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Tre Italiani e una Panda


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Tre Italiani e una Panda, testo e foto by Utente Non Registrato. Pubblicato il 09 Settembre 2011; 3 risposte, 6221 visite.





Un giorno di marzo è stato speciale. Aleggiava nell'aria il desiderio di un viaggio di quelli "come si deve", in cui imparare qualcosa di nuovo, senza spendere troppo, ma riportando a casa tanto.
Negli stessi giorni erano aperte le iscrizioni per l'Africa Rally, una spedizione benefica con partenza da Londra e arrivo a Limbe, in Cameroon, organizzata da The Adventurists, conosciuta società inglese che si occupa di viaggi no-limits.
Per l'ambitissima gara arrivano auto da ogni parte del mondo con team cinesi, scozzesi, canadesi, australiani, neo zelandosi, inglesi e italiani.
Così quel giorno con due amici, Carlo Alberto Biscaretti di Ruffia e Paolo Rignon, ho iniziato a realizzare un sogno. Ci siamo iscritti!
Regola principale per partecipare alla spedizione è usare un'auto con cilindrata massima pari a 1000cc. Da fieri torinesi abbiamo trovato, dopo settimane di ricerche assidue, una Fiat Panda 4x4 del 1987. Non era più molto in forma, ma ruggiva ancora per dirci che per lei 9000 km in Africa sarebbero stati una passeggiata.
E' nata così la Taurinorum Travel Team (http://www.taurinorumtravelteam.com), squadra di viaggio sponsorizzata e sostenuta dal Taurinorum Club (http://www.taurinorumclub.com) per esplorare e conoscere il mondo con l'obiettivo di unire grandi progetti avventurosi a nobili scopi umanitari e giornalistici.

La partenza della spedizione era prevista per il 13 dicembre e nei mesi precedenti avevamo numerosi compiti da svolgere. Scopo: riuscire ad organizzarci sufficientemente bene per affrontare tutti quei chilometri.
Per prima cosa, regola fondamentale per non essere squalificati e per poter partire alla volta del Cameroon, dovevamo raccogliere una somma minima da devolvere a favore del progetto benefico che ogni squadra decide di sostenere.
La nostra squadra ha scelto "Send a Cow" (http://www.sendacow.org.uk/), che promuove programmi di agricoltura sostenibile e insegna ai piccoli allevatori della zona come gestire al meglio il bestiame e le risorse alimentari. La creazione di una pagina di raccolta fondi su un noto sito inglese (http://www.justgiving.com/ttteam) e l'organizzazione di qualche grigliata tra amici sono state sufficienti per raggiungere il traguardo minimo. Anzi, siamo stati felici di averlo superato.
Nel frattempo dovevamo sistemare la macchina, che inizialmente faceva dei rumori così sinistri da far immaginare che non sarebbe arrivata nemmeno in Marocco. Due tagliandi completi, riparazione di qualche giunto, installazione di un placca protettiva, qualche pezzo di ricambio e tre gomme di scorta e la macchina era pronta a partire. Per tutti questi lavori dobbiamo ringraziare gli sponsor (pochi ma buoni) che hanno creduto nella nostra impresa e che ci hanno dato un formidabile aiuto.
Parallelamente abbiamo mandato comunicati stampa, cercato partner e sponsor, comunicato con le altre squadre per organizzare al meglio l'itinerario, che è stato incerto fino all'ultimo a causa della situazione politicamente instabile in numerosi Paesi dell'Africa Sahariana e Occidentale.
Finalmente pronti a partire, ci siamo svegliati la mattina del 10 dicembre con una pessima notizia, di quelle che fanno tremare le gambe e che bagnano gli occhi. Una comunicazione urgente dell'organizzazione ci diceva che la spedizione era stata cancellata su ordine dell'Head Office of Counter Terrorism in Inghilterra, che aveva ragione di ritenere che il rischio che i militanti di Al- Qaeda in Mauritania colpissero le vetture partecipanti, fosse reale e troppo elevato. Eravamo considerati tutti bersagli sensibili, a prescindere dalla nazionalità, a causa della copertura mediatica che l'evento ha ottenuto in tutto il mondo.
Sono state ore difficilissime, trascorse tra l'attesa di informazioni mancanti e la ricerca di possibilità alternative di itinerario, scaricando la macchina in vista di una riorganizzazione totale.
Dopo una giornata di attesa snervante, ci è stata comunicata la possibilità di evitare le zone più a rischio spedendo la macchina via mare.
Abbiamo ripetuto in due giorni e due notti il lavoro di organizzazione e logistica che ci aveva richiesto sei mesi; abbiamo rifatto i calcoli, ristudiato il budget, disegnato un nuovo itinerario e aggiornato tutti i nostri amici e conoscenti, compresi quelli che ci aspettavano in Africa per darci ospitalità durante alcune tappe previste dal programma originario.
Il 16 dicembre notte siamo partiti per Anversa, con un freddo tale che il motore della Panda non riusciva a riscaldarsi. Dopo 12 ore di guida imbacuccati, siamo arrivati al porto di Anversa dove abbiamo passato ore a sbrigare le formalità burocratiche per spedire la macchina.
Poi pullman per Bruxelles e rientro in aereo in Italia. Il 19 eravamo a Fiumicino, in attesa del volo per Algeri, da cui abbiamo poi preso la coincidenza per Dakar.

