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Una storia di altri tempi


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Una storia di altri tempi, testo e foto by Lele55. Pubblicato il 18 Luglio 2014; 60 risposte, 8276 visite.


Una storia di altri tempi, di prima del motore, recita una bella canzone di Francesco de Gregori, qui non andiamo così indietro nel tempo, ma certamente trentaquattro anni sono quasi un'eternità se ci si riferisce all'evoluzione delle attrezzature e del materiale fotografico ed anche a quella della sensibilità dell'uomo nei confronti degli animali, ma queste sono le foto che ho e questa è la storia che mi piace raccontare.
Siamo all'inizio di un lontano ed ancora, stranamente per la Sicilia, poco estivo giugno 1980 e, approfittando dell'offerta della settimana di apertura (anche allora bisognava guardare al budget), ci troviamo già da alcuni giorni al villaggio Vacanze " l'Approdo di Ulisse" a Favignana, una bella struttura (almeno allora lo era) posta fra Cala Grande e Punta Sottile. Durante la cena, Salvatore, un cameriere con il quale abbiamo fatto amicizia (a quei tempi eravamo giovani e socievoli), ci propone di fare un'esperienza particolare: uscire l'indomani mattina in mare con i pescatori locali per assistere alla pesca dei tonni, la famosa "mattanza". Noi siamo un po' esitanti, c'è da fare una levataccia ed oltretutto la giornata che si sta concludendo è stata caratterizzata da un forte vento piuttosto freddo e da un mare assai mosso che non invogliano molto alle uscite in barca. Il nostro nuovo amico insiste e ci assicura che il sacrificio sarà ampiamente compensato da uno spettacolo davvero inusuale ed al quale difficilmente avremo di nuovo l'occasione di assistere. La curiosità ha la meglio sulla pigrizia e così ci facciamo convincere a non perdere questa opportunità. Prima di andare a letto, quindi, prepariamo il poco abbigliamento pesante che abbiamo e sopratutto la mia attrezzatura fotografica: una Mamiya Sekor 1000DTL con il suo cinquantino, un 28 ed un 300 entrambi Vivitar innesto a vite e due rullini di Ektachrome 100 Asa (erano gli ultimi rimasti e, comunque, allora gli scatti si centellinavano).


Al mattino, quando la sveglia suona e vediamo che fuori è ancora buio, siamo tentati di rimanere al caldo sotto le coperte, ma ormai l'impegno è preso e poi Salvatore, in paese, ci sta aspettando per accompagnarci al porto. Per la colazione, al villaggio, ovviamente, niente da fare, è ancora troppo presto, fortunatamente il bar in paese è già aperto e prima di salire in barca facciamo in tempo a prendere qualcosa, anche se, un po' preoccupati del moto ondoso, evitiamo il cappuccino ed andiamo sul salato.
Salvatore ci presenta allo zio pescatore che ci accoglie senza difficoltà, ma anche senza particolari riguardi, giustamente preso dai preparativi per la partenza. Saliamo così a bordo della barca, tutta aperta, chiaramente da pesca e certo non destinata ad ospitare dei passeggeri. Guardando le altre barche che si stanno preparando a lasciare la banchina, ci accorgiamo di non essere i soli infiltrati a bordo di questa piccola flotta che in una mattinata limpida, ma piuttosto fresca, abbandona il porto di Favignana in direzione di Marettimo: oltre a noi ci sono diversi altri turisti e, ci pare, anche gente dell'isola.

Il sole intanto prende possesso del cielo, ma ancora non riesce a riscaldarci più di tanto con i suoi raggi benevoli; il forte vento del giorno precedente è cessato trasformandosi in una leggera brezza fresca, ma ha lasciato una grossa onda lunga da nord ovest che ci prende quasi al traverso, così il mare in scaduta, col suo profondo e silenzioso respiro, ci solleva con morbida potenza come fossimo fuscelli, creando qualche apprensione in noi uomini e donne di terra. Fortunatamente con una navigazione abbastanza breve raggiungiamo la zona di mare in cui stazionano già altre imbarcazioni, tra le quali spicca una, dalla strana forma allungata, munita di un equipaggio assai numeroso. Manovrate da mani abili ed allenate, nonostante le ingombranti presenze di noi inutili passeggeri, tutte le barche dei pescatori assumono la posizione stabilita, formando tre lati di un grande rettangolo ancora in costruzione; il quarto lato infatti si chiude poco dopo con la lunga imbarcazione che avevamo notato e che, priva di motore, viene trainata da un'altra barca nella sua giusta collocazione.


