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Congo, Gorillas in the Mist


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Congo, Gorillas in the Mist, testo e foto by Editore. Pubblicato il 14 Aprile 2014; 49 risposte, 10211 visite.


Siamo un gruppo di amici affiatati, ci siamo conosciuti nel 2006 durante un viaggio in Tanzania, uno dei viaggi più belli che abbia mai fatto. Di solito ci teniamo tutti in contatto per capire in quale luogo del mondo passeremo le successive ferie estive, il piacere di viaggiare di nuovo insieme ci spinge a cercarci ad ogni nuova occasione o proposta. Non ricordo se eravamo ad aprile, o addirittura marzo 2010, quando riusciamo a concentrarci su un viaggio in Uganda e Rwanda con l'obiettivo di vedere i gorilla di montagna. Partenza 31 luglio 2010.

Penso che per qualsiasi appassionato di animali, o semplicemente malato d'Africa come il sottoscritto, vedere i gorilla di montagna sia l'esperienza "assoluta", non c'è niente di paragonabile che susciti lo stesso stupore o la stessa meraviglia! A chi ci ha pensato ma non l'ha mai fatto, suggerisco di farlo al più presto senza indugio; i gorilla di montagna sono ad elevatissimo rischio d'estinzione soprattutto dopo che è ricominciata la guerra in Congo tra le truppe regolari e le milizie che controllano la zona di Goma e del parco Nazionale dei Monti Virunga. Mentre sto scrivendo non è ancora possibile recarsi nel Parco Nazionale dei Monti Virunga, l'area è ad altissimo rischio e presidiata dalle forze ONU. E' però possibile vedere questi animali prenotando con molto anticipo in Uganda (Bwindi Impenetrable National Park e Mgahinga Gorilla National Park) oppure in Rwanda (Parc National des Volcans). Ad eccezione del Bwindi, tutti gli altri parchi si trovano nella stessa area, il triplo confine tra Repubblica Democratica del Congo, Uganda e Rwanda lungo la Great Rift Valley occidentale, zona vulcanica attiva, uno dei posti più belli sulla Terra.


Partiamo da Roma con volo Egyptair per Entebbe (l'aeroporto di Kampala, capitale dell'Uganda) via Cairo. Il programma prevede la visita dei principali parchi Ugandesi: Ziwa Rhino Sanctuary, Murchison Fall, Queen Elizabeth, Lake Mburo National Park, per entrare poi in Congo a vedere i gorilla, attraversare il confine col Rwanda fino a raggiungere il Nyungwe Forest National Park, una delle ultime foreste pluviali d'alta quota, la più antica d'Africa, dove avremmo visto gli scimpanzé. Il nostro corrispondente nonché faccendiere Mr. George, ci avvisa che il permesso per la visita ai gorilla ci è stato rilasciato per il giorno 9 agosto, per cui avremmo dovuto organizzare il viaggio in modo da essere la sera dell'8 agosto a Kisoro, ultima cittadina ugandese prima del confine con la R.D. del Congo.

Siamo un gruppo di 16 persone, troppe per un'unica famiglia di gorilla, per cui verremo spezzati in 3 gruppi. Ci dicono anche che sono previsti 3 percorsi in 3 diverse zone del parco, un percorso facile, un percorso medio ed uno difficile per cui siamo invitati ad un'autoselezione severa in virtù delle nostre reali condizioni fisiche. L'idea di questa divisione a tavolino mi fa sorridere, probabilmente nessuno degli altri miei compagni di viaggio sa che non è possibile conoscere in anticipo a quale famiglia di gorilla si è assegnati e che la cosa è del tutto casuale e decisa l'indomani dai guardiaparco in completa autonomia. Per cui ironicamente mi "iscrivo" al gruppo facile mentre mia moglie al gruppo medio.


