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La Laveria La Marmora è uno dei complessi minerari più interessanti della Sardegna. Sorge a breve distanza dall'abitato di Nebida e incuriosisce perché questo edificio che un tempo accoglieva le cernitrici intente a selezionare i minerali estratti e a “lavarli”, appare isolata sul declivio di una montagna che si affaccia sul mare. In questo contesto paesaggistico di grande patos, la laveria, come un gioiello, appare incastonata in una zona incontaminata ed è interessante dal punto di vista ambientale, geologico e naturalistico. Per queste caratteristiche il luogo è meta delle visite di studiosi e turisti provenienti da ogni angolo del mondo. La laveria era collegata con i sottostanti forni che lambiscono un mare cristallino. Sorge accanto ai forni di calcinazione, al magazzino dei minerali e delle merci, al vecchio pontile d'attracco per le navi-bilancelle. L'intero complesso cadde in disuso nella metà degli anni 30. I suoi edifici sono immersi in un contesto geologico unico: il paesaggio è variopinto per l'alternanza dei colori delle rocce che variano dal giallo delle dolomie al viola scuro delle puddinghe, dal bianco dei calcari degli isolotti S'Agusteri, Il morto, Pan di Zucchero: monumenti naturali che si ergono dal mare e contrastano con il cielo soprastante.
Nei primi anni del '900 Nebida arrivò ad avere tremila abitanti, quasi tutti impiegati nelle miniere. Oggi solo qualche centinaio, e si campa più che altro di turismo. La mattina visitiamo la Laveria La Marmora, magnifico fantasma giallo-arancione sulle scogliere viola di Nebida. Scopriamo che questa roccia rosso-violacea che ci accompagna da ieri ha un buffo nome: “puddinga ordoviciana”. La Laveria, vista dal mare, sembra un minerale incastonato nella roccia ed è uno dei più suggestivi monumenti di archeologia industriale dell'isola. Da terra, a piedi, è praticamente nascosta e si svela lentamente, mentre si scende lungo il declivio dove un tempo passavano i vagoni sui binari. Come di tutte le cose grandi e nascoste, non possiamo che vederne un pezzetto per volta e immaginarla nella sua interezza.
Se non sapessimo cos'è, la Laveria potrebbe sembrare un edificio sacro, così maestosa, con tutte quelle volte: una cattedrale a strapiombo sul mare. In realtà qui avveniva la cernita e il lavaggio dei minerali, attività svolta soprattutto dalle donne. In piedi o in ginocchio, con le mani nell'acqua e nei metalli, separavano il minerale buono dagli scarti. Lavorare tutto l'anno in mezzo ad acqua e fanghiglia, davanti al mare, voleva dire vivere nell'umidità perenne. C'era una pausa di mezz'ora, dove mangiavano un pezzetto di pane. Era vietato parlare durante il lavoro. Su Internet trovo una foto delle donne all'opera nella cernita: veli neri in testa, sguardi concentrati sulle pietre che passano sul nastro trasportatore. Leggo la testimonianza di una ex cernitrice.
Racconta che una volta ha detto a voce alta che voleva un bicchiere d'acqua: “Il sorvegliante mi ha sentito e mi ha scalato cinque soldi dalla paga”. Ogni volta che le donne aprivano bocca per parlare, ricevevano una multa; le multe si sommavano a fine mese e venivano tolte dal salario. Curiosamente era però consentito cantare, probabilmente perché così potevano dimenticare la sofferenza e la noia del lavoro; e in più così non parlavano tra loro. Le lavoratrici cantavano soprattutto canzoni d'amore. Il materiale arrivava da una galleria sui binari, veniva lavorato nella laveria e poi depositato sul livello del mare, dove si intravedono ancora oggi i ruderi del porticciolo che serviva all'attracco delle barche. L'acqua è verde smeraldo, bellissima. La Laveria venne abbandonata dalla metà degli anni '30.
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