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Le Bocchette Del Brenta


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Le Bocchette Del Brenta, testo e foto by Utente Non Registrato. Pubblicato il 09 Settembre 2011; 0 risposte, 5167 visite.





E' nera dove scorre l'acqua, è rosa dov'è asciutta e strapiomba, sono queste le caratteristiche che balzano subito all'occhio di chi vede la Dolomia Principale. La genesi di questa roccia inizia 250 milioni di anni fa, nel Triassico, in un mare tropicale con una latitudine e una longitudine molto differente dall'attuale posizione, mediante un accumulo di conchiglie, coralli e alghe calcaree che sotto il loro stesso peso di centinaia e centinaia di metri di spessore si trasformarono in roccia carbonatica. La pioggia, il vento, il ghiaccio hanno avuto il loro gran daffare a modellarla e scolpirla una volta riemersa dal mare 65 milioni di anni fa, da quando per merito della placca africana e quella europea la innalzavano 3000 metri sopra il livello dell'attuale mare. Queste sono le Dolomiti. Prendono il nome da Déodat de Dolomieu (1750-1801) il naturalista francese che studiò questo particolare tipo di roccia.

Immensi "castelli di sabbia" sgretolati ininterrottamente dagli agenti atmosferici, fino a formare cattedrali di roccia, camini e fessure, campanili e pinnacoli dalle forme più ardite, e valli detritiche che trasportano con un inarrestabile processo le rocce sgretolate verso il fondovalle. Un capolavoro morfologico e geologico capace di strappare emozioni uniche e vere quando alla luce del tramonto sembrano prendere vita o incendiarsi.
Di questo particolare tipo di roccia fanno parte anche le Dolomiti di Brenta, situate nel Trentino occidentale è un gruppo a se, unico, ad ovest del fiume Adige. Dalle dimensioni ciclopiche si estende per 40 km nord-sud e 12 km est-ovest, circondato dalla Val di Sole a nord, dalla Val di Non a est, dal Lago di Molveno e la Paganella, le Valli Giudicarie a sud e la Valle Rendena a ovest, tutto il territorio e compreso nel Parco Naturale Adamello Brenta.




In Brenta, come sì suol dire, c'è né per tutti, tutto l'anno, d'inverno diventa mecca dello sci e della mondanità nelle località più famose, ma chi vuole godere appieno della magia di questo luogo può praticare trekking con le ciaspole, sci alpinismo, arrampicate su cascate di ghiaccio, mentre nei restanti mesi si può semplicemente passeggiare sui sentieri di fondovalle o di collegamento ai rifugi, percorrere le Alte Vie o arrampicare sulle pareti di queste cime che hanno fatto la storia dell'alpinismo, con imprese epiche e talvolta incredibili. Ognuno può trovare la sua dimensione di sportivo o naturalista, ognuno può andare alla ricerca delle sue emozioni arrampicandosi su una famosa via o scattando la foto ad uno gnomo del bosco.

L'intera zona è servita da una quarantina fra rifugi e bivacchi, facilmente raggiungibili da qualsiasi versante, i rifugi dai nomi rievocativi a personaggi famosi o luoghi offrono ristoro e alloggio talvolta di poco inferiore ad alberghi rinomati. Rif Graffer al Grostè 2261m, Rif. Tukkett 2272m, Rif dei Brentei Marie e Alberto 2182m, Rif. Alimonta 2600m, Rif. Pedrotti Tosa 2491m, Rif. Silvio Agostini2410m, Rif. Garbari ai XII Apostoli 2488m. Tutti questi rifugi sono i principali riferimenti per ogni gita o attraversata o scalata. Ed in questi luoghi trovi un'umanità variopinta, dalle famiglie con scarpe da passeggio in gita turistica, ai trekkinisti che hanno percorso chilometri o arrampicatori con chili di ferraglia penzolante dagli imbrachi che soggiornano fra una salita e l'altra su quelle cime piene di storia, Cima Tosa 3173m, Cima Brenta 3150, Crozzon di Brenta 3118m, Cima Ambiez 3102m, Cima Mandron 3033m, Torre di Brenta 3008m e l'incredibile Campanile Basso 2877m, per citarne alcune.
E fra queste cime e pareti si trova uno degli itinerari più famosi del Brenta e delle Dolomiti "la via delle Bocchette". Le Bocchette non sono altro che le forcelle che dividono le torri e le pareti, i versanti e le valli, come delle spaccature che segnano dei confini. L'itinerario con arditissimi passaggi talvolta aiutati da scale, espose cenge, canalini attrezzati con corrimano, permette di collegare le bocchette creando un sentiero che attraversa il cuore del Brenta.







