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Tecnica dei mirini Red Dot


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Tecnica dei mirini Red Dot, testo e foto by Oldbab. Pubblicato il 28 Marzo 2020; 1 risposte, 5208 visite.


Premessa

Sono stati aperte, nello Juzaforum, due interessanti discussioni riguardanti l'impiego di dispositivi di mira a “punto rosso” in fotografia, in particolare per la ripresa di soggetti veloci, quali gli uccelli o certi sport:

Olympus ee-1 Dot Sight e Pillole di BIF – Parte 3: il punto rosso

Ho capito dalle discussioni che molti parlavano di questi dispositivi senza conoscere esattamente come funzionano. Poiché in un forum non è possibile chiarire l'argomento senza andare Out Topic, ho pensato di spiegarlo nella sezione articoli di Juzaphoto. Lo scopo di questo articolo è quindi quello di illustrare come funziona un collimatore a punto rosso, come e perché é stato inventato e che utilità può avere nell'impiego fotografico.

I mirini fotografici per soggetti in movimento rapido

Quando, in fotografia, per inquadrare una scena, si è passati dal vetro smerigliato della “camera obscura” ai cosiddetti “mirini”, di qualunque tipo, i fotografi si sono rapidamente accorti che nessuno di essi era veramente adatto alla ripresa di soggetti in movimento molto veloce (soggetti sportivi, aeroplani, uccelli in volo, ecc.).
Il sistema di inquadramento veloce più usato fino a poco tempo fa era quello a telaio, usato sia negli apparecchi fotografici dei primordi, sia su alcune fotocamere moderne a pellicola di tipo professionale.
Questo sistema, pur essendo elementare, era abbastanza efficace per inquadrare soggetti in movimento ed è stato per molto tempo il mirino più usato negli apparecchi dei fotoreporter, le cosiddette press cameras (Graflex, Speed Graphic, ecc.). Perfino nella Rolleiflex, l'apparecchio reflex per eccellenza, si poteva ribaltare un'antina del pozzetto ottenendo una sorta di mirino a telaio.
Si noti che stiamo parlando di inquadratura, la messa a fuoco resta delegata al sistema della fotocamera.
Anche i mirini delle moderne fotocamere digitali non sono soddisfacenti in certe situazioni, quali, per esempio, la ripresa di uccelli in volo con potenti teleobiettivi (riprese BIF, acronimo di Bird In Flight).
Il problema non è solo quello di inquadrare il soggetto, cioè di farlo rimanere all'interno del campo coperto dal mirino, ma, essendo piccolo e molto veloce, addirittura quello di puntarlo, quasi si imbracciasse una doppietta!




I mirini da tiro

Il problema del puntamento fotografico di un soggetto veloce è affine a quello delle armi, ma non uguale. Nemmeno sulle armi il problema è stato completamente risolto per il tiro veloce, quello detto “d'imbracciata”, tipico del tiro a volo. Tutte le doppiette o i fucili da tiro a volo in genere non hanno altro che la “bindella”, cioè una striscia di metallo lunga quanto la canna (o le canne) per guidare l'occhio del tiratore in direzione del malcapitato volatile o del piattello da colpire. Una soluzione ancora più rudimentale del mirino a telaio.
Il massimo della complicazione si è avuto in campo aeronautico dove i militari hanno dovuto fare i conti con un oggetto in movimento (l'aereo nemico) restando a bordo di un altro aereo, anche lui dotato di vari gradi di libertà e di una velocità sulla traiettoria che, a seconda delle rispettive posizioni, poteva sommarsi o sottrarsi a quella del bersaglio.
I primi caccia erano dotati di un sistema affine a quello dei fucili (cioè mirino/tacca di mira). Il pilota doveva pertanto collimare (allineare) il bersaglio (l'aereo nemico), il mirino (consistente in un reticolo circolare), la tacca di mira (in questo caso una specie di colonnina verticale vicino alla culatta della mitragliatrice) ed il rispettivo occhio. Il tutto senza perdere il controllo dell'aeroplano!
Qualcuno provò ad usare un mirino a cannocchiale (del tutto simile a quello usato sulle carabine di precisione). Tuttavia, un conto è tirare da posizione statica ad un bersaglio più o meno immobile (alla American Sniper, per capirci), un altro è farlo da un aereo in volo. Ecco perché quasi tutti i grandi assi della Grande Guerra usarono il collimatore a reticolo metallico e quei pochi che montarono un cannocchiale lo affiancarono al collimatore a reticolo senza però sostituirlo.




