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Diario di una domenica


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Diario di una domenica, testo e foto by Zip72. Pubblicato il 08 Agosto 2013; 74 risposte, 20673 visite.


E' una domenica di inizio febbraio uguale a tutte le altre domeniche più o meno...la mattina me la prendo comoda.. mi alzo verso le nove e approfitto del fatto che non piove, fatto davvero raro in questo primo scorcio di 2013. Vado a correre in mezzo ai viali del Parco della Favorita un po' fangosi per via delle piogge abbondanti e che emanano quel piacevole odore che si leva dalla terra dopo la pioggia. Mi preparavo a trascorrere il resto di una tipica giornata invernale.. in casa. Fin da piccolo per me la domenica si è sempre conclusa subito dopo il pranzo da quel momento in poi non mi è mai piaciuta,mi dicevo che questa sensazione sarebbe sparita al momento della fine della scuola, ma mi sbagliavo...la domenica del dopopranzo continua e continuerà ad essermi indigesta fino alla fine dei miei giorni.

Appena uscito dalla doccia mi chiama il mio amico Dario,anche lui fotoamatore, proponendomi una uscita fotografica fuori porta. Naturalmente accetto senza riserve, l'idea di rimanere fuori fino a sera, di poter tenere lontani i pensieri mi piace.. e fare foto è un modo buono per farlo; non sapevamo dove eravamo diretti e il senza metà ha sempre il suo fascino. Con noi c'è anche Giulia, la figlia di Dario che nonostante non abbia ancora compiuto10 anni ha già le idee ben chiare in fatto di foto e maneggia la Nikon di papà con grande disinvoltura. Alla fine decidiamo di andare in direzione Trapani. Finiamo nel cuore della Valle del Belice.




Finora non mi ero mai addentrato molto in quella zona,anzi posso dire di non conoscerla per nulla. La direzione è quella dei luoghi del disastroso terremoto che ha colpito quest'angolo di Sicilia nel 1968. Poggioreale. Il vecchio centro di Poggioreale oggi rimane l'unica testimonianza vera di quella tragedia vissuta dagli abitanti di questi luoghi, perché la "nuova" Poggioreale costruita qualche chilometro più a valle così come la "nuova" Gibellina, per me sono la testimonianza di altro che avrò modo di raccontarvi dopo.
La vecchia Poggioreale o il paese fantasma, come è soprannominato, giace immobile, spazzata dalle intemperie e dal sole che cuoce i malandati e crollanti resti. Ma in quei resti ho visto un'anima, questo però lo giudicheranno soltanto coloro che avranno la ventura,la voglia, la possibilità o la follia di arrivare in fondo a questo piccolo resoconto.

Appena scendo dalla macchina sono investito da un insieme di sensazioni ed emozioni. Il silenzio che avvolge quel posto è nuovo per me ,nessuno di noi è più abituato al silenzio, quello vero, al silenzio che qui è simbolo dell'abbandono e del dolore di questa terra. E poi c'è quella sensazione di immobilità, tutto è fermo immutato così dal 1968! Dopo pochi passi all'interno del paese faccio un primo scatto per tradurre in immagine l'insieme di tutte queste sensazioni, una foto che ritrae il viale principale con le file di case da una parte e dall'altra che si susseguono in rovina.

Sembra di stare in uno di quegli spaghetti western in cui il protagonista di turno entra a passo lento sul suo cavallo dirigendosi verso il saloon, manca soltanto l'ululato del vento ed l cigolio delle porte che sbattono. Faccio qualche passo e con i miei compagni ci soffermiamo su una piccola costruzione. C è un balcone che si regge su un equilibrio precario ed ancor più precario è l'equilibrio con cui una finestra giace poggiata alla ringhiera del balcone. Penso.


