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Tutorial per la corretta integrazione del monitor nella gestione del colore


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avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2025 ore 18:08

Introduzione

La gestione del colore è fondamentale per chiunque si occupi di fotografia e post-produzione . Uno degli elementi chiave di questo processo è la corretta calibrazione e profilazione del monitor , essenziale per garantire che i colori visualizzati a schermo siano accurati e non distorti.

Ho deciso di approfondire questo argomento in un articolo, con l'obiettivo di offrire strumenti e conoscenze utili per migliorare il flusso di lavoro. In questa prima parte, ci concentreremo sui concetti fondamentali della gestione del colore ICC , spiegando il ruolo dei profili colore e perché è essenziale inserire il monitor in questo sistema.

Introduzione alla gestione colore ICC:

La gestione del colore è un aspetto fondamentale della fotografia digitale, poiché garantisce coerenza e fedeltà cromatica lungo l'intero workflow, dalla fase di scatto fino alla stampa o alla pubblicazione online. Senza un controllo accurato del colore, le immagini possono apparire diverse a seconda del dispositivo su cui vengono visualizzate, compromettendo l'intento creativo del fotografo. In questo contesto, il monitor gioca un ruolo cruciale: se non è correttamente calibrato e profilato, introduce variazioni cromatiche che rendono impossibile una valutazione accurata del colore. Inserire il monitor in una gestione colore corretta significa lavorare con una rappresentazione affidabile dell'immagine, evitando sorprese in fase di stampa o di consegna al cliente.

La gestione del colore ICC (International Color Consortium) è un sistema standardizzato che permette di mantenere la coerenza cromatica tra dispositivi diversi, come fotocamere, scanner, monitor e stampanti. Ogni periferica ha una propria interpretazione del colore, influenzata dalle caratteristiche fisiche del sensore o del display, ed è per questo che deve essere descritta attraverso un profilo ICC dedicato. Un profilo ICC è un file che mappa il comportamento cromatico di un dispositivo per garantire una riproduzione accurata. Le fotocamere generano file in base ai loro profili di acquisizione, i monitor necessitano di calibrazione per mostrare i colori reali, e le stampanti usano profili specifici per gestire l'interazione tra inchiostri e supporti di stampa. Questo flusso di lavoro assicura che l'aspetto cromatico di un'immagine rimanga fedele alle intenzioni originali del fotografo, indipendentemente dal mezzo utilizzato per visualizzarla o stamparla.

Al centro del sistema ICC troviamo il PCS (Profile Connection Space) , uno spazio colore indipendente dai dispositivi che funge da punto di riferimento per la conversione cromatica tra diverse periferiche. Il PCS è costituito da due spazi standard: CIELAB o CIEXYZ , è rappresenta il cuore del CMS (Color Management System) nello standard ICC, garantendo che i colori siano interpretati in modo coerente lungo l'intero flusso di lavoro. Un aspetto cruciale del PCS è l'uso del punto di bianco D50 , che corrisponde a una temperatura colore di circa 5000 K, scelta per la sua vicinanza alla luce naturale diurna e per la sua affidabilità nelle applicazioni di prestampa e fotografia. Grazie al PCS, il sistema ICC può tradurre accuratamente i colori da un dispositivo all'altro, compensando le differenze tra gli spazi colore delle varie periferiche. Questo permette, ad esempio, di convertire un'immagine da un monitor con spazio colore AdobeRGB a una stampante con un gamut più ristretto, minimizzando le variazioni cromatiche e mantenendo la fedeltà dell'immagine originale.



Il sistema ICC si basa su un flusso di conversione in cui ogni dispositivo coinvolto nella gestione del colore deve essere descritto da un profilo ICC dedicato. Esistono due principali classi di profili: Input e Output . I profili Input , noti anche come profili scanner , descrivono dispositivi di acquisizione come fotocamere e scanner, e il loro percorso va da device-dipendent (lo spazio colore nativo del dispositivo) al PCS (Profile Connection Space). Questi profili sono tipicamente monodirezionali , poiché servono esclusivamente per tradurre le informazioni cromatiche del dispositivo in uno spazio colore standard. I profili Output , invece, sono utilizzati per dispositivi di riproduzione come monitor e stampanti, e il loro percorso va dal PCS allo spazio colore del dispositivo . A differenza dei profili Input, i profili Output sono spesso bidirezionali , permettendo non solo la conversione colore in fase di riproduzione, ma anche la soft-proof o prova colore , una simulazione che consente di prevedere il risultato finale su un determinato supporto di stampa direttamente dallo schermo.