Questa scansione di una vecchia fotografia non è un gran che, ma mostra (dal posto di pilotaggio di un Bristol F2B) un collimatore telescopico Aldis a sinistra ed il classico mirino a reticolo metallico a destra.

Il collimatore a riflessione

Al termine della prima guerra mondiale, i militari si misero alacremente al lavoro per sviluppare un collimatore “più facile” e preciso, tale che consentisse una buona mira anche ai piloti da caccia di media levatura (magari eccellenti aviatori ma pessimi tiratori).
Questo collimatore, basato su principi completamente nuovi, fu il cosiddetto collimatore a “riflessione”, che equipaggiò la totalità degli aeroplani da caccia della Seconda Guerra Mondiale.
Lo schema del collimatore a riflessione è visibile nella figura seguente. Esso consiste in un vetro semitrasparente inclinato a 45° situato di fronte al pilota. Il reticolo si trova nel contenitore posto al di sotto del vetro, insieme ad una sorgente luminosa (lampadina), uno specchio e una lente il cui compito, come vedremo, è molto importante.
In sostanza, la lampadina proietta l'immagine del reticolo (spesso un semplice cerchio con un puntino al centro), sullo specchio a 45° e, attraverso la lente, sul vetro semitrasparente.




Al pilota si offre, pertanto, la seguente visione: un cerchio luminoso (reticolo) sul vetro a 45° il quale, essendo trasparente, permette di guardare “all'infinito”, cioè davanti a sé.
A prima vista, questa installazione sembrerebbe banale e priva di vantaggi reali. Ma cerchiamo di capire come funziona.
Prima di tutto, la lente. In linguaggio fotografico, sarebbe chiamata “condensatore”, proprio come quello degli ingranditori o dei proiettori di diapositive. Lo scopo della lente è quello di proiettare l'immagine virtuale del reticolo sul vetro a 45°, trasformando l'emissione di luce della lampadina in un fascio di raggi luminosi paralleli.
Notiamo subito che è scomparsa le necessità, molto faticosa per l'occhio, di mettere a fuoco (collimare) un mirino ed una tacca di mira, nonché un eventuale aeroplano nemico. L'occhio umano, come noi fotografi sappiamo benissimo, può mettere a fuoco soltanto su un piano per volta mentre qui vediamo un reticolo virtuale, proiettato all'infinito. L'occhio del pilota non deve più sforzarsi di mettere a fuoco un mirino e una tacca di mira e un bersaglio. Poiché sia il bersaglio, sia il reticolo sono entrambi all'infinito, si vedranno sovrapposti senza alcuno sforzo visivo.
Ma c'è di più: come illustrato nella figura seguente, la lente trasforma i raggi della lampadina in un fascio di raggi paralleli.




Come si vede nelle figure seguenti, il pilota può osservare il bersaglio da punti differenti. Grazie al fatto che reticolo e bersaglio si trovano entrambi all'infinito, da qualsiasi punto il pilota osservi (entro certi limiti, naturalmente), il bersaglio continuerà ad essere collimato. In altre parole, è stata eliminata la parallasse.







Tutte le figure che spiegano il collimatore aeronautico provengono dall' Air Force Manual 335-25 “Air Gunnery” dell'USAF, edito nel 1950.

