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Tunisia 2009


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Tunisia 2009, testo e foto by Renton. Pubblicato il 09 Settembre 2011; 6 risposte, 4612 visite.





Se solo due mesi fa mi avessero detto che sarei andato in Tunisia o in qualunque altro paese situato al di sotto della linea equatoriale mi sarei fatto una gran bella risata. Ma??mai dire mai? ed eccomi qua a raccontarvi il mio viaggio alla scoperta di territori incontaminati e solitari. Scusate?stavo per fare un errore?non il mio, ma il nostro viaggio?il viaggio di cinque amici (Pasqualino, Florindo, Donato, Davide ed Anna) che condividono la passione per le due ruote e per la scoperta!
Dopo una prima fase di pianificazione, rapida ma fruttuosa, il 4 dicembre 2009 alle ore 23.59, in sella alla mia fida BMW GS 1150, ci siamo imbarcati da Salerno alla volta della capitale tunisina. Trascorse a fatica le 25 interminabili ore di navigazione, condite da un mare molto mosso, finalmente approdiamo a Tunisi e, senza perdere tempo, (la dogana, come al solito, ce ne aveva già sottratto abbastanza: circa 4 ore di fila), decidiamo di non fermarci a Tunisi, ma di partire subito. Così, accesi i motori, diamo inizio alla nostra avventura.

La prima meta è Douz, detta la porta del deserto. Man mano che scendiamo verso sud le strade diventano sempre meno simili alle nostre ed il clima abbastanza freddo, ma nonostante tutto i primi 500 km volano via. Lungo la strada facciamo varie soste e al mattino siamo nella più famosa oasi del deserto (Douz) dove ci attende Mohammed che ci presenta un suo ospite, futuro partecipante alla ormai finita Dakar 2010. Dopo un tipico pranzo tunisino, consumato in fretta, siamo subito andati a confrontarci con quelle che sarebbero state le nostre compagne per tre giorni: le dune. La serata la dedichiamo ad un giretto per le vie di Douz dove iniziamo a prendere confidenza con l?ospitalità locale (qui conosciamo Brahim, persona veramente speciale), imparando imparando subito quale è la condicio sine qua no per intraprendere una trattativa commerciale in Tunisia: chiedere almeno il doppio di ciò che realmente costa un oggetto.




Il mattino seguente inizia il viaggio vero e proprio. L?aria è tersa e siamo a circa 22°. Dopo aver caricato i bagagli sul pick-up d?appoggio siamo pronti per affrontare 120 km di deserto, fatto di dune e piste, per raggiungere l?accampamento della nostra guida Hedi, in pieno Grand Erg Orientale. Le prime dune sono davvero una prova notevole per chi come me non le ha mai affrontate, ma anche per la tipologia di moto condotta. Dopo pochi chilometri, infatti, si susseguono cadute ed insabbiamenti; ottime occasioni per scattare le prime foto. Di nuovo in sella, anzi, ritti sulle pedane, con lo sguardo fisso all?orizzonte e la manopola del gas aperta quel tanto che basta a tenere un?andatura che permetta alla moto di galleggiare sulla sabbia proseguiamo fino al famoso Cafè du desert.
Purtroppo questo viaggio è stato organizzato come una pura avventura motociclistica, ma nonostante ciò dove mi è stato possibile ho cercato di documentare ciò che vedevamo. Spesso, però, è stato impossibile anche accedere alla fotocamera ed è stato molto difficile anche proteggere l?attrezzatura dalla sabbia. Questa, in effetti, più che sabbia è polvere e si infila ovunque. Quando la strada era meno impegnativa ho goduto del panorama, per lo più distese mozzafiato di sabbia sovrastata da un cielo magico condito da nuvole ovattate di un candore accecante. Nel tardo pomeriggio, dopo tanti km estenuanti ed in continua lotta per non cadere, giungiamo all?accampamento. Il resto del gruppo è preso da un raptus di gioia irrefrenabile, sembravano bambini al parco giochi, felici di scorazzare con le moto su dune, ora veramente imponenti. Io, invece, ho cercato di trasmettere attraverso la fotografia le emozioni infinite che provoca il deserto. Purtroppo a dicembre le giornate sono brevi e alle 16.45 già era notte. Dopo una bella cena, ci siamo riuniti intorno al fuoco in una sorta di capanna circolare, ma senza tetto, dove Hedi ed il fratello Azouz ci hanno narrato varie leggende berbere. Poi tutti a dormire, mentre il cielo stellato ci ha fatto da coperta e la sabbia da cuscino. Devo dire che l?escursione termica è notevole, durante la notte ha fatto davvero molto freddo, tanto che al mattino le moto erano ricoperte da uno spesso strato di brina.