Mattina del 9 agosto 2010, sveglia alle 4:00, l'emozione di incontrare i gorilla ci tiene svegli tutta la notte. Ricontrolliamo l'equipaggiamento: calzettoni, guanti, ghette (no, non nevica ad agosto, capirete poi a cosa servono), imbragatura per la custodia della macchina fotografica, riserva d'acqua, zaino, impermeabile, coltello multiuso e torcia. Sono molto scrupoloso, ho solo questa occasione e non voglio che qualcosa vada per il verso sbagliato.
Arriviamo al confine di Bunagana, veloci le pratiche presso il posto di controllo ugandese, poi si attraversa a piedi una zona franca, terra di nessuno, ed ecco apparire le facce poco raccomandabili delle guardie di confine congolesi. Tutt'attorno, trafficanti, persone ambigue, poliziotti corrotti e loschi figuri con bagagli sospetti. Ho le prove di quello che dico. Due di noi non hanno il certificato per la febbre gialla, bel guaio, il militare di guardia si innervosisce e stringe ancor di più il suo Kalasnikov. Non ci vogliono far passare, chiamiamo l'ufficiale sanitario preposto ai controlli (non vi descrivo la baracca fatiscente che funge da ambulatorio medico) ed alla fine scopriamo che è solo una questione di prezzo. "Unto" per bene l'ingranaggio burocratico, l'atmosfera è tornata più rilassata e vediamo a pochi metri di distanza i due camion 4x4 dell' ICCN (Institut Congolais pour la Conservation de la Nature) che sono venuti a prenderci puntuali. Prendo mia moglie in disparte e le dico ad un orecchio di non salire sullo stesso mezzo che avrei preso io. Almeno uno di noi avrebbe avuto una buona possibilità di vedere una grande famiglia di gorilla. Così facciamo e come dalle mie previsioni veniamo divisi casualmente sui due camion diretti in due zone diverse del Parco.


Dal punto di vista naturalistico il Congo non differisce molto dall'Uganda, ma si capisce subito che è uno stato molto più povero, strade inesistenti, persone che vivono ammassate in capanne fatte di legno e foglie, fango dappertutto, condizioni igieniche davvero al limite della sopportazione e poi di tanto in tanto mezzi corazzati ONU che fungono da cuscinetto tra gli irregolari e le truppe governative.
Nel mio truck siamo in 6, un coetaneo di Milano anche lui appassionato di fotografia, una giovane coppia che si è conosciuta in un precedente viaggio ed infine due simpatiche settantenni che si sentono tranquillissime in quanto hanno scelto il percorso facile. Beate loro che hanno questa sicurezza!
Viaggiamo per circa tre ore all'interno del Parco e ci sentiamo più sereni quando finalmente lasciamo gli ultimi centri abitati e saliamo in quota sulle pendici del vulcano. La zona è coltivata con splendidi terrazzamenti, distese di sorgo rosso contrastano con il verde della foresta pluviale, il terreno è coperto da leggerissime rocce laviche che ricordano un ambiente marziano. Al di là dei campi, subito dietro un muretto di pietre a secco, inizia evidente la foresta. Un enorme sbarramento che ci separa dal mistero. Scendiamo dal camion in prossimità di un ufficio dell'Ente Parco, molto in quota, ad accoglierci un ranger che ci spiegherà come si svolgerà la visita e come comportarsi in presenza dei gorilla. Sono eccitato e depresso allo stesso tempo, sto per incontrare la Kabirizi Family, la più grande famiglia di gorilla di montagna avvicinabile dall'uomo, 35 gorilla! Ma non sarà facile raggiungerla!


