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la questionabile estetica del brutto


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user95
avatar
inviato il 11 Gennaio 2012 ore 14:47

Una pausa di riflessione davanti a un caffè.

Vedo, qui e altrove, appassionati fotoviaggiatori (definizione che farà orgogliosi tutti) che tengono in gran conto l`istantanea che hanno scattato allo storpio che chiede elemosina, al cieco, all`orbo, allo zoppo, al mutilato, al deforme.

Ha senso a mio parere se è funzionale al racconto di una storia, che sia di guerra, malattia, indigenza o solitudine.
Ma ha bisogno allora di un contesto , che sia un ambiente riconoscibile nella fotografia e che ne sia stato causa, o che sia il portfolio o il progetto di cui fa parte lo scatto.
L`esteriorità può allora idealizzarsi, e un pensiero essere veicolato.

Se però la foto è un semplice scatto a un infelice: quale interesse dovrei provare?
quale ammirazione per la Fotografia in quanto forma ed espressione d`arte comunicativa?

Isolato da un qualunque racconto, l`infelice sarà solo un infelice a cui è stato rubato un pezzettino di dignità per metterlo in un hard disk, o su un forum o su un qualunque social network.

Forse è l`iniziale scalpore di alcune angoscianti foto vincitrici di contest giornalistici a cui non sembra più vi si possa rinunciare, e la conseguente emulazione (ricorrendo all`invalido civile se la gamba non è saltata su una mina) ...forse è la voglia dell`insolito, forse l`assuefazione ai fatti tristi recenti e attuali nel mondo raccontati nelle immagini dei media...

Ma in assenza di racconti o di denunce da fare: non è più appagante la contemplazione del bello?

avatarjunior
inviato il 11 Gennaio 2012 ore 15:54

trovo la tua riflessione molto interessante per quanto trovo che l'ultima domanda sia di una relatività incredibile; una foto con lo zoppo di turno ha in sè due aspetti ben differenti credo:

Uno è ovviamente il contesto, tristezza, disperazione, povertà, aspetto che dovrebbe trasparire, come dici, in un portfolio o in un progetto, se la situazione si evince da qualcosa di più ampio della singola fotografia colui che ha scattato avrà raggiunto il suo scopo.
Il secondo aspetto di queste foto è proprio il bello, certi individui, provati dalla malattia, dalla guerra o in generale dalle difficoltà, portano sulla loro pelle le tracce della loro sfortunata vita, credo che in questo vi sia il bello, con una singola foto non mostri la sua situazione, ma mostri cosa ha passato.

Ovviamente molti non scattano con "criterio", sono quei famosi che hai citato "ammaliati dalle foto di grandi artisti", imprimono l'istante sul sensore, ma quell'istante resta fine a se stesso e non mostrerà assolutamente nessuno dei due aspetti sopracitati.
IMHO

avatarjunior
inviato il 11 Gennaio 2012 ore 16:53

Interessante...ho visto sul forum una gran bella foto naturalistica fatta da un ottimo utente.
Nella mia foto n.70, il giorno dopo che ho acquistato la mia prima reflex e cercavo di capire l'utilizzo dello zoom Eeeek!!! ho inquadrato lo stesso punto geografico da un'altra angolazione ed includendo ciò che era alle spalle dell'ottimo fotografo di cui sopra.
Ecco, penso di aver immortalato l'essenza stessa di un brutto paesaggio.
Diciamo che è il discorso esattamente speculare (o inverso) di quello che hai fatto tu, dove lui ha trovato il bello dove non c'era (bravo!) ed io ho fotografato la realtà.MrGreen