All'interno del, momentaneamente ampio, bacino così creato rimane rinchiusa un piccola barchetta a remi con due passeggeri: quello seduto, ci spiega un medico di Palermo che si mostra già esperto dei meccanismi e dei tempi della faccenda, è "il rais", termine di chiara origine araba che identifica il capo, ovvero colui che assumerà tutte le decisioni e dirigerà le operazioni.
I rumorosi motori delle barche vengono spenti e lo sciabordio del mare sulle chiglie insieme al brusio sommesso e, direi, quasi rispettoso dei passeggeri sono gli unici suoni che si sentono. I pescatori, in silenzio ed immobili, sembrano in attesa di un comando, mentre il rais, con un apposito strumento, una specie di visore, scruta l'acqua di un colore blu profondo: sempre il medico palermitano ci spiega che sta valutando la quantità di tonni che hanno raggiunto l'ultimo tratto di una rete lunga chilometri, la cosiddetta "camera della morte", per decidere se iniziare le operazioni di cattura o se invece rinviare il tutto ad un altro giorno.... scopriamo così, non senza sorpresa, che il tutto potrebbe anche finire qui.


Dopo alcuni minuti in cui la tensione sembra divenire palpabile, il conteggio delle prede deve accontentare il rais, infatti il gesto prestabilito del suo accompagnatore dà il via alle operazioni. Subito i pescatori, spingendo i bracci di alcuni grossi argani, cominciano a recuperare la gigantesca rete che nel frattempo era stata agganciata ad ognuno dei lati del rettangolo, mentre gli uomini a bordo della lunga imbarcazione, i "tonnaroti", intonando a piena voce una caratteristica canzone in dialetto, che spezza il silenzio e detta il ritmo, iniziano, a loro volta, a recuperare, a forza di braccia, il quarto lato della rete.
In pochi minuti lo specchio d'acqua compreso fra le imbarcazioni si riduce di dimensione e di profondità ed ecco che, nello stupore generale, o almeno in quello di noi che per la prima volta assistiamo allo spettacolo, cominciano a spuntare dal mare pinne gigantesche che si muovono disordinatamente.


L'acqua diviene prima bianca per gli spruzzi prodotti dai pesci che si agitano disperatamente alla ricerca di una fuga impossibile e poi rossa del sangue degli stessi. I tonnaroti, a forza di braccia ed aiutandosi con dei rampini, iniziano ad afferrare e ad issare a bordo, con forza e abilità, questi giganti di svariati quintali fra spruzzi d'acqua, schizzi di sangue e pericolose scodate.


La concitazione e l'eccitazione dei pescatori coinvolge e travolge anche noi, allibiti ed impreparati spettatori: è un evento crudele e terribile ed affascinante al tempo stesso. Mi riprendo dal momento di smarrimento e, non senza difficoltà (a quei tempi niente VR, niente alti ISO, niente raffiche) cerco di cogliere i volti tesi ed i muscoli contratti dei tonnaroti e non posso né voglio trascurare le sagome sanguinanti di questi bellissimi grandi pesci.


Tutto si consuma in tempi rapidi, l'acqua, ormai divenuta quasi completamente rossa, si acquieta, i grandi tonni, ormai privi di forze, hanno cessato di dibattersi e anche gli ultimi esemplari vengono tirati a bordo.
La tensione si allenta improvvisamente anche se la tanta adrenalina entrata in circolo richiederà tempo per essere smaltita. Noi abbiamo osservato immobili ed in silenzio, quasi in apnea, concedendoci al massimo qualche "oh" di meraviglia. Mi pare quasi di avere una specie tremito interiore e mi chiedo se questo, unito al movimento del mare ed alla mancanza di un qualsiasi punto di appoggio, mi abbia permesso qualche scatto accettabile.


Mentre i pescatori lavorano per riposare la rete e poi rientrare verso il porto, noi spettatori ci guardiamo l'un l'altro e solo ora si azzardano i primi timidi commenti; siamo senza dubbio tutti molto colpiti, qualcuno è quasi scandalizzato dalla crudezza della vicenda, sulla barca vicina una ragazzina piange disperatamente mentre i genitori cercano di consolarla; anche dentro di me si agitano sensazioni ed emozioni forti e contrastanti, ma non mi sento di dare giudizi, sono infatti consapevole di aver assistito a qualcosa di vero e di vissuto, non ad una rappresentazione a beneficio di un pubblico al quale non è stato chiesto nessun compenso, ma al quale, anzi, è stato, generosamente, concesso di prendere parte ad un rito che non gli appartiene né lo comprende.
Il ritorno verso il porto avviene rapidamente e finalmente scendiamo a terra, non prima, ovviamente, di aver salutato e ringraziato capitan Cosimo per l'ospitalità a bordo della sua barca. La terraferma sotto i piedi ed il sole che finalmente svolge la sua benefica azione ci rinfrancano anche se, come spesso accade dopo alcune ore un po' movimentate di barca, sembra che anche la terra continui a dondolare.
Siamo senza dubbio provati per l'alzata antelucana, per il freddo sofferto nelle prime ore e rimasto, comunque, addosso tutto il giorno, e per il continuo movimento del mare che ha messo a dura prova il nostro stomaco, ma nonostante questo non possiamo che ringraziare di tutto cuore Salvatore per averci proposto questa esperienza e per aver insistito di fronte alle nostre esitazioni. E' grazie a lui che abbiamo vissuto emozioni che certo non dimenticheremo, le immagini forti che sono passate davanti ai nostri occhi rimarranno per sempre impresse nelle nostre menti e nei nostri cuori, indipendentemente da quelle riportare sulla pellicola Per vedere quelle, una volta rientrati a casa, dovremo attendere ancora qualche giorno: così funziona la fotografia nel 1980.



