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Esiste l'infinito ?


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avatarsenior
inviato il 01 Giugno 2023 ore 19:54

Visto, c'è anche il documentario

avatarsenior
inviato il 01 Giugno 2023 ore 21:28

Che masturbone infinito.

MrGreen

Io sono un terricolo praticone e newtoniano per cui rimango con i piedi per terra.

Continuo a guardare il mio cubo di alluminio di 10 cm per lato e guardandolo scopro che nel rilevarlo ci sono delle imprecisioni INFINITEsime.
Poi scopro che anche i miei strumenti di misura hanno una imprecisione infinitesima.
Provo ad riprogettarlo con un CAD professionale che gira su un computer professionale e scopro che la linea che sto tracciando digitando 10 cm di lunghezza non è di 10 cm ma ha un precisione pari a 10 alla -9.
Quindi non è definita in modo assoluto perché contiene una infinitesima imprecisione.
Per cui non sono sicuro della precisione e della sua dimensione finita del mio cubo.
Io una risposta ce l'ho.
E voi?


avatarsenior
inviato il 01 Giugno 2023 ore 21:32

Allora non hai visto the Cube, Ipercube e Cube ZeroCoolMrGreen

avatarsenior
inviato il 01 Giugno 2023 ore 22:36

Ho paura che questo 3D tra poco sia finito ...

Oppure è infinito?

avatarsenior
inviato il 01 Giugno 2023 ore 22:38

Dipende da Juza solo lui sa dove finisce l'infinito.

MrGreen


avatarjunior
inviato il 01 Giugno 2023 ore 22:54

Esiste l'infinito?
Certo!! Guardate in fondo alla scala delle distanze degli obiettivi, ognuno ne ha unoMrGreen

avatarsenior
inviato il 01 Giugno 2023 ore 23:52

Da recenti studi l'universo si estende x circa 15 miliardi di pagine luce, quindi ha una fine

avatarsenior
inviato il 02 Giugno 2023 ore 0:50

Solo il debito pubblico italiano è infinito

user198779
avatar
inviato il 02 Giugno 2023 ore 2:49

Così non vale MrGreen

avatarsupporter
inviato il 02 Giugno 2023 ore 6:01

Da recenti studi l'universo si estende x circa 15 miliardi di pagine luce, quindi ha una fine


che l'universo non sia infinito si sa da piu di 60 anni, da quando Hubble vide che si stava espandendo e non era stazionario, per una semplice logica, nessun infinito é in movimento, confini che comunque noon potremmo mai vedere essendoci all'interno

le dimensioni attuali si presume siano di 65 miliardi di anni luce, ma potrebbe essere ancora piu grande, quello e solo il limite oltre il quale non possiamo vedere con gli strumenti che abbiamo

PS. visto ora il post di Alex, lo leggero con calma questa sera

user214553
avatar
inviato il 02 Giugno 2023 ore 6:06

VI CHIEDO UN PO' DI PAZIENZA NEL LEGGERE QUESTO MIO MESSAGGIO; NON NE LEGGERETE ALTRI, STÒ PER CHIEDERE A JUZA DI CANCELLARE QUESTO ACCOUNT.

Mi sembra doveroso cercare di spiegare - secondo il mio punto di vista - cosa sia l'intuizione nel contesto trattato in questa sede. Non per stabilire e "forzare" in voi la mia visione obbligando ad aderirvi - lungi da me - ma per chiarire alcuni concetti mal compresi.