In assenza di una gestione del colore:

In assenza di gestione del colore, i valori RGB di un'immagine vengono inviati direttamente al monitor senza alcuna compensazione o conversione, risultando in una riproduzione imprevedibile che varia a seconda delle caratteristiche del display. Questo accade perché ogni schermo ha un proprio gamut e una propria risposta cromatica, che possono differire sensibilmente dallo spazio colore in cui è stata creata l'immagine. Ad esempio, il colore Magenta in AdobeRGB verrà visualizzato in modo diverso su tre monitor con gamut differenti:




Gestione del colore attiva:

Quando la gestione del colore è attiva, ogni colore dell'immagine viene prima convertito nello spazio colore di riferimento PCS (Profile Connection Space) e poi adattato al profilo ICC del monitor su cui viene visualizzato. Questo processo assicura che il significato colorimetrico del colore originale venga preservato, anche se il dispositivo di output ha un gamut differente. Riprendendo l'esempio del Magenta in AdobeRGB , la gestione del colore elabora la coordinata attraverso il profilo del monitor, modificando i valori RGB in modo che il colore percepito rimanga invariato, indipendentemente dallo schermo utilizzato:



Grazie a questa compensazione, l'utente percepirà il Magenta corretto su tutti i monitor , indipendentemente dal loro gamut nativo. Questo processo dimostra l'importanza della gestione colore: senza di essa, lo stesso file apparirebbe in modi diversi su ogni schermo, rendendo impossibile un controllo accurato della resa cromatica.

Come inserire il monitor nella catena del colore correttamente:

Per inserire correttamente un monitor nella gestione del colore è necessario misurarne e controllarne il comportamento cromatico attraverso un processo in tre fasi: calibrazione, caratterizzazione e profilazione . Questo richiede un colorimetro o spettrofotometro e un software dedicato.

1- Calibrazione : in questa fase si regolano i parametri fondamentali del monitor, come luminanza, punto di bianco e TRC . L'obiettivo è stabilire condizioni di lavoro ottimali e ripetibili. Alcuni monitor professionali offrono una calibrazione hardware , che agisce direttamente sulla LUT interna del display, migliorando la precisione.
2- Caratterizzazione : il software misura una serie di patch colore visualizzate sullo schermo e registra come il monitor le riproduce rispetto ai valori attesi. Questa fase serve a mappare il comportamento cromatico del display .
3- Profilazione : i dati raccolti vengono utilizzati per generare un profilo ICC , che descrive il comportamento del monitor e permette al sistema di gestione del colore di compensare eventuali differenze, assicurando una visualizzazione accurata delle immagini. Il profilo ICC viene poi assegnato al sistema operativo.

Durante la fase di calibrazione , è necessario prendere alcune decisioni fondamentali in base all'ambito di lavoro, e tra tutti i parametri regolabili, il punto di bianco è il più critico. In teoria, si potrebbe scegliere qualsiasi temperatura colore, ma gli standard internazionali hanno stabilito due riferimenti principali: D65 e D50 .

D65 (6500K) è considerato il punto di bianco ideale per fotografi e grafici che si occupano di post-produzione digitale. Questo valore è molto vicino alla luce naturale diurna e risulta essere il più comune nei monitor e nei sistemi operativi. Inoltre, il D65 garantisce un miglior adattamento cromatico dell'osservatore , poiché si armonizza meglio con l'illuminazione ambientale media di uffici e studi fotografici. Per chi lavora con le immagini destinate al web, alla fotografia digitale o alla grafica, il D65 rappresenta la scelta più appropriata.

D50 (5000K) è invece lo standard di riferimento nel mondo della prestampa . Questo valore corrisponde alla temperatura colore delle lampade certificate utilizzate per il controllo delle stampe professionali e per la verifica di provini hard-proof nella riproduzione industriale. Poiché un monitor calibrato a D50 apparirà visibilmente più caldo rispetto a uno settato su D65, questa impostazione è consigliata solo a chi lavora direttamente nella gestione colore per la stampa o nella profilazione di dispositivi.

