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Pal Piccolo - Un giorno in trincea


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Pal Piccolo - Un giorno in trincea, testo e foto by Andrea Papaleo. Pubblicato il 22 Ottobre 2014; 28 risposte, 7464 visite.


Sveglia alle 05.00 - Tutto è pronto, zaino riempito con tutto il necessario per affrontare una giornata in montagna, reflex, obiettivi ed accessori riposti con cura nella borsa a tracolla, in modo da avere tutto sempre a portata di mano. Il meteo promette bene, sole e qualche nuvola fino alle 16.00 ma poco importa, sono abbastanza preparato ai cambiamenti climatici, ma la meta della giornata rimane il Pal Piccolo, Passo di Monte Croce, 2h di salita per un dislivello di 550mt circa, altitudine massima 1.866mt slm. I miei due amici, Stefano e Alessandro sono già lì dal giorno prima.

Parto da Bibione e dopo 90 minuti di macchina, giungo al parcheggio di Timanu (paesino al confine con l'Austria) sono le 08.00 circa. Il parcheggio è già frequentato da turisti, faccio in fretta quindi, cambio le scarpe, imposto il GPS e preparo la reflex. Nel mentre un cagnolone nero mi dà il benvenuto. Lo rivedrò più avanti. Monto subito il Canon 40mm per fare qualche foto a fiori e scorci di parete. Nel corredo ho anche un EF 17-40 e un 70-200 f4 che tengo però nello zaino per comodità e per essere più sicuro durante la salita. Salita che inizia dietro al parcheggio portandomi sul sentiero CAI 401, ben segnalato.


Camminando, inizio già a respirare aria di luogo vissuto, sulla parete a sinistra, una postazione voluta dal Duce per contrastare il pericoloso e malfidente alleato Tedesco. Proseguo la salita sul non semplice sentiero 401 costeggiando la montagna, alternando brevi tratti di sentiero ripido e scosceso con passamano adeguatamente installato, a tratti di salita molto ripida, ma di non difficile esecuzione.

Dopo circa 45 minuti di cammino, apro il GPS per capire più o meno dove sono e quanto manca effettivamente all'arrivo, ne approfitto per bere un po e ascoltare in lontananza le marmotte, che fischiando, avvisano i compagni del mio incombente arrivo. Cince di vario tipo volano attorno, nella speranza forse di mangiare qualcosa. Accontentate. Biscotto ai cereali. Questo passa oggi, accontentatevi ! Poggio tutto su un piccolo masso e mi rimetto in marcia, arrivando, dopo altri 20 minuti di cammino finalmente a metà strada.
I ragazzi che sono stati qui nel '15 danno il benvenuto:


La salita si fa più semplice per altri 20 minuti per poi diventare ripida e scoscesa. A causa di eventi naturali, una piccola parte di parete è franata proprio sul sentiero principale costruito anni fa, causando così una ripida discesa accompagnata da passamano per almeno una decina di metri, passando su uno stretto sentiero...mi aggancio, e guardando di sotto, il cuore inizia a battere sempre più forte ! Panorama mozzafiato !
Fiori ai bordi del sentiero che si muovevano all'unisono, con un leggero vento che faceva sembrare tutto calmo, semplice, meravigliosamente fantastico.
Finito il passamano, decido che era giunto il momento di cambiare obiettivo, monto un 17-40 e con l'occasione faccio un altra pausa, molto rapida. Faccio un check di tutto, sguardo veloce al GPS e nuovamente in marcia. Ero quasi arrivato...


Arrivo finalmente in cima dopo altri 30 minuti e scarico lo zaino a terra e mi rilasso su una panca di legno... non faccio in tempo a sdraiarmi che Tethum mi balza addosso ! Il cagnolone (di cui ignoro la razza...) nero che avevo incontrato ad inizio sentiero sembrava veramente felice di vedermi. Condivido con lui un pezzo di crackers, sembra non gradire mentre la padrona inizia a blaterale parole in lingua teutonica a me sconosciute. E' stato incredibile. La signora parlava e parlava, io ero in una fase di coma avanzato e Tethum aveva deciso di prendere a morsi le scarpe.

Non capivo nulla, ne lei capiva me. Alla fine a gesti siamo arrivati ad una conclusione. Io fare foto a te se tu fare foto a me, ridevo da solo come un bambino per non dire altro...

Finito il piccolo siparietto, saluto Tethum e la signora che mi ringrazia per la foto e finalmente riesco a trovare Stefano e Alessandro, che se la ridevano seduti al tavolo del rifugio assieme ad Alex, il coordinatore degli scavi al Pal Piccolo. Persona in gamba e simpatica. L'uomo della teleferica. Eè lui che comanda la baracca insomma.

