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| inviato il 01 Febbraio 2019 ore 21:32
Gli occhi dell'albero per tutta la sua vita erano stati celati. Soltanto ora si mostrano e ancora vedono. * Un saluto cordiale Patrizio |
| inviato il 06 Febbraio 2019 ore 20:59
Come sempre vedi cose che ai più vengon celate... |
| inviato il 12 Febbraio 2019 ore 12:21
Buongiorno Adolfo; Dapprincipio avevo trascurato un po' questa tua fotografia. Non sapendo interpretare le cose che suscitava in me, mi gingillavo un po' con le parole. Inquadrai “The Mask” come un difficile compromesso fra un grafismo ed una proposta di espressionismo “fitomorfo”. Questo gingillarmi con i qualificativi era in realtà lo specchio del mio non saper procedere. Le due interpretazioni erano ammissibili ma si escludevano a vicenda, quasi un'antinomia. Irresolubile. Lasciai la cosa in sospeso. In un secondo tempo, tornandoci su, mi è sembrata più giusta la prima figurazione che viene in mente guardando l'immagine: quella antropomorfizzante. Vi ho ravvisato ancora un che di espressionistico, tuttavia colonizzato (sorprendente insieme) da un sentimento di compartecipe pietà: dal cuore dell'albero appena tagliato, vita recisa, mi sembrava di ricevere non un grido ma un altro sentimento, molto più sottile, nascosto dietro uno sguardo ancora vivo e dotato di muta consapevolezza. Cosa poteva esserci dietro quella “maschera” che mi sembrava essere in attonita contemplazione? Avevo l'impressione che l'albero, nel suo lento ma ormai inevitabile abbandono della propria vita, volesse e non potesse dire che dietro al phainòmenon c'è altro; forse un'anima cosciente della comune natura di ogni forma di vita. Ecco così il ripresentarsi del sentimento della pietà, che tante associazioni fà fare alla nostra mente. Tra quelle meno classiche che mi son sovvenute c'è anche il film “Dietro la maschera” di Peter Bogdanovich, che forse ricorderai. Poi, più potentemente, mi son risuonate due terzine che già ci commossero tutti: “Allor porsi la mano un poco avante, e colsi un ramicel da un gran pruno; e 'l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?» Da che fatto fu poi di sangue bruno, ricominciò a dir: «Perché mi scerpi? non hai tu spirto di pietà alcuno?” . Alla fine ho individuato la consequenziale -sebbene sotterranea- riflessione (con echi di “Gestalt”) che la foto fà sul nostro stesso sguardo; e sul fotografare stesso, inevitabilmente. Anche questo “portato” io sento concorrere al senso complessivo di questa foto. Nel corso della sua visione mi sono convinto, infatti, che il suo significato più pieno passi contestualmente sia per il sentimento sia per la meno immediata riflessione. All'inizio mi sentivo confuso dal sovrapporsi dei suoi molti contenuti. Ciò detto, penso che questa immagine si apra ad interpretazioni con più d'una variante soggettiva. La mia era questa. Ho cliccato “mi piace”. Al raffinato e criptico Adolfo Panarello porgo i miei più cordiali saluti. |
| inviato il 13 Febbraio 2019 ore 8:58
@Patrizio Rigobello e Altenmich: Talvolta bisogna soffrire per aprire gli occhi… Un taglio netto, anche se doloroso, può scoprire le maschere… Un grazie di cuore e un caro saluto a tutti, Adolfo |
| inviato il 18 Marzo 2019 ore 19:03
Un omaggio al maestro Mario Giacomelli. |
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