Da quella finestra prima delle 13.29 del 14 gennaio 1968,uomini donne e bambini, i componenti di una famiglia, ogni mattina guardavano sorgere e tramontare il caldo sole siciliano,gli occhi di quei bambini scrutavano l'orizzonte immersi nei loro sogni, nelle loro speranze. Poi d'improvviso un rumore sordo. È un attimo. Tutto finito. Affetti,casa,sogni,progetti spazzati via da un nemico che non perdona.

Vado avanti. Mi fermo a fotografare i resti del seicentesco teatro che il terremoto ha beffardamente sventrato aprendo la visuale dei palchi direttamente sul palcoscenico della distruzione.


Si arriva alla scuola. Entriamo, non senza qualche timore per via della precarietà della costruzione, spinti dalla curiosità e dalla voglia comunque di documentare e di lasciarci un ricordo personale di una ferita ancora aperta. L'edificio mi ha lasciato dentro una serie di sensazioni difficili da descrivere, un misto di malinconia, paura e sgomento. Le aule sono vuote e desolate. In alcune di esse i banchi sono ancora disposti com'erano ai tempi precedenti il sisma, pronti ad accogliere gli alunni nella loro quotidianità, mentre tutto intorno ci sono soltanto macerie.
Altre aule, invece, ospitano i resti e le parti affrescate della chiesa, anch'essa tardo barocca, che si trova di fronte e che si è riusciti a salvare e mettere da parte, forse durante le prime ore dopo la tragedia, nella certezza di cercare di ricostruire tutto,rimettere le cose a posto,certezza che negli anni si è dimostrata solo una tragica illusione. Perciò per un momento esco dalla scuola ed entro nella chiesa immortalando quel che rimane della volta affrescata. Torno a scuola e mi affaccio sulla terrazza da dove si dominano le macerie con l'uniformità dei tetti sventrati che rende il paesaggio unico.


Dentro la scuola scatto poco altro. Lo scorcio di un palazzo nobiliare il cui prospetto fa angolo direttamente con piazza Elimo.
Una porta buttata lì, poggiata al muro e una piantina, un fiore che ha trovato la forza di crescere tra le crepe del pavimento con infiltrazioni d'acqua ed umidità.


Continuiamo ad aggirarci nel paese in una calma irreale, in un silenzio che a me non dispiace, fotografo consapevolmente e freneticamente, mi calo in quest'atmosfera che evidenzia sempre nella mia mente che tutti coloro che erano qui prima di me, che ci vivevano non torneranno mai più,alcuni di loro sono morti sotto queste macerie,quelli che non sono morti sono segnati per sempre dalla perdita e dall'abbandono.
Arriviamo in quel che rimane di Piazza Elimo.
Oggi sembra ancora più grande e molto suggestiva, un termine che può sembrare irrispettoso in un luogo del genere, ma che rende al meglio la sensazione di architettonica desolazione e di visionaria bellezza. Non per nulla i luoghi che stiamo visitando sono stati scelti come location da Giuseppe Tornatore per i film "L'uomo delle stelle" e "Malena". Di fronte mi trovo una piccola chiesa quasi completamente distrutta con al centro una statua su cui Giulia si arrampica facendosi immortalare.

Giro la testa alla mia sinistra e mi trovo di fronte ad un'ampia scalinata in cima alla quale si trova quello che una volta era il duomo, perché resiste praticamente soltanto la torre campanaria e poco altro. Alle mie spalle invece, si trova il Corso Umberto, l'asse viario principale del paese.


Quando arrivo in cima per vedere da vicino quel che resta del monumento il sole viene nascosto dalle nuvole comincia a tirare un ventaccio da nord e la mia attenzione è attirata da un cigolio,mi giro da quella parte e mi accorgo che si tratta di una banderuola in ferro messa lì per indicare proprio la direzione del vento. La fotografo al volo. Struggente sensazione di abbandono.
Io e Dario a volte ci separiamo seguiamo strade e percorsi un po' diversi anche per avere e dare testimonianze diverse, occhi diversi.
Giulia ci segue non ha la macchina fotografica, ma guarda con lo stupore e la curiosità che solo un bambino ha. Il trio si riunisce. Percorrendo una strada incontriamo altre costruzioni in rovina ed in fondo ad una discesa ci troviamo di fronte ad una serie di tre case a degradare con dei garage. Dentro questi garage si ha ancor più quella sensazione del tempo che si è fermato. C'è una distesa di paglia, in mezzo un furgoncino usato per vendere il pane in quel periodo, una carrozzina dalle grandi ruote di fronte una piccola chiesetta dalle volte completamente crollate.