L'intuizione primordiale, la prima intuizione che noi tutti abbiamo, è quella di esistere. Non abbiamo modo di provare che esistiamo, né abbiamo modo di discutere se esistiamo oppure no; che esistiamo lo sappiamo e basta. È una certezza assoluta, e questa certezza è l'intuizione. Quindi, con intuizione, si intende una conoscenza immediata, cioè, senza mediazione. È una conoscenza - l'intuizione primordiale - che non dipende né da percezione sensoriale, né da alcuna facoltà intellettuale o mentale. Si sa di essere, e lo si sa non perché questo sia il culmine di un indagine, un ragionamento, ecc.; si è coscienti di Essere. È proprio grazie a questa coscienza di esistere che noi poi possiamo anche essere dei conoscitori. La coscienza di esistere è precedente, e quindi primordiale, rispetto a qualsiasi processo conoscitivo. Per esempio, se io non fossi consapevole di esistere, se io non fossi cosciente, non potrei indagare il mondo "esterno" attraverso i sensi. È la coscienza che dirige i sensi nella conoscenza del mondo esterno. D'altra parte, senza avere questa consapevolezza di esistere, io non potrei nemmeno dimostrare mentalmente alcune tesi, sostenere argomentazioni, ecc.

Ora, essere coscienti di esistere è la consapevolezza di essere l'Essere stesso; è una consapevolezza non chiara, non esplorata, non realizzata; tuttavia, è una consapevolezza che tutti possediamo, anche l'uomo "ordinario" che di Essere - in quanto realtà ultima - non si preoccuperà mai in tutta la sua vita. Anche esso sa di esistere, è questa intuizione è il fondamento di tutta la sua vita. Addirittura, anche chi nega l'esistenza dell'Essere in quanto tale, in quanto realtà ultima, lo fà attraverso quello stesso Essere che sta negando! Non può fare altrimenti, poiché lo fa tramite la coscienza.

Dobbiamo considerare un primo passo nell'indagine dell'Essere - a questo punto diremo del Sè -? che fa un cercatore quando comincia a porsi il problema di riuscire a capire esattamente di essere il Sé, e che questo Sé è la Realtà Ultima. Perché, anche colui che sin dall'inizio sa di esistere, di essere cosciente, immediatamente però, non ha una "percezione" esatta di questa sua intuizione primordiale. Non ne ha una "percezione" esatta perché, tutto sommato, appena afferma "io esisto", considera che a esistere è questo "io", ed ecco che immediatamente, l'uomo non discriminante confonde il Sé, l'Essere, con l'io.

In questo momento noi stiamo discutendo in una precisa condizione della nostra esperienza. Durante la nostra vita, noi attraversiamo tre diverse esperienze: la veglia, il sogno ed il sonno profondo. Spero vivamente che tutti coloro che leggono quanto scrivono siano ancora nello stato di veglia e non si siano già addormentati!
Scherzi a parte, che cosa ha di caratteristico lo stato di veglia? Noi, nello stato di veglia, siamo condannati, siamo condizionati, per essere meno drammatico, a prendere contatto con il mondo "esterno". Nella veglia, la nostra natura istintiva è quella di guardare "fuori", guardare il mondo; non di guardare il mondo in quanto tale, ma di guardare gli oggetti che compongono il mondo, la molteplicità indefinita di oggetti. Questo perché non abbiamo una percezione del mondo-universo come un unità, ma ne abbiamo una percezione differenziata. Se osservo una folla di gente vedo tanti corpi, tanti individui, tanti metri di distanza da me; non ho la percezione del mondo in quanto tale, ma ce l'ho mediata attraverso l'esperienza dei singoli oggetti che lo compongono. La veglia dunque, che cos'è? È semplicemente l'esperienza che ha la coscienza di ciò che non è (apparentemente) la coscienza. Posso poi osservare che ho contatto del mondo, delle altre persone, solo attraverso i cinque sensi; viceversa le altre persone prendono contatto con me solo attraverso i cinque sensi.
I cinque sensi sono rivolti all'esterno, ed ecco perché, io delle altre persone, vedo solo i corpi, tocco solo i corpi, ecc.; per me, o meglio, per i miei sensi, sono solo corpi. Solamente in un secondo momento io attribuirò a ciascuna persona una sensibilità, una capacità di provare emozioni, una capacità di formulare pensieri e, una coscienza (coscienza degli "altri" che mai sperimenterò, primo indizio a favore della sua Non-dualità: ce n'è una, ne "sperimento" una); questo è un passo successivo.. io appena apro gli occhi, vedo solo I corpi; quindi, per me - preliminarmente - le persone sono oggetti di percezione. Lo stesso vale per l'osservatore che osserva me. Ecco dunque, che nel mondo della veglia, noi, che esistiamo, sappiamo d'esistere e siamo coscienti, abbiamo contatto del mondo esterno ma del mondo esterno vediamo solamente la sua dimensione fisica, tramite il primo strumento di conoscenza che abbiamo a disposizione; strumento che - importante - noi utilizziamo: i sensi. È importante perché - come già detto commenti fa - lo strumento presuppone un utilizzatore. Come il martello non batte il ferro da sé, così - ad esempio - la vista non vede se non vi è il vedente. E chi è questo vedente? È l'Essere esistente e cosciente che è il Sé; questa coscienza che, nello stato di veglia, è rivolta all'esterno tramite i sensi. Se io fossi nato cieco, non potrei avere informazioni in relazione al mondo esterno. Ma per rispondere a chi sosteneva che il sogno fosse correlato alla veglia, faccio presente - per testimonianza raccolta direttamente - che i ciechi - anche quelli congeniti, seppur non tutti - non sognano il buio.? Perché? Può davvero la "memoria genetica" spingersi così in la? Se ipotizziamo che una persona possa essere mutila di tutti e cinque i sensi, questa persona non avrebbe alcun contatto con il mondo esterno, non potrebbe nemmeno immaginare che vi è un mondo esterno. Pensate che tale persona non abbia idea alcuna di una nota, un sapore, del tocco dell'erba, ecc.? Non possiamo saperlo direttamente, dal momento che tale persona non avrebbe alcun modo di comunicare con noi, ma l'indizio del cieco dalla nascita vedente nel sogno, ci suggerisce che tale persona abbia comunque delle facoltà sensoriali interne e relativi oggetti; perché? Siamo sicuri che la memoria genetica possa fornire un esperienza sensoriale completa? A questo punto dovremmo farne esperienza anche noi tutti "normo-percezion-dotati".

