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L'Altopiano di Asiago


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L'Altopiano di Asiago, testo e foto by Utente Non Registrato. Pubblicato il 09 Settembre 2011; 3 risposte, 8310 visite.





"[?] La neve verrà leggera come piccole piume d'oca, soffermandosi prima sugli alberi,quindi filtrerà tra i rami posandosi infine sui cortinari gelati, sugli arbusti di mirtillo, sul muschio come velo di zucchero su una torta. Le lepri, i caprioli, i cervi staranno immobili a guardare il nuovo paesaggio. Le volpi dentro la tana spingeranno fuori il naso per il nuovo e antico odore che ritorna. Ma quando sarà tutto bianco, si ricorderanno gli scoiattoli dove hanno nascosto le provviste? Il vecchio urogallo sullo Scoglio del Tasso volerà sull'abete dove generazioni della sua famiglia hanno aspettato la primavera nutrendosi delle sue foglie. Il bosco sarà immerso in un tempo irreale e io andrò a camminarci dentro come in sogno.
Molte cose mi appariranno chiare in quella luce che nasce da se stessa. [?]
"
(Mario Rigoni Stern "Inverni Lontani", 1999)

Così scrive Mario Rigoni Stern in uno dei suoi ultimi libri. Così descrive l'arrivo della prima neve nei suoi amati boschi, i boschi di quell'Altopiano che l'ha visto nascere e che lo ha accompagnato per una vita. Altopiano che da Rigoni Stern è stato raccontato, descritto e soprattutto amato con una delicatezza e profondità difficili da trovare al giorno d'oggi.
Di questo angolo di paradiso mi imbarco a scrivere un po' di righe, con l'umiltà che deve contraddistinguermi, con l'ardire di raccontare non l'Altopiano in tutta la sua bellezza e vastità, ma un paio di quei luoghi che conosco meglio, che frequento di più, che per me hanno un significato diverso da altri luoghi, magari altrettanto belli, magici o anche solo paesaggisticamente interessanti.
Per questo l'articolo sarà diviso sostanzialmente in due: una prima parte generale e poi la descrizioni di due "luoghi", due "itinerari", a cui si riferiscono anche la maggior parte delle foto che accompagnano questo articolo.




Andiamo quindi con ordine, partiamo con una descrizione generale, per chi non lo conosce affatto e vuol capire di cosa si parla!
L'Altopiano dei Sette Comuni, conosciuto anche come Altopiano di Asiago, si trova in provincia di Vicenza, a nord, tra la pianura e i monti trentini, a sud della Valsugana. Ha un'estensione di oltre 500 km quadrati e comprende anche parte del territorio della provincia di Trento. È suddiviso amministrativamente in 8 comuni (Asiago, Roana, Rotzo, Gallio, Enego, Foza, Lusiana e Conco; questo'ultimo, l'ottavo, fino alla fine del 1700 era una contrada di Lusiana).
L'altitudine della zona varia da alcune centinaia di metri nelle valli più infossate ai 2341 m. di Cima Dodici, la "vetta". È un altopiano nel senso letterale del termine: il suo territorio è racchiuso tra le valli dei fiumi Astico e Brenta e in parecchi tratti del suo confine naturale le pareti cadono praticamente a piombo per quasi mille metri di dislivello. Le strade di accesso principali sono da Vicenza o da Bassano, ma strade minori e molto tortuose salgono anche verso Rotzo o Enego; vi è un' accesso è anche da Folgaria.
Ancora oggi una peculiarità dell'Altopiano è il fatto che il suo territorio non sia diviso in proprietà private e nemmeno sia di proprietà demaniale; è infatti di proprietà collettiva, a "mani riunite", come era consuetudine nel passato in alcune zone della Germania. La terra è quindi di proprietà di tutti gli abitanti, trae il suo "diritto" dall'uso del terreno e ne da il "godimento dei frutti" (per questo si dice anche "proprietà di uso civico"). In questo contesto è normale nei boschi dell'Altopiano, quando viene il tempo giusto, vedere ancora oggi tante persone, tutte insieme, che puliscono il bosco e preparano la legna per l'inverno, senza distinguere tra il "mio" e il tuo", ma interessandosi del "nostro".