Scegliere il punto di bianco corretto è essenziale per garantire che il monitor riproduca i colori in modo coerente rispetto all'ambiente di lavoro e agli standard del settore. Una calibrazione errata potrebbe portare a errori di percezione, con il rischio di produrre immagini troppo fredde o troppo calde rispetto al risultato finale desiderato.

Altro parametro da impostare è la TRC (Tone Response Curve) , spesso indicata semplicemente come gamma . Tuttavia, a differenza del punto di bianco, la scelta della gamma ha un impatto meno critico nella gestione del colore, poiché la maggior parte dei software professionali e dei sistemi operativi moderni sono in grado di gestire correttamente le differenze tra le curve di risposta tonale.

Esistono due principali opzioni consigliate:

Gamma 2.2: è lo standard più diffuso nel mondo digitale e corrisponde grossomodo alla curva tonale nativa della maggior parte dei monitor.

L*: è una curva di risposta tonale basata sulla percezione umana, derivata dallo spazio colore CIELAB . È particolarmente utilizzata in ambiti di stampa professionale .

In generale, per la maggior parte dei fotografi e dei creatori di contenuti digitali, la scelta più pratica è gamma 2.2 .

Nei sistemi in cui la gestione del colore è attiva non farebbe nessuna differenza, dato che la TRC di calibrazione del monitor è compensata.

La luminanza , espressa in candele al metro quadro (cd/m²) . Questo valore determina la luminosità dello schermo e deve essere scelto in base all'ambito di lavoro e alle condizioni ambientali.

A differenza degli ambienti di riproduzione colorimetrica industriale , dove esistono standard precisi e vincolanti, nel settore della fotografia e della grafica non c'è un valore assoluto di riferimento, ma piuttosto una gamma consigliata che dipende dall'utilizzo specifico:

Post-produzione fotografica e grafica digitale: la luminanza ideale varia tra 130 e 110 cd/m² . Questo range offre un buon bilanciamento tra visibilità dei dettagli nelle alte luci e fedeltà nella percezione del contrasto, evitando al tempo stesso un'eccessiva stanchezza visiva. Un valore troppo elevato renderebbe le immagini più brillanti di quanto apparirebbero in stampa o su altri dispositivi, portando a un'elaborazione errata dell'esposizione.

Prestampa e proofing: in questi settori si tende a lavorare con valori più bassi, tra 100 e 80 cd/m² , per avvicinarsi alle condizioni di visualizzazione delle stampe sotto illuminazione standardizzata (come le cabine luce D50). Questo aiuta a ridurre le discrepanze tra la resa a monitor e il risultato su carta, evitando di sovraesporre le immagini durante la preparazione del file di stampa.

La fase di caratterizzazione è quella in cui si raccolgono i dati necessari per mappare le caratteristiche cromatiche del monitor , creando una relazione tra i valori nativi RGB del pannello e le misurazioni effettuate dallo strumento di calibrazione. Durante questa fase, si esplora come il monitor riproduce i colori, misurando una serie di patch colorate, che rappresentano una gamma più o meno ampia di tonalità. L'obiettivo è ottenere un set di dati che descriva il comportamento del monitor e possa essere utilizzato per correggere le distorsioni cromatiche attraverso un profilo ICC .

La quantità di misurazioni da effettuare dipende dal tipo di profilo che si vuole ottenere e dalla precisione desiderata :

Profilo a matrice: questo tipo di profilo è più semplice e richiede un numero limitato di misurazioni (tipicamente 100 patch ). La trasformazione che si effettua è lineare, il che consente di gestire bene le transizioni di colore e le gradazioni. I profili a matrice sono sufficienti per molte applicazioni, come la post-produzione fotografica, dove è importante ottenere una corrispondenza cromatica accettabile senza la necessità di una precisione assoluta. La creazione del profilo è rapida e i tempi di misurazione sono relativamente brevi.