Ma non divaghiamo. Ricapitolando. Il primo strumento di conoscenza a nostra disposizione sono i sensi. Ma cosa fanno queste facoltà sensoriali? Escono al di fuori di noi? Si allungano fuori dai propri organi di senso? No! Il senso non esce dal proprio organo. Il senso - ad esempio della vista - è "colpito" dalla luce; il tatto, è "colpito" dalle informazioni esterne, non esce dalla sua sede, altrimenti avremmo sensazioni tattili a distanza. Al contrario, dobbiamo far aderire la nostra pelle al rispettivo oggetto che vogliamo conoscere a mezzo del senso del tatto. Può sembrare banale, ma è un princìpio molto importante, e fa capire perché i sensi siano definiti in sanskrito "jnana indriya" (niente diacritici su juza), la facoltà di conoscere. I sensi quindi, partecipano al dominio della conoscenza e son ben diversi da altre facoltà che invece reagiscono agli stimoli esterni.

Facciamo un esempio: abbiamo un fornello, e disattentamente, metto la mano su di esso. Il tatto, immediatamente, percepisce bruciore e informa la mente. La mente, da ordine a un'altra facoltà di ritirare la mano; facoltà di mozione, di movimento... ma questa facoltà è un'azione che io compio nel mondo, mentre il calore che ho percepito a mezzo del tatto, non è stata un'azione, è stata una "ricezione". Facoltà di senso: conoscenza; mozione per non scottarmi: karma indriya, facoltà di azione. Quindi, le mie facoltà individuali si suddividono in facoltà di conoscenza e facoltà di azione. Da questa distinzione fondamentale, noi ne traiamo una lezione: la conoscenza non è azione, anzi, è antagonica rispetto all'azione. La conoscenza è contemplazione, porsi in una posizione di attenzione.. non è un'attività in cui si interviene nel mondo esterno, ma si recepisce il mondo esterno. La conclusione che ne traiamo è, che la conoscenza non è mai agente. Per cui, se io faccio un indagine conoscitiva, come quella dello scienziato.. parto da un presupposto, mi do da fare per capire, misuro, ci ragiono sopra, mi informo, ecc., ebbene, questa non è conoscenza, questa è azione conoscitiva. Anche la conoscenza Suprema, dunque, non è altro che contemplazione o presa di coscienza, ma non è assolutamente qualcosa di dinamico, in divenire; è aderire a una realtà che c'è. In effetti, si può capire perché i sensi - nel loro sfera di conoscenza limitata - riportino nozioni fondamentalmente esatte.