L'impatto con l'Africa Occidentale è stato piuttosto impegnativo. 40 gradi con 90% di umidità, caos, mendicanti, rumore assordante, traffico e smog. Forse avevamo sottovalutato la condizione di questi Paesi, poveri e disordinati, ma che si sono poi rivelati meravigliosi. Mentre aspettavamo le valige che non erano arrivate e la macchina che navigava da qualche parte lungo la costa occidentale dell'Africa, siamo stati ospiti di Renken (http://www.renken.it), un'associazione torinese che porta avanti progetti di educazione, sanità e turismo responsabile molto impegnativi, ma essenziali per le persone che vivono a Malika, a 20 km nord di Dakar dove l'associazione ha sede, e nei paesini limitrofi.







Dopo un tour della Petite Côte e del Delta del Sine Saloum in mezzi pubblici, ci siamo ambientati alla vita e alle persone dell'Africa Nera. Siamo rientrati a Malika, pronti ad affrontare le numerose problematiche doganali dalle quali deriva la fama del porto di Dakar.







Ci sono voluti quattro giorni per recuperare la macchina dalla giungla del porto; inizialmente sembrava tutto facile, poi non si trovava più la nave, e poi ancora non si trovava la macchina e alla fine dei giochi, litigando con i responsabili al porto, siamo riusciti ad effettuare lo sdoganamento il 31 gennaio intorno alle 21, quando ormai tutti gli uffici erano chiusi e i dipendenti pronti a dare il primo saluto al 2010.

Ci aspettavano 9000 chilometri attraverso l'Africa Occidentale. L'itinerario passava dal Senegal al Mali, poi in Burkina Faso e in Benin, in tutto il nord della Nigeria fino al Cameroon.

Il viaggio è iniziato subito in salita, con molti posti di blocco e qualche poliziotto che ha tentato di non restituirci i documenti. Tutte lezioni che non dimenticheremo più.
A fine giornata, quando era tempo di trovare una sistemazione, andavamo spesso dal capo villaggio dove ci trovavamo per chiedere il permesso di montare la tenda sul suo territorio. Molti sorrisi, qualche scambio di battute quando la lingua lo permetteva, un regalo simbolico e un contributo di qualche franco CFA (valuta dell'Africa Occidentale) e tutto veniva sistemato. Nelle situazioni in cui non ci sentivamo al sicuro abbiamo montato il campo davanti alle stazioni di polizia o ai posti di blocco per essere più tranquilli. I poliziotti erano felici di averci accanto e la mattina donavamo loro un paio di spillette della Juventus, il nostro regalo in cambio della loro protezione.




Purtroppo abbiamo avuto a che fare anche con numerosi poliziotti corrotti che ai posti di blocco chiedevano il famoso "cadeau". Qualche sigaretta, fascette, spillette e magliette da calcio portate dall'Italia e ogni tanto qualche banconota di piccolo taglio, ma solo in situazioni davvero estreme, ci sono valsi il lasciapassare.
Siamo stati fermati decine di volte lungo tutto il percorso, ma nella maggior parte dei casi i posti di blocco, fatti da sbarre chiodate in mezzo alla strada e presieduti da poliziotti armati fino ai denti, sono stati un'occasione per suscitare curiosità nei militari e per fare due chiacchiere con loro.

Abbiamo guidato per migliaia di chilometri su piste sterrate, isolate e circondate da paesaggi mozzafiato; la gente del luogo, vedendo la macchina e il carico che portavamo, ci guardava incredula dicendo che non ce l'avremmo fatta.
Nei Paesi Dogon in Mali abbiamo attraversato tutta la famosa falesia riuscendo a raggiungere il Burkina Faso dopo due giorni di pista su sabbia, tra villaggi di fango e paesaggi meravigliosi.