Dopo una bella colazione si riparte dall?accampamento alla volta dell?oasi di Ksar Ghillane. Il percorso è stato decisamente più impegnativo rispetto a quello del giorno precedente, ma prima il forte romano che precede l?ultimo tratto di dune, a pochi Km dall?oasi, e poi la stessa oasi vista da lontano, con la distesa di palme che si stagliavano nel nulla, hanno ripagato la fatica. Dopo questi altri 80 km di deserto finalmente giungiamo alla meta dove mi imbatto nella sorpresa più gradita del viaggio: un laghetto con la temperatura di circa 36°. Come non approfittarne? di corsa ci precipitiamo tutti a montare le tende e? via a fare un bel bagno prima che calasse il sole. A Ksar Ghillane le sorprese proprio non mancano. Al ristorante, udite, udite ci servono spaghetti al sugo d?agnello, pollo e addirittura la birra (da notare che gli alcolici sono vietati in Tunisia). Dopo una splendida serata passata a scherzare intorno al fuoco, tutti a dormire ed al mattino si riparte per raggiungere Matmata.




Lungo la strada incontriamo posti bellissimi e come nel resto del viaggio mentre attraversiamo i vari villaggi destiamo curiosità, i bambini ci corrono incontro, li vediamo spuntare da ogni dove, per salutarci o semplicemente per vedere le moto invitandoci ad effettuare acrobatiche impennate. Anche gli adulti facevano cenni col capo ed erano sempre pronti a dare indicazioni, ad offrire un tè, a scambiare due chiacchiere. La strada che percorriamo da Ksar Ghillane a Matmata è quasi per intero una lunga linea d?asfalto che taglia il deserto scollinando di continuo in ritmici sali e scendi dove spesso forti raffiche di vento portano la sabbia sulla strada facendo in modo che le gomme delle nostre moto lascino un?indimenticabile soffio del nostro passaggio. Matmata ci svela le sue caratteristiche abitazioni a pozzo, e siccome una delle moto aveva un problemino, andiamo all?officina locale e qui conosciamo un ragazzo di nome Shaban, che ci farà da guida per il giorno seguente per gli Ksar berberi. Mattata, come molti altri posti della Tunisia, è famosa soprattutto per essere stata uno dei set di Star Wars.

Il giorno dopo, come detto, lo dedichiamo ad un tour tra gli ksar ed i villaggi berberi di montagna percorrendo strade di ogni sorta tra gole profonde e altopiani spettacolari, il fondo stradale è quasi sempre irregolare fatto ancora di sali e scendi che si alternano tra sterrato e asfalto con canaloni e pietre, ottima scusa per fare qualche sosta e farci accarezzare dal vento, rifocillandoci con l?immancabile tè caldo.


[color=#BF0000] Ksour, kala'a, ghorfa e ghar[/color]

Gli ksour (plurale di ksar) sono dei granai collettivi fortificati, che ogni tribù berbera costruiva per immagazzinare e difendere le provviste alimentari dagli invasori arabi provenienti dall?Egitto. Essendo tribù nomadi, avevano la necessità di conservare le scorte alimentari in un posto fisso, dove attingere di tanto in tanto il cibo necessario. Ogni ksar è composto da più ghorfa (stanze), disposte anche su più piani. Le ghorfa hanno la volta a botte ed un?unica apertura e sono costruite le une accanto e sopra le altre (fino a quattro piani) e disposte a quadrilatero. Le ghorfa poste ai piani superiori sono raggiungibili da scale esterne, ripide e strettissime, che danno un aspetto molto singolare all?insieme. Gli ksour però non erano solo un luogo dove conservare le scorte alimentari. Spesso subito all'esterno veniva eretta una moschea dove la tribù si riuniva per la preghiera e per passare un po' di tempo assieme. Così presto gli ksour divennero anche un luogo di incontro. Vengono chiamati normalmente ksour anche alcuni villaggi abitati stabilmente, che i Berberi del Sud costruirono verso l?anno 1100 su dirupi difficilmente accessibili e inospitali. costituiti inizialmente da una kala?a (fortezza) costruita sulle sommità di una montagna, protetta da mura di cinta. All?interno delle mura si sviluppava la cittadella con le sue viuzze tortuose. Successivamente, in epoche più tranquille, si svilupparono delle abitazioni anche più in basso, all?esterno delle mura, scavate direttamente nella roccia (ghar). Molti Ksour sono caduti in rovina, i più importanti esistono ancora grazie al restauro e alla rivalutazione che se ne è fatta usandoli come alloggi turistici.