Proviamo ad avvalerci di un semplice mezzo analogico per illustrare un concetto molto importante.

In una serata poco luminosa, vi è sul ciglio di un sentiero, una corda. Una persona si appresta ad attraversare tale porzione di sentiero, senza sapere che vi è per terra una corda. Nel semibuio di questo sentiero, gli occhi vedono la corda, ma la mia mente la interpreta diversamente; la mente dice "attenzione, c'è un serpente!". Non c'è alcun dubbio che gli occhi hanno visto una corda, perché il serpente non c'è.. ma è la mente che, in maniera istintiva, seguendo la forma sinuosa della corda per terra, collega questa percezione all'idea del serpente.

Ora, il serpente non c'è, ma i risultati della percezione del serpente, sono obiettivi, perché la persona che è sul sentiero indietreggia spaventata, emotivamente colpita. Ci sono poi delle ripercussioni corporee, quali battito cardiaco accellerato, ed altri sintomi correlati allo spavento ed al pericolo. Inoltre, la persona che ha indietreggiato davanti al serpente, se particolarmente spaventata, non proseguirà più quel sentiero; racconterà poi, "ho corso un grande rischio, su quel sentiero ho rischiato di calpestare un serpente, per fortuna son riuscito a scappare". Per tutta la vita sarà convinto di essersi messo in salvo scappando davanti ad una... corda!
Colui che cerca la conoscenza, può effettivamente vedere nella corda un serpente, però, la sua natura di ricercatore della conoscenza, lo porterà a verificare se effettivamente quello fosse realmente un serpente, oppure se fosse solo una fantasia della propria mente, e sul sentiero ci fosse qualcosa di diverso.
Ci sono tre modi essenzialmente per verificare se quello è un serpente o altro: il primo è avvicinarsi, magari portando sull'oggetto da esaminare della luce, in modo tale da smorzare il buio del sottobosco, al fine di riconoscerne più facilmente le forme. In tal modo vedrà che effettivamente, quello che sembrava un serpente, in verità, sembra più a una corda. Bisogna tuttavia assicurarsene meglio, ed il secondo modo per verificare se è un serpente, una corda o altro, sarà quello di toccarlo. Ha le caratteristiche di un serpente? Si muove? È freddo e viscido? No, è immobile, secco e aspro, proprio come una corda. Il terzo metodo, se vogliamo esserne assolutamente certi, è quello di confrontarsi con un altra persona - che non sia gravemente miope o addirittura privo della vista - e lo si interroga sulla natura del presunto serpente, facendogli anche ripetere i precedenti passi d'indagine. Con tutti è tre i metodi, quindi con anche la comparazione del giudizio di un altro, si ottiene la certezza che quella era una corda.

Proviamo a riavvolgere e ripetere le considerazioni. Chi è che si è ingannato? La vista o la mente? Non c'è dubbio che è stata la mente, perché tale strumento non ha conoscenza immediata della corda, ma ne ha una conoscenza mediata attraverso i sensi; tutto ciò che è mediato non è certo!

Poniamo che siano in cinque ad attraversare il sentiero, poco distanziati. Il primo ricade nell'errore del serpente; il secondo potrà dire "ma quale serpente, non vedi che è un bastone"; il terzo dirà "è una ghirlanda gettata dal tempio"; il quarto dirà "no, è una spaccatura nel terreno"; mentre il quinto farà notare che è un rivolo d'acqua. Ciò sta a dimostrare che ogni mente interpreta in maniera diversa, pur avendo visto tutti lo stesso oggetto. Che cos'è questo strumento che ci inganna perché non ha conoscenza diretta? La mente, "manas", dalla radice "man" che in tutte le lingue indoeuropee ha a che fare con la mente, mane men's, e con le caratteristiche della specie umana - man, uomo.

