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Il segno nella fotografia digitale


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avatarjunior
inviato il 05 Maggio 2024 ore 11:00

PRODUZIONE

Se un antropologo come Terrence Deacon decide di verificare sul campo gli esperimenti di una psicologa come la Sue Savage-Rumbaugh rimaniamo nell'ambito della ricerca conoscitiva. Altro tema è quando, a Cupertino come a Seul, gli stessi studi vanno a costituire il fondamento teoretico di speculazioni commerciali, e quindi - in parole povere - di nuovi mutanti tecnologici. Il che, onestamente, non viene neppure taciuto: se è vero che ogni assonanza diretta tra immagine digitale e psichedelia [rimando alla voce PSICADELICO] potrebbe risultare una cattiva pubblicità, non meno ci si trattiene dal rispolverare, qui e là, un lessico così intrinseco a quel mondo (es. cooked, la "cucina" di Apple, etc.). Lo stesso "pensiero computazionale" (si veda Jeannette Wing) - nella sua accezione più linguistica che informatica - è nuova semiotica che ci proietta verso una "visione".

avatarjunior
inviato il 05 Maggio 2024 ore 12:58

DEMOCRAZIE

In un certo senso, grazie allo "spatial computing" dei visori multi-processore, la macchina fotografica del futuro è già tra di noi e sono in molti a chiedersi se, come è stato per lo smatphone, assisteremo - pian piano - ad un processo di democratizzazione della semiotica che ne deriverà. A questo proposito mi ha sempre convinto solo a metà quell'affermazione che indica la fotografia come democratica. Forse, nel Novecento, sarebbe stato più azzeccato definirla come una democrazia "rappresentativa" con il ruolo del fotografo a mediare tra le parti. Ma, se già lo smartphone ci ha catapultato in un mondo diverso, ancora piú significativo sarà oltrepassare quella soglia che i visori lasciano intendere sia possibile oltrepassare. Certo è che, se è vero che tre indizi fanno una prova, machine-learning, intelligenza artificiale e pensiero computazionale concorreranno all'illusione di assere approdati (di nuovo?) ad una sorta di democrazia "diretta".

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