Profilo a tabella: per un profilo più preciso e dettagliato , si può optare per un profilo a tabella. Questo tipo di profilo richiede una quantità di misurazioni molto superiore, solitamente oltre mille patch , per ottenere una mappatura molto più accurata delle tonalità e dei colori. La qualità finale del profilo dipende fortemente dal set di dati raccolto , quindi un numero maggiore di misurazioni contribuisce a una maggiore precisione. Tuttavia, la creazione di un profilo a tabella comporta tempi di misurazione significativamente più lunghi e un maggiore carico computazionale per elaborare i dati.

In sintesi, la fase di caratterizzazione consente di decidere quanto dettaglio si desidera nel profilo del monitor, con una scelta tra velocità e accuratezza . Un buon profilo a matrice è ideale per la maggior parte dei flussi di lavoro, ma un profilo a tabella è preferibile quando è necessaria una resa cromatica estremamente precisa, ad esempio in ambienti di prestampa o per lavori professionali in cui la massima accuratezza del colore è cruciale.

La fase di profilazione è l'ultima fase del processo di calibrazione e caratterizzazione del monitor, in cui viene effettivamente calcolato il profilo ICC in base alle informazioni raccolte nelle fasi precedenti. A seconda delle scelte fatte, ovvero se si è optato per un profilo a matrice o a tabella .

Questa fase è generalmente trasparente all'utent e, poiché il software di calibrazione si occupa automaticamente di tutto il processo. Dopo aver analizzato le misurazioni raccolte, il software applica la matematica necessaria per costruire la curva di risposta tonale (TRC) e la matrice di trasformazione o la tabella di lookup (LUT), a seconda del tipo di profilo scelto.

Inoltre, durante la profilazione, il software aggiungerà automaticamente tutti i tag ICC necessari al funzionamento del profilo. Questi tag contengono informazioni cruciali per il sistema operativo e i programmi di editing, come il punto di bianco , la gamma , la luminanza , e altre caratteristiche che permettono di interpretare correttamente i colori sul monitor.

Infine, una volta che il profilo ICC è stato creato, il software provvede a installarlo nel sistema operativo, rendendolo disponibile per l'uso nelle applicazioni di editing e per la gestione del colore a livello di sistema. Da quel momento in poi, ogni applicazione che supporta la gestione del colore utilizzerà il profilo appena creato per garantire che i colori vengano visualizzati correttamente in base alle caratteristiche specifiche del monitor.

Strumenti per la misurazione del monitor:

Per eseguire una corretta calibrazione e profilazione del monitor , è necessario utilizzare strumenti di misurazione che permettano di rilevare con precisione il comportamento del display. I dispositivi principali utilizzati a questo scopo sono i colorimetri , gli spettrofotometri e gli spettroradiometri , ognuno con caratteristiche specifiche adatte a differenti esigenze.

Colorimetri: sono i dispositivi più diffusi per la calibrazione dei monitor. Utilizzano filtri colorati per simulare la percezione visiva umana e misurare i valori RGB emessi dallo schermo. I dati forniti sono colorimetrici , ossia espressi in spazi standard come LAB o XYZ , e sono direttamente utilizzabili nei sistemi di gestione colore ICC. Sono strumenti rapidi, relativamente economici e ideali per la profilazione di display retroilluminati , ma la loro precisione dipende dalla qualità dei filtri interni, che possono degradarsi nel tempo.

Spettrofotometri: si passa a un livello più profondo di analisi. Questi strumenti utilizzano una griglia di diffrazione per suddividere la luce nelle diverse lunghezze d'onda, permettendo di misurare non solo il colore percepito (LAB o XYZ), ma anche lo spettro della luce emessa o riflessa . Sono più versatili rispetto ai colorimetri, in quanto possono essere utilizzati non solo per la calibrazione del monitor , ma anche per la profilazione di stampanti e carte fotografiche . Si adattano quindi sia alla fisica della luce in riflessione che in quella della fisica a luce emissiva.

Spettroradiometri: rappresentano la soluzione più avanzata e precisa per la misurazione del colore, spostandosi completamente su un livello fisico . A differenza dei colorimetri e degli spettrofotometri, che lavorano con modelli colorimetrici o con la riflettanza della luce, gli spettroradiometri analizzano l'emissione luminosa in termini radiometrici , fornendo dati estremamente dettagliati su tutto lo spettro visibile e oltre. Questo li rende strumenti essenziali in ambiti scientifici, cinematografici e industriali , dove è richiesta la massima fedeltà e ripetibilità della misura. Tuttavia, il costo elevato e la complessità d'uso li rendono poco pratici per la maggior parte dei fotografi e grafici.