Abbiamo raggiunto l'obiettivo di consegnare una valigia piena di medicine (10 kg tra paracetamolo, amuchina, zanzariere, garze e certotti) portati dall'Italia a un villaggio sperduto a sud di Bamako, raggiungibile solamente dopo ore di pista mangiapolvere.

Nel parco W del Burkina Faso, con una guida stupita dalla potenza della nostra piccola 4x4, abbiamo svolto un safari spettacolare e raggiunto il Point Triple dove Burkina, Benin e Niger si incrociano. E' stato qui che la Panda si è arresa per la prima e per fortuna l'ultima volta. Ci siamo trovati davanti una falesia troppo ardua, la frizione ha iniziato a dare i primi segni di stanchezza e a malincuore abbiamo deciso di tornare indietro di oltre 400 km, per poter entrare così in Benin da una strada principale più semplice e accessibile.

La Nigeria ci ha riservato numerose sorprese. Speravamo di guidare velocemente e attraversarla tutta in tre giorni, invece ci sono volute più di 7 ore per fare i primi 80 chilometri, tra guadi, vere e proprie voragini che si sono create in anni di piogge torrenziali, posti di blocco di cacciatori di regali e collaboratori della polizia locale. In questi luoghi così sperduti e affascinanti abbiamo incontrato molte persone che non avevano mai visto un bianco. Piene di curiosità, ci guardavano, ci fissavano, ci toccavano braccia e mani e avremmo voluto tanto sapere che cosa passava nelle loro teste.




I giorni successivi in Nigeria siamo stati accolti da amici italiani che ci hanno trattato come figli, dandoci suggerimenti sulle strade, chiamandoci ogni tre o quattro ore per sapere dove fossimo, ospitandoci addirittura a casa loro offrendoci pasta e birra, un vero regalo per il palato dopo giorni di sardine in scatola e banane.
Dopo oltre quindici giorni di viaggio la macchina aveva subito pochissimi danni nonostante le avversità che le abbiamo fatto affrontare e le difficili strade percorse. Si è sempre arrampicata tra buchi, rocce e sabbia, senza mai dare seri segni di stanchezza. In Nigeria abbiamo rotto una balestra posteriore per colpa dei crateri che ci sono sulle strade asfaltate e non mantenute.
Un pregio di ogni persona che abbiamo incontrato è l'impegno che viene messo per risolvere qualsiasi tipo di problema. Con un martello, qualche vite, un flessibile e una saldatrice la balestra è stata rimessa a nuovo. Bisogna però, e questa e un'altra importante lezione che abbiamo imparato, considerare sempre il fatto che sono tutti in grado di smontare rapidamente ogni pezzo meccanico gli venga mostrato, ma diventa seriamente complicato rimontarlo. Un po' perché le Fiat non sono conosciute in questa zona d'Africa, un po' perché qualche vite o giunto, di quelli che si sono presi tante forti martellate, vengono deformati spesso irrimediabilmente. E' poi un'avventura trovare i pezzi di ricambio. A parte questo, abbiamo subito solamente qualche perdita di olio dal differenziale posteriore, la rottura del tubo della benzina prontamente sistemato, un paio di forature e qualche fumata della frizione nell'arrampicata delle falesie del Mali e del Burkina.




Poco prima di uscire dalla Nigeria, che si è rivelto un Paese bellissimo, ma paralizzato dalla continua sensazione di essere a un passo da un colpo di Stato, dai conflitti tra cristiani e musulmani (proprio in quei giorni sono scoppiati i tumulti a Jos che hanno causato centinaia di vittime), dalla mancanza di approvvigionamento di benzina e dal conseguente sviluppo del mercato nero, siamo stati costretti a bere l'acqua dei sacchetti che si trovano in vendita nelle bancarelle lungo la strada e che ci ha causato una forte intossicazione. Ma ci siamo ripresi in fretta, nel nostro kit medico avevamo tutto l'essenziale.
Quando non si trovano bottiglie d'acqua potabile, soprattutto in zone isolate come quelle che abbiamo attraversato, si è costretti a comprare questi sacchetti di plastica pieni d'acqua che dovrebbe essere resa potabile da società di potabilizzazione che lavorano sul territorio. Si è sviluppato un terribile mercato nero e può accadere, come è accaduto a noi, che spesso l'acqua sia contaminata. Questi sacchetti sono anche la causa principale dell'invasione di rifiuti che l'Africa sta affrontando da anni. Lo smaltimento è quasi inesistente e il danno ecologico sta diventando incalcolabile.

Il 17 gennaio siamo entrati in Cameroon, abbiamo tirato un respiro di sollievo e il safari nel parco Waza all'estremo nord del Paese è stato il giusto premio dopo giorni di guida stressante e complicata.