Torniamo per un attimo alla corda. Attraverso il sentiero, vedo il serpente ma non mi convince. Porto luce su di esso e mi accorgo che è una corda. Quella prima impressione del serpente non c'è più. Dove è andato questo serpente? Si è nascosto sotto la corda? È scappato? È svanito nel nulla? No! Il serpente non è svanito perché non è mai esistito.
Ora, se noi i sensi li poniamo in una condizione ideale per poter trasmettere obbiettivamente le informazioni dell'oggetto della loro conoscenza, noi dovremmo dire che la vista vede la corda; e la vede direttamente, non c'è una mediazione tra la vista e la corda. Il lettore attento avrà già capito; si fa riferimento alla corda in quanto Sé Esistenza-Coscienza ed al serpente in quanto senso dell'io, ma è applicabile benissimo all'intero universo tale concetto.

La conoscenza che recepiamo dai sensi, è una conoscenza immediata, e quindi è una intuizione, del tutto paragonabile all'intuizione che prima ho descritto come "intuizione primordiale". Sono intuizioni parziali - ben inteso - quelle dei sensi, poiché sono limitate al rispettivo dominio. Similmente, anche la mente, che non ha contatti diretti con il mondo esterno, davanti a una mediazione, può avere delle intuizioni. Per esempio (ogni riferimento è puramente casuale). Guardando la foto del profilo di daniele, i miei sensi - la vista in questo caso - raccolgono le relative informazioni e le presentano alla mente, la quale ne ha conoscenza mediata, e ne formano un concetto... e a pelle, la mente mi informa: "ma che odiosa che è quella persona". A pelle, io lo respingo. La mente, quindi, ha delle sensazioni che non sono mediate da nulla. Quante volte abbiamo detto: "quella persona non mi piace per niente"; poi la si conosce, la si accetta, ecc... Con il tempo, poi, questo individuo si palesa per quello che realmente è: è poco propenso al ragionamento, non sa ascoltare, pretende di conoscere cose che in realtà ignora profondamente, facendo di tutta l'erba un fascio, è supponente, e via dicendo. E cosa si dice? "Eppure, la prima intuizione era quella giusta, daniele era una persona da evitare!

Le intuizioni della mente presentano uno spettro che va dalla repulsione all'attrazione, dall'amore all'odio, ecc., con tutte le categorie intermedie.
La mente, ripeto, non ha contatti con il mondo esterno. Ancora meno contatti con il mondo esterno li ha l'intelletto, quella facoltà di discernimento che è anche in carico delle decisioni. Qualcosa di meno istintivo della mente, qualcosa di meno emotivo, qualcosa di più... intellettuale. Torniamo a daniele (riferimento casuale). La mente trasferisce le informazioni suddette all'intelletto. È pelato, ha i baffoni, è in posizione di cova, ha lo sguardo pensieroso ed assorto, ecc., ecc., sono informazioni corporali. Poi gli trasmette che è agitato, si prende troppo sul serio, non ragiona, non ha comprensione del testo, è supponente, riduzionista, tuttologo, e via dicendo. A me, a pelle, non piace... però! (Ora è l'intelletto che ragiona) se io lo respingo, come la mente mi indurrebbe a fare, daniele continuerà ad accrescere il suo ego, e non trarrà alcuna lezione da questo sua supponenza. Inoltre, l'intelletto, mi informa che dietro a tale comportamento - specialmente in una persona anziana che dovrebbe aver imparato ad ascoltare e capire prima di parlare, invece di farselo insegnare da un uomo che ha la metà dei suoi anni - ci sta sempre un mondo, di cui io probabilmente ignoro l'esistenza. Potrebbe essere solitudine, carenze affettive, frustrazioni varie, e chissà che altro. E siccome io ci tengo moltissimo a mostrare compassione dinnanzi a un essere umano, vincerò le tendenze della mente di respingere daniele. Perché? Perché l'intelletto ragiona in un altro "ventaglio" di intuizioni: mi è utile, mi è inutile; mi é favorevole, mi è contrario, ecc. Ed è tutto "a pelle". L'intelletto mi convince a cambiare idea in relazione all'intuizione della mente, e lo fà perché non è un intelletto chiuso in sé stesso e che non vuol sentir ragione alcuna. Offre quindi la possibilità di confrontarsi con qualcosa di più essenziale, così, disinteressatamente, poiché sa che una discussione ha senso solo se sono due "cuori" - nella simbologia antica è l'intelletto - mentre non ha senso alcuno se sono due individualità egoiche a contrapporsi, senza sentir ragione. Sa che dobbiamo trovare il punto in cui possiamo incontrarci a metà strada, altrimenti è inutile paventare conoscenze empiriche additando le altrui come retrograde, se ci si comporta poi umanamente come un uomo delle caverne!