La scelta dello strumento più adatto dipende dalle esigenze dell'utente: un colorimetro di buona qualità è sufficiente per la maggior parte dei fotografi e grafici, mentre uno spettrofotometro è indicato per chi lavora anche con la gestione colore della stampa . Inoltre gli spettrofotometri garantiscono la piena compatibilità con qualsiasi schermo, essendo dispositivi “assoluti” , non necessitano di specifica compatibilità con la tecnologia del pannello da misurare. Gli spettroradiometri restano invece strumenti di nicchia, destinati a chi necessita della massima accuratezza scientifica e di misurazioni spettrometriche complete.

Il Metamerismo:

Un aspetto fondamentale della gestione del colore è il metamerismo , un fenomeno spesso citato in modo negativo ma che, in realtà, è la base stessa della riproduzione del colore. Per comprenderlo meglio, sfrutteremo le potenzialità delle misure spettrofotometriche , che ci permettono di analizzare in dettaglio la luce emessa da un monitor e confrontarla con standard di riferimento.

Il metamerismo da osservatore si verifica quando due sorgenti luminose con spettri di emissione diversi appaiono dello stesso colore a un osservatore umano. Questo accade perché il nostro sistema visivo non percepisce direttamente lo spettro della luce, ma ne integra le componenti attraverso i tre recettori dei colori primari (coni). È grazie a questo fenomeno che possiamo riprodurre fedelmente il colore su monitor, stampe e dispositivi diversi , anche se fisicamente la luce emessa o riflessa da ciascuno ha una composizione spettrale differente.

Quando parliamo di calibrare il monitor su un punto di bianco specifico , come D50 , ci riferiamo a un preciso standard CIE , che normalizza gli illuminanti della classe Daylight , riferiti alla luce solare naturale. Tuttavia, è essenziale distinguere tra la natura spettrale dell'illuminante D50 e la sua cromaticità .



Sebbene i due spettri siano completamente diversi , risultano metamerici per l'osservatore standard , producendo la stessa percezione di colore. Tuttavia, questo assunto è valido solo finché l'osservazione non è contemporanea : se si confrontano direttamente una stampa illuminata da una sorgente D50 e un monitor calibrato a D50, possono emergere differenze dovute proprio alla loro diversa natura spettrale. Questo è uno degli aspetti critici nella soft-proofing e nella gestione del colore tra monitor e stampa.




Uniformare due monitor in una postazione di lavoro:

Dopo aver compreso la differenza spettrale tra le sorgenti di luce e il fenomeno del metamerismo, affrontiamo un aspetto cruciale per chi lavora con più schermi: l'uniformazione di due monitor nella stessa postazione .

Anche se entrambi i monitor vengono calibrati e profilati correttamente, possono comunque presentare differenze visibili dovute a vari fattori, tra cui:

Tecnologia del pannello (IPS, OLED, VA, ecc.), che influisce sulla resa cromatica e sull'uniformità dell'illuminazione.

Spettro di emissione della retroilluminazione , che può variare tra modelli o persino tra unità dello stesso modello.

Livello di invecchiamento del pannello , che modifica la resa dei colori nel tempo.

Per ottenere un risultato il più uniforme possibile, è necessario adottare alcuni accorgimenti:

1- Calibrare entrambi i monitor con lo stesso strumento: usare lo stesso colorimetro o spettrofotometro assicura che eventuali variazioni di misura siano costanti su entrambi i dispositivi.
2- Impostare lo stesso punto di bianco e la stessa luminanza: se un monitor è più “freddo” dell'altro, bisogna allinearli a un valore comune, tipicamente D65 per la fotografia o D50 per la prestampa . La luminanza dovrebbe essere identica per evitare percezioni diverse tra uno schermo e l'altro.
3- Scegliere la stessa curva di risposta tonale (gamma): per evitare che le transizioni tonali appaiano diverse tra i due schermi.
4- Verificare l'uniformità spaziale del pannello: alcuni monitor professionali permettono di compensare variazioni di luminosità tra il centro e i bordi.
5- Considerare la differenza spettrale: se uno dei due monitor ha uno spettro di emissione molto diverso, si potrebbe percepire una variazione di colore anche se i valori numerici sono identici. In questo caso, potrebbe essere utile un monitor con spettro più vicino agli standard di riferimento.