La prima parte dell'avvicinamento consiste in circa un'ora di cammino tra campi coltivati al limite della foresta. Per lo più sono piccoli orti appartenenti alle famiglie dei ranger che vivono nel parco. Il caldo umido è appena mitigato da una leggera brezza, il tempo non è bellissimo, ma almeno non piove, sebbene nubi minacciose coprano, nascondendola, la cima del vulcano Karisimbi. E' un paesaggio surreale, nessuno parla e di tanto in tanto ci fermiamo per aspettare le arzille nonnine. Siamo preoccupati, ce la faranno a salire lungo le pendici della montagna senza rallentarci? I rangers che ci accompagnano sono in collegamento con un'altra squadra di colleghi che sono partiti la mattina all'alba per individuare la famiglia dei gorilla. Ci indicano via radio la direzione da seguire.
Ad un tratto compare la foresta, uno sbarramento di vegetazione lussureggiante. Intravediamo un passaggio, subito al di là della cinta di sassi che la delimitano, è stato creato a colpi di machete. I guardiaparco ci fanno riposare un attimo e ci danno le ultime raccomandazioni. Ci dicono di mettere le estremità dei pantaloni dentro i calzini o di infilarci le ghette, le formiche legionario non scherzano affatto da queste parti. E' bene indossare anche dei guanti per evitare di aggrapparsi ad erbe urticanti o piante spinose. Dobbiamo cercare di non cadere e non possiamo mai fermarci altrimenti le formiche inizieranno ad assalirci. Bisogna sempre avere a portata di mano la borraccia d'acqua, suderemo tantissimo e dovremo reintegrare i liquidi persi.


Provo a darvi un'idea del caldo e dell'umidità che c'è in una foresta pluviale per una persona che in pieno agosto è costretta a vestirsi di tutto punto, guanti e cappello compresi e con addosso chili di attrezzatura fotografica stipata in uno zaino ed in una tracolla anteriore. Immaginatevi così bardati e poi, improvvisamente, qualcuno apre un invisibile rubinetto di una invisibile fontanella sopra la vostra testa e vi trovate, senza soluzione di continuità, costantemente bagnati.
Iniziamo la salita, finché è possibile si approfitta dei sentieri già aperti nella jungla da altri gruppi nei giorni precedenti, altrimenti i rangers aprono la strada con i loro grandi machete e ci fanno largo tra una vegetazione rigogliosissima, liane, alberi altissimi, fiori, muschio, insetti e chi più ne ha più ne metta. Il terreno è molto scivoloso, reso infido da una poltiglia fatta da fango, fogliame e cortecce in decomposizione, per di più stiamo salendo sempre più in alto seguendo un tracciato che non prevede percorso a zig zag con possibilità di recupero. Una delle due nostre anziane compagne scivola e finisce a terra, per fortuna non si è fatta male, ma si è ampiamente strappata i suoi pantaloni di cotone leggero, chissà che non finirà mangiata viva da voraci imenotteri. Come vi ho anticipato il pericolo più tangibile e immediato non è costituito da serpenti, ragni o chissà quale altra creatura esotica e velenosa che frequenti questo habitat, i veri killer sono le formiche.
Si tratta di una specie molto aggressiva, e una dimostrazione sono le sviluppatissime mascelle delle operaie, ottime sia per trasportare cibo e altri materiali, sia per attaccare altri animali. Quando una mascella si chiude la formica è disposta a farsi decapitare pur di non rilasciare la presa. Le formiche legionario possiedono inoltre grandi doti di coordinazione, riescono a costruire delle strutture con i loro stessi corpi: una piramide per arrivare a qualcosa che è in alto, un ponte per poter attraversare un piccolo corso d'acqua, figuratevi se non riescono a salirvi addosso!


Il mio cuore batte fortissimo, lo sento in maniera nitida, sono stanchissimo, affaticato, la salita in quest'inferno verde è da incubo. Non ho più fiato, provo a fermarmi, il terreno è scivoloso, mi aggrappo ad un tronco, ed eccole, le sento, abbasso lo sguardo, le vedo iniziare a salire sulle mie scarpe da trekking, devo assolutamente ripartire, una si è intrufolata nella camicia, sento un dolore acuto sui fianchi, mi do un forte schiaffo cercando di schiacciare l'indesiderata ospite, lei continua a pungere ed io continuo a darmi delle grosse pacche come un cretino. Ma ci siamo, "Ecco il nido" dice uno dei ranger, su una piccolissima radura, circondata da alberi, troviamo il luogo dove i gorilla hanno dormito la notte scorsa. Sono vicinissimi. L'adrenalina sale, scompare la stanchezza, scompaiono anche le formiche oppure sono ancora lì, ma non me ne curo. "Mettete le mascherine" ci dice di nuovo il nostro ranger. Onde evitare di contagiare i gorilla con le nostre patologie dobbiamo indossare delle mascherine tipo ?chirurgo' e non possiamo avvicinarci a meno di 5 metri. Abbassare la voce, non mangiare o bere in presenza dei gorilla, non usare il flash, rimanere compatti nel gruppo (umano), non toccare i gorilla e se a qualcuno scappa, espletare i propri bisogni in una buca e ricoprirla per bene. Ecco, questo è quello che ci viene raccomandato.