Certo non è stata tutto opera della natura, alcuni passaggi sono stati piallati, levigati e allargati in anni di duro lavoro, fra le privazioni della seconda guerra mondiale, con pioggia o tempeste di neve, con mazze e lunghi scalpelli e persino con un martello pneumatico ed un compressore dal peso di un quintale, trasportato su quelle cenge con sforzi disumani. Sforzi in parte sostenuti da Celestini Donini che per molti era "l'uomo più forte del Trentino". A lui si deve gran parte della realizzazione del sentiero delle Bocchette che dal '37 spacco quintali di roccia al giorno solamente con la forza delle braccia. Personaggio dalla forza straordinaria capace di percorrere ogni giorno i 1600 m di dislivello da Molveno, dov'era nato nel 1913, al Rif. Tosa con 40 chili di vettovaglie sulla schiena. Fino al '39 realizzo la prima parte dalla Bocca di Brenta alla Bocca Bassa degli Sfulmini, Nel '44 fu uomo di fiducia e di collegamento tra i partigiani e la missione alleata Vidal che poneva le basi proprio in Brenta. Lavorò a questa impresa persino con la carica di Sindaco di Molveno. Certo, non fu solo, coinvolse i figli nel trasporto del pesante compressore che rimbombò per mesi su quelle crode. Realizzò, sempre con l'aiuto dei figli anche il bivacco Castiglioni sul Crozzon di Brenta, e per trasportare i materiali di costruzione in cima costruì un ardito sistema di teleferiche che letteralmente faceva volare i materiali a 150 metri dal suolo. Molti altri personaggi contribuirono, anche alpinisti del calibro di Bruno Detassis o Enrico Giordani per citarne alcuni. Nel 1962 Celestini Donini, divenuto nel frattempo gestore del rifugio Pedrotti, poteva finalmente sentirsi orgoglioso di quest'opera, che fu documentata persino da una troupe televisiva tedesca. Morì l'11 Novembre 1982.

Il sentiero delle Bocchette e un susseguirsi di panorami mozzafiato e nuovi orizzonti che nella parte delle Bocchette Alte, comè chiamata la parte del sentiero che dalla Bocca del Tukket, sfiora la vetta di Cima Brenta 3150m e scende alla Vedretta degli Sfulmini, consente di procedere per ore quasi a 3000 m, qualche volta anche sopra le nuvole o le piogge che bagnano le vallate sotto, molto sotto, lì respiri un aria fresca e quando il cielo è terso la vista spazia all'infinito su monti e vallate che sembrano di un altro mondo.

Alla Vedretta degli Sfulmini, in prossimità del rifugio Alimonta e i residui di ghiacciai che oramai sono in completo scioglimento, inizia il tratto delle Bocchette Centrali. Ed è questo probabilmente il tratto più conosciuto e più percorso, una "passeggiata" su esposti precipizi, aeree cenge talvolta non più larghe di 40/50 centimetri ed in alcuni punti la volta della roccia si abbassa e bisogna procedere a carponi, è il tratto in cui si vede maggiormente il lavoro fatto dagli uomini per agevolarne il passaggio, la natura ha tracciato una linea quasi orizzontale come volesse indicarne il passaggio ideale e l'uomo ha sfruttato questi segni per concatenare tutte le Bocchette. Ma l'attrazione principale di tutto questo sentiero è alla Bocchetta del Campanile Basso o alla gemella Bocchetta del Campanile Alto è lì che ci si rende conto della maestosità del Campanile Basso di Brenta.




Questa magnifica torre dalle linee quasi perfette, simbolo dell'incontro tra cielo e terra, richiama migliaia di alpinisti che si cimentano sulle sue pareti dai nomi fantasiosi dati all'epoca della sua conquista " Stradone provinciale" "l'Albergo al Sole" "Parete Pooli" "Spigolo dello Spallone" "Diedro Fehrmann". Sono state scritte pagine e pagine per raccontare le imprese alpinistiche di uomini d'altri tempi, che stregati da questa torre l'hanno scalata, con attrezzature che oggi farebbero rabbrividire. Il Sentiero delle Bocchette è tutto questo, un cammino tra natura, storia, geologia e nel percorrerlo ci si rende conto che qui sono rimasti alcuni tra gli angoli più belli e selvaggi delle Dolomiti.

Il Sentiero delle Bocchette si percorre in qualsiasi direzione e si può integrare con ulteriori sentieri attrezzati, pernottando nei vari rifugi. Non presenta particolari difficoltà, ma e comunque consigliabile a persone che possiedono un'ottima condizione fisica, e una discreta esperienza in ambiente alpino, è indispensabile il casco di protezione, imbracatura cordini e dissipatore di caduta, ad inizio stagione è consigliabile la piccozza ed i ramponi per i probabili nevai, inoltre nello zaino ci deve essere sempre una giaccavento, paille, guanti e berretto, occhiali da sole, alimenti e acqua. Le condizioni climatiche a 3000 m, sono molto variabili e non è rara una nevicata in Agosto.




Scattando le foto in Brenta mi sono resoconto che il Sigma 17/70 della mia Eos 40D talvolta non era sufficiente a raccogliere i panorami che si presentavano alla vista, un grandangolo più spinto sarebbe da preferire, inoltre dato la particolare condizione di luce e di forti contrasti ho anche scoperto i suoi limiti. Non ho usato treppiede e lo sconsiglio, in alternativa un treppiede mini, per ovvi motivi di gestibilità e trasporto, fotografare in questi luoghi vuol dire togliersi e mettersi lo zaino in continuazione, è assurdo nonché pericoloso, girare con la macchina al collo o in mano. Ho lasciato a casa il 70/200 f4 L, ma ne ho sentito la mancanza per ritagliare dei panorami o dei particolari ma in questo caso e per questo tipo di escursioni il carico dello zaino era già "sufficiente".



Emanuele Puppo è nato nel 66, vive e lavora in provincia di Udine alpinista e speleologo per passione, pratica principalmente nelle Alpi Carniche, Alpi Giulie e Dolomiti Trentine. Riprende a fotografare con l'avvento del digitale e la scoperta del Juza Forum ritrovando una passione che oramai è sempre più nel suo zaino.



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