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La testa Manfrotto 393


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La testa Manfrotto 393, testo e foto by Oldbab. Pubblicato il 31 Maggio 2020; 0 risposte, 1073 visite.


La testa Manfrotto 393 – una rivisitazione

La testa Manfrotto 393 è in commercio da molti anni e non rappresenta certo una novità. E' tuttora in catalogo, quindi suppongo che sia ancora in produzione. Essa è stata oggetto di molte discussioni tra i fotografi, trovando sostenitori e detrattori, come succede per altri prodotti innovativi. Indubbiamente è diversa dalle classiche teste a bilanciamento tipo Wimberley, meglio conosciute come gimbal, è grossa e ingombrante, ma fa il suo lavoro egregiamente, è costruita con materiali di qualità ed è relativamente economica. A tutti gli effetti è anch'essa una gimbal, doppia e simmetrica, non diversa, come impiego, da una Wimberley o i suoi cloni.
La Manfrotto 393 è un valido strumento per sostenere ed orientare “spotting scopes” oppure grossi e pesanti obiettivi fotografici ed anche telescopi (è omologata per supportare ottiche fino a 20 kg). Il produttore la chiama staffa ad “U”, perché effettivamente ha questa forma, ma non risulta che questa “U” sia applicata al numero di catalogo. L'identificazione corretta di questa testa dovrebbe quindi essere semplicemente Manfrotto 393, senza la “U”.
Pare che questa testa sia stata ideata da Graziano Ferrari, noto fotografo di sfilate di moda. Ferrari è conosciuto per aver introdotto l'uso dei teleobiettivi per fotografare le modelle da lontano, dall'alto di una scala a pioli d'alluminio. Evidentemente deve aver comunicato le sue idee alla Manfrotto, da cui sarebbe scaturito questo accessorio.
I giudizi su questa testa sono in genere positivi, specialmente se usata per osservazione faunistica o riprese video, mentre sembrerebbe meno pensata per l'impiego “statico” di grossi teleobiettivi o zoom, per esempio per certi tipi di astrofotografia o per riprese di soggetti che richiedono il blocco dei movimenti, cioè senza inseguimento.
In realtà, si tratta di una precisa scelta progettuale: la regolazione del movimento pano è infatti già tarata in fabbrica ed ottimizzata per il “birdwatching” con i cannocchiali da osservazione. A conferma di ciò sono significative le illustrazioni riportate nel foglietto di istruzioni che accompagna la testa. In esse l'ottica presa ad esempio per spiegare come dev'essere montata e bilanciata non è un teleobiettivo fotografico ma un cannocchiale zoom!



Fig. 1 – Le istruzioni originali rivelano che la “staffa a U” 393 è stata progettata per i digiscopes

Che la Manfrotto 393 sia stata progettata con altre idee in mente è anche confermato dal fatto che viene dichiarata idonea per l'uso con il monopiede, affermazione abbastanza sconcertante. Però, se si pensa ad un impiego “dinamico” della stessa, l'usarla su un monopiede non è poi così strano come potrebbe sembrare.
I problemi nascono quando, adoperando la 393 diversamente da come è stata progettata, diventa necessario limitare il movimento in azimut o addirittura bloccarlo del tutto. Solo allora ci si accorge che manca una cosa: un dispositivo di blocco!
Nelle istruzioni che accompagnano la testa, Manfrotto prevede si possa “indurire” il movimento in azimut fino ad arrestare del tutto la rotazione intorno all'asse verticale ma, in sostanza, un dispositivo di blocco è del tutto assente.



Fig.2 - Identificazione dei particolari citati nel testo (Manfrotto)

Per modificare la regolazione nativa in azimut è necessario, secondo quanto riportato nel foglietto di istruzioni, svitare il grano che blocca la manopola zigrinata superiore (part. S della fig. 2) del gruppo di attacco, serrare o allentare come necessario questa manopola e quindi riavvitare il grano in modo da bloccarla nella nuova posizione, impedendole di svitarsi.
L'operazione, in apparenza elementare, si rivela, nella maggior parte dei casi, decisamente poco pratica. Occorre procurarsi la chiavetta a brugola adatta (Manfrotto non la fornisce), sperare che il grano non sia stato stretto a morte, svitarlo, armeggiare con la manopola per ottenere la frizione desiderata, bloccare nuovamente la manopola con il grano filettato, salvo rifare tutto daccapo se la frizione risultasse insufficiente o eccessiva. Provate a far ciò in esterni, magari sotto la pioggia o di notte….
Per ovviare a questa “dimenticanza”, esiste una soluzione soddisfacente, semplice, rapida, economica e soprattutto reversibile, che vi presento.
Innanzi tutto occorre procedere con lo smontaggio del gruppo di attacco al treppiede. Con riferimento alla fig. 3, esso si compone di una base inferiore (part. A della fig. 2), munita di un barilotto filettato, della manopola zigrinata superiore S di cui abbiamo già parlato (che si avvita sul barilotto filettato) e da due grosse rondelle di teflon interposte tra questi pezzi. Il tutto è infilato attraverso un grosso foro del diametro di 2 cm nella parte inferiore della staffa ad “U” fissa.
Mentre la manopola zigrinata ospita il grano filettato (chiave a brugola da 2,5 mm), la base A è provvista di un foro radiale diametro 5 mm circa, non filettato (part. B della fig. 2). Esso serve per infilarci un perno qualsiasi, anche un cacciavite, per tenere ben ferma la base mentre si avvita o si svita la parte superiore (cioè la manopola zigrinata S) durante la regolazione.