Mi soffermo anche a fotografare alcuni oggetti che testimoniano la tragedia (una scarpa,ombrelli,vecchie auto abbandonate). Ormai è tempo di lasciare il paese fantasma, di lasciarci alle spalle questo luogo struggente e malinconico, testimone di un tempo che è stato, di una natura che si è accanita contro vecchi,donne e bambini, che ha creato quasi 70.000 senzatetto. Testimone di uno "Stato" che non ha saputo dare nulla o quasi ai suoi cittadini, dove il quasi è rappresentato di paesi con enormi casermoni spettrali, paesi dormitorio dove per chilometri non si vede un negozio, un bar, un luogo di aggregazione per i giovani e per gli anziani si fa fatica persino a trovare una chiesa!


Ciò che abbonda sono i moderni orrendi ed inutili "omaggi alle popolazioni colpite dal sisma", opere di famosi architetti e scultori che avrebbero dovuto essere il completamento di una ricostruzione responsabile e lungimirante, monito a non ripetere gli errori del passato, testimonianza del dramma della gente di questa terra che nel 1968 ha perso tutto e invece sono un monumento allo spreco,alla clientela, alla irresponsabilità mafiosa e clientelare ed alla corruttela.

Dopo il Belìce molti altri sono stati i terremoti disastrosi che hanno colpito l'Italia (Friuli, Irpinia, Umbria, Abruzzo Emilia) nulla è cambiato da allora, gli errori sempre gli stessi,lo schifo immutabile, anzi lo schifo è mutato in peggio, con l'unica nota positiva della protezione civile dei vigili del Fuoco e di tutti gli uomini e le donne che non esitano a lasciare tutto per aiutare le popolazioni colpite.

Ecco perché questa mia triste, struggente e riflessiva domenica mi ha lasciato l'amaro in bocca, mi ha lasciato la voglia di dire "come vorrei essere nato in Danimarca in Norvegia in Svezia in Olanda ,in Svizzera in Germania", mi ha lasciato la voglia di dire come fanno molti: "cosi vanno le cose" "che vuoi farci fanno tutti così" però poi ho sempre quella mia maledetta coscienza che non mi lascia mai in pace. Vedo Giulia con suo padre che è insieme a me, vedo i figli dei miei amici, vedo i figli che ancora non ho,per loro vorrei che quando andranno a fare fotografie a l'Aquila o in qualsiasi altro luogo o faranno qualsiasi altra cosa non dicano più:" vorrei essere nato in Norvegia,in Svezia,in Danimarca o in Germania".


Aldo Piscitello vive e lavora a Palermo come avvocato civilista. Scrive di sè: "La mia passione per la fotografia nasce molti anni fa quando poco più che adolescente ebbi in regalo dai miei genitori la mia prima reflex a pellicola, una yashica fx3 super 2000.Da quel giorno ho iniziato a scattare, ad appassionarmi al click, a tutto ciò che mi creava emozione. Per qualche anno ho un pò appeso la macchina al chiodo. Poi la passione mai sopita è riesplosa e mi sono buttato nel mondo delle reflex digitali acquistando una canon 7d.Ora sono qui ...ho provato a scrivere questo racconto corredato dalle foto scattate in una domenica fotografica. Grazie ai consigli di Juza, guardando le foto di tutti coloro che sono su questo sito e che hanno più esperienza e talento di me sono cresciuto e migliorato. Buona luce a tutti e un sentito grazie a tutti gli amici del sito ed a tutti coloro che hanno voluto vedere le mie foto".



