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The rainbow in Kathmandu


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The rainbow in Kathmandu, testo e foto by Utente Non Registrato. Pubblicato il 08 Settembre 2011; 0 risposte, 3306 visite.





Il 2 aprile sono partito alla volta di Kathmandu. Le notizie che arrivano non sono delle migliori, sul sito del ministero si legge in grassetto "pericolo, è sconsigliato il viaggio per i vari scioperi da parte dei maosti". Questo mi impensieriva ma non avrei mai rinunciato al mio viaggio. Per arrivare in Nepal è un terno al lotto non tanto per la scarsa qualità delle compagnie aeree, ma per lo smog perenne che regna sulla città, che comporta la bassa visibilità e i difficili atterraggi. Quindi se volete andare in Nepal scegliete una compagnia aerea di alta qualità perché il ritardo è assicurato. Atterrato e uscito dall'aeroporto vengo assalito dai mendicanti, una caos di gente che non mi faceva respirare, continuavo a pensare a quello che c'era scritto nel sito del Ministero... poi una mano mi afferra e mi trascina con tutti i bagagli dentro un auto, e con un inglese perfetto, si presenta è mi dice il nome dell'associazione italo-nepalese dove sarò ospitato, ora sono salvo.
Appena partiti e imboccata la strada principale, guardando il via vai di macchine, il primo pensiero è: sono in un formicaio. Kathmandu non ha altra definizione che formicaio, un insieme di macchine che si schivano, sfiorano, sorpassano e suonano il clacson. Ma in due settimane neanche l'ombra di un maoista pronto a manifestare, evviva i siti italiani che infondono sicurezza.




La prima settimana ho vissuto una bellissima esperienza con un associazione di clown per una missione umanitaria negli orfanotrofi, incontri ludico creativi con bambine vittime di violenza domestica, traffiking e prostituzione. La seconda settimana dedicata a conoscere il Nepal. Ho avuto la fortuna di parlare con un grande fotografo, uno che ha vissuto a Kathmandu per diverso tempo, dalla hippy time in poi, uno che ha studiato e studia lo sciamanesimo e incontrato tribù ormai estinte. A sua volta mi ha fatto conoscere uno sherpa, anziano, con il volto segnato da chissà quali avventure, da venti gelidi e di lunghi ricordi. Vista la fortuna, ho colto subito l'occasione per farmi raccontare l'Everest, che cos'è, com'è, quali avventure hanno vissuto insieme. La risposta non è stata di sicuro quella che mi aspettavo. Era sera siccome la corrente immancabilmente non c'era, le luci delle candele schiarivano la stanza. Un atmosfera fantastica, quelle che sei indotto nel racconto e vieni sommerso dall'immaginazione. Allora spinto dalla voglia dei racconti gli chiesi di raccontarmi l'Everest. L'anziano signore mi guardò e scosse la testa poi incomincio a parlare:
" se c'è una cosa che non sopporto, è che la gente pensa al Nepal come Everest. Il Nepal non parla di Everst, il Nepal parla di colori, gente, religioni, cultura ma l'Everst è l'ultimo argomento. Quella montagna è maledetta, chi l'ha scalata ha profanato e distrutto culture e popoli che l'hanno abitata, gloriosi di avere un tempio intoccabile, il tetto del mondo, dove regnano solo gli dei. E voi evoluti occidentali ci siete riusciti a profanare anche quello, portando soldi, alcol..." si interruppe mi guardò e aggiunse. " poi i problemi susseguono da soli arrivando alla prostituzione e al trafficking di bambine."
Ero sbigottito ma la mia ingenuità ha portato a porgli una stupida domanda. "allora perché sei diventato sherpa?"
il suo volto tornò a fissare il vuoto, nei suoi occhi lucidi si leggeva chiaro il suo dispiacere. "i soldi! Sono stato uno dei prima a diventare sherpa, gli alpinisti portavano molti soldi, e potevo comportarmi da Re, il mio terzo figlio si è diplomato ed ora è in Inghilterra a studiare, devi sapere che qui si guadagnano 300 dollari l'anno e la scuola costa 1300"
Poi si interruppe bevve un sorso d'acqua e riprese: "all'inizio avevo tanta paura, gli indovini mi avevano maledetto e per questo ho perso un figlio, poi durante un' ascesa ho perso 4 dita, era un chiaro segnale che gli dei non volevano, ma gli alpinisti continuavano a ripetere che ci avevano pagato profumatamente e che dovevamo salire. Ho pregato molto che non mi succedesse niente , ma chi ha pregato poco è morto, ho visto tanti amici morire. Negli ultimi anni gli alpinisti vogliono le sedie o gli sdrai, e ci sono sherpa che cadono in dirupi o rimangono feriti per portare queste attrezzature"
La chiacchierata fu lunga, non riuscivo a capacitarmi di come fosse possibile. Mi spiegò inoltre, che se si sporca il ghiacciaio, vuol dire sporcare l'acqua che scende a valle, l'acqua è sacra per gli induisti. Discorsi logici, elementari, ma che non importa a chi deve conquistare il tetto del Mondo. Li è cambiata la mia concezione su cosa fosse l'Everest. La serata si concluse con un sorso di vino, delle barzellette e delle grosse risate e alcune avventure vissute con il fotografo tra i sciamani.







