo e sedie e ci pranzavano regolarmente, avvinazzandosi di Frascati bianco, quasi per dimenticare d'esser artefici d'un catafalco così imbarazzante. Ma sono leggende popolari infarcite di qualunquismo e vittimismo e menefreghismo tipici romaneschi. Quel che è certo è che dalla sommità di questa specie di "Torta Nuziale" di panna montata – che venne servita per celebrare il matrimonio tra l'Urbe Eterna e la neo-costituenda Italia - si gode di un panorama mozzafiato e la sua mole lo rende sicuramente la più importante opera architettonica realizzata a Roma dalla presa della città, nel 1870, ad oggi (e non ce ne voglia Zaha Hadid). Un'opera inutilmente grandiosa e quasi stucchevole che ridonda di pompose forme neoclassiche, nata in anni in cui già si annunciavano le levità metalliche del liberty e si andava scoprendo la purezza del razionalismo. Il tutto in un'area super cool (urbanisticamente parlando) come il Campidoglio risistemato da Michelangelo. «Brutto - mugugna qualcuno - perché chi lo concepì non era nemmeno laureato!». In effetti, l'architetto Giuseppe Sacconi (nipote di Cardinale), al momento dell'aggiudicazione del concorso per il monumento al Re non aveva un titolo di studio degno. Gli daranno il diploma subito dopo, «in grazia di un articolo della vecchia legge Casati», come ebbe a scrivere Camillo Boito in un articolo acidissimo sullo stato dell'architettura in Italia, apparso nel 1890. Certo, anche F.L. Wright aveva fatto sì e no due esami a Ingegneria e Le Corbusier aveva frequentato solo una scuola d'arte; Carlo Scarpa, poi, ebbe la laurea ad honorem quando già era un cattedratico affermato. Qui, però, si tratta delle basi. Dell'abc. Che Sacconi ignorasse totalmente la storia dell'architettura quando concepì tale opera in stile Las Vegas nel cuore di un luogo ove si praticava la nobile arte della fabbricazione di monumenti da millenni e con risultati spesso esaltanti? Sacconi asino raccomandato o visionario incompreso? A sua discolpa va detto che egli aveva previsto di realizzare il monumento in travertino romano, in linea con la tradizione, ma i successori decisero per il botticino. Un marmo bianco (decisamente troppo bianco per Roma) più facilmente modellabile e senza dubbio più "brillante". Un materiale che proviene dal bresciano, guarda caso zona di origine di Giuseppe Zanardelli, l'uomo che aveva dato l'ok per la costruzione del controverso mausoleo. Leghismo ante-litteram? Anche qui gli storici potranno sbizzarrirsi. Quello che a noi interessa, piuttosto, è l'elenco delle opere distrutte per costruirlo: la Torre di Paolo III, il cavalcavia di collegamento con Palazzo Venezia, i tre chiostri del convento dell'Ara Coeli più tutta l'edilizia minore presente sulle pendici del monte capitolino. Per questo, negli anni Ottanta lo storico Bruno Zevi arrivò a invocare l'uso della dinamite per demolire quell'«obbrobrio» e «vendicare» così lo scempio perpetrato. Insomma, fino a pochi anni fa si realizzavano studi per un probabile abbattimento e il successivo riutilizzo dell'area. Non mancavano appelli pubblici contro un mausoleo definito come "elogio della bruttezza". Giovanni Klaus Koenig, esperto di linguistica dell'architettura, propose di sostituire almeno la statua equestre del sovrano con quella di un eroe automobilistico (tal Borzacchini, che di nome faceva Bacunin poiché era figlio di anarchici) e dunque asserì: «Non essendo possibile la demolizione per ragioni tecniche, il cantiere infatti bloccherebbe per svariati anni il centro nuocendo alla circolazione e alla pazienza dei romani, si potrebbe mettere un altro personaggio al posto del re. Opterei per il leggendario corridore Bacunin Borzacchini. In questo modo il teorico della negazione d'ogni autorità si troverebbe così, per interposta persona, suo malgrado, sugli altari…». Ma non se ne fece nulla. Per decenni, esattamente dal 1987, il Vittoriano è stato in restauro; solo nel 2000 è stata riaperta la scalinata e poi i nuovi spazi espositivi, ma diciamo che i romani hanno cominciato ad apprezzarlo solo con l'installazione, nel 2007, degli ascensori in vetro che portano alle terrazze delle quadrighe, tra i punti più alti di tutti gli edifici del centro della Capitale: 62,26 metri. E pure qui, polemiche a go go. Adesso sono gli ascensori che deturpano il Vittoriano che a sua volta deturpava Roma. Da almeno 3 anni si dibatte di un loro smantellamento. Al momento sono ancora lì (l'alternativa, per salire in cima a questo bizzarro Valhalla, sono circa 196 gradini da fare rigorosamente a piedi) e sono una delle attrazioni più amate. Negli ultimi anni il Vittoriano sembra diventato davvero la casa degli italiani ed è tappa obbligata dei molti turisti che quotidianamente affollano la città dei Papi e dei Cesari. Tante presenze anche per il didascalico museo contenuto al suo interno e per i molti eventi culturali che qui vengono realizzati. Insomma, da una decina di anni a questa parte, e a partire dal celebre spot di un nebulizzatore orale – nel quale il simpatico soldato Boccasana era di guardia al Milite ignoto, al centro della "macchina da scrivere" – sembra che il Vittoriano stia conoscendo finalmente la sua stagione di gloria. Come se una spruzzata di collutorio abbia, d'un colpo, cancellato i "germi" delle velenose polemiche del passato. Una volta, sulla sommità dell'Altare per un breefing politico-mondano, vidi il centro di Roma dall'alto e senza tutto quel bianco su cui stavo seduto: pareva irreale, quasi piranesiano. Cioè era una Roma ferma nel tempo, immobile in un immaginario visivo di fine Ottocento. Allora capii che l'irruzione di quell'archimostro aveva indissolubilmente catapultato la città eterna in una modernità ormai improcrastinabile, generando, infine, la Roma kitsch che oggi conosciamo e amiamo. Al di là dei giudizi estetici, comunque, sembra che la balzana idea di un Foro pacchiano per le genti del Novecento sia stia concretizzando adesso, nonostante il traffico mostruoso e le frenesie isteriche della vita attuale. Badanti rumene, operai moldavi, fruttaroli bengalesi: non è raro, infatti, imbattersi in nuovi italiani che si fanno immortalare innanzi al bianco candore di questo Altare di Pergamo de noantri, quasi a testimoniare l'avvenuto conseguimento di uno spirito patriottico italico, estrinsecato posando innanzi a quel manufatto, col volto tronfio d'orgoglio, a ricordarci che ciò che fu classificato come «uno tra i peggiori esempi di architettura ufficiale che il globo terracqueo possa vantare» è divenuto simbolo incontrastato di questa nuova Patria, proiettata (volenti o nolenti) verso il suo futuro. Io sono della fazione di Bruno Zevi… |
| inviato il 19 Novembre 2019 ore 22:57
Ripresa bellissima.. Complimenti Rosario. Saluti Raffaele |
| inviato il 19 Novembre 2019 ore 23:00
Grazie Raffaele gentilissimo Ciao Rosario |
| inviato il 19 Novembre 2019 ore 23:06
Splendida! I miei complimenti. Ciao Max |
| inviato il 19 Novembre 2019 ore 23:09
Grazie mille Max graditissimo il tuo apprezzamento Ciao Rosario |
| inviato il 20 Novembre 2019 ore 0:49
Bellissimo scatto da un'angolazione particolare ed inconsueta. Ottimi colori e nitidezza. Complimenti Rosario. Ciao, Roberto |
| inviato il 20 Novembre 2019 ore 7:09
Grazie mille Roberto gentilissimo ciao Rosario |
| inviato il 21 Novembre 2019 ore 22:42
un gran bello scatto che esalta ancora una volta le bellezze della nostra Italia. Complimenti Rosario. Ciao Marco |
user92328 | inviato il 23 Novembre 2019 ore 16:53
Meravigliosa anche questa.... Complimentoni... Ciao |
| inviato il 23 Novembre 2019 ore 18:43
Grazie mille Salvo sempre molto gentile Ciao Rosario |
| inviato il 28 Marzo 2020 ore 0:58
un altra splendida imagine della città capitolina dove ho avuto la fortuna di andare poco prima di natale per un congresso di cardiologia un po prima che scoppiasse tutto questa gran casino |
| inviato il 28 Marzo 2020 ore 10:38
Grazie mille del passaggio carissimo Francesco Ciao Rosario |
| inviato il 24 Giugno 2020 ore 21:46
Bella realizzazione paesaggistica, con ottima composizione e linee guida; ottimi anche i dettagli ed i colori. Molto bravo Ciao Stefano |
| inviato il 24 Giugno 2020 ore 21:54
Sempre molto gentile carissimo Stefano Ciao Rosario |
| inviato il 12 Marzo 2021 ore 14:47
ottima galleria, complimenti rosario... ciaooooo ale |
| inviato il 12 Marzo 2021 ore 16:36
Grazie mille Alessandro veramente gentile |
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