Appaiono evidenti i grandi vantaggi del sistema di puntamento a riflessione: facile acquisizione di un bersaglio mobile, reticolo e bersaglio sullo stesso piano, assenza di parallasse. Aggiungo, perché meno evidente: possibilità di mirare con entrambi gli occhi aperti, non essendo più necessario strizzare un occhio per mirare.
Ma il progresso non si ferma, i collimatori moderni sono asserviti ad un sistema integrato di computer che tengono conto dei vari parametri di volo. Il vetro semitrasparente sul quale compare il reticolo luminoso è stato sostituito dallo HUD (Head Up Display), cioè il pilota vede il reticolo (sempre proiettato all'infinito!) direttamente sul vetro anteriore del parabrezza, insieme ad altri dati di volo, se non addirittura integrato in un casco speciale (HMD, Head Mounted Display).




Il collimatore K-14. In pratica, si tratta di un collimatore doppio (infatti se ne vedono due), uno fisso ed uno mobile, asservito al giroscopio, per il tiro in deflessione.

I mirini a “Punto Rosso”

Tutti i vantaggi che sono stati elencati, cioè mirare con entrambi gli occhi, acquisire istintivamente un bersaglio anche mobile e non avere problemi di parallasse, si possono applicare ad un fucile d'assalto. Sono nati così i collimatori a punto rosso, più comunemente conosciuti come Red Dot, oggi usati anche su armi sportive quali le balestre e le armi “soft air”. Essi sono basati sul medesimo principio di funzionamento del collimatore a riflessione aeronautico, cioè la proiezione di un reticolo virtuale su di un piccolo schermo.
Ogni soluzione tecnica è sempre un compromesso ed ha i suoi pro e contro: i vantaggi che abbiamo visto sin qui sono controbilanciati dal fatto di dover usare una fonte di energia (batteria), cosa non troppo gradita ai militari (sensibilità alle basse temperature, possibilità di restare “a secco” nel bel mezzo del combattimento), dalla maggior fragilità dell'insieme (un mirino meccanico non si rompe mai), dalla possibilità di appannamento delle lenti o opacità dovuta a cause accidentali, e così via. Ciò nonostante il collimatore a punto rosso ha dimostrato sul campo la sua validità ed ha avuto quindi una grande diffusione nelle armi portatili (comprese le pistole).
I Red Dot si sono sviluppati in due tipi: “chiusi” ed “aperti” (questa classificazione è mia, per semplificare il discorso). Quelli chiusi rassomigliano un po' ad un cannocchiale da tiro, pur essendo ovviamente molto più piccoli e corti. Sono generalmente più robusti (quindi più pesanti) e certamente più ingombranti di quelli aperti.




Il tipo aperto ha solamente uno schermo (sul quale è proiettato il punto rosso), è molto più leggero e meno voluminoso. Lo schermo può essere fisso o ripiegabile. Nel secondo caso, l'apertura o la chiusura dello schermo possono azionare l'interruttore d'accensione, consentendo di risparmiare la batteria quando il Red Dot è chiuso. In questa posizione l'ingombro né veramente ridotto al minimo.