Ma proseguiamo oltre, e proviamo a vedere come si può utilizzare tutto ciò nel verso della ricerca del Sé e quindi nell'indagine dell'esistenza.

Chi è che si avvale dei cinque sensi? E successivamente alla "nuda" percezione sensoriale, chi è che elabora i cinque sensi? E poi, chi fa le scelte in base a queste considerazioni?
Io sono, io esisto, io uso i sensi per conoscere l'universo sensibile, io elaboro con la mente i dati che mi sono trasmessi dai sensi, io "incasello" questi dati in coppie d'opposti, decido se mi sono favorevoli o sfavorevoli, ecc.... io!
Ma siamo sicuri che questo "io" sia quel "io sono/io sono cosciente"? No! Non lo è più. Questo "io" è già diventato "io sono così e così". Io sono tal dei tali, mi chiamo così di nome e così di cognome, sono nato in un determinato giorno, di un determinato mese, in un determinato anno, in una famiglia particolare, in una definita zona spaziale nel globo terrestre, io so che prima che nascessi c'erano i miei genitori, ipotizzo che dopo la mia morte ci saranno i miei discendenti, ecc.
Ebbene, questo "io", è "così così", non è il "io sono/io esisto". Questo "io" ha delle facoltà sensoriali, e queste facoltà potrebbero essere carenti o in salute; questo "io" si identifica con le proprie facoltà sensoriali (sono sordo, ci vedo male, ecc.); questo "io" si identifica con la propria facoltà mentale e asserisce: "quello è un serpente". Mentre la mente a cui un altro "io" si identifica dice: "quello è un bastone"... e via dicendo. Ogni mente corrisponde ad una individualità particolare. L'intelletto invece, prenderà le caratteristiche di quell'individuo e dirà: "a me quell'individuo non piace, ma me lo farò piacere perché - ad esempio - ho compassione". Un altro intelletto dirà: "no, è una questione di principio, io con quell'individuo non voglio avere niente a che fare".
Ogni individuo sceglie e si identifica in base alle proprie caratteristiche. Come dicevo in apertura, tutti quanti abbiamo la consapevolezza di esistere; punto successivo, facciamo coincidere questo "io" con le mie esperienze, con questo corpo, e questo corpo ha contatti con il mondo "esterno". Quindi, tutti quanti sanno di esistere, ma pochi si soffermano a pensarlo, perché identificano questa esistenza alle proprie caratteristiche. Sono vecchio, senza capelli, con la barba, con la gobba, con le gambe storte, i piedi piatti, la pancia...
Ora, l'indagine sull'esistenza è proprio l'opposto di questo. È rendersi conto che io non sono il corpo, io non sono i sensi, io non sono la mente, io non sono l'intelletto; io sono colui che usa il corpo, i sensi, la mente, l'intelletto.

