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Alaska


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Alaska, testo e foto by Utente Non Registrato. Pubblicato il 09 Settembre 2011; 0 risposte, 6312 visite.





Già dopo pochi minuti trascorsi a bordo dell'idrovolante, mi sono reso conto di stare affrontando un viaggio destinato a proiettarmi molto indietro nel tempo. Sotto di me scorrono i chilometri, prima a decine poi a centinaia; il tutto senza che sulla costa si intraveda mai un qualunque segno di presenza umana. Sto attraversando lo Shelikof Strait, ho un appuntamento lungo 20 anni con i grizzly, sono finalmente in Alaska?
Atterriamo in una laguna dalle acque verdi smeraldo prospiciente la foce di uno dei tanti fiumi che i salmoni annualmente risalgono per la deposizione delle uova. Sulla spiaggia un orso vaga con passo tranquillo, le aquile dalla testa bianca appollaiate sui rami attendono l'occasione giusta e una foca fa capolino dalla superficie dell'acqua incuriosita dalla nostra presenza; le urie e i pulcinella di mare sfrecciano con il loro sgraziato ma efficacissimo volo. Tutto questo accade nel medesimo istante!!!
Al di là di ogni facile retorica, di fronte alla perfetta armonia che si respira in questo luogo, si è subito pervasi da una pacata serenità. La scansione del tempo rallenta per adeguarsi a un ritmo che non è più il nostro ma che dentro di noi sentiamo esserci proprio. Le nostre menti riescono a trovare ristoro al cospetto di un mondo primordiale che, paradossalmente, riesce a farci comprendere meglio il nostro di mondo, oggi più che mai fatto di una quotidianità prepotente che, assillante, chiede il suo conto inculcando vuote esigenze da soddisfare ad ogni costo. Ho fatto molte migliaia di chilometri in Alaska, ma è solo qui, al Katmay, che ci viene finalmente restituito il nostro passato ancestrale. Certo non nascondo a nessuno e ancora meno a me stesso che si tratta di un luogo in cui la linea che divide la vita dalla morte è sottilissima e in cui quello che a noi pare uno scenario di vita serena, cela a volte lotte, morte e crudeltà: scriveva lo scrittore francese Jean-Claude Izzo che «le albe non sono che l'illusione della bellezza del mondo. Quando il mondo riapre gli occhi la realtà riprende i suoi diritti». Tuttavia pur nella consapevolezza di queste considerazioni, è indubbio che la pace profonda che si avverte in questi luoghi riesce comunque ad essere un segno rivelatore, uno spunto di riflessione.

Alla fine si scende a terra. Dopo un breve cammino, faccio il primo incontro ravvicinato con un'orsa e il suo piccolo, intenti a spellare un salmone rosa. Da quel momento molti orsi mi passano vicinissimo e più volte incrocio lo sguardo glaciale di questi animali. Passo l'intera giornata a fotografare accucciato sulla riva del fiume e stando attento a che dietro di me, nell'erba alta, non spunti qualche "curioso". Il giorno con i grizzly è stato senza dubbio il più entusiasmante, ma l'Alaska è un piccolo continente e nasconde i suoi tesori nei posti più impensabili. Nei dintorni di Valdez, ai bordi di una strada asfaltata che costeggia la spiaggia, scorgo molti orsi neri appostati dietro i canali di scolo delle acque piovane: i salmoni infatti guidati da un cieco istinto si incanalano in questi rigagnoli che evidentemente credono essere piccoli torrenti.







Dall'altra parte della strada, complice la bassa marea, decine di migliaia di salmoni agonizzanti disegnano sulla spiaggia con il loro stesso corpo uno scenario irreale di morte, in cui il terribile fetore fa da sfondo al gigantesco banchetto degli orsi neri, delle aquile, delle foche e degli immancabili gabbiani. Altri esemplari riescono faticosamente a farsi strada nei rivoli di acqua piovana che solcano la spiaggia: lotta, fatica, groviglio di pesci?. Solo per fare una fine impietosa pochi metri più avanti! L'abbondanza di salmoni è tale che gli orsi si limitano a spremerne la pancia per mangiarne le uova: il resto viene abbandonato sulla riva.
Nell'immaginario collettivo l'Alaska è sinonimo di freddo estremo, di sconfinate distese di neve, di tundra desolata, di orsi o di alci. Poche volte invece si riflette su quello che a me è sembrato essere uno degli spettacoli più impressionanti che la natura ci possa riservare: la risalita dei salmoni. Questi, in un numero incalcolabile, ogni anno, secondo un ritmo stagionale immutabile, risalgono i fiumi scambiando inconsapevolmente la loro morte con la vita di un intero ecosistema. Il fenomeno è di una tale imponenza che solo osservandolo direttamente se ne possono percepire i reali contorni. Io stesso ho visto spiagge piene di migliaia di pesci morti o delle semplici pozzanghere che sembravano ribollire assecondando gli spasimi di un numero inverosimile di pesci, peraltro di notevoli dimensioni.