Sia chiaro, comunque, che nessuno di questi dispositivi è munito di lenti per avvicinare (ingrandire) il bersaglio. A differenza del cannocchiali da tiro, usualmente sui 4 o 6 ingrandimenti (anche molti di più per impieghi speciali), i collimatori a punto rosso sono privi di ingrandimento (1X).
Alcuni Red Dot del commercio permettono la scelta tra diversi reticoli di collimazione, in almeno due colori (rosso o verde), per tener conto delle varie condizioni di illuminazione e preferenze. La regolazione del reticolo è identica a quella dei cannocchiali da tiro: tramite due vitine (o pomelli) si può regolare il reticolo in azimut ed in elevazione.
Il reticolo ha una certa dimensione, tale da coprire o meno i bersagli più piccoli. In genere, la scelta è tra Red Dot da 1 MOA oppure da 3 MOA.
Il MOA (Minute Of Angle), minuto d'angolo, indica la sessantesima parte (cioè il "minuto") di un grado. Esso viene rapportato alla distanza di tiro, generalmente 100 metri. Un MOA a 100 metri corrisponde ad un cerchio di diametro poco meno di 3 cm.
Nei cannocchiali e Red Dot più perfezionati la regolazione avviene tramite dei “click”, cioè a piccoli scatti, ciascuno dei quali corrisponde ad una frazione di MOA.
Alcuni modelli sono detti “olografici”, ma questo appellativo riguarda particolari interni per la creazione del punto rosso che possiamo trascurare.
Un dettaglio particolarmente importante è quello dell'attacco al fucile. Nell'industria armiera si sono standardizzati due tipi di attacchi: l'attacco Weaver e l'attacco Picatinny. Si tratta di blocchetti o piastrine a sezione trapezoidale per il montaggio del collimatore sull'arma. Il blocchetto viene fissato all'arma mediante viti predisposte, poi il collimatore viene fatto scorrere sul blocchetto e fissato a pressione stringendo le viti apposite, un po' come un morsetto Arca Swiss, per capirci.

L'impiego dei Red Dot come cercatori astronomici.

Dopo i militari, i primi ad accorgersi dell'utilità dei collimatori a punto rosso sono stati probabilmente gli astronomi, sempre alla ricerca di puntare con più precisione i loro telescopi. L'impiego dei Laser come puntatori di stelle è noto, ma si sono diffusi anche dispositivi di puntamento del tutto simili ai Red Dot militari, se non sono addirittura i medesimi, opportunamente adattati al compito di ricerca e puntamento degli astri. In questo caso, il problema maggiore è quello del montaggio sul telescopio, dato che usualmente i telescopi astronomici non usano gli standard Weaver o Picatinny bensì altri modi di fissare gli accessori.
Vedremo nel paragrafo seguente che questo problema riguarda anche i fotografi.

L'impiego fotografico dei Red Dot

Quando l'industria non arriva a fornire gli strumenti adatti per eseguire una particolare operazione, c'è sempre qualcuno che si arrangia e prova a copiare una soluzione esistente, tentando di adeguarla ai suoi scopi. E' il caso dei Red Dot, dove dei fotografi alla ricerca di un mirino adatto per fotografia BIF non tardarono a provarne uno sui grossi teleobiettivi, cercando di risolvere i problemi di acquisizione rapida non risolvibili con i mezzi a disposizione. Qualcuno li provò con un certo successo, riportò le sue esperienze sul Web, qualche industria finalmente se ne accorse e ne realizzò una versione “fotografica”.




Adattamento di un Red Dot “chiuso” per armi su una fotocamera (foto Stephen Fischer).
stephenfischerphotography.com/Red_dot_sight.html

La scelta dell'industria non poteva cadere che sul tipo aperto e ripiegabile, infatti sono di questo tipo sia il Nikon DF-M1, sia l'Olympus EE-1, quelli attualmente in commercio mentre scrivo.




Essi sono del tutto simili, come progetto ed impiego. Non sono molto diversi da quelli usati per le armi ma, a differenza di questi, sono provvisti di piede per l'inserimento nella slitta del flash (hot shoe). Ciò significa che entrambi i produttori hanno deciso che il posto migliore per montare il dispositivo sulla fotocamera era proprio l'attacco per il flash. Avranno ragione?