Iniziamo a girare il Pal Piccolo...che poi tanto piccolo non è. Con noi si aggrega pure Francesca, una simpatica signora di ben 68 anni, che sembrava uno stambecco per quanto era agile nel salire le pericolose pareti della montagna. Stefano mi fa notare i primi segni che molti anni fa furono lasciati da chi ha vissuti quegli anni, in tutte le condizioni atmosferiche, in ogni stagione, per 4 lunghi anni..
Questo soldato molto probabilmente faceva parte di un battaglione di MG-21, un nido di mitragliatrice.




Proseguo inoltrandomi tra le trincee, lato Austriaco e mi imbatto nella "Cupola". Con l'aiuto di Stefano mi tiro su all'interno della cupola agganciandomi con un moschettone alle scala ferrata. Vedevano praticamente tutto, la prima linea italiana e di fronte ad essa, ad una distanza di soli 25metri la prima linea austroungarica. Si potevano vedere in faccia quando si sparavano oppure quando si prendevano a parolacce. Ci furono anche episodi di passaggi di sigarette...strano, ma vero. Dalla foto non si nota, ma sulla destra in basso, c'è una specie di dirupo... Un nido di MG-21 era piazzato proprio li sopra...e gli italiani da dove passavano secondo voi durante le controffensive ?
Vi lascio immaginare.

Era una carneficina, tutte le volte.

Arrivo dall'altra parte oltrepassando la terra di nessuno. Finalmente il fronte italiano. Devo dire che il genio italiano non era messo poi così malaccio.
Un tempo la prima linea Italiana, prima dell'occupazione delle nostre truppe, era di appartenenza Austro-Ungarica, erano costruite un modo diverso, senza soffitto. Gli italiani invece, con cemento armato riuscirono a costruire una fortificazione a prova di bomba nel vero senso della parola.
Piovevano granate proveniente dalla seconda linea AU, fortunatamente però, qualcosa di buono nel nostro Regio Esercito c'era....
Toccare quelle pietre, provare ad immaginare come i nostri cercavano di combattere una guerra non loro, è una sensazione strana, non molto semplice da descrivere.


E' una sensazione strana. Quasi surreale. Sapere che proprio qui, oltre a milioni di ragazzi provenienti da ogni parte d'Italia, combatté anche un mio parente, cugino di un mio bisnonno. Mi fermo a pensare. L'atmosfera diventava fredda, il vento soffiava leggiadro e pensavo, o almeno provavo ad immaginare, a come quei nostri compatrioti mal equipaggiati e con solo le tende durante l'inverno potessero aver combattuto qui sopra.
Per un attimo ho avuto una sorta blackout, ero fermo, fissavo un punto nel vuoto come a cercare qualcosa...Stefano mi chiama a gran voce, mi riprendo e corro verso la sua posizione.

Avevo retto l'emozione qualche minuto prima, ma non appena Stefano, grazie all'ausilio di un pennarello ricalca ciò che c'è scritto sulla pietra, la goccia scende dal mio volto. Fu proprio in quel battaglione che il mio parente prestò servizio. Il Batt. Monte Granero. (Foto visibile nella gallery)

Fotografo il tutto e sempre Stefano mi mostra una grotta di recupero per i feriti. Il dettaglio qui fotografato è in ottimo stato, strano. Strano perché l'Italia non muove un solo dito per salvaguardare questo genere di manufatti, trincee mal ridotte, erba e frane ovunque, muri pericolanti... La cosa buffa è che non si hanno permessi nemmeno per spostare una trave, ridicolo! Povera Italia!
E qui si apre un dibattito tra me e Alessandro, abbiamo discusso per almeno mezz'ora ma alla fine gira tutto attorno al Dio Denaro.


Cessato il dibattito, il vento si faceva più forte e nuvole minacciose si avvicinavano da Nord-Est. Era il momento di rientrare. Seguiamo un sentiero non segnalato, battuto da pochi. Apro il GPS ed inizio a registrare la track... In questo modo, una volta arrivato a casa lo avrei scaricato e salvato nei mio database, dove tengo praticamente tutte le registrazioni delle mie escursioni, compere i sentieri conosciuti.

Qui sul Pal Piccolo, come in altre zone delle Dolomiti non è raro imbattersi in pezzi di ferro come granate, lattine, bottiglie rotte, filo spinato... Molti collezionisti si avventurano su queste alture alla ricerca di reperti, di qualsiasi genere, come bossoli, palline di piombo, elmetti...
Stefano mi accenna che negli anni passati furono rinvenuti scheletri in una fossa comune, la zona era li vicino, ma il tempo peggiorava e le energie iniziavano a scarseggiare.