[color=#BF0000] Tataouine e la regione degli Ksour[/color]

La regione attraversata fa capo al distretto di Tataouine che occupa un quarto della superficie della Tunisia, ed offre proprio per la sua vastità una serie di paesaggi contrastanti. Precisamente ci troviamo nella Vallata di Beni Ghdir. La prima sosta la facciamo a Ksar Haddada:questo è formato da un solo piano, la sua buona conservazione ha permesso di adattarne una parte ad hotel. Questo monumento è stato utilizzato dal regista George Lucas per creare il villaggio Mos Epsa del pianeta galattico Tatooine in Star wars. Successivamente passiamo per Ksar Hallouf, splendido ksar a forma circolare. Ripartiamo alla volta di Guermessa. Per raggiungerlo dobbiamo percorrere uno stretto ed impervio sentiero. Abbastanza rude e arroccato molto in alto, questo Ksar, scavato nella montagna, offre un paesaggio indimenticabile ed uno dei panorami tra i più belli della zona. Facciamo una lunga sosta accarezzati dal vento e per godere della vista che si perde all?infinito.
Infine, ma non per ultimo abbiamo visitato il villaggio berbero di Chénini. Anche questo in parte scavato nella roccia sulla cresta di una montagna. Visto da lontano sembra un termitaio. Come gli altri ksour creati dalle comunità Berbera, per ripararla dalle incursioni, Chenini è costruita tra due picchi montuosi. Le strutture più antiche sul lato della collina risalgono al XII secolo. Alcune vengono tutt?oggi usate per il grano dagli abitanti della valle sottostante.
Dà l?impressione di selvaggia bellezza, ormai quasi completamente abbandonato. Su tutto spicca la moschea, bianca, dei Sette Dormienti, a dominare il villaggio con i resti della kala?a (forte costruito in cima a una collina). La moschea è dedicata a sette cristiani di Efeso, martirizzati proprio in questo sito e divenuti santi dell'Islam e protagonisti di molti racconti islamici.
Dal crinale si gode l?ennesimo panorama mozzafiato sulla piana a sud, verso il capoluogo della regione. E? una delle rare città in cui il berbero è ancora parlato, anche se quasi solamente dagli anziani. Dall?alto godiamo della vista del villaggio abitato, immobile presepe incorniciato in un?arida mesa, dal quale si levano le voci degli abitanti. Passeggiare tra quelle antiche rovine, intrise di storia e di storie è stato bellissimo. L?apice delle emozioni è giunto al tramonto, quando dalla moschea si è levata la voce del muezzin, attimi indimenticabili. Sopraggiunge la notte e facciamo ritorno all?hotel a Matmata, dove al mattino ripartiamo per raggiungere le oasi di montagna, attraverso il Chott el Jerid.













Il Chott è un grande lago salato; le sue dimensioni sono ragguardevoli: quasi 5.000 kmq. Per gran parte dell?anno è asciutto e solo nel periodo delle piogge si ricopre di un sottile velo d?acqua. La sua superficie formata da una piatta e per lo più bianca distesa accecante di sale, luccica sotto i raggi del sole e dà vita a frequenti fenomeni ottici. Si resta un po? smarriti di fronte a questo scenario surreale, disseminato da piccoli cumuli di sale e qua e la da qualche pozza d?acqua dalle sfumature colorate. L?attraversiamo a gran velocità tramite la strada asfaltata che lo divide in due parti; all?orizzonte solo il bianco e l?azzurro. Qui il silenzio regna sovrano, anche le moto sembrano meno tonanti del solito in questi spazi immensi, mentre il sole sopra di noi è molto piacevole dato il periodo. Ci dirigiamo verso il confine con l?Algeria, il paesaggio cambia rapidamente, iniziano a comparire le prime montagne, anche la strada si movimenta, con continui tornanti ripidi e stretti. Giungiamo a Tozeur dove dopo un bel pranzo ripartiamo per Tamerza. Ancora scenari e luoghi dove la natura e non le costruzioni la fa da padrona. Per avvicinarci a Tunisi, proseguiamo fino a Gafsa dove trascorriamo la notte in un hotel fantastico.