Mancavano ancora 1500 chilometri a Limbe, nostra meta finale sulla costa. I 300 chilometri che attraversano la parte centrale del Paese sono in terra rossa, spesso inagibili durante la stagione delle piogge e coperti da uno strato di quindici centimetri di polvere. Il cambio della panda ha fatto qualche capriccio, causato dalla polvere che si accumulava sulla placca d'acciaio protettiva che avevamo montato sotto la macchina e che bloccava i giunti. In mezz'ora di lavoro sdraiati sotto siamo sempre riusciti a risolvere il problema.




Siamo stati l'unica squadra ad entrare in Cameroon dal nord della Nigeria; abbiamo attraversato tutte le zone più remote e difficilmente accessibili per la mancanza di asfalto e di questo siamo stati spesso grati alle quattro ruote motrici del nostro formidabile mezzo.
Siamo riusciti a concludere la spedizione il 22 gennaio; abbiamo raggiunto la nostra destinazione completamente ricoperti di polvere, stanchi, piuttosto affamati, ma molto fieri.




La Panda è stata venduta ad un'asta pubblica il giorno successivo e il ricavato è stato interamente devoluto a sostegno di diversi progetti umanitari in ogni parte del Cameroon.




Delle 33 ufficialmente partite, solamente 17 squadre hanno tagliato il traguardo. Con stupore abbiamo appreso che noi e la squadra "NoBrain" di Roma, nostri compari per qualche tappa del Rally, siamo stati i primi italiani dall'invenzione del Rally a partecipare e ad arrivare fino alla fine. Si tratta sicuramente di un ulteriore elemento di vanto che ci porteremo dietro per tutta la vita.
L'intero evento ha raccolto più di 60.000 sterline (circa 70.000 euro), devolute interamente a favore dei progetti benefici che le squadre hanno scelto di sostenere (Send a Cow, The Ape Action Africa, The Rainforest Foundation UK, Limbe Wildlife Centre e Global Music Exchange).

Abbiamo concluso il nostro viaggio in bellezza conquistando i 4090 metri del Monte Cameroon, la montagna più alta dell'Africa Occidentale.
Dopo 22 giorni di guida, un totale di poco più di 9000 km, oltre 700 litri di benzina bruciati e innumerevoli scatole di sardine consumate, siamo arrivati sulla costa lavica di Limbe dove abbiamo realizzato di aver concluso con successo la nostra missione; e siamo tornati in Italia portando con noi tanto, probabilmente più di quanto avevamo previsto, dopo aver fatto un vero viaggio "come si deve".






Ludovico de Maistre è nato a Torino nel 1984. Aspirante documentarista, appassionato di fotogiornalismo, ha ottenuto, nel marzo 2010, la laurea specialistica in Giurisprudenza all'Università di Torino, seguendo il percorso di Diritto delle Pubbliche Amministrazioni e delle Organizzazioni Internazionali. L'amore per la fotografia è nato durante i suoi primi viaggi. Ha visitato più volte l'Africa, ha studiato in Nuova Zelanda, ha vissuto in Francia e in Irlanda ed ha viaggiato attraverso gli Stati Uniti, il Canada ed il Giappone. Nel 2009 ha ottenuto due diplomi di fotogiornalismo dall'agenzia fotografica Parallelozero, specializzata in reportage geografico, antropologico e in zone di conflitto. Nel 2010 è stato foto e video reporter della Taurinorum Travel Team durante l'"Adventurists Africa Rally", una spedizione con scopi benefici da Londra al Camerun con una Fiat Panda 4x4 del 1987. Durante questo viaggio ha iniziato a documentare alcune situazioni di grande attualità, tra cui il danno ecologico causato dall'invasione della plastica nel Continente Nero e l'impatto della presidenza americana di Barack Obama sulla popolazione africana.
Indirizzato al reportage geografico, ambientale e antropologico, è molto affascinato dal mondo dei nuovi Multimedia e dallo sviluppo della tecnologia 3D che ha iniziato ad approfondire.
Ha fondato, insieme a Carlo Reviglio della Veneria, il sito [url] www.lcphotographers.com/[/url] in cui presenta alcuni dei suoi reportage.

Il RIASSUNTO FOTOGRAFICO della spedizione:





Risposte e commenti


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avatarsenior
inviato il 09 Giugno 2013 ore 13:03

una era impresa!Sorriso

avatarjunior
inviato il 08 Marzo 2016 ore 13:44

grandissimi bravi SorrisoSorriso

avatarjunior
inviato il 08 Marzo 2016 ore 14:04

mitici voi e mitica la panda 4x4 old ;-);-);-)





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