Infine, se i due monitor sono molto diversi per tecnologia e spettro , ottenere una perfetta corrispondenza può non essere possibile. In questi casi, è consigliabile scegliere un monitor principale per il lavoro critico sul colore e usare l'altro solo per strumenti di supporto, come pannelli di controllo o anteprime non color-critical.

Per comprendere in modo pratico le difficoltà di uniformare due monitor con caratteristiche diverse, prendiamo come esempio la calibrazione di un Eizo in D50 confrontata con quella di un MacBook Pro XDR in modalità Photography D65 P3 :



La diversità degli stati di calibrazione si evince chiaramente dalla distribuzione spettrale del bianco, inoltre sono diversi anche i livelli di luminanza.

Ho deciso di allineare l'Eizo al MacBook Pro XDR anziché fare il contrario. Questa scelta è stata fatta per diverse ragioni, tutte legate alla maggior versatilità e precisione che la calibrazione hardware avanzata dell'Eizo offre rispetto al MacBook Pro XDR.

Vediamone il risultato dopo aver allineato il punto di bianco, la luminanza e la TRC:



Dopo aver allineato i due monitor, ho osservato che lo spettro di entrambi i dispositivi si è fatto molto più simile , quasi sovrapponibile . Questo non significa solo che la cromaticità del bianco dei due monitor è ora la medesima, ma anche che lo stimolo spettrale che raggiunge i miei occhi è sostanzialmente simile.

Cosa Implica Questa Somiglianza Spettrale?

Quando si allineano due monitor in questo modo, la coerenza visiva tra i dispositivi aumenta notevolmente, il che facilita una uniformità di visione molto più precisa. La percezione del colore diventa omogenea tra i due schermi, riducendo le differenze evidenti che si potrebbero notare durante il lavoro di post-produzione. Questo rende l'ambiente di lavoro coerente e predicibile , poiché il colore visualizzato su uno dei monitor può essere considerato come rappresentativo anche sull'altro.

In questo caso specifico, possiamo affermare che la tecnologia dei due monitor è sufficientemente simile, il che ha contribuito a ottenere un risultato soddisfacente. La calibrazione hardware avanzata dell'Eizo, combinata con la tecnologia di alta qualità del MacBook Pro XDR, ha portato a una convergenza dei colori e dello spettro che rende questi dispositivi compatibili tra loro.

Un Vantaggio della Tecnologia Moderna

Siamo stati fortunati che, nonostante le differenze tecnologiche tra i due dispositivi, la calibrazione abbia portato a uno spettro quasi identico . Questo non è sempre il caso, poiché alcune tecnologie di monitor possono comportarsi in modo molto diverso, a seconda delle specifiche del pannello, delle tecniche di retroilluminazione e dei livelli di precisione nella calibrazione.

L'ambiente che ci circonda:

Un aspetto spesso trascurato nella gestione del colore è la coerenza tra la luce ambientale e la natura spettrale della luce emessa dal monitor . Se l'ambiente in cui si lavora è illuminato da una sorgente di luce con caratteristiche spettrali molto diverse da quelle del monitor, l'osservatore potrebbe percepire i colori in modo alterato a causa di un adattamento cromatico errato .

Per esempio, se si utilizza un monitor calibrato su un punto di bianco D65 (tipico per la fotografia e il web) ma la stanza è illuminata con lampade a incandescenza tendenti al giallo caldo, il cervello dell'osservatore tenderà ad adattarsi alla luce della stanza, facendo apparire il monitor più freddo di quanto sia realmente. Al contrario, se si lavora con un monitor calibrato in D50 (standard per la prestampa) ma l'illuminazione ambientale è una luce bianca fredda da ufficio (6500K o superiore), la visione potrebbe risultare innaturale e incoerente.

Per ottenere una percezione cromatica stabile , è quindi essenziale che la luce ambientale sia in armonia con la calibrazione del monitor .
Nel mio caso ho fatto di necessità virtù e ho cercato di calibrare le luci nella mia stanza in modo che la cromaticità corrispondesse il più possibile a quella di calibrazione del mio monitor (D50).