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avatarsenior
inviato il 08 Agosto 2013 ore 13:03

Un documento che porta ad un insanabile senso di angoscia e di tristezza. Purtroppo questa è la ineluttabile realtà. Una realtà che anche a me fa dire:
"come vorrei essere nato in Danimarca in Norvegia in Svezia in Olanda ,in Svizzera in Germania"

Ma forse anche questa è una chimera a cui aggrapparci per esorcizzare la rassegnazione.
Forse la mia unica speranza resta nei giovani. Che le nuove generazioni possano crescere con un senso di partecipazione di appartenenza.

A seguito se mi consenti vorrei solo citare un testo di G. Gaber:

L'appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.

L'appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un'apparente aggregazione
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.

Uomini
uomini del mio passato
che avete la misura del dovere
e il senso collettivo dell'amore
io non pretendo di sembrarvi amico
mi piace immaginare
la forza di un culto così antico
e questa strada non sarebbe disperata
se in ogni uomo ci fosse un po' della mia vita
ma piano piano il mio destino
é andare sempre più verso me stesso
e non trovar nessuno.

L'appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.

L'appartenenza
è assai di più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
E' quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell'aria più vitale che è davvero contagiosa.

Uomini
uomini del mio presente
non mi consola l'abitudine
a questa mia forzata solitudine
io non pretendo il mondo intero
vorrei soltanto un luogo un posto più sincero
dove magari un giorno molto presto
io finalmente possa dire questo è il mio posto
dove rinasca non so come e quando
il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo.

L'appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un'apparente aggregazione
l'appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.

L'appartenenza
è un'esigenza che si avverte a poco a poco
si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo
è quella forza che prepara al grande salto decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti con lo slancio di quei magici momenti
in cui ti senti ancora vivo.

Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.

Un cordiale e sincero saluto.
stefano

avatarsenior
inviato il 08 Agosto 2013 ore 13:41

Stupendo racconto, testimonianza vera di quello che non dovrebbe esistere ed invece è l'amara realtà.
Neorealismo allo stato più puro, la canzone citata da Stefano è una speranza che però, a ben vedere, è rimasta disattesa da diverse generazione, la mia compresa.
Come vorrei essere nato altrove...spesso è anche la mia litania. Ma sono e siamo qua, l'unico modo è cercare di cambiare le cose, a partire dal nostro piccolo.
Ancora complimenti per il lavoro, le fotografia sono motlo curate e attente così come la didascalia.
Un caro saluto
Fausto

avatarsupporter
inviato il 08 Agosto 2013 ore 14:07

Eccellente documento,... Caro Aldo, in nome dell'amicizia che ci lega, voglio farti i miei complimenti per essere riuscito, col tuo racconto e le tue immagini, a catapultarmi direttamente nella città fantasma. Sembra proprio di esserci... Prima o poi ci andremo insieme...

avatarsenior
inviato il 08 Agosto 2013 ore 14:19

Complimenti zip, una testimonianza davvero significativa , con un signifcato profondo...
La fotografia è anche questa , emozioni e riflessioni :)
Bravissimo :)

avatarjunior
inviato il 08 Agosto 2013 ore 14:54

Io a differenza di altri che vivono qui in Sicilia, non ci sono nato! Sono nato e cresciuto in Germania, parlo il tedesco e rimpiango di non vivere più li! Però.... la mia terra, la Sicilia.... la amo con tutte le sfaccettature! Bisogna oltrepassare gli stereotipi ed i luoghi comuni! Io vivo in un piccolo paese (Bisacquino - Palermo)... ha tanta storia ma nessuno lo conosce! Invito tutti quelli che amano la cultura, la storia, l'arte...la fotografia, di venire a trovarci anche nell'entroterra! Specie chi viene dal nord o da una realtà diversa! Poggioreale la conosco bene, come anche Santa Margherita Belice ed il circondario. Complimenti per le foto ed il racconto! Quando verrete a Bisacquino.... contattatemi pure! ;-)

avatarjunior
inviato il 08 Agosto 2013 ore 15:35

Ci sono stato alcuni mesi fa. Hai fatto un ottimo lavoro! Bravo!

avatarjunior
inviato il 08 Agosto 2013 ore 15:42

complimenti!

user4369
avatar
inviato il 08 Agosto 2013 ore 15:48

Aldo, una esperienza molto intensa raccontata magistralmente, senza inutili e superflue dilungaggini.
Complimenti anche per le foto!
Da siciliano non posso che condividere pienamente i tuoi sentimenti...