avatarsenior
inviato il 11 Gennaio 2012 ore 17:24

Io sto cercando di ridurre i caffè perché alla sera non dormo!! MrGreen

Il tuo discorso non fa una piega, la fotografia in senso ampio è una voragine immensa e come tale può essere raccontata e vissuta, oppure può scivolarci addosso in un istante. Quando guardo le foto sul forum (ma anche altrove) mi sento una specie di "consumatore", metto il "Mi piace" qua e là sulle foto che mi trasmettono in qualche modo qualcosa. Diverso è quando a farle sono io. Dal fotografo può partire l'ostentazione che può sfociare in pornografia (e non intendo solo quella sessuale) e speculazione. Sta a lui la valutazione del bianco, del nero e di tutto quello che sta vedendo aldilà dei parametri della fotocamera.
Il contesto lavorativo è un altro fattore determinante, il risultato di buona parte dei contributi fotografici che vediamo deriva da esigenze lavorative in cui l'aspetto creativo può venir meno e le emozioni possono essere brutalmente calpestate.

Hai parlato di contest, forse questo forum è piuttosto "sano" proprio perché non si vince nulla!

BUONE FOTO!
Igor

avatarjunior
inviato il 11 Gennaio 2012 ore 17:45

Ha senso a mio parere se è funzionale al racconto di una storia, che sia di guerra, malattia, indigenza o solitudine.
Ma ha bisogno allora di un contesto , che sia un ambiente riconoscibile nella fotografia e che ne sia stato causa, o che sia il portfolio o il progetto di cui fa parte lo scatto.



Certo, ma non solo.
Anche una foto singola può "buttare oltre" l'osservatore, pur senza un contesto esaustivo, storia, progetto. Succede quando una foto comincia a puzzare di arte. E' difficile che accada, ma un artista può farcela.
Mi viene in mente per esempio (sono fuori casa in questo momento) la donna cieca e mendicante di Paul Strand, o quel condannato a morte che si trova su "La camera chiara" (adesso non mi sovviene l'autore, sorry, ma è una foto famosa). Foto intense, dense, che inchiodano.

Questa precisazione solo per completezza, sono comunque d'accordo sul senso del tuo discorso.

Forse possiamo estendere il ragionamento anche ad altri generi fotografici, e dire più banalmente che la foto deve avere un suo senso, un suo perchè, e non inseguire il mood del momento o il cliché collaudato. Indipendentemente che raffiguri il bello o il brutto (anche il bello può essere melassa). Ma magari ci allarghiamo troppo.

Ottimo questo caffè;-)

avatarsenior
inviato il 11 Gennaio 2012 ore 21:48

Ha senso a mio parere se è funzionale al racconto di una storia, che sia di guerra, malattia, indigenza o solitudine.
Ma ha bisogno allora di un contesto , che sia un ambiente riconoscibile nella fotografia e che ne sia stato causa, o che sia il portfolio o il progetto di cui fa parte lo scatto.
L`esteriorità può allora idealizzarsi, e un pensiero essere veicolato.


Quoto.

A mio avviso c'è solo una variabile ancora da considerare, una variabile che in qualche misura potrebbe giustificare tali scatti. Potrebbe essere che alcuni di quelli postati fossero inseriti/inseribili in un contesto più largo di foto in grado di fornire anche un'ambientazione, una situazione.
Poi la struttura del forum (e l'impossibilità di pubblicare più di uno scatto al giorno od ogni due giorni, non ricordo più) può avere fatto il resto e per certi versi limitato l'autore.

Ma in generale la tua riflessione mi sembra assolutamente condivisibile.


avatarjunior
inviato il 11 Gennaio 2012 ore 22:38

o quel condannato a morte che si trova su "La camera chiara" (adesso non mi sovviene l'autore, sorry, ma è una foto famosa)/QUOTE]

Il condannato a cui ti riferisci credo sia quello di Alexander Gardner 1865 , darkgoblin87.files.wordpress.com/2011/12/gardner_lewispayne.jpg
bellissimo scatto di un ragazzo ancora per poco vivo. Si puzza d'arte ( formidabile espressione) questa immagine . E' questa "puzza" che rende tutto accettabile senza oltraggio per il soggetto, poi è la condivisione che rende il fotografo nobile: i fotografi di guerra fanno la guerra insieme ai soldati. E' il turista che ha un approccio leggero, rubacchia la scena, scappa via, la mostra agli amici. Una volta un tale in pantaloni corti ha fotografato all'improvviso anche me, mentre ero seduto per terra col mio cane, ero in effetti brutto, cosa racconterà con quella foto? di un mendicante ( falso ) italiano ?

avatarsenior
inviato il 12 Gennaio 2012 ore 13:59

BafMan: quoto in toto la prima parte.

