| inviato il 29 Giugno 2017
Pro: stabilità ed "intelligenza" di volo
Contro: flusso video non raw
Opinione: Questa recensione si riferisce al modello Pro: quando verrà pubblicata la relativa scheda, trasferirò lì il testo.
Tutti i quadricotteri Dji della serie Phantom sono eccellenti dispositivi di volo. Stabili, intelligenti, ben concepiti e realizzati. Per avere un modello in grado di assicurare prestazioni fotografiche non inferiori a minimi requisiti di qualità si è invece dovuto attendere il 4 Pro (seguito poi dal 4 Advanced). Tutti gli altri, prima, lasciavano a desiderare sotto questo profilo. Il motivo è semplice: il 4 Pro monta un sensore da un pollice, ben più grande del predecessore da due terzi di pollici. Quest'ultimo avevo già visto sulle action camera Sony: eccelleva nel suo comparto, anche considerando il bit rate (alla massima risoluzione) di 100 mbs, alto in questa categoria, e benefico per il flusso video. Ma per fare foto di qualità ci voleva qualcosa di più. Quel qualcosa è arrivato con il 4 Pro, appunto. Se con il sensore dei Phantom 3 e 4 non Pro erano ravvisabili a schermo artefatti anche alla sensibilità minima, con il 4 Pro questo inconveniente è meno evidentemente percepibile. Inoltre, l'obiettivo. La focale passa da un equivalente a 20 mm nel formato Leica ad un equivalente a 24 mm. Che porta in dote l'importante novità dell'otturatore meccanico. Così, si scongiura il fastidioso fenomeno del rolling shutter nelle riprese. Esso è attivo sino al tempo più breve di 1/2000, mentre l'otturatore elettronico può spingersi a 1/8000. E per la prima volta il diaframma può essere regolato manualmente sino a f11, mentre in precedenza era fisso alla massima apertura. Occuperei qui troppo spazio se mi soffermassi sulle funzioni video, ma una caratteristica è bene qui menzionarla: il dispositivo di evitamento automatico degli ostacoli. Qui è presente con ben 12 sensori, tra visivi, ultrasonici ed a infrarossi. Il 4 Pro è stato il primo Phantom a montarli. Prima la soglia d'accesso per prezzo a questo dispositivo era costituita dal Mavic, che però monta ancora un sensore da due terzi di pollici (ed ora alcuni sensori di evitamento vi sono anche sull'economico Spark, ma sempre con il sensore minore). Perchè questo ausilio risulti attivo occorre - oltre a un livello di luminosità ambiente non inferiore a 10 lux e non superiore a 300 - che lo switch sul controller sia posizionato su P, ma non temete se vi accorgete di averlo inavvertitamente spostato: per discostarvi davvero dalla modalità P dovete accedere a una impostazione remota del software di volo da abbinare. Che si chiama Dji Go 4, e vi fornisce modo di considerare farabutti i fabbricanti di smartphone e tablet che in ambiente Android non consentono aggiornamenti al sistema operativo: se il vostro dispositivo è anteriore alla versione 4.4, e non volete cambiare modello, dovrete rassegnarvi ad acquistare un Phantom 3 ed abbinarlo alla versione Dj Go non 4. Nella famiglia Apple, invece, potrete accoppiarlo anche a un modello meno recente, purchè aggiornabile a IOS 9. Risolto il problema dell'abbinamento - ma attenzione: un modello aggiornato come sistema operativo ma poco "potente" non vi consentirà un refresh in tempo reale dello streaming video - occorre però essere cauti: personalmente non ho osato scagliare il quadricottero contro i fili più sottili dei cavi di servizi, per tema che la loro esigua sezione non sia riconoscibile. Anche l'acqua dovrebbe essere riconosciuta come ostacolo, pur con l'avvertenza appena espressa. Un altro fattore di sicurezza è costituito dalla possibilità di optare per due frequenze: non solo 2,4 gH, ma anche la meno "affollata" 5,8. Inoltre questo modello Phantom di alta gamma consente il dialogo con i satelliti russi, oltre che statunitensi. Si punta dunque ad un concetto di ridondanza, come nel caso dei sensori, per rafforzare la sicurezza di volo. A proposito del quale vi raccomando di leggere