L?ultimo giorno, il 12 dicembre siamo partiti da Gafsa e, dopo brevi soste lungo i 600 km percorsi, siamo arrivati a Tunisi per il reimbarco, dove ci attendevano altre 29 ore di navigazione.
La Tunisia, almeno la parte oggetto del nostro viaggio, è ricca di mete interessanti e meravigliose da visitare: il deserto lascia a bocca aperta, è qualcosa di indescrivibile, il silenzio è assordante, vi regna una pace che forse non si può trovare altrove finché si è in vita. Imponenti gli spazi aperti, le distanze da percorrere da un posto all?altro, panorami da mozzare il fiato che hanno appagato la nostra sete di libertà, di solitudine, ma spesso ciò è contrapposto a scenari che ci hanno fatto riflettere, che hanno lasciato un dolore dentro. Vi è, infatti, tanta povertà e spesso, lungo la stessa stradina, si contrappongono ville sfarzose a povere baracche. La gente è fantastica, sempre disponibile, fraterna, allegra nonostante le difficili condizioni. I bambini sono stati come iniezioni di vitalità, sempre sorridenti, talmente semplici da impazzire di gioia per delle caramelle, per dei colori, per un semplice cinque o un giro in moto. Giuro che è stato difficile non fermarsi per salutare ognuno di loro. Sono molto soddisfatto perché siamo riusciti a mettere in pratica un viaggio il meno turistico possibile. Proprio per questo motivo abbiamo evitato la costa, in questo modo abbiamo conosciuto e appreso meglio la cultura, le usanze, le idee. E? stato fantastico cenare in piccoli locali lungo la strada, nel bel mezzo del nulla, parlare spesso a gesti anche per chiedere un indicazione, scambiarsi regali, abbracci, cortesie. Ho conosciuto persone stupende che rimarranno per sempre nel mio cuore, ma soprattutto, dopo un lungo periodo difficile, ho conosciuto meglio me stesso, i miei limiti, le mie forze.
?Dio creò il deserto affinché gli uomini possano conoscere la loro anima? (Detto tuareg).

La mia attrezzatura era composta da una Canon Eos 400D, Sigma 10-20 f/4-5,6 EX DC HSM S-AF e 17-70 f/2.8-4.5 DC OS HSM affiancati dai Canon 50mm f/1.8 e 85mm f/1.8, cavalletto Manfrotto 055 Xprob e testa a sfera 488 Rc2, Compact flash Kingston, tutto racchiuso in un Tamrac Expedition 3. Inoltre avevo con me una compatta per fotografare quando non avevo a disposizione la Canon.






Francesco Boccia, nasce nel 1980 a Salerno dove tutt?ora vive. Laureato in Storia dell?arte è, proprio durante gli anni universitari, che si avvicina al mondo della fotografia, tanto da svolgervi una tesi sulla fotografia documentaria con tema l?Operation Avalanche tenutasi a Salerno durante la Seconda guerra mondiale. Ha iniziato ad avvicinarsi alla fotografia pratica dopo aver ricevuto in regalo la sua prima reflex nel 2007 ed è da fine 2008 che si dedica con assiduità alla fotografia, in particolare alla fotografia paesaggistica. Il viaggio in Tunisia è stato il primo test nel quale ha potuto mettere alla prova le proprie capacità. [url] francescoboccia.altervista.org/foto/[/url]



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avatarjunior
inviato il 14 Luglio 2013 ore 20:12

Complimenti sia per le foto e per l articolo.....mi ha fatto emozionare!
Il 20 parto da Palermo per Tunisi.

avatarjunior
inviato il 17 Luglio 2013 ore 12:43

Grazie mille Giordano...buon viaggio a te! Ti piacerà sicuramente :)

avatarsenior
inviato il 08 Ottobre 2015 ore 23:39

Grazie di avre condiviso questa tua splendida esperienza Federica

avatarsenior
inviato il 09 Ottobre 2015 ore 0:40

Quoto Federica , complimenti, bravissimo

avatarsupporter
inviato il 21 Gennaio 2017 ore 23:57

Che voglia di partire per la Tunisia in moto che mi hai messo!

avatarjunior
inviato il 05 Marzo 2017 ore 12:44

Grazie a tutti. Mancavo da mesi se non anni e mi ha fatto piacere trovare dei commenti e soprattutto aver suscitato sentimenti! ;-)





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