L'ambiente naturale è quello tipico di questa fascia di montagna in queste quote, ma con caratteristiche peculiare che ne fanno un luogo, anzi, un insieme di luoghi, davvero interessante. Appena saliti dalla pianura di Vicenza si rimane colpiti dal dolce ondulare dei prati, segnati un po' ovunque da gruppi boscosi di abeti, divisi e percorsi da stradine e sentieri, molte volte costeggiati dalle tipiche lastre di marmo conficcate nel terreno a delimitare i confini.
I boschi poi si fanno più fitti salendo verso nord e verso l'alto, per raggiungere la corona di vette che chiude l'altopiano verso Trento, verso le Dolomiti: Cima Larici, Cima Dodici, il monte Ortigara, i Castelloni di San Marco. Quando a primavera la neve lascia la presa, prima che l'erba si svegli, i prati si coprono di crochi: ovunque si stende un velo di bianco, venato di viola, che da il benvenuto alla bella stagione. Subito dopo è la volta del giallo del tarassaco, anch'esso diffusissimo, che colora i prati a maggio.
E poi l'estate, con i suoi colori e i suoi profumi, sia nei prati che ancor di più nel fresco del bosco, sicuramente ricco di molte specie di funghi. C'è da dire che i boschi che oggi coprono circa 20mila ettari di Altopiano sono quasi tutti frutto del rimboschimento che è avvenuto dopo il secondo conflitto mondiale. Prima di allora infatti il bosco "primigenio" era stato notevolmente ridotto dal disboscamento umano prima e dai bombardamenti delle due guerre poi. Il recupero spontaneo del bosco su molti pascoli e il rimboschimenti programmato dagli Enti preposti hanno portato alla situazione che possiamo ammirare oggi.




L'Altopiano però non è solo natura: anche la sua "vita" è degna di essere in breve raccontata, visto che risale alla preistoria!
Le prime tracce di passaggio umano risalgono appunto alla preistoria: in Val d'Assa troviamo incisioni rupestri; a Rotzo, presso il Bostel, si può visitare un interessante sito archeologico che include anche la ricostruzione di un'abitazione dell'età del ferro (gestito da persone molto simpatiche, che non fa male!). Tutto l'Altopiano comunque presenta tracce di una profonda frequentazione da parte dell'uomo in epoca preistorica: ad esempio si trovano caverne utilizzate come riparo nelle battute di caccia piuttosto che luoghi magici o di culto come l'Altar Knotto.
In epoca successiva sono documentati i primi insediamenti stabili da parte di popoli di origine probabilmente bavarese. Erano contadini invitati dai vescovi di Verona o Trento ad insediarsi per coltivare questi terreni. Sono questi i primi nuclei su cui più tardi nasceranno i Sette Comuni. Sono questi anche quei popoli che verranno chiamati Cimbri e che tramanderanno la loro lingua fino ai giorni nostri. Nel XIII secolo queste genti si organizzano e armano, con l'appoggio di Ezzelino da Romano e uniscono i Sette Comuni in Federazione, con l'obiettivo di autogovernarsi ed essere più autonomi possibile dagli stati confinanti.
Nel 1310 viene fondata la Spettabile Reggenza dei Sette Comuni, il cui statuto stabiliva, tra le altre faccende, anche l'uso collettivo della terra di cui ho accennato sopra.
La Reggenza nei secoli passa sotto la protezione degli Scaligeri, dei Visconti, mantenendo pressochè costanti la propria autonomia e i propri privilegi. Nel 1405 i Sette Comuni fanno "atto di dedizione spontanea" alla Serenissima Repubblica di Venezia: da quel momento per 4 secoli saranno legati alla città lagunare. Nel 1797 muore la Repubblica, il veneto è ceduto all'Austria e con esso l'Altopiano, che però mantiene l'autonomia per altri 10 anni. Vicende alterne portano il territorio in mani francesi e con questo viene decretata la fine della Reggenza e dei suoi privilegi, il 29 giugno del 1807, con l'annessione al Regno d'Italia da parte di Napoleone. Altra pagina tragica della storia di Asiago e limitrofi è il suo interessamento nella prima guerra mondiale: non è questo il luogo per descrivere anche solo sommariamente ciò che dovettero subire gli abitanti di questi luoghi. Basti però dire che le foreste furono in gran parte bruciate o devastate dai bombardamenti e i paesi vennero rasi al suolo, saccheggiati e dati alle fiamme e che tutta la popolazione fu costretta a fuggire nella pianura veneta. Da la proporzione di ciò che accadde il numero di caduti militari in queste contrade: 54.286 uomini. Esiste su questi argomenti una vastissima bibliografia e parallelamente moltissimo materiale in Rete.