La salita continua, stavolta per poco più di venti minuti, quando troviamo gli altri rangers partiti questa mattina prima del nostro arrivo, ma i gorilla dove sono? Siamo su una piccola radura a circa 80 metri di dislivello dalla prima, siamo completamente circondati da foresta vergine e alti cespugli e erbe e piante giganti. Dal groviglio degli alberi scendono parecchie liane, questa natura rigogliosa e viva mi ricorda molto il film Avatar.
Contemplo la flora, contemplo l'ambiente, contemplo il grande silverback Kabirizi che esce da un cespuglio proprio davanti a me. Sono paralizzato, non me l'aspettavo, tremo tutto, ma non di paura, è emozione pura, non capisco più niente, non sono in grado neanche di scattare una foto. Il primo gorilla della mia vita è il grande silverback della più vasta famiglia di gorilla di montagna attualmente esistente al mondo. Chissà se le stesse emozioni sono state provate dalla grande Diane Fossey quaranta anni fa. Già, è sicuramente merito suo e della sua battaglia se ora i gorilla di montagna sono ancora qui ed io posso ammirarli in tutto il loro splendore.


Passato lo shock iniziale mi accorgo che ovunque ci sono gorilla, è come se si fossero materializzati all'unisono. Una giovane femmina è distesa con il suo piccolo a meno di due metri da me. Come glielo spiego che è troppo vicina e che io non posso indietreggiare perché dietro di me stanno arrivando altri gorilla? Un cucciolo sui due anni mi viene incontro, cerco di evitarlo, si avvicina quasi a toccarmi i pantaloni.
Intanto Kabirizi si è spostato, ha guardato il gruppo degli umani con aria di sufficienza e decidendo che non eravamo un pericolo per lui e la sua famiglia, infastidito, si è spostato più in alto per continuare il suo pasto a base di foglie e piante. Inizio a scattare, caspita, sono vicinissimo a loro, il 70-200 è inutilizzabile se non per i primissimi piani, innesto il 24-105, aumento un pelo gli ISO e raccomando alla mia 7D di non fare scherzi.


Gorilla che giocano, gorilla che si arrampicano, gorilla che penzolano dalle liane; era esattamente così che immaginavo di vedere i gorilla, una grande famiglia in una grande foresta sulle pendici dei monti Virunga.
Tutt'a un tratto mi sento tirare da dietro per le cinghie dello zaino, uno strattone energico, un guardiaparco mi sta tirando di lato, non mi sono accorto di aver sbarrato la via ad una giovane femmina che tenta di riunirsi ai suoi cuccioli. Guai se i gorilla percepissero il minimo pericolo, il silverback ci caricherebbe immediatamente. Meno male che gli angeli custodi che abbiamo con noi sanno il fatto loro e sono molto attenti affinché arrechiamo il minimo disturbo alla famiglia dei gorilla.
Ahimè, l'ora di tempo che ci è concessa per stare con loro sta per scadere, il capo dei ranger si è scritto a penna sulla mano l'ora esatta in cui siamo arrivati e controlla l'orologio del suo vecchio telefonino Nokia che sta per scandire la fine di un sogno. Non so quante foto ho fatto, non c'è tantissima luce, dalla volta arborea non riescono a penetrare che pochi raggi, ma il cielo è coperto, sta per piovere. Pian piano i gorilla si sono anche spostati, seguono il loro capo, ogni giorno si cibano in una zona differente del parco. Kabirizi è imponente, è bellissimo, sulla sua fronte ha un ciuffo di peli rossicci, non lo dimenticherò mai finché campo. Mangia e con la coda del suo occhio vigile controlla che noi impacciati animali bianchi non tentiamo impudenze. Ogni tanto mi guarda o almeno io penso che lo faccia, chissà quante battaglie avrà affrontato con i suoi rivali, chissà quante volte avrà salvato la sua famiglia dall'incontro con i bracconieri. D'altronde per avere una famiglia così numerosa con così tante femmine a lui fedeli deve essere senz'altro un grande leader oltre che un buon padre.


