| inviato il 03 Dicembre 2013 ore 19:36
Parlare di fotografia è normalmente dispersivo, non è possibile ridurre il colloquio a poche parole; troppi sono gli argomenti che si dovrebbero e si devono toccare per esprimere un concetto, una tecnica; parlare di fotografia dell'architettura, ovviamente, è altrettanto complesso e forse più complesso se si pensa che l'interlocutore od il relatore, può essere Architetto: la tecnica, la composizione, l'analisi etc., sono argomenti che, per ovvi motivi, sono contaminati dal "mestiere", da una conoscenza specializzata che rende suscettibili. Per tale motivo tentare d'inquadrare questa "specializzazione" può provocare smarrimento, ambiguità e qualche volta indignazione. La situazione può essere ulteriormente resa complessa con domande tipo: "dove finisce la fotografia di architettura? dove inizia quella del paesaggio? e cosa intendiamo per paesaggio? e quindi, che cosa intendiamo per fotografia dell'architettura? è possibile estrapolare la materia particolare dall'attività di fotografia in generale?" Domande lecite che introducono argomenti di riflessione e complicano dannatamente la vita. Dovendo inquadrare l'argomento diciamo che io intendo per fotografia dell'architettura la disciplina che, attraverso i mezzi tecnologici a disposizione oggi, permette di descrivere sinteticamente lo spazio -la geometria, i rapporti spaziali, la materia, l'urbano ed il paesaggio antropizzato- mediato da un codice interpretativo personale, dalle propria esperienza e quindi dalla propria vita. In poche parole quello che secondo noi sembra. La stessa cosa vale per la fotografia in generale, basta sostituire qualche termine, volendo diversificare per forza e magari usare una terminologia diversa, si può dire che la fotografia è un evento che chiama ad analizzare una realtà attraverso l'osservazione di una superficie significante la cui decodifica passerà dall'interpretazione di una serie di simboli bidimensionali adeguatamente illuminati. Di sicuro, per raggiungere una sintesi, l'essenza, di una "costruzione", è necessaria una profonda conoscenza dello spazio che ci si appresta a rappresentare, una presa di coscienza dei luoghi che non può avvenire se non attraverso un rallentamento del tempo ed una conseguente dilatazione dello spazio, rifuggendo l'episodico, da ciò che può essere veicolo del vuoto. Mi piace pensare che l'Architetto con la sua opera, partendo dal foglio bianco, cerchi di dare senso e significato ad uno spazio ed il Fotografo, meglio se Architetto, partendo da un costruito, più o meno organicamente inserito nel contesto, con la sua opera, cerchi di dare ordine e senso, forse con altro significato, a quello stesso spazio. Bisogna dire che l'architettura risulta difficilmente rappresentabile con la fotografia, e qui concordo con Zevi per il quale non è possibile raccontare pienamente un'architettura con immagini, manca la quarta dimensione, il tempo. Si può raccontare un momento, estrapolare un frammento più o meno esaustivo, rimanendo consapevoli che l'architettura va vissuta con tutti i sensi nel tempo. Se si pensa che la formazione di un Architetto passa attraverso lo studio di libri e riviste in cui l'architettura è rappresentata attraverso fotografie sempre più spesso celebrative, che rifuggono una criticità che possa tradurre in maniera adeguata un modo d'intendere l'esistenza in un determinato periodo, si comprende la necessità, l'importanza e la responsabilità della fotografia di Architettura consapevole. Chia ha voglia e tempo ed ha qualcosa da dire in merito è ben accetto. A presto |
| inviato il 23 Marzo 2014 ore 9:36
Caro Ang, leggo, per caso, questa tua breve trattazione riguardante la fotografia d'architettura. In un forum che nasce per la fotografia naturalistica di veri appassionati di questo tema se ne trovano ben pochi, è per questo che ho piacere a commentare li tuo post. Condivido la tua personale definizione di F dell'A, dalla quale emerge con forza sia il significato universale, e se vogliamo più tecnico, della fotografia, ossia la descrizione di un qualcosa utilizzando la luce per la restituzione di un immagine, sia il significato artistico, che è quello che a noi interessa. Questo è l'aspetto della fotografia che ci rapisce, che ci appassiona e che segna la netta ma sottile distinzione tra i vari generi. Quando dici che è descrizione del paesaggio antropizzato mi fa pensare come sia in contrapposizione con lo scopo che persegue il naturalista, catturare immagini della pura natura incontaminata, qui si evidenza la netta distinzione tra i generi, ma io ho aggiunto la parola "sottile" perché c'è poi una sensibilità superiore, di sentimenti e di cultura, che fa si che avvolte i si compenetrino ad esempio natura ed architettura, moda ed architettura, still life e natura etc... lo stesso Wright affermava che un architettura organica migliora il paesaggio, non lo danneggia. Ho letto anch'io il libro di Zevi "saper vedere l'architettura", e condivido il suo pensiero. Vorrei aggiungere che se parliamo di pura rappresentazione dell'A ci sono altri mezzi che ne possono far percepire gli spazi in maniera più compiuta, si pensi ai modelli fisici o virtuali che riescono meglio a descrivere lo spazio progettato al variare del punto di osservazione in funzione del tempo. Ma se ci si sveste dell'abito dell'architetto e ci si mette nei panni dell'artista, a mio avviso, la fotografia rimane il mezzo più efficace per rappresentare lo spazio costruito per emozioni trasmesse, per fedeltà di rappresentazione e per la sua estrema sintesi. Certo fondamentale è la artista che "scatta" e qui concordo, meglio se architetto, che deve saper capire e, se vuole, valorizzare lo spazio progettato, deve sapere utilizzare al meglio il Tempo che ha a disposizione per capire lo spazio, viverlo in prima persona, attraversarlo per poi restituire le proprie sensazioni attraverso delle immagini. Permettimi una battuta finale, più che la responsabilità del fotografo, rimane di fondamentale importanza la responsabilità dell'architetto!! ciao ciao! |
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