Camminando noto un pezzo di ferro arrugginito. Lo prendo in mano e rimango sorpreso dal suo peso veramente eccessivo. Era solo n pezzo di granata, figuriamoci quanto ne pesava una intera piena di esplosivo ! Nella foto è rappresentato una granata AU. La si può riconoscere dai segmenti che bordano la granata. Quelle AU sono verso destra, mentre quelle italiane, più o meno simili, erano verso sinistra. Alessandro e Stefano durante la discesa mi parlano di mine... dopo la disfatta di Caporetto, le truppe italiane minarono parte della strada e rilievi confinanti.


Continuiamo la discesa e da un altura si nota una struttura. E' la Caserma Granero. Purtroppo non avevo un tele dietro abbastanza lungo, ma Alessandro, qualche minuto dopo mi ci porterà proprio davanti. Scendiamo lungo un sentiero...non proprio un sentiero, ma una strada vera e propria costruita dal genio.
E una strada abbastanza larga, circa 3mt, che ai tempi, permetteva il trasporto agevole di cannoni, cibo e uomini. Durante l'interno veniva "coperta" di legno per evitare, o meglio, contrastare il ghiaccio che vi si formava in modo da poter far salire almeno gli asini.
Si notano lungo la strada tracce di fauna, forse stambecchi, mentre in lontananza le marmotte fischiano l'allarme, mentre un rapace volteggiava sopra le nostre teste.
Dopo svariati minuti, ci caliamo per circa 4 metri fino a giungere dinanzi alla struttura che si notava dall'altura poco prima.

Ed eccola qui, la Caserma Granero. Una struttura costruita dentro una grotta, perfettamente integrata e soprattutto al riparo dagli attacchi nemici proveniente dalla seconda linea non molto distante. Inutile dire che c'è erba alta ovunque, quasi rasa al suolo dalle intemperie. Dell'interno, a parte qualche vecchia trave, ci sono solo macerie e rabbia. Stefano mi fa notare l'interno. Con un balzo scavalco il muretto ed entro dentro alla struttura, e nel rialzarmi noto un altra incisione. Non si legge bene ma qui un altro ragazzo ha voluto lasciare scritto qualcosa "Grida Italia..." la frase si interrompe a causa del crollo del muro.




Si continua a scendere e la sempre verde Francesca attira la mia attenzione su un fiore. La Regina delle Alpi, almeno così viene chiamata, credo. (Foto in galleria) Bellissimo fiore tra l'altro. Non avevo con me un Macro, perciò mi son dovuto arrangiare. Ho scattato lo stesso fregandomene dei parametri e della lente. Ero praticamente sostenuto con la mano sinistra aggrappato a Francesca mentre con la destra tenevo la reflex. Ero quasi inginocchiato per evitare di scivolare di sotto. Era una parete ripida, difatti sono sceso sulle mie chiappe, e non sulle mie gambe :-)

Dopo tanto camminare, "purtroppo" arriviamo alla fine del sentiero non segnalato per incrociare il CAI 401 che riporta al parcheggio. Penso a tutto il viaggio, a quello che ho visto e a quello che ho provato. Stefano mi parla di progetti futuri, Francesca discute con Alessandro dei loro prossimi viaggi e in quel momento il tempo scorre ancora più veloce. Arriviamo al parcheggio. Era giunto il momento di salutarsi. Guardo il Pal Piccolo per l'ultima volta e con voce tenue sussurro a me stesso: "Ci vediamo l'anno prossimo, ho scoperto solo l'1% dei tuoi tesori."


Heater scrive di sè: " sin da piccolo sono stato attratto dalla prima guerra mondiale e dalla fotografia in generale. Mi innamorai di una vecchia Polaroid di mia sorella quando avevo più o meno 7 anni. Ricordo che scattavo di continuo e le ricariche non costavano pochissimo. Alle scuole superiori ho avuto modo di approfondire la fotografia in generale e a sviluppare in camera oscura tramite corsi esterni. Ho partecipato a vari contest fotografici nella città di Genova e ho cercato di approfondire il BN, interrompendo però il percorso per motivi di lavoro. Ad oggi, condivido la mia passione per la fotografia con mia moglie Milena e nostra figlia Nicole e attualmente sono impiegato presso una banca Inglese nella città di Milano."



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avatarjunior
inviato il 22 Ottobre 2014 ore 13:12

Reportage bellissimo e toccante, complimenti.
Bisogna sempre ricordare che un secolo fa tantissimi ragazzi sono morti per la patria....probabilmente non sarebbero molto contenti di sapere che fine ora sta facendo.
Grazie per aver condiviso tutto ciò.
Saluti,
Marco

avatarsenior
inviato il 22 Ottobre 2014 ore 14:52

Grazie per la testimonianza.

avatarjunior
inviato il 22 Ottobre 2014 ore 15:49

Senza parole. Veramente un bel reportage, con anche una buona dose di competenza in materia.

Saluti
Roberto

avatarsenior
inviato il 22 Ottobre 2014 ore 16:36

Ottimo lavoro Andre, proprio ben fatto.