[color=#BF0000] Gallio, Valle della Covola[/color]
Un posto che amo fin dai mie primi approcci all'altopiano. È una piccola valletta che parte come una profonda spaccatura, praticamente in paese, a Gallio. In realtà non è una valletta autonoma, ma l'inizio di una valle più ampia che porta fino alla pianura e che nel passato, anche remoto, era uno dei percorsi di accesso privilegiati all'altopiano, la Val Frenzela. Descriverò il luogo come un percorso, partendo da paese e andando verso valle.
Si parte quindi dal paese di Gallio, dalla strada che porta alla località "Turcio" presso lo slargo da cui si accede anche al parcheggio sul retro dell'Albergo Gaarten. La valle parte qui come Valle della Covola, poi diventa Val dei Ronchi fino appunto alla contrada Ronchi, quindi Val Ghiaia fino al santuario della Madonna del Buso e infine Val Frenzela, giù fino alla pianura.
L'ambiente naturale è quello tipico dei luoghi, descritto prima in via generale: boschi a prevalenza di abeti, in questa zona particolarmente scoscesi, soprattutto nella prima parte del percorso. Caratteristica peculiare di questa zona, a differenza di quasi tutto il resto dell'Altopiano, è la presenza di acqua, che qui sorge per poi scendere verso la pianura appunto per questa vallata. È grazie alla presenza dell'acqua che in Valle della Covola fin da tempi antichi l'uomo ha insediato attività produttive o di manifattura che facevano uso di mulini per poter funzionare; gli edifici, di cui ora rimangono solo tracce, sono stati utilizzati fino alla Grande Guerra, come opifici per la concia o altre attività.
Scendendo lungo il corso d'acqua si incontrano una serie di piccole cascatelle, di altezza mai superiore ai 60 cm. poste in sequenza a volte anche numerose. L'atmosfera risulta particolarmente umida, a causa della relativa profondità della valle in questo tratto; questo causa in alcuni momenti dell'anno una saturazione dell'aria tale da provocare l'appannamento delle lenti quasi istantaneo! In estate la vegetazione è particolarmente lussureggiante, quasi da impedire inquadrature ambientali che non comportino la "discesa in acqua" del coraggioso fotografo? a mio parere, per l'atmosfera che si crea, la stagione migliore risulta essere l'inizio dell'autunno, stagione in cui ho scattato le foto di questo articolo.
Assolutamente necessario risulta il cavalletto, nel caso di lunghe esposizioni in ambiente diurno risultano utili anche filtri ND che possano allungare il tempo di esposizione giocando comunque sulla profondità di campo.
Scendendo ulteriormente la valle si arriva all'abitato di Ronchi, in cui si apre lo scenario sui pendii dell'altopiano che salgono fino alle Melette di Gallio e poi Foza, per poi richiudersi di nuovo entrando nella Val Ghiaia fino al Santuario. I boschi che coprono le pendici in questo tratto della valle sono molto fitti e uniformi e sono un ottimo soggetto fotografico dalla strada verso Foza, puntando l'obiettivo verso il Monte Sisemol (o oltre l'Ekar..) o in controcampo dal Sisemol verso le Melette.








[color=#BF0000] Monte Fior e la "Città di Roccia"[/color]
Il secondo "percorso" che propongo è situato tra i monti che sovrastano l'abitato di Gallio, in direzione di Foza. Le recensioni classiche di questa zona indicano come percorso "completo" il sentiero che parte dalla strada che collega Gallio con Foza, sale verso Malga Slauper e da qui inizia un percorso ad anello che tocca la cima di Monte Castelgomberto, Monte Fior e ritorna costeggiando la famosa Città di Roccia. Da punto di vista escursionistico è certamente valutabile l'ascesa dalla strada carrabile fino alla quota di Malga Slauper, ma se l'intenzione è di salire anche solo alla Città di Roccia per qualche bella foto al contesto o al paesaggio circostante dalla cima di Monte Fior, è certamente più comodo salire in macchina fino a Campomulo, prendere la strada che gira verso la piana di Marcesine e seguire le indicazioni per Malga Slauper da qui, raggiungendola in auto.
Particolare "culturale": questi luoghi sono quelli descritti da Emilio Lussu in "Un anno sull'Altopiano".
La vegetazione è in basso quella tipica boscosa a conifere, soprattutto abeti, e più in alto si dirada, arrivando ad essere semplice prateria a pascolo sulle cime. Seguo in questa descrizione i passi della guida ai sentieri dell'Altopiano curata dal C.A.I.
Si parte quindi dalla strada, in un'ansa con possibilità di parcheggio a quota 999 m.slm; il cartello descrittivo se non ricordo male parla della presenza di mufloni importati dalla sardegna in questa zona: buono per chi volesse fare caccia fotografica su questa specie senza andare oltremare! Il sentiero sale la Val Miela sino a Malga Slauper, e poi continua nel pascolo a nord della malga per poi arrivare ai circa 1700 metri della selletta Stringa. Si attraversa una zona che presenta avvallamenti o, in alcuni casi, vere e proprie cavità, testimonianze della natura carsica del terreno. Dalla sella con una breve deviazione si può raggiungere la cima di Monte Castelgomberto (m. 1771): da qui la visione sulla piana di Marcesina è davvero spettacolare e non mancano di sicuro occasioni per immagini "di paesaggio"! Tornati sui propri passi, si prosegue sulle pendici erbose del Monte Fior, di cui a 1824 m. si raggiunge la cima: anche da qui i panorami si perdono a vista d'occhio, ora anche in direzione della zona più abitata dell'Altopiano, verso i paesi di Asiago, Gallio, Roana, etc? da qui si prosegue sulla dorsale di Monte Spil, fiancheggiando e a tratti attraversando, la linea delle trincee italiane. Si raggiunge poi la strada sterrata e con questa la Casara Montagna Nova, a 1724 m. Da qui si apre la visione sulla Città di Roccia, verso cui il sentiero porta e che si attraversa per tornare a Malga Slauper.
Queste caratteristiche conformazioni rocciose sono dovute all'erosione della roccia, qui rimasta stratificata orizzontale, da parte degli eventi atmosferici. Appena sotto, al margine del bosco, sono presenti anche altre formazione di roccia di carattere carsico: i cosiddetti "campi solcati", specie di lastre di pietra solcati, appunto, da profonde spaccature o superficiali venature, testimonianze dell'erosione paziente dell'acqua di superficie. Camminando sotto questi imponenti bastioni di roccia si ha l'impressione di essere in presenza di manufatti umani, più che di rocce naturali: la presenza di molte marmotte rende ancora di più l'idea di un luogo "abitato", di una Città, appunto!