Vi sono alcune dottrine - dalle quali prendo le distanze - che presuppongono che la "sostanza primordiale", amorfa, caotica, si modifica nelle sue produzioni. Per prima cosa produce l'intelletto, poi il senso dell'io, la mente, i sensi ed infine il corpo (sto sintetizzando). È una dottrina cosmologica, che spiega che dalla sostanza caotica emerge il cosmo diviso in categorie di manifestazioni(dal caos al cosmo). Quello che stò dicendo, prende le distanze in maniera secca da tale concezione. Se la sostanza primordiale è inerte, caotica, priva di qualità, ignoranza, tenebra, come può dare origine all'intelletto, che qualità ne ha; alla mente, che qualità ne ha; ecc.
Da ciò che è privo di "qualità" non può emergere nulla di qualitativo, è impossibile. Per cui, quando consideriamo l'indagine sull'esistenza, giungiamo alla conclusione di non essere questo corpo; quando proviamo dolore fisico ci identifichiamo a tale dolore, diciamo "io sento dolore", ma il dolore appartiene al corpo ed è condizionato dalla mente. Mentre un corpo e una mente sono sotto anestesia, i medici possono aprirlo come un branzino, mettere le mani nelle budella, strappare parti sanguinolente, ma io non sentirò nulla. Quando tornerò allo stato di veglia sentirò il dolore, ma mentre ero nel sonno dell'anestesia, il dolore dov'era? Il dolore non c'era. Io ero lì ed il dolore era fuori dal sonno. Io non ho provato dolore, è il corpo ad aver provato dolore. Similmente, la sfera emotiva è in carico della mente, e se noi controlliamo la mente controlliamo anche l'emotività. Senza filosofemi - qualcuno crede ancora che io stia parlando di filosofia - prendiamo ad esempio le esperienze comuni e quotidiane. Quando guardiamo un film, e vediamo Dracula il vampiro, sappiamo benissimo che è un attore, che è intrattenimento, ecc.... poi nosferatu si leva dalla bara e facciamo un salto alto così sulla sedia... dove sono finiti quei ragionamenti secondo cui è solo un film con cui mi stò intrattenendo, sono tutti attori, ecc.? Le emozioni non le abbiamo controllate. Ma se per caso, guardiamo il film appositamente per dire, "io adesso non voglio farmi coinvolgere emotivamente dal film", quando Dracula esce dalla tomba non saltiamo più sulla sedia. Perché? Perché l'intelletto, in questo caso, ha controllato la mente; ciò comporta che non ci si è identificati con la mente emotiva, bensì all'intelletto. Però, quando l'intelletto compie una scelta sbagliata, e ci si rende conto di ciò, allora, possiamo anche criticare il nostro intelletto. "Ho fatto un errore di valutazione, ho sbagliato nel giudizio". E chi è che giudica l'intelletto? Chi giudica l'intelletto è il senso dell'io. E che cos'è l'io?

Vedete, il Sé impersonale, è l'Esistenza-Coscienza, ed è Assoluto. In quanto tale, noi come individui non riusciamo a capire - a spiegarci - che cos'è il nostro vero Essere. Quel vero Essere di cui l'intuizione primordiale dicevamo "io esisto-io sono cosciente". Il Sé non può essere rappresentato, né attraverso i sensi - perché il Sé non è corporeo - né attraverso la mente o l'intelletto - perché non è qualcosa di psichico o intelligibile. Se è Assoluto è fuori dalla portata della cognizione indagante. A questo punto, noi dovremmo rinunciare a farci un'idea di che cos'è il Sé, di che cos'è l'Infinito di cui si è dibattuto in questa discussione; se rininciassimo a farci un'idea in tal senso, probabilmente realizzeremmo subito che cos'è l'infinito. Ma siccome siamo convinti che tutto debba essere ridotto a pensiero individuale, facciamo dell'infinito, del Sé che è la stessa Esistenza-Coscienza - in sé e di per sé - un oggetto di conoscenza. Quello che noi sappiamo per certo, e lo sappiamo freddamente se non lo applichiamo a noi stessi, ma agli altri, è che, con la mente che ragiona nel tempo, e che è legata a tutta una serie di relazioni causali (qui, lì, sotto, sopra, prima, dopo, causa, effetto, ecc.), se noi facessimo un po' di auto-critica, dovremmo dire, che tramite questa mente, noi non riusciamo a cogliere cos'è l'Assoluto-Infinito, perché l'Assoluto è Non-Duale, e non ha relazione con nulla e tanto meno con l'individualