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Il Patriarca...

Sardegna leggendaria

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Il Patriarca inviata il 03 Giugno 2018 ore 19:07 da Emmegiu. 114 commenti, 6376 visite. [retina]

, 1/20 f/16.0, ISO 100, treppiede.

Il grande albero ha già mille anni quando il grande sacerdote protende verso il cielo il figlio di Astaroth, la tribù avrà un altro grande guerriero e festeggia sotto il grande albero sacro agli dei del bosco. Passano mille anni e sotto il grande albero si consuma una grande battaglia tra le tribù della valle e gli invasori che provengono dal mare, il loro valore è grande ma i soldati romani sono più numerosi degli steli dell'erba che si tinge di sangue e bagna le antiche radici e il grande albero piange perdendo le sue foglie. Da quel giorno questo è un posto maledetto per l'eternità e nessun uomo ha mai osato più disturbare questo albero padre di tutti gli alberi. Passano altri duemila anni e a questo penso io uomo insignificante di fronte al padre di tutti gli alberi, mentre lo osservo e piango, contorto rugoso segnato dai millenni ancora si leva verso il cielo e le sue fronde possono dare ombra a cento uomini. Uomini cosa siamo noi con le nostre miserabili vite in confronto a questo essere quasi immortale, abbiamo solo una infinita cattiveria e un grande disprezzo per gli altri esseri viventi. Un tempo gigantesche foreste ricoprivano la Sardegna poi i Romani incominciarono a bruciarle per braccare e stanare i sardi, finirono l'opera i piemontesi. Sotto per chi ha pazienza e vuole saperne di più un'articolo del grande Professore universitario di Storia Francesco Cesare Casula. GLI OLIVASTRI MILLENARI DI LURAS sono considerati tra gli alberi più antichi del mondo. Il più anziano di questi è noto con il nome di Grande Patriarca, ed è ritenuto l'albero più vecchio d'Europa. Situati nella località di Karana, in prossimità del Lago del Liscia, a pochi metri dalla chiesa di Santu Baltolu, sono da decenni meta di visitatori provenienti da tutto il mondo. S'Ozzastru è il nome tipico che gli abitanti di Luras hanno rispettosamente omaggiato all'albero più antico. L'olivastro millenario, nato da seme, presenta una circonferenza di ben 12 metri ed è alto 15 metri. La sua età, secondo gli esperti dell'Università di Agraria di Sassari, è stimata intorno ai 3800-4000 anni. Nel 1991 è stato dichiarato Monumento Naturale e inserito nel Decreto Ministeriale per la Regione Sardegna nella lista di 20 Alberi Secolari. Le fronde degli Olivastri Millenari di Luras possono arrivare a coprire anche 600mq di superficie ombrosa. LA DISTRUZIONE DELLE FORESTE SARDE - di Francesco Cesare Casula (da Barbagia.net) Quella prenuragica e nuragica era L'Isola del «grande verde», che fra il XIV e XII secolo avanti Cristo fonti egizie, accadiche e ittite dipingevano come patria dei sardi shardana. Quell'isola che soprattutto con i Piemontesi e in specie dopo l'Unità d'Italia, sarà sempre più solo un ricordo. La storia documenta che l'Isola verde, densa di vegetazione, foreste e boschi, nel giro di un paio di secoli fu drasticamente rasata, per fornire carbone alla industrie e traversine alle strade ferrate, specie del Nord d'Italia. (Raimondo Carta Raspi, Storia della Sardegna, Mursia editore, Milano 1971, pag.883). Sulla stessa linea Gramsci che in un articolo sull'Avanti del 1919 scrive “L'Isola di Sardegna fu letteralmente rasa suolo come per un'invasione barbarica. Caddero le foreste. Che ne regolavano il clima e la media delle precipitazioni atmosferiche. La Sardegna d'oggi alternanza di lunghe stagioni aride e di rovesci alluvionanti, l'abbiamo ereditata allora”. Certo, il dissipamento era iniziato già con i cartaginesi e i romani, che abbatterono le foreste nelle pianure per rubare il legname e per dedicare il terreno alle piantagioni di grano e nei monti le bruciarono per stanare ribelli e fuggitivi, ma è con i Piemontesi che il ritmo distruttivo viene accelerato: fin dal 1740 come ricorda Giuseppe Dessì, a proposito della distruzione delle foreste di Villacidro e dintorni, nel meraviglioso romanzo Paese d'ombre in cui scrive:”Nel 1740 il re aveva concesso al nobile svedese Carlo Gustavo Mandel il diritto di sfruttare tutte le miniere di Parte d'Ispi in cambio di una esigua percentuale sul minerale raffinato e gli aveva permesso di prelevare nelle circostanti foreste il carbone e la legna per le fonderie, costringendo comuni a vere e proprie corvé e distruggendo così il patrimonio forestale della regione”. (Paese d'ombre, pagina 107). I Piemontesi infatti bruciarono persino i boschi della piana di Oristano per incenerire i covi dei banditi mentre i toscani li bruciarono per fare carbone. E con essi, amici e sodali di Cavour, ad iniziare da tal Conte Pietro Beltrami, uomo d'affari che prorio con il sostegno di Cavour, acquistò dal demanio alcune foreste, soprattutto a Fluminimaggiore e nell'Iglesiente, che disboscò senza alcun criterio, mandando in fumo un intero patrimonio boschivo e meritandosi l'appellativo di “Attila delle sarde foreste” in quanto devastatore di boschi quale mai ebbe la Sardegna. Dopo l'Unità, forse per questo, fu eletto deputato per due legislature! Ma ancora qualche decennio anno prima dell'Unità Alberto Ferrero della Marmora, scrittore, geografo e militare (Torino 1789- 1863) scrive che ai suoi tempi la Sardegna aveva dei boschi fitti che potevano ricoprire un quinto dell'Isola. E Maurice le Lannou (1906-1996) professore al Collège de France, membro e poi presidente dell'Institut (Académie des Sciences Morales et Politiques), uno dei più grandi geografi europei del secolo scorso, nella sua opera più importante sulla Sardegna: Pâtres et paysans de la Sardaigne, (Traduzione italiana a cura di Manlio Brigaglia: Pastori e contadini di Sardegna, Cagliari, Ed. della Torre, 1979) scrive che è certo che in tre quarti di secolo (1850-1925) il patrimonio forestale della Sardegna s'è notevolmente assottigliato in conseguenze di una mostruosa accelerazione del ritmo delle distruzioni. Dal 1860 la Sardegna è uscita abbastanza bruscamente dal suo isolamento e non sempre con vantaggio. Innanzitutto la foresta sarda ha fatto le spese della costruzione delle ferrovie isolane: nel 1863, 200.000 ettari di terreni di bosco o di cespugli che appartenevano allo stato furono ceduti alla compagnia inglese che costruiva le ferrovie. Ed essa ne distrusse quasi 20.000 che erano i più ricchi di alberi veri e propri. E' dunque con l'Unità d'Italia che il patrimonio forestale della Sardegna s'è notevolmente e ulteriormente assottigliato grazie all'opera “criminale” di italiani, inglesi, francesi e belgi che trasformarono intere distese di alberi secolari in traversine per le ferrovie e travature per le miniere e per far legna con cui fondere i minerali. La distruzione dei boschi era infatti tutta in funzione dei bisogni e degli interessi dell'Italia del Nord cui serviva carbone per le industrie e traversine per le strade ferrate. Con l'Unità d'Italia la partita si chiude con una mostruosa accelerazione del ritmo delle distruzioni tanto che : “Lo stato italiano promosse e autorizzò nel cinquantennio tra il 1863 e il 1910 ? scrive Eliseo Spiga (in La sardità come utopia, note di un cospiratore, Cuec editore, Cagliari 2006) ? la distruzione di splendide e primordiali foreste per l'estensione incredibile di ben 586.000 ettari, circa un quarto dell'intera superficie della Sardegna, città comprese, con il massacro concomitante degli animali selvatici:cinghiali, cervi, daini, mufloni”. Carlo Corbetta, scrittore lombardo (seconda metà secolo XIX), che visita la Sardegna dopo il 1870 con l'appoggio di Quintino Sella, scrive in seguito a quell'esperienza un'opera in due volumi Sardegna e Corsica. Essi vengono pubblicati nel 1877 a Milano per l'editore Brigola. A proposito della distruzione dei boschi precisa:”La distruzione dei boschi la si deve in massima parte agli speculatori e trafficanti di scorza che col loro coltello scorticatore ne denudano i tronchi e grossi rami delle leci e quercie marine e delle quercie comuni e la spediscono in continente ad estrarne tannino per la conceria delle pelli e per le tinture. Così scorticati gli alberi, muoiono nell'anno appresso e rimangono quali fantasmi biancastri agitanti le braccia per la deserta campagna e ti danno l'idea di esseri fantastici, di anime dannate che si dolgano del loro crudo destino, o di anime purganti nel fuoco penace, quali si vedono dipinte nelle cappellette, sui canti delle vie campestri. E in tal guisa ridotti, i piccoli rami si tagliano e se ne fa carbone, ed i tronchi si abbruciano sul posto e se ne fa cenere per estrarne potassa, e il suolo di sotto rimane nudo, deserto, brullo, biancheggiante”. Si tratta di un'analisi gravemente deficitaria. E' vero che le sugherete erano preda subito dopo l'Unità d'Italia (a partire dal 1865) di gruppi di commercianti che cercavano il tannino e la potassa. Ma i veri responsabili che Corbetta non individua, sono ben altri. Né, probabilmente Corbetta voleva e/o poteva individuarli, essendo essi amici e contigui ai suoi sostenitori, Quintino Sella in primis e con esso il Governo piemontese post-unitario di cui abbiamo già detto.



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avatarsupporter
inviato il 19 Giugno 2018 ore 0:44

Cara Ann ti assicuro che quando stai sotto questo albero ti prende una grande emozione e molti piangono e io ho pianto è un essere quasi immortale e se non è l'uomo a distruggerlo vivrà ancora a lungo e vedrà forse anche la fine dell'uomo, grazie di cuore amica mia per il tuo bellissimo commento, buona serata

avatarsenior
inviato il 27 Febbraio 2019 ore 18:07

Caro amico e fratello Emme, quando hai aperto questa discussione non ti conoscevo, ahimè! Solo ora mi accorgo e piango per questo dramma che la tua terra ha vissuto. La mia commozione riguarda la distruzione che in generale l'uomo a perpetrato, e continua ancora adesso, nei secoli nei confronti del creato. Non abbiamo visto le sue bellezze, perse per sempre e che i nostri figli vedranno e vivranno ancor meno. Verrò di certo un giorno ad abbracciare questi alberi e ne sentirò la loro forza nonché la loro sofferenza, andremo insieme a rendere omaggio loro. Tu sai già quanto io ami gli alberi che nella regione in cui vivo ho ritratto e amato, e quanta sofferenza ho vissuto per vicende in cui alberi, se pur non millenari, sono stati abbattuti per far spazio al profitto. Continuiamo a essere ciechi fino alla fine finché, come ho già citato nel "Podium", "il cielo cadrà su di noi.
Un grande abbraccio
Carlo

avatarsenior
inviato il 04 Marzo 2019 ore 22:21

Un albero veramente bello.
Mi fa piacere che adesso sia protetto.
Sto guardando le tue foto.
Bella la post produzione ed i colori.
Bella anche la varietà dei soggetti.
Mi piacciono le tue descrizioni.
Complimenti.
Ciao

avatarsupporter
inviato il 04 Marzo 2019 ore 22:45

Bruno sono onorato per la tua visita grazie di cuore

avatarsenior
inviato il 15 Agosto 2019 ore 9:23

Con Questa Fotografia Meravigliosa
dalla Splendida Realizzazione
Ti Auguro un Buon Ferragosto Sorriso

Con Affetto
Ernesto SorrisoCool

avatarsupporter
inviato il 15 Agosto 2019 ore 9:24

Grazie Buon Ferragosto Ernesto a te e famiglia

avatarsenior
inviato il 21 Agosto 2019 ore 8:38

Senza parole. Complimenti Emme.

avatarsenior
inviato il 19 Dicembre 2019 ore 18:56

La riguardo sempre con profonda ammirazione. Complimenti Pietro.

avatarsenior
inviato il 01 Febbraio 2021 ore 23:06

Caspita Giuseppe! Quando sono venuto in Sardegna come turista (un turista superficiale purtroppo ... non sono uscito dalle "note località turistiche" ...) immaginavo che prima la Sardegna era più verde, ma non immaginavo questa storia che tu hai corredato anche di fonti oggettive (segno di una formazione di stampo scientifico). Anche in Toscana hanno distrutto le foreste, ma evidentemente erano più resilienti di quelle sarde forse per la presenza di un clima più clemente. Voglio dire che in un clima difficile le foreste possono comunque svilupparsi, ma grazie ad un sinergismo fra terra, acqua, piante e animali in grado di creare un microclima favorevole (qui molta acqua piovana proviene dall'evapotraspirazione della foresta stessa). Una volta rotto il sinergismo le foreste non ripartono perché diminuisce l'acqua e il suolo fertile disponibile.
Gli etruschi nel Golfo di Baratti hanno bruciato migliaia di tonnellate di legna per fondere il ferro, tanto è vero che hanno accumulato così tanti residui ferrosi da farne piccole colline che poi quando sono state sfruttate industrialmente, a partire dagli anni '20 del XX secolo, hanno scoperto stupende tombe etrusche rimaste nascoste ai tombaroli.
Ti ringrazio per queste informazioni che hai generosamente donato a noi 'passanti' appassionati di fotografia

avatarsupporter
inviato il 01 Febbraio 2021 ore 23:19

Caro Leonardo mi sembri un esperto in materia mi fa piacere, la temperatura media di Cagliari intorno agli anni 1823 24 era in media 7/8 gradi più bassa di quella odierna, con la temperatura massima nel mese di luglio di 31 gradi, oggi si va dai 35 ai 40 all'ombra come massima, il clima della Sardegna dal 1830 in poi fu stravolto perché in breve tempo distrussero foreste millenarie, adesso siamo di nuovo un'isola verde perché abbiamo un indice di boscosità molto alto per merito dei grandi rimboschimenti iniziati dagli anni 1950 1960, ma la qualità è diversa e i boschi giovani non hanno lo stesso potere mitigante delle antiche foreste primordiali, con il leccio che ricopriva la Sardegna da mare a mare, il sole sotto il leccio praticamente non penetra, grazie per il tuo passaggio che mi ha fornito informazioni che non conoscevo, un caro saluto giuseppe

avatarsenior
inviato il 01 Febbraio 2021 ore 23:58

Diciamo che mi sono specializzato sui sinergismi facendo una tesi di laurea in biologia sui modelli di cooperazione fra organismi viventi. Il succo della mia tesi era che è vero che la competizione e la predazione ottimizzano i sistemi, ma la cooperazione aumenta la complessità. La vita è quindi passata da semplici forme chimiche di autocatalisi alla complessità che conosciamo grazie alla cooperazione e al mutualismo.
Se non sbaglio oltre la metà dell'acqua che piove sopra le foreste equatoriali è acqua evaporata dalle foreste stesse, è quindi immaginabile che anche le nostre foreste inneschino simili sinergismi anche se in misura minore.
A proposito, l'olivo che hai fotografato è sicuramente molto grande, ma se non sbaglio le semplici e microscopiche ife fungine di un singolo individuo possono raggiungere cento metri e forse di più. Nel sottosuolo di un bosco sano c'è molta vita e quasi sempre sinergica, cioè ci sono molte forme di mutualismo. Sicuramente le ife fungine hanno contribuito al rimboschimento della Sardegna favorendo alcune specie arboree a scapito di altre.
Adesso ho troppo sonno ... buonanotte

avatarsupporter
inviato il 02 Febbraio 2021 ore 0:18

Accidenti una bella lezione grazie :-P buona notte dottore

avatarsenior
inviato il 16 Febbraio 2021 ore 1:53


Un albero maestoso e pieno di energia sotto il quale sarebbe meraviglioso fare meditazione oppure abbracciarne il tronco possente per assorbire parte della sua forza...

Nick

avatarjunior
inviato il 13 Luglio 2022 ore 8:35

In questa foto è per il meraviglioso risultato ottenuto, hai splendidamente riassunto la Sardegna. La durezza della vita nell'isola rappresentata dalla natura omnia vincit.


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