E' passata l'ora, è tempo di andare, ci fanno segno di riprendere il sentiero da cui siamo venuti, ma sta accadendo qualcosa, non si può procedere. Dietro di noi un giovane maschio poderoso, la cui schiena non è ancora color argento, sta avanzando nella nostra direzione. Non possiamo muoverci, i rangers ci raggruppano ai piedi di un grande albero di tek assicurandosi che il sentiero sia sgombro, il giovane maschio ci sfila affianco, è a due metri da noi ed è grosso, molto grosso. Ci guarda con aria di sfida, osserva dove si trova il capo branco, tutt'a un tratto fa uno scatto verso un grande arbusto, si batte i pugni sul petto e finalmente si allontana da no. Avete mai assistito alla scena di un maschio arrabbiato di gorilla di montagna che si batte i pugni sul petto?



Luigi Fiori, nato ad Ascoli Piceno, ma attualmente residente in Veneto, è un appassionato di viaggi, trekking e fotografia. Ha fatto della sua passione per i libri il suo lavoro e per ben 10 anni si è occupato di stampa e prestampa. Sin da bambino sognava l'Africa ed ora, mentre progetta il suo sesto viaggio nel continente nero, ne è rimasto "pericolosamente contagiato". Sempre attento all'evoluzione tecnica dell'attrezzatura e della logistica, nel suo sempre migliorarsi era inevitabile l'incontro con Juza nel 2008.



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avatarjunior
inviato il 14 Aprile 2014 ore 15:31

Racconto eccezionale, che ho riletto già un paio di volte. Reportage fotografico eccellente ;-)

avatarsenior
inviato il 14 Aprile 2014 ore 16:07

Bel racconto..solo 2 cose:

Mgahinga Gorilla National Park: a differenza di Bwindi, l'acquisto dei permessi non richiede "mesi e mesi" di anticipo. I permessi si acquistano a Kisoro, cittadina a pochi chilometri dall'ingresso del parco.

ed ecco apparire le facce poco raccomandabili delle guardie di confine congolesi. Tutt'attorno, trafficanti, persone ambigue, poliziotti corrotti e loschi figuri con bagagli sospetti. Ho le prove di quello che dico.


diciamo che hai avuto una prima brutta impressione... a volte capita. Ci sono stato anche io e non affatto avuto una sensazione del genere anzi. La maggior parte delle persone che si muove lungo la frontiera sono congolesi che vengono in Uganda a vendere prodotti vari (legna, carbone, ortaggi, utensili vari..). Il fatto che i poliziotti di frontiera facciano di tutto per "estorcerti" un po' di soldi è vero, è risaputo, vale per 3/4 dei Paesi dell'Africa Centrale, più che corruzione è malcostume (deprecabile e che andrebbe combattuto) e se ci pensi bene, nella nostra cara Italia ne accadono di simili. Il tuo giudizio suona un po' forte.