A Valdez, nel Prince William Sound, si possono fare anche delle splendide gite in battello scegliendo fra le diverse opzioni offerte: in uno scenario di ghiacciai e rocce a picco sul mare, la vita marina esplode con una forza inaspettata. Negli isolotti rocciosi vicino alla costa, i leoni marini si riposano dopo le lunghe battute di pesca, lasciando comunque sempre un po' di spazio per gli immancabili scontri fra i maschi. I tratti di mare prospicienti i ghiacciai sono invece gli ambienti prediletti dalle foche che si riposano sulle lastre di ghiaccio alla deriva. Frequentissimo inoltre, anche vicino ai porti, è l'incontro con le lontre marine spesso intente ad aprire gusci di bivalvi con la loro tipica posa a pancia in su. Fortunatamente l'ecosistema della baia di Valdez si sta riprendendo da quella che fu definita la più grande catastrofe ambientale degli Stati Uniti. Era il 24 marzo del 1989 quando la petroliera EXXON VALDEZ scaricò in mare decine di migliaia di tonnellate di petrolio, provocando la morte di circa 250.000 uccelli marini, 2800 lontre, 300 foche, 22 orche, oltre che di un numero incalcolabile di aringhe e salmoni.




Ancora oggi questi mari sono solcati dalle petroliere in cui viene caricato il petrolio che arriva a Valdez da Prudhoe Bay, circa 1300 km più a nord. Il trasporto avviene attraverso un enorme oleodotto (il Trans-Alaska Pipeline) che attraversa l'intera Alaska e che trova sbocco al porto di Anchorage e, appunto, al porto di Valdez.
Il mare, nel Prince William Sound, è generalmente molto calmo grazie alla posizione molto riparata; in gite che durano l'intera giornata si tratta di un particolare tutt'altro che trascurabile in quanto elimina il pericolo del mal di mare. Possibile, anche se non frequentissimo, è l'incontro con le orche e le megattere. Quest'ultime sono di molto più facile avvistamento a Seward. Anche da questa cittadina partono molti battelli turistici. Il moto ondoso è più forte e può dare molto fastidio, ma in compenso una gita in battello può riservare avvistamenti di tutto rispetto. Durante un'uscita al largo, quando eravamo intenti ad osservare le focene che si rincorrevano sotto la chiglia, si sono materializzati all'orizzonte, in un controluce che li ha resi ancora più brillanti, i classici sbuffi che annunciavano il protagonista più atteso: la megattera. Ci siamo avvicinati con la barca fino a circa dieci metri e abbiamo potuto ammirare la balena in tutta la sua imponenza. Non è sicuramente la balena più grande, ma forse è la più bella. Come altre specie "sorelle" compie migrazioni di molte migliaia di chilometri dai mari tropicali a quelli polari, ma la megattera è in grado di compiere quei salti prodigiosi che ogni fotografo vorrebbe immortalare. Altre specie, come la balenottera azzurra, la balena grigia, la balena bianca boreale transitano comunque da queste acque nella tarda primavera per dirigersi a nord, oltre lo stretto di Bering. In serata, sulla via del ritorno, l'avvistamento di un branco di orche ha chiuso degnamente una giornata memorabile.