L'”eye relief”, ovvero l'imprevisto

A questo punto, facciamo un passo indietro per parlare di un'altra caratteristica dei dispositivi ottici da tiro e cioè dell' eye relief (possiamo descriverlo grossolanamente come la distanza di sicurezza dell'occhio dal bordo dell'oculare del cannocchiale da tiro).
Tutte le armi, quando sparano, hanno un rinculo più o meno violento. Chi ha provato a sparare con una carabina da caccia grossa sa quel che dico. Ora, se l'occhio del tiratore, per mettere a fuoco il bersaglio, dovesse stare a contatto o quasi con il bordo del cannocchiale, vedremmo in giro un certo numero di orbi, o per lo meno di gente con eleganti cicatrici semicircolari al posto delle sopracciglia. Per fortuna i cannocchiali da tiro sono calcolati per avere una distanza di sicurezza di almeno 5 cm, in modo da non ferire il tiratore durante il rinculo. Anche così, se si imbraccia il fucile senza appoggiarlo bene alla spalla, c'è il rischio di procurarsi una bella “ferita di guerra”. Chi scrive ne sa qualcosa.
Ora, sia per i motivi ottici che abbiamo spiegato, sia per motivi meccanici (sulle armi d'assalto il Red Dot viene montato anteriormente all'otturatore) la distanza di visione di un Red Dot è sempre molto maggiore dell'eye relief di un cannocchiale da tiro. I collimatori fotografici, sia il Nikon che l'Olympus, sono del tutto simili, otticamente parlando, a quelli per armi da fuoco (sospetto fortemente che entrambe le ditte non abbiano fatto altro che applicare un attacco fotografico a progetti preesistenti). Quindi si ha la visione corretta del Red Dot da una distanza consistente (20, anche 30 cm). Questo significa semplicemente che per usare correttamente i dispositivi Nikon o Olympus montati come previsto, cioè al posto del flash, la fotocamera dovrà essere tenuta a braccia tese!
Questo fatto è confermato da persone che hanno provato l'Olympus EE-1 ed è testimoniato perfino in un video di YouTube.
Dunque, si dovrebbero fotografare uccelli in volo sostenendo la fotocamera a braccia tese. Peccato che davanti all'apparecchio ci sia montato un “biancone” da 3 kg!
Anche montando la fotocamera sul treppiede con una testa gimbal, il puntamento della fotocamera risulterebbe precario. Ricordo che stiamo cercando di fotografare con un obiettivo dal campo visivo molto ristretto e che abbiamo installato il Red Dot proprio perché non ci garbava quel che vedevamo nell'oculare reflex o EVF.
Incidentalmente, su YouTube gira anche un video, interamente in giapponese senza sottotitoli, in cui si vede montare lo EE-1 su una piccola staffa che lo posiziona a sinistra di una Olympus EM-1, all'altezza del Liveview. Evidentemente anche qualcun altro si è accorto che la disposizione sulla slitta del flash è per lo meno discutibile. Comunque, anche questa posizione è criticabile, dovendo continuare a tenere distanziata la fotocamera.
Nasce allora l'idea di cercare una posizione più idonea per montare il Red Dot, sia esso lo EE-1 oppure uno per armi adattato. Da quanto si è detto sin qui, abbiamo visto che sarebbe preferibile una posizione più avanzata, se possibile direttamente sul teleobiettivo. Disgraziatamente quest'ultimo non dispone né di slitta per flash né di attacchi ausiliari!
Nel corso della discussione su questo problema nei due threads citati in precedenza, qualcuno, tra cui il sottoscritto, ha proposto di fare delle prove per verificare se fosse possibile utilizzare i Red Dot più economici del mercato armiero, oppure per montare i Red Dot, fotografici o meno, in modo più razionale e conveniente per la fotografia d'azione.
In attesa che queste prove portino a risultati concreti se ne potrà riparlare in un prossimo articolo oppure nei threads già aperti.









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user236140
avatar
inviato il 28 Giugno 2023 ore 20:42

se io sono uno di quelli che non ci capiscono, direi che è una tua illazione
ma poiché non sei intervenuto nel mio post direi di no Eeeek!!! MrGreen

non vedo quale sia lo svantaggio di averlo fissato al posto del flash, dal momento che la taratura viene effettuata in base a un soggetto fisso che deve stare al centro del punto rosso e anche del display, per cui sarà centrato per forza

Inoltre, dato che i red dot buoni (tipo il mio Konus) hanno errori di parallasse bassi, la taratura vale anche per soggetti un po' più vicini o un po' più lontani e fare delle prove per vedere se funziona è banale





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