Questo il risultato:



Lo spettro è diverso da quello del mio monitor, ma è normale che lo spettro di illuminazione di un ambiente presenti delle differenze. Tuttavia, il CCT è praticamente perfetto e l'indice Ra è di buon livello.

Questo non solo favorisce un migliore adattamento cromatico, ma contribuisce anche a ridurre lo stress visivo, migliorando il comfort durante le sessioni di lavoro prolungate.

Beh, spero sia stato utile Sorriso
That's all Folks! (per ora)

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2025 ore 18:26

Bentornato, non rimane che studiare, grazie.

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2025 ore 19:12

grazie per l'articolo sempre apprezzato! ci vorrà del tempo per leggere tutto!MrGreen

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2025 ore 19:39

A proposito... Ma perché non un articolo?
Questo è un topic normale...

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2025 ore 20:29

PS: me interesserebbe capire come si riflette un eventuale decadimento del filtro del colorimetro sulla resa della calibrazione finale... Dominante semplice? O effettacci peggiori?

avatarjunior
inviato il 07 Marzo 2025 ore 20:35

Grazie, devo leggerlo con calma

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2025 ore 20:52

Bentornato!

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2025 ore 20:55

Grazie , molto apprezzato. Ti chiedo una cosa riguardo alla luminosità: se si setta d50 , e usando il monitor per tutto, ...sia per la stampa delle fotografie ma anche per la semplice navigazione web , ( ho un solo pc ) va bene lo stesso o c'è una differenza notevole da d65 ? Se dopo la calibrazione, si agisce sulla luminosità del monitor manualmente, si sballa tutto quello che si è fatto ?

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2025 ore 23:04

@TheBlackbird

Dipende dal grado di degrado dei filtri, ma se la dominante cromatica diventa evidente a occhio, il colorimetro è già compromesso da tempo e probabilmente risultava inaffidabile già da anni.

L'unico modo per verificare con certezza se un colorimetro sta degradando è eseguire un test di confronto con uno spettrofotometro.

Se si tratta di un prodotto recente e di buona qualità, ci si può fidare per anni. Tuttavia, è fondamentale prestare attenzione alla compatibilità: alcuni colorimetri non sono adatti per schermi HDR, wide gamut o per particolari tecnologie di pannelli.

Un colorimetro non è molto diverso da una fotocamera: è un sensore con filtri colore, e la misura colorimetrica che fornisce è il risultato della conversione grezza del dato device-dependent dopo la caratterizzazione.

Se il software del colorimetro lo permette, utilizzando uno spettrofotometro è possibile creare matrici correttive, che consentono di adattare il colorimetro al monitor in uso o di compensare eventuali piccole derive nel tempo.

@Roberto Diaferio

Certamente è possibile utilizzare il D50 per qualsiasi applicazione; io stesso lo uso sempre in D50.

Tuttavia, per la post-produzione fotografica, il D65 è generalmente considerato una scelta più appropriata. Non perché sia intrinsecamente migliore, ma per via dell'ecosistema in cui le immagini vengono visualizzate.

La media del punto di bianco dei monitor utilizzati nel mondo è più vicina a D65 rispetto a D50, così come la luce ambientale nella maggior parte dei contesti.

Per questo motivo, chi post-produce immagini destinate principalmente alla distribuzione online troverà in D65 un compromesso più coerente con la visualizzazione finale.

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2025 ore 23:07

No per me sarebbe difficile misurarlo purtroppo.
Ho chiesto perché generalmente dalle mie calibrazioni escono profili che fanno virare troppo il bianco verso il giallo.

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2025 ore 23:10

Di che colorimetro si tratta? Che software usi e che parametri di calibrazione scegli?

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2025 ore 23:39

Il più povery di tutti, lo Spyder X che scende a 99 euro ogni due per tre sull'amazzonia... MrGreen
Uso il suo software, quello del produttore.
Parametri 120cd, temperatura 5500K (questa credo, perché il monitor ha solo tre parametri per regolare la temperatura, calda normale e fredda, non mi dice i K).
Per la gamma sono sicuro di non avere impostazioni, ed essendo un IPS wide led molto standard ti direi che è di suo 2.2 quindi.