Fig. 3 - Scomposizione dell'attacco della testa 393: da sin. a destra la nuova piastra girevole munita di leva di blocco, la base con barilotto filettato, la manopola di serraggio e l'anello di protezione in gomma. Sotto troviamo le due rondelle di teflon, il perno da 5 mm usato per trattenere la base durante il serraggio, la chiavetta a brugola da 2,5 mm (è visibile anche il grano filettato, parzialmente svitato) ed infine le due nuove rondelle di cartoncino.

Le due rondelle di teflon sono abbondantemente ingrassate e se la manopola zigrinata S è avvitata in modo da applicare la giusta pressione (com'è regolata in fabbrica), il movimento risulta fluido e preciso. Come già segnalato da altri utenti, se si allenta eccessivamente questa manopola possono insorgere giochi fastidiosi ma in questo caso si vuole fare esattamente il contrario, cioè serrarla completamente per bloccare ogni minima possibilità di rotazione.
Per far ciò, l'unico modo possibile senza applicare modifiche permanenti è quello di aumentare a dismisura l'attrito, in modo da impedire ogni rotazione. Quindi ho rimosso il grasso da tutti i pezzi con dell'alcool denaturato e sostituito le due rondelle di teflon con due rondelle uguali di cartoncino leggero, pulite e asciutte (vedere ancora la fig. 3).
Ho rimontato il gruppo, stringendo a fondo la manopola zigrinata S, in modo da bloccare definitivamente ogni movimento rotatorio. Durante questa operazione è di grande aiuto il foro radiale B della base, infilandoci un cacciavite o qualcosa di simile, per tenerla ferma mentre si serra la manopola zigrinata superiore.
La manopola S dovrebbe essere serrata a mano (per questo è zigrinata) ma la sola forza delle mani potrebbe non dare la sicurezza di un bloccaggio definitivo. Per evitare di usare attrezzi brutali come una chiave da idraulico, pinze a scatto, o cose del genere, ho usato una chiave a nastro di gomma, reperibile nei negozi di bricolage o di casalinghi (serve per aprire i coperchi dei barattoli delle conserve e può essere utile in cucina).



Fig. 4 - Serraggio della manopola usando una chiave a nastro di gomma

La testa Manfrotto 393 è ora completamente bloccata in azimut.
Dopo una bella navigata in Rete (inserendo “panning head” nel motore di ricerca), sui siti tipo Ebay e simili, ho trovato una piastra “pano” adatta . Queste piastre sono abbastanza comuni, ma molte di esse sono dotate di morsetto d'attacco tipo Arca Swiss che, in questo caso, non serve. Bisogna cercare tra le piastre del tipo più semplice purché, naturalmente, siano provviste di dispositivo di bloccaggio (fig. 5).



Fig. 5 - La piastra pano aggiuntiva. La livella a bolla d'aria viene coperta dalla base d'attacco al treppiede ed è quindi inutilizzabile.

Una volta montata la piastra pano sul gruppo di attacco (vite da 3/8”), la testa 393 diventa nuovamente girevole per 360°, ma questa volta con possibilità di bloccarla quando serve.
Provata con grossi e pesanti teleobiettivi, tra cui il noto catadiottrico MTO-1000 (Die Russentonne - il barile russo!), questa modifica si è dimostrata pratica e funzionale, bloccando la testa quando è necessario ma permettendo in qualsiasi momento di usarla come previsto nella configurazione originale, per esempio per seguire uccelli in volo, operazione per la quale questa testa è stata progettata.



Fig. 6 – La testa Manfrotto 393 modificata

Vorrei segnalare ora un altro piccolo perfezionamento facilmente applicabile alla 393. Il problema è stato sollevato da alcuni utilizzatori “sul campo”, cioè gente che si sposta su terreni più o meno accidentati per fotografare gli animali selvatici. E' chiaro che tutto il macchinario installato sulla testa 393 non invita a deambulazioni molto lunghe, tuttavia può essere necessario spostarsi di qualche metro perché è cambiata la luce, è girato il vento, ecc. senza per questo dover smontare tutta l'apparecchiatura.
L'inconveniente lamentato da questi fotografi è quello della mancanza di un sistema di blocco di sicurezza della staffa mobile, cioè quella interna, con il pericolo di vedere ciondolare pericolosamente tutto il gruppo fotografico quando, per esempio, si mette in spalla il treppiede per cambiare di posizione.
E' ovvio che la testa potrebbe essere messa in sicurezza bloccando la staffa mobile con le due manopole di regolazione, ma così si perderebbe la regolazione ottimale, magari trovata dopo diversi tentativi. Il rimedio lo dobbiamo al fotografo Richard Peters, che, anni fa, aveva scritto una recensione sulla testa Manfrotto 393 (www.richardpeters.co.uk/manfrotto-393-review).