Crediti e Ringraziamenti
Per scrivere questo articolo nella sua forma finale ho fatto affidamento su alcune pubblicazioni che avevo a casa sulla zona, raccolte negli anni di frequentazione dell'Altopiano; in particolare per la descrizione "ordinata" dei due itinerari mi sono basato sulla Guida pubblicata dal CAI in coordinamento con gli Enti Locali. Altra fonte di informazioni tecniche è la rete, in particolare il sito magicoveneto.it, i siti dei Comuni e degli altri Enti Locali.
Tutte le foto sono scattate con le macchine che si sono succedute nella mia borsa: 350d, 30d e ora la 5d (old); obiettivi usati sono il 17-85 stabilizzato, il 24-105L o, più recentemente, il 17-40L (grandiosa abbinata con la 5d, per uno come me che ama la foto di paesaggio, ma non ama portarsi in spalla troppi chili!) Le foto sono scattate in ambiente diurno, a volte anche in ore non troppo "canoniche" per la foto di paesaggio (troppo "lontane" da alba e tramonto"): ho scelto di proporre queste perché si avvicinano molto a quelle che chiunque potrebbe scattare frequentando questi luoghi in orari "da gita", più che da escursione "solo" fotografica: una sorta di scelta "democratica", se volete!



Alberto Motterle scrive di sè: "io oggi non sono un abitante dell'Altopiano di Asiago, purtroppo! ...la mia famiglia però ha origini da quei luoghi: mio nonno mi raccontava che suo nonno portava su e giù da quei pascoli le vacche, che ancora prima i bisbisnonni "tagliavano le piante e facevano il carbone" e che siamo tutti nipoti di una di quelle famiglie arrivate dalla Baviera per "tigner ben i boschi"? ho nel cuore questa mia "origine", che abbinata all'amore per la montagna in generale mi porta ad essere molto affezionato a questi boschi. Aggiungendo poi la passione per gli scritti di Mario Rigoni Stern si capisce cosa mi ha portato a scrivere queste righe e, soprattutto, a continuare a scattare fotografia a questi luoghi. Altre fotografie dell'Altopiano, e non solo, le potete trovare sul mio sito www.albertomotterle.com "



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avatarsenior
inviato il 30 Luglio 2015 ore 19:56

Complimenti! Articolo interessantissimo! Visiterò l'Altopiano il prossimo fine settimana!

avatarsupporter
inviato il 14 Settembre 2015 ore 19:28

Ci sono stato nel 2006. Spero di tornarci ancora. Il tuo articolo me ne ha fatta venire una gran voglia e nostalgia.
Complimenti, ben scritto e interessante. Molto belle tutte le foto.

Ciao, Alessandro.

avatarsenior
inviato il 14 Settembre 2015 ore 20:15

complimentoni. hai descritto alla perfezione" l'atmosfera" dell'altopiano





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