PS: se può aiutare l'analisi, lo Spyder ha 4 anni e mezzo ormai.

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2025 ore 23:50

Ho dato una prima lettura veloce, vedrò di approfondire, però se non ho capito male (cosa non improbabile) l'articolo si basa sul presupposto che di stampi ink-jet (ad esempio il primo schema dove si vede una stampante e il classico schema della a formazione del colore "additiva" e poi quando si parla di metanerismo che mi pare riguardi le stampe ink-jet), ho capito bene?
Se è così, perché non prendere in considerazione anche le tecniche di stampa su carte fotosensibili (sia B&N che a colori)? Oppure tutto quanto spiegato è indipendente dal tipo di stampante?

Un altro passaggio che non ho capito è il seguente:
...bisogna allinearli a un valore comune, tipicamente D65 per la fotografia o D50 per la prestampa .
Ciò che no comprendo è perché differenziare la "fotografia" dalla "prestampa" , non stiamo forse parlando di prestampa di fotografie? Sono confuso.

avatarsenior
inviato il 08 Marzo 2025 ore 1:21

@TheBlackbird

Quando calibri il bianco agisci sui controlli del monitor? O fai fare al software del colorimetro?

@Diebu

Il mio discorso non si riferisce specificamente alla stampa, ma ai monitor e, più in generale, al fenomeno del metamerismo, che è alla base della riproduzione del colore.

Ad esempio, se campiono il verde di una foglia, otterrò un certo spettro di riflettanza. Se la fotografo e riesco a riprodurre fedelmente quel verde sul monitor, significa che ho ottenuto una buona corrispondenza visiva. Tuttavia, se vado a misurare di nuovo lo spettro del colore visualizzato sullo schermo, noterò che è diverso dallo spettro della foglia reale. Eppure, quei due spettri sono metamerici, poiché producono la stessa percezione cromatica.

Lo stesso principio vale per la stampa: anche se lo spettro della stampa sarà diverso da quello del monitor, se i limiti hardware non intervengono, il risultato finale sarà nuovamente un colore percepito come uguale.

Il punto di bianco e gli standard
Lo standard mondiale per la visualizzazione delle stampe è il D50, che rappresenta l'illuminante di riferimento per l'intero sistema di gestione del colore. Il D50 è idealmente la luce solare di mezzogiorno. Avremmo potuto adottare altre temperature di colore, come 5500K, ma lo standard è stato fissato su D50.

Nel mondo informatico, invece, si è diffuso l'uso del D65, per ragioni legate allo sviluppo industriale. La maggior parte dei monitor odierni ha un punto di bianco più vicino a D65 che a D50.

Ovviamente, possiamo tarare i monitor su qualsiasi punto di bianco, ma gli attuali LCD, OLED, QLED, ecc., hanno ereditato alcune caratteristiche dai vecchi CRT, come ad esempio la curva di gamma, che nei CRT era determinata dalle proprietà fisiche del tubo catodico. Non a caso, lo spazio colore sRGB è stato sviluppato per simulare il comportamento medio dei CRT presenti nel 1995.

Nel tempo, il bianco di riferimento per la fotografia e la grafica digitale è diventato il D65, una scelta logica e pratica. Infatti, per la distribuzione di contenuti digitali, il D65 garantisce una migliore corrispondenza con la media dei monitor in circolazione e consente un adattamento cromatico più efficace in quasi tutte le postazioni di lavoro.

Diverso è il discorso per il mondo della prestampa, dove il D50 rimane essenziale perché si lavora direttamente con la stampa e la valutazione dei provini cartacei. La luce prevista per l'osservazione delle stampe e delle hard-proof è il D50, quindi ha senso che anche le soft-proof vengano eseguite su monitor calibrati in D50.

Ovviamente, esistono delle eccezioni. Ad esempio, in ambienti espositivi dove le stampe vengono illuminate con sorgenti diverse dal D50, sarebbe opportuno creare profilazioni specifiche per adattarsi alle condizioni reali di visualizzazione.

avatarsenior
inviato il 08 Marzo 2025 ore 8:14

Di solito non tocco nulla tranne la luminosità...

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