Forse è l`iniziale scalpore di alcune angoscianti foto vincitrici di contest giornalistici a cui non sembra più vi si possa rinunciare, e la conseguente emulazione


qui meno, ma non saprei quanto. i contest giornalistici sono la tappa finale di viaggi, reportage, sbattimenti e, in molti casi, tanto sangue freddo. forse "la gente" si è persa tutta la prima parte, ma quando vedo la foto tragica di una bambina bruciata dal naplam non penso ad un voyeurismo (scritto giusto?) pornografico, ma a tutto quello che sta dietro quella foto. ho il massimo rispetto per quei fotografi che rischiano la pelle per portare a casa uno scatto e, i contest, sono un sacrosanto riconoscimento.


user95
avatar
inviato il 12 Gennaio 2012 ore 14:23

altro giro di caffè.
che bei contributi, bene Sorriso

integro con un link ai due esempi citati da Giuseppe:
- Blind , di Paul Strand
- Ritratto di Lewis Payne, di Alexander Gardner (già trovata dall`ottimo Giusam, qui arricchita da alcune note)

entrambi - con buona pace dei mila "ritratti all'infelice in strada" - vanno certamente oltre.

Blind - un ritratto stretto della donna avrebbe solo indugiato morbosamente sul suo handicap e la brutta smorfia, questo il mio ragionamento.
Quel cartello racconta al contrario un menefreghismo della società e la necessità di sottolineare un qualcosa che sarebbe stato altrimenti misconsiderato... mi pare di poter dire che ci sia qui l`utilizzo della fotografia per svegliare gli animi (pur senza essere vera denuncia)

Il ritratto di L.P. - molte chiavi di lettura, vista la drammaticità dell`evento (davvero attimi prima che venisse impiccato).
ma anche solo fermandosi alla più superficiale: questa foto è un bellissimo ritratto, sotto una meravigliosa luce, di un bellissimo uomo.

Poi per carità ci possono essere molti altri esempi... non voglio mica sdoganare le sole foto melense e ha ragione Giuseppe P. nel dire che:
anche il bello può essere melassa
(ma almeno non avrà rubato la dignità di nessuno, aggiungo).
Quello che confuto è la manipolazione dell`infelicità senza arricchirla con il minimo contributo del proprio animo.

Quanti infelici ha ritratto Salgado?
ma se guardo Salgado resto folgorato da quegli scatti che non solo puzzano (o profumano di dignità, magari) ma ci tocchi le bende o i brandelli.
ma Salgado è un gigante della composizione che rende perfetto e bellissimo ogni povero cristo (e già qui bye-bye al fototurismo che biasimavo e che ha così ben descritto Giusam).
è l`idealizzazione cui accennavo all`inizio, quella che se occorre può facilitare poi ogni altro fine di denuncia, di discussione, di iniziativa (e lo fa benissimo visto che la contestualizzazione è efficacissima e all`interno di precisi progetti) ma che ha dato forma - comunque e a prescindere - a capolavori.

user95
avatar
inviato il 12 Gennaio 2012 ore 14:48

Leggo ora il tuo intervento Frenki e forse sono stato poco chiaro: quei fotogiornalismi hanno il mio rispetto eccome (con dei distinguo affrontati in altra sede).
criticavo semmai i pischelli come me e te che per emulazione - ovvero dopo aver visto quelle foto e quelle angosce e aver saputo magari che sono state pluripremiate - pensano bene di immortalare la donna che da piccola si bruciò con una padella e ne porta le cicatrici, primo piano su quelle, e di aver fatto strike.