Foto bellissime.. complimenti!

avatarjunior
inviato il 14 Aprile 2014 ore 16:39

bellissimo racconto e bellissime foto!

avatarsenior
inviato il 14 Aprile 2014 ore 17:11

Grazie a tutti.
@ viaggiatorenotturno: sono sicuro che è stata solo una brutta impressione, ma sebbene ti confermo non esserci mai stato alcun momento di pericolo reale, vedere sempre la canna di un kalashnikov puntata nella tua direzione non ti fa stare proprio tranquillissimo! ;-)

avatarjunior
inviato il 14 Aprile 2014 ore 17:12

....Anche a noi è capitato di assistere alla dimostrazione di forza di un maschio adulto: quel suono come di un bastone che picchia su un tronco cavo è veramente "particolare", inaspettato, soprattutto se uno immaginava un suono simile a quello che possiamo produrre noi battendoci sul petto!!! Impressionante la forza e la potenza d'urto di un SilverBack, in grado di perforare la macchia lasciandosi alle spalle una specie di tunnel e nello stesso tempo di arrestarsi in una frazione di secondo.....=:-O Che paura!!!
Cmq complimenti, sei stato molto bravo a mantenere la lucidità per fare delle bellissime foto: la situazione ambientale ed emotiva è decisamente "difficile".

avatarsenior
inviato il 14 Aprile 2014 ore 17:27

Grazie Luca, è esattamente come l'hai descritto tu! Si fa fatica persino a premere il dito sul pulsante di scatto per la forte emozione. Si è come paralizzati tanto è incredibile quello che si sta vivendo!

avatarsenior
inviato il 14 Aprile 2014 ore 17:58

A noi con il silverback è successo questo: fila di fotografi, il ranger ci fa segno di spostarci perchè passa lui, uno di noi Tomas non se ne accorge, il silverback mentre passa incurante lo prende per la gamba per lanciarlo amichevolmente da una parte. Il ranger si è aggrappato a Tomas, e il silverback ha continuato tranquillamente incurante di quegli insetti che non si sono fatti da parte ;-)

avatarsenior
inviato il 14 Aprile 2014 ore 17:59

Complimenti per racconto e foto. Nella Bwindi sarebbe stato sicuramente più difficile (da quello che ho sentito) fare foto così. Del resto è Bwindi Impenetrable

avatarsenior
inviato il 14 Aprile 2014 ore 18:14

Grazie Marcom, anche per il tuo racconto ;-)

avatarsenior
inviato il 14 Aprile 2014 ore 22:02

Luigi, grande racconto, che emozioni... Un abbraccio.

avatarsenior
inviato il 14 Aprile 2014 ore 22:03

Un bellissimo reportage con tante emozioni, che fa venire tanta tanta tanta tanta voglia di fare una esperienza simile (chissà.. magari.. un giorno.. Cool)! Gli scatti sono bellissimi! Ciao

Riki

avatarjunior
inviato il 15 Aprile 2014 ore 0:30

Complimenti! Io ho effettuato questo splendido incontro lo scorso anno a Bwindi.
Solo chi le ha provate può capire le le vere emozioni che si provano...a mio modo di vedere chiunque sia un amante della natura, almeno una volta nella vita dovrebbe effettuare questa splendida esperienza!
Una domanda perchè sconfinare in Congo se in Uganda c'è Bwindi impenetrable forest???

Complimenti ancora.

avatarsenior
inviato il 15 Aprile 2014 ore 8:01

Grazie Billo, Riki e Walt89.

@Walt89: abbiamo sconfinato in Congo perché era l'unico modo di prenotare le visite a tre famiglie di gorilla con scarso anticipo. In Uganda e Rwanda era tutto pieno per il periodo da noi richiesto.

avatarsupporter
inviato il 15 Aprile 2014 ore 9:09

Meraviglioso Luigi! Un racconto decisamente coinvolgente ed emozionante per un sogno che prima o poi cercherò anche io di realizzare. I gorilla per me rappresentano uno dei massimi simboli di libertà ancora presenti in natura, non oso immaginare cosa si provi a trovarsi con loro in mezzo alla giungla.
Tra l'altro avevo letto qualche info sulle formiche ma mai così puntuali....ora se andrò so cosa potrei trovare! MrGreen
Complimenti davvero per le foto (decisamente di ottima qualità) e per lo splendido viaggio!
Davide

avatarsenior
inviato il 15 Aprile 2014 ore 10:44

Grazie mille Davide, non è semplice fotografare i Gorilla, soprattutto mantenersi lucidi abbastanza.





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