Per fortuna il Nepal che ho visto è un altro, un arcobaleno e le parole dell'anziano signore mi ritornavano in mente ogniqualvolta che vedevo cromie di colore in piazze o luoghi. Un Nepal dove la povertà regna sovrana e l'evoluzione ha portato le grandi città ad un regresso incontrollato pronto ad esplodere, con un impatto ambientale senza eguali. I fiumi a Kathmandu sono neri come la pece, anche se sono sacri e venerati, dove tutti bevono, attingono acqua per l'orto, lavano il bestiame, puliscono la carne macellata. L'odore che emana quell'acqua è nauseabondo ma è la loro fonte di vita. Anche se è il secondo Stato al mondo, dopo il Brasile, con la maggior portata d'acqua, la corrente è alternata, questo comporta ad usare molti macchinari a mano o a motore. La sensazione di essere proiettati nel passato è forte, eppure si è festeggiato il 2068 e la città cerca il progresso in qualsiasi cosa, dalla pubblicità all'ultimo modello di yamaha. Ma man mano che entri nel cuore della città il progresso è una cosa lontana, una parola che non esiste, ed entri in un mondo nuovo, basta inoltrarsi in qualche tempio (stupa) dove le bandiere svolazzano, "prega il vento che preghi la preghiera", il vento è una preghiera, e il silenzio che regna sovrano viene interrotto solo dal "don" delle campane per richiamare la presenza di qualche dio. A Kathmandu è d'obbligo passare un paio di giorni visitando i suoi templi, le strade sono labirinti ed ogni vicolo porta ad un tempio o ad una Stupa. Uno dei più importanti è Pashupatinat un tempio hindu situato nei pressi del fiume, proprio lungo le sue rive, gli Hindu cremano i loro morti e poi versano nel fiume le ceneri per donare eternità. Ogni giorni decine e decine di corpi vengono cremati e donati al fiume. È un luogo molto particolare, ma dove il rispetto è d'obbligo.




Se si prosegue lungo le scalinate si arriva ad un altro tempio, più tranquillo, e lontano dall'odore acre che circonda la parte bassa. Li si possono fotografare scimmie, le padrone indiscusse di qualsiasi tempio. Un altro tempio importantissimo Tempio di Bodnath, il tempio degl'occhi, è una stupa gigante dove gente gira intorno, pregando, venerando, e facendo girare i rulli con impresse delle preghiere, un luogo che ti fa vivere la cultura locale e le sue religioni. La valle che circonda Kathmandu è un sali e scendi di colline per poi inoltrarsi verso le montagne, io le ho percorse con la bicicletta. La prima tappa d'obbligo è Bhaktapur, la capitale del regno Malla, una città antica e rimasta tale, fu un importante centro di transito carovaniero sulla rotta India e Tibet. La Durbar Squere è la piazza principale e patrimoni dell'umanità, una piazza importante di incontrano, con i l suo tempio, uno dei più alti del Nepal. Il mio consiglio è di arrivare presto, molto presto, quando la città si sta svegliando, quando si prepara il mercato quotidiano e si macellano le carni. Dopo questo momento, il turista è come il miele per gli orsi, viene assalito da mendicanti, bambini, donne e uomini che cercano di venderti qualsiasi cosa.
Arrivati a quel punto è meglio scappare allontanarsi dal caos e dirigersi verso i villaggi limitrofi, nelle campagne, dove si viene catapultati in un mondo non ben definito, con le case fatte di sterco e paglia, la gente pronta ad offrirti un Tchai, ovvero un the fatto con il latte, o i loro formaggi, e a parlarti in nepalese convinta che stai capendo, ma sono felici e contenti di offrire quello che hanno. Proseguendo per la valle di Kathamndu non si può non visitare Nagarkot una piccola città nelle montagne, l'ultima salita è di 8 km e del 10-15% bisogna essere ben allenati, ma ne vale la fatica, da li si può ammirare il panorama himalayano. Consigliata per chi vuole fare brevi escursioni, e godere del relax e della quiete che regna sovrana.
Svegliarsi alla prima luce del giorno è d'obbligo, anche se la foschia mattutina che protegge l'Everest, come una madre farebbe con suo figlio, può non farvi cogliere completamente lo splendore del paesaggio.
Tornando verso la valle e percorrendo discese mozzafiato, merita una visita il villaggio di Dulikhel, ideale se si vogliono percorrere i 900 gradini che portano al Buddha gigante arroccato sopra una montagna. Un percorso meditativo dove ogni gradino è un traguardo per arrivare al paradiso.




Rientrando a Kathmandu si puo visitare Patan un città che è ormai diventato un sobborgo, vista la forse espansione della capitale. Patan è il regno del caos, un dedalo di strade dove è facile perdersi, ma ritrovarsi in qualche tempio e far riposare il corpo nel relax e nella quiete. Se viaggiate, non fatevi mancare il Nepal, quello vero, lasciate a casa orologio e perdetevi, lasciatevi trascinare, lasciate che il tempo sia scandito dal giorno e la notte



Daniel Carnevale é nato nel 1987 in un piccolo paese nel Piemonte. Fotografa da anni ma con una reflex da due. Ama raccontare il mondo in ogni sua forma e colore; scrive: "non mi importa cosa racconta ma l'importante è riuscire a cogliere l'attimo". Da poco è fotografo professionista e lavora per un agenzia che si occupa di fotografia per cataloghi. Potete visitare il suo sito all'indirizzo www.danielcarnevale.weebly.com



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