Altro luogo, fra quelli da me visitati, che merita più di un commento è il Denali National Park.
La maggior parte dei visitatori si concentra sulla via principale che parte dal Centro Visitatori e si addentra nel parco per circa 90 Km. Il primo tratto, asfaltato, è percorribile con la propria auto e la possibilità di incontrare l'alce, soprattutto a tarda sera, è molto elevata. Dopo comincia un lungo tratto sterrato in cui l'accesso è consentito solo agli autobus navetta. Si vedono sicuramente molti animali, ma la cosa non è mai pienamente appagante. Non è piacevole vivere la natura a bordo di un autobus... D'altra parte gli orsi del Denali sono sicuramente più aggressivi di quelli della costa e costituiscono un reale pericolo: questo fa si che addentrarsi a piedi implichi sicuramente un rischio. Io ho scelto una via di mezzo: ho percorso a piedi il primo tratto, dove la presenza di orsi è meno probabile e dove ho incontrato numerose pernici bianche e scoiattoli di terra. E' impressionante notare, soprattutto se si fa il paragone con quello che succede alle nostre latitudini, la confidenza che dimostrano gli animali. Le pernici bianche si avvicinano fino a quasi poterle toccare; altrettanto confidenti i tetraoni del Canada (Canachites canadensis), così come le lepri o gli scoiattoli.










E' assolutamente impagabile essere qui a settembre quando l'autunno dipinge la tundra di tutte le possibili tonalità del rosso e del giallo. La mia prima volta in Alaska è stata necessariamente una sorta di viaggio di approccio e le zone che ho toccato credo che rappresentino il percorso obbligato per chi vuole farsi un idea di questi luoghi. Per gli spostamenti consiglio il camper che consente di viaggiare senza tappe forzate e per il quale l'Alaska è attrezzata con moltissime aree di servizio (RV Park). Per il mio viaggio ho scelto il periodo a cavallo fra agosto e settembre: il tempo è stato sempre inclemente sulla costa e assolutamente fantastico all'interno (Denali).
Spero che l'Alaska continui ad essere ancora per molto tempo "l'ultima frontiera" avendo il compito di dare rifugio a specie animali altrove in grave rischio e a dare testimonianza di ciò che la Terra era in passato e oggi non è più. Spesso non ci rendiamo conto dell'enorme massa di esseri viventi che si spostano annualmente alla ricerca di condizioni di vita migliori; questi massicci movimenti migratori avvengono, in mare e in cielo, senza che noi uomini, ormai poco attenti ai ritmi naturali, se ne riesca a percepire la dinamica e aggiungerei anche l'intima poesia. L'Alaska è uno dei punti di arrivo privilegiati di questi flussi migratori: l'uomo ha il dovere di garantire ai 100 milioni di uccelli che ogni anno affrontano un volo di migliaia di chilometri per raggiungere i siti di nidificazione, di continuare ad esistere e ad esserci compagni di un viaggio che ci accomuna da sempre.
Purtroppo si è facili profeti se si prevede che le ricche riserve petrolifere dell'Alaska, in un prossimo futuro, verranno sfruttate in maniera ancora più intensa a danno di luoghi di incommensurabile bellezza, della fauna, ma altresì delle popolazioni indigene, che chiaramente patiscono i contraccolpi di un'ecosistema sempre più fragile. Pur senza ricordare gli effetti del global warming, è indubbio che i progettati nuovi impianti petroliferi nell'Artic National Wildlife Refuge potrebbero generare conseguenze imprevedibili sugli spostamenti migratori e sulla stessa sopravvivenza del più grande branco di caribù del Nord America (il branco Porcupine che conta circa 150.000 capi), minacciando conseguentemente lo stile di vita delle popolazioni indigene che nel nord dell'Alaska costituiscono, è bene non dimenticarlo, la grande maggior parte della popolazione presente.
Sono ormai passati più di due anni dal mio ritorno dall'Alaska e sono ancora tante le volte che sfoglio le mie foto per rivivere l'intensità di un'esperienza che rimarrà a lungo indelebile nella mia mente. Il geografo Henry Giannett, che nel 1899 guidò la Harriman Alaska Expedition, ebbe a dire:" Se siete anziani cercate di visitare l'Alaska con ogni mezzo, ma se siete giovani aspettate. I suoi scenari naturali sono così maestosi che visitandoli per primi non riuscireste, poi, a trovare di meglio al mondo". Buona Alaska a tutti!






Roberto Boccucci, da sempre appassionato di natura, si è avvicinato alla fotografia naturalistica da circa tre anni. Ritiene la fotografia infatti uno strumento formidabile per diventare osservatori più acuti dell'ambiente che ci circonda nonché conoscitori più consapevoli dell'etologia di ciascuna specie che si intende ritrarre. Se possibile, preferisce non servirsi del capanno proprio per non sacrificare alla fotografia il piacere di camminare in mezzo ai boschi o sui prati alpini. Predilige la foto "ambientata" ritenendola maggiormente evocativa o, almeno, maggiormente rappresentativa del contesto in cui l'animale si muove.



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