avatarjunior
inviato il 12 Gennaio 2012 ore 15:11

pensano bene di immortalare la donna che da piccola si bruciò con una padella e ne porta le cicatrici, primo piano su quelle, e di aver fatto strike.


non vedo come non si possa essere d'accordo...

avatarsenior
inviato il 12 Gennaio 2012 ore 15:16

Solitamente è soltanto la miseria che ci induce a mancar di rispetto con facilità: mai fotograferemmo uno 'storpio', un 'infelice', un 'deforme' ricchi e ben protetti. Prendersi la libertà di fotografare, senza essere entrati in confidenza, amicizia e 'complicità' col soggetto da fotografare è come fotografare un animale allo zoo, anzichè nel pieno rispetto del suo ambiente, in cui siamo noi a doverci nascondere per non dis-turbarlo.
Lo storpio (brutta parola), l'infelice (idem), il 'brutto', il mendicante possono aver dentro tanta di quella bellezza da spiazzare le nostre presunte sicurezze, se soltanto avessimo la capacità di riconoscerla.
In ogni modo è il dover mendicare per sopravvivere che è molto più umiliante dell'esser fotografato nella difficoltà.

avatarsupporter
inviato il 12 Gennaio 2012 ore 16:11

Il discorso e' pieno di spunti e di sicuro il rispetto per la persona fotografata dovrebbe trasparire da ogni scatto. Credo pero' che spesso siamo portati a immortalare le cose che ci colpiscono, che lasciano un segno nella nostra mente e ci evocano delle emozioni. Le persone che appaiono "diverse" attirano la nostra attenzione e suscitano in noi dei sentimenti. Fotografarli e' difficile e bisognerebbe essere capaci di trasmettere l'emozione mantenendo il rispetto della persona.

avatarjunior
inviato il 12 Gennaio 2012 ore 17:09

bisognerebbe essere capaci di trasmettere l'emozione mantenendo il rispetto della persona.


Già. Sono assolutamente d'accordo.

E perfino di più:
nelle foto di esempio più sopra... non so, è come se in qualche modo il fotografo le avesse riscattate, quelle persone, come se avesse ridato loro una dignità, e per sempre.
Ho questa sensazione.

Non vado invece a cercare le foto citate più... incriminate . Non mi interessano, sto seguendo il discorso in generale, indipendentemente dalla foto di tizio o caio.
Anche perchè è impossibile, negli specifici casi, ricostruire il sincero approccio e i sentimenti di chi ritraeva. Al di là del misero risultato finale.

Figuratevi che io non riesco nemmeno a fotografare le persone... "normali".
Mi spiace perfino vedere fior di manleve e liberatorie in carta da bollo quando si fotografa una bella ragazza e contemporaneamente rafficare liberamente una coppia di vecchietti sul lungolago, "tanto quelli che vuoi che facciano".
Qualcosa stride. O forse sono io ipersensibile, non so.


possono aver dentro tanta di quella bellezza da spiazzare le nostre presunte sicurezze, se soltanto avessimo la capacità di riconoscerla.


Già... e non vale solo per le persone.;-)




avatarsenior
inviato il 12 Gennaio 2012 ore 17:28

D'accordo con i precedenti interventi aggiungo che il discorso può sfociare in tante direzioni. Gli esempi fatti in particolar modo evidenziano quella linea sottile che separa un artista da un buon fotografo o un fotoreporter. C'è anche da dire che senza alcuni racconti l'immagine perde una parte preziosa e chi la osserva non mette in moto i meccanismi emozionali che solo certe storie sanno dare (forte è la differenza tra "Blind" e il ritratto di Payne se osservati senza diciture). Il rispetto dovrebbe essere qualcosa che va oltre il concetto di soggetto e anche dell'intera fotografia. Alcuni atteggiamenti sono semplicemente riconducibili all'abbiccì dell'educazione.

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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