Vedere gli scempi che si fanno al territorio ogni volta che un sisma produce questi danni, fa male come un pugnale piantato sul cuore (sopratutto considerando la bellezza e il potenziale del territorio della Sicilia). E concordo nel sostenere che se simili cose fossero accadute in Paesi più civili, li si sarebbe affrontati in altro modo e meglio. Non è essere esterofili, ma realisti e obiettivi.

Questi luoghi sono un monito alla stupidità dell'essere umano, all'immobilismo, al clientelismo, ad una "cultura" volutamente forgiata sull'ignoranza...quella italica! Non è solo un problema meridionale e le vicende dei nostri giorni lo testimoniano.

Questo impoverimento culturale indotto DEVE finire.
Mi auguro davvero che noi e le nuove generazioni saremo in grado di invertire la rotta e costruire una società migliore.
Possiamo e dobbiamo farlo!
Grazie per la condivisione della tua esperienza.

Saluti!

avatarsenior
inviato il 08 Agosto 2013 ore 15:51

Bellissimo Racconto,l'ho letto tutto d'un fiato, anche il reportage fotografico è stato curato in maniera impeccabile, Complimenti da una persona che vive a 40 Km circa da questi posti e che conosce anche un pò questa storia , Bravo

Anche io come Maurizio Gannuscio , sono di Bisacquino, Fiero di Esserlo

avatarsupporter
inviato il 08 Agosto 2013 ore 15:56

Mi fermo a fotografare i resti del seicentesco teatro che il terremoto ha beffardamente sventrato aprendo la visuale dei palchi direttamente sul palcoscenico della distruzione.

....con il tuo, peraltro ottimo, reportage agro-dolce hai aperto anche a noi la visuale di questa distruzione che rimane a testimonianza di una piaga mai rimarginata (come purtroppo molte altre nel nostro bel paese).
Complimenti Aldo...e grazie!
Un salutoSorriso
Michela

avatarjunior
inviato il 08 Agosto 2013 ore 16:37

Racconto e foto molto belli!

Complimenti

avatarjunior
inviato il 08 Agosto 2013 ore 17:11

complimenti questo reportage abbinato al tuo racconto bellissimo ritengo che sia molto toccante emotivamente... avremmo bisogno di potere vedere un po più spesso foto come queste e racconti come il tuo anche di altri luoghi , luoghi di cultura, preziosi pezzi di storia spazzati via ,oltre che purtroppo vite spezzate,( lasciati spesso al loro destino da uno stato inesistente) se non lo fanno i media perchè devono portare l'attenzione della popolazione verso altre cose allora ben vengano foto e racconti come il tuo.
Grazie
un saluto.
Marley Ugo

avatarsupporter
inviato il 08 Agosto 2013 ore 18:15

Una storia non esiste se non viene raccontata, Grazie Sorriso

avatarsupporter
inviato il 08 Agosto 2013 ore 19:52

Buona sera, Come dice Donna, è quanto da me sempre sostenuto. Una fotografia senza storia si accartoccia su se stessa, diventa " Guarda e getta" Complimenti! Franco B.

avatarjunior
inviato il 08 Agosto 2013 ore 22:00

Ti ringrazio di cuore per il tuo racconto. Io sono emiliano e quindi lontano da quei posti ma il tuo foto racconto mi ci ha portato facendomi fare un giro tra quei muri caduti, quelle porte lasciate aperte.. Grazie.





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