Ciao Manuel

avatarjunior
inviato il 22 Ottobre 2014 ore 17:00

Grazie a tutti per i commenti e a tutti quelli che lo hanno letto.

Andrea

avatarsenior
inviato il 22 Ottobre 2014 ore 17:01

Pensavo di averle girate in lungo e in largo le nostre montagne, ma questa pista non la conoscevo proprio. Grazie mille per la segnalazione e complimenti per lo splendido racconto.

avatarsupporter
inviato il 22 Ottobre 2014 ore 17:05

Molto bello! Grazie per averci fatto vivere questi momenti!

avatarjunior
inviato il 22 Ottobre 2014 ore 18:02

Grazie Misterg e Toquinho ;-)

avatarjunior
inviato il 22 Ottobre 2014 ore 21:25

Ogni passo ed ogni testimonianza da questi luoghi rende omaggio a tanta sofferenza versata.
Complimenti per l'ottimo reportage.
Bravo!

avatarsenior
inviato il 23 Ottobre 2014 ore 0:30

Un gran bel reportage in cui si avverte la tua partecipazione emotiva. A Redipuglia, nel centenario della Prima Guerra Mondiale, Papa Francesco l'ha definita una follia. Che cosa c'è di più folle che mandare a morire tutti quei giovani per niente!
Bravo!
Clara

avatarsenior
inviato il 23 Ottobre 2014 ore 0:35

Ho letto con emozione l'articolo di Heater sul Pal Piccolo di Monte Croce Carnico. Quante, tante cose vengono alla mente. Preciserei, non per nulla aggiungere ma solo per informare i forumisti, che l'intero vasto manufatto e' stato riportato alla luce una ventina di anni fa, forse trenta, posso verificare, se ben ricordo da un gruppo eterogeneo di eccezionali pazzi entusiasti provenienti da ogni angolo d'Europa, sotto la guida di un noto storico e autore viennese. Un po' di estati di lavoro massacrante (beh restaurare una trincea non e' molto diverso da scavarla per cui possiamo immaginare) ma il risultato che oggi noi godiamo e' impagabile.
Preciso che il Monte Croce, vera croce (beh mica l'unica) per tanti anni di attrito di tanti battaglioni di Alpini durante la Grande Guerra, e' "ancora la' " , nel senso che se si guarda con attenzione si scopre non senza stupore (almeno il mio) che il confine tra Italia e Austria in vetta corre oggi esattamente lungo la mediana tra la trincea austriaca e quella italiana, parallelamente ad entrambe. C'e', tra le due trincee, tanto di cippo di confine! In un certo senso quindi, la prima linea e' ancora li' dopo cent'anni e a me questo fatto e' per qualche motivo sempre parso eclatante, foriero di un certo senso peculiare che possiede questo luogo (almeno nella mia esperienza) unico. Grazie.

avatarjunior
inviato il 23 Ottobre 2014 ore 9:45

Grazie ad Enrico e a Clara per aver dedicato qualche minuto alla lettura del mio reportage.

@Duna: grazie anche per aver letto il mio reportage. Ciò che dici è vero, ogni roccia del Pal Piccolo ha una storia da raccontare. Ci sono cucine AU scavate nella roccia, rifugi all'interno di gallerie che andrò ad esplorare il prossimo anno, postazioni di cecchini, cunicoli che entrano alla base della prima linea AU ed escono dalla cima, c'è perfino una galleria posizionata sotto la prima linea italiana che è è essere ancora portata alla luce dove gli AU ci si infilavano e potevano ascoltare ciò che dicevano gli italiani, entrerò anche in quella la prossima estate.
Insomma, il Pal Piccolo è ricco di ricordi, scritte sulla pietra di soldati che erano li, mi piace pensare che quei ragazzi, anche della mie età avevano un quel non so che di poetico, su alcune postazioni ho fotografato ricami, poesie, ricordi, frasi del tipo "Un fiore è simbolo di pace"....
Questa estate ho assistito al passamano di sacchi di cemento su un altra altura, questo perché erano caduti 7mt di neve facendo crollare la teleferica che stava più a monte, e salire sulla scala del paradiso (foto in galleria) è un lavoro massacrante, ma che alla fine ripaga.

La prossima estate starò li 3/4 giorni, e non vedo l'ora di tornare. Basta chiudere gli occhi però, per ritrovarsi in quel luogo, che mi ha emozionato più delle Tre cime di Lavaredo, a livello di sensazione per me è così.

Ciao.
Andrea

avatarjunior
inviato il 23 Ottobre 2014 ore 22:15

Molto bello

avatarjunior
inviato il 24 Ottobre 2014 ore 14:56

Molto bello ,complimenti!!

avatarjunior
inviato il 24 Ottobre 2014 ore 20:30

Grazie per aver letto Wolf60 and Mailasia ;-)





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