Fig. 7 - Dettaglio dell'installazione di una spina di fermo della staffa mobile.

Si tratta semplicemente di praticare un foro passante sulla staffa fissa. Durante la foratura, si avanzerà la punta del trapano con attenzione, in modo da praticare una sede (foro cieco) anche sulla staffa mobile. Il foro passante andrà quindi filettato (con un banale maschio per filettare) per il passo della vite scelta, che sarà poi anche dotata di una piccola molla. L'uso è intuitivo: la vite è normalmente avvitata nella sola staffa fissa. Quando serve, la vite viene ulteriormente avvitata (comprimendo la molla) fino ad inserirla nella sede ricavata nella staffa mobile, bloccando così le due staffe. Effettuato lo spostamento senza pericoli, la vite verrà nuovamente estratta parzialmente, ripristinando la mobilità della staffa interna, che manterrà la regolazione impostata. La molla ha il solo scopo di evitare di perdere la vite, impedendole di svitarsi durante il trasporto.
Dato che, per motivi anagrafici, grandi imprese in montagna non le faccio più, questa piccola modifica non l'ho applicata alla mia 393, ma è bene sapere che esiste questa soluzione.
Lasciatemi però commentare, un po' maliziosamente, che forse sarebbe bastato un morsetto di legno per bloccare le due staffe o anche semplicemente una fascetta da sci col velcro…..
Parliamo ora di un'altra presunta lacuna della testa 393. Si tratta di questo: la messa a punto di una gimbal richiede, oltre alla regolazione longitudinale per posizionare il baricentro (avanti-indietro), anche quella verticale, per allineare la mezzeria dell'ottica al piano dell'asse del supporto laterale (fig. 8).



Fig. 8 - Regolazione verticale di una testa gimbal

La regolazione della slitta verticale nelle gimbal tipo Wimberley è continua, facendo scorrere in su o in giù come necessario la slitta stessa. Nella testa 393 questa regolazione non c'è, anche se alla Manfrotto qualcuno aveva sicuramente presente il problema perché ha provvisto la staffa mobile di tre fori laterali per parte (rif. P1, P2 e P3 della fig. 2), per poter spostare l'asse di oscillazione della staffa. In altri termini, anche nella testa 393 è possibile regolare in verticale la staffa mobile ma soltanto su tre posizioni fisse. Devo tuttavia dire, onestamente, che con tutti i teleobiettivi che ho provato non è mai stato necessario effettuare questa operazione.
Poi c'è l'anello di gomma (part. R della fig. 2). Serve per evitare danni se si allentano troppo le due manopole del movimento in elevazione (part. N della fig. 2), mandando a sbattere la nostra preziosa ottica contro la manopola zigrinata S. Questo grosso anello di gomma va inserito sopra la manopola S, eliminando così ogni pericolo di danni. Peccato che si possa perdere facilmente passeggiando per le campagne! Il ricambio (n. 055-014 del catalogo Manfrotto). è però facilmente disponibile.
Per finire questa rivisitazione, non resta che parlare dell'attacco del materiale ottico alla staffa. La testa 393 impiega la piastra universale scorrevole # 357, composta da una base e dalla relativa piastra scorrevole (quella che si avvita sull'ottica o sulla fotocamera). La corsa possibile alla piastra scorrevole è di ben 8 cm, molto utile per gli aggiustamenti di bilanciamento.



Fig. 9 – La piastra Manfrotto 357

Tutte le teste montate sui miei treppiedi (ne ho diversi) sono dotate di morsetto tipo Arca Swiss, che considero lo standard per il fissaggio di un apparecchio fotografico sul cavalletto. Sapendo che sono disponibili kit di conversione, sono stato tentato di sostituire la piastra originale Manfrotto con una del tipo Arca (come ho fatto, per es. sulla mia Manfrotto 410 a cremagliera).
Dopo molte prove, posso affermare che la piastra originale Manfrotto # 357 è più adatta di un morsetto tipo Arca (mi riferisco all'impiego sulla testa 393, naturalmente), per cui ho evitato di sostituirla.

Conclusioni

Partecipando nello Juzaforum ad una discussione sui catadiottrici ex-sovietici, ho notato quanta attenzione veniva giustamente data ai sistemi di montaggio sul treppiede di queste grosse e pesanti ottiche. Ho rispolverato quindi delle note che avevo scritto tempo fa sulla modifica di questa testa, rimaste nel cassetto perché le avevo giudicate di scarso interesse. Pensando che fossero utili alla discussione le ho aggiornate e completate, sperando che servano a qualcuno e rimanendo a disposizione per ogni chiarimento.








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