Emanuele Squarci è nato, sia anagraficamente che fotograficamente, numerosi anni fa a Siena dove vive e lavora. Le passioni per viaggi, natura e fotografia si combinano facilmente fra loro, ma, proprio perché "solo" passioni, rimangono purtroppo costrette tra le altre esigenze della vita. Cerca quindi di combinare almeno una volta all'anno un viaggio verso destinazioni che accontentino lui e la sua macchina fotografica, ma anche la sua famiglia; è comunque consapevole che per fare buone foto non è sempre necessario fare migliaia di chilometri, tra l'altro ha la fortuna di vivere in luoghi che richiamano fotografi da tutto il mondo.
Infine l'autore si scusa per la non eccelsa qualità delle immagini, purtroppo quando la scansione (artigianale) è stata effettuata le dia avevano già parecchi anni e li dimostravano tutti.




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avatarjunior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 15:07

Un bel reportage, immagini molto suggestive. Bravo!

avatarsenior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 15:31

Momenti resi magici dal tempo che era e da un duro lavoro che oggi sicuramente è diverso per tecnologia,leggi,crisi e mentalità. Hai saputo raccontarli bene e bene hai inserito le belle immagini che rendono l'idea delle parole da te scritte.

avatarjunior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 15:34

Davvero un bel racconto...le immagini ricordano quelle scattate da Salgado in Sicilia nel 1999.

avatarjunior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 15:44

stupendo racconto, e foto di altissima qualità assoluta nel reportage, ancor più considerando dove e come sono state scattate. Queste sì che sono foto, le imperfezioni tecniche (che tanto piace, anche a me, commentare nel foro,) nemmeno si notano tanto è forte il vigore trasmissivo delle immagini nel loro particolare e nel complessivo.

solo complimenti e tanti ringraziamenti per aver condiviso questo pezzo di giornalismo storico (chiamarli semplicemente 'ricordi' mi sembra quantomeno riduttivo).

Eccezionale.

avatarjunior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 15:46

Hai raccontato tutto molto bene, le foto hanno aiutato l'immaginazione a capire meglio quei concitati momenti. Complimenti

avatarjunior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 16:32

Un bel reportage che ci porta indietro nel tempo anche grazie ai bellissimi colori delle tue foto, tipicamente "analogici"

Complimenti e grazie per averlo condiviso con noi!

avatarjunior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 16:34

Vi ringrazio per i Vs. giudizi anche se forse siete stati un po' troppo generosi. Non so come mai, a così tanti anni di distanza, mi sia venuta voglia di raccontare questa storia, ma sono indubbiamente contento che qualcuno l'abbia letta con piacere.
Emanuele

avatarsenior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 16:45

Bello bello, un'avventura da invidiare, grazie.

avatarjunior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 17:46

Quoto al 100% quanto scritto da Alcarin, racconto eccezionale che mostra un evento di forte impatto, corredato da immagini davvero belle!
Ti ringrazio per quanto hai condiviso con noi!

avatarsenior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 18:03

Grazie per averci resi partecipi di un'esperienza eccezionale.
Le immagini sono sin troppo efficaci ed emozionanti.
Considerando il passaggio del tempo appaiono ancora molto VIVE e belle.

Marina

avatarsenior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 18:04

Grazie per averci raccontato questa storia, questa vera storia. ;-)
MN

avatarjunior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 18:17

Grazie per aver condiviso l'esperienza ed averla raccontata in modo vero.
Michele

avatarjunior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 18:35

Gran bel documento, complimenti.

avatarsenior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 18:45

Un reportage straordinario, un racconto per immagini e parole che affascina. Grazie e complimenti.
Clara

avatarjunior
inviato il 18 Luglio 2014 ore 19:37

ragazzi quanta violenza sugli animali... che si stanno pure estinguendo per la pesca indiscriminata.... non dimentichiamoci che eventi come questi sono da abolire e vietare. Dire che è una barbarie è poco.... altro che spettacolo o tradizione o immagini suggestive...... è come fare foto a un cacciatore che uccide animali e magari se ne vanta pure adducendo che la caccia è una tradizione millenaria....
Rifletteteci su, soprattutto chi ha fatto il servizio fotografico.





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