attentamente la normativa Enac, aggiornata all'emendamento del 22 dicembre 2016. Essa - per droni di peso totale inferiore ai due chilogrammi, e il P4 si ferma a 1388 grammi - esenta dal conseguimento della patente a condizione che sussistano i seguenti requisiti: non superare i 200 metri longitudinalmente e i 70 metri in altezza; utilizzare il drone per uso ludico o ricreativo, senza scopo di lucro; non sorvolare zone popolate (del resto anche chi consegue la patente non può farlo, a meno di non disporre delle liberatorie dei passanti). A stretto rigore di termine ai non patentati dovrebbe essere inibito l'uso del visore, poichè la condizione che non permette la classificazione del drone come semplice aeromodello, anzichè aeromobile (si percepisce qui l'originaria intonazione della normativa cucita addosso agli elicotterini da aviosuperficie, senza videocamera), è appunto l'assenza di dispositivi visivi di ausilio alla guida, ma in realtà la possibilità di utilizzare un tablet per la visione è un fattore di sicurezza. In ogni caso, sappiate che il controller consente una piena governabilità in autonomia, anche se essa trova il pesante limite di essere circoscritta alla zona entro il quale il drone può essere scorto a occhio nudo: molto limitata in altezza, invero. Controller la cui staffa per l'alloggiamento del tablet accoglie modelli sino ad 8 pollici (mentre il Phantom 3 standard e il Mavic si fermano a 5,5 pollici). I due joystik sono regolabili in altezza e hanno una reattività che varia in base al programma di guida installato. Una funzione di grande importanza (il cui comando è presente, come altri, sia sul controller che nel software "esterno") è RTH (Return To Home): pigiando un pulsante o tappando sul tablet il drone effettuerà un ritorno alla base sfruttando la memoria del percorso già effettuato (è consigliabile preimpostare una adeguata altezza di ritorno nel software, prima di utilizzare la funzione). Vi sono poi molte altre funzioni di guida "intelligente", che però comporterebbero molte pagine in aggiunta a questa recensione, se le trattassi. Accennato al fatto che la qualità fotografica - gli scatti sono anche disponibili nel formato raw "universale" DNG, mentre ovviamente se scatterete foto durante un filmato, esse saranno tratte dal flusso compresso del video (otterrete sino a 8,8 MP se stavate girando in 4K), con una resa nettamente minore (è comunque possibile, previa cessazione del filmato, commutare in volo verso la modalità fotografica) - è ora accettabile dal punto di vista fotografico, ci si può lagnare del fatto che il video non può essere anch'esso lavorato in raw, cosa invece possibile al modello superiore Dji Inspire (la cosa è utile non solo per la maggiore lavorabilità del formato grezzo, ma anche per la pulizia del segnale che un formato del genere comporta). Il modulo ACR di Adobe non ha ancora un profilo di correzione dell'obiettivo montato su questo modello (si ferma alla versione non Pro, inutilizzabile perchè di diversa focale). Continuando sul versante del trattamento postproduzionale, accenno al fatto che per situazioni in cui serva avere un profilo piatto, esiste la possibilità di contare su un Dlog in macchina, ma ciò è maggiormente utile per il comparto video, che non può essere registrato non compresso. Sempre a riguardo del flusso video, segnalo infine che l'eccellente programma Da Vinci Resolve rende disponibili alcuni LUT dedicati. Detto questo, per converso ho evidenziato uno dei maggiori pregi del 4 Pro: massima espressione della serie Phantom quanto a qualità d'immagine, rappresenta anche il limite superiore di normale portabilità: esistono zaini dedicati che permettono di portare sulle spalle assai agevolmente il 4P e tutti i suoi accessori, mentre l'Inspire presenta ingombri sensibilmente maggiori. Meglio ancora sarebbe portare in volo la propria reflex professionale, ma non Vi menziono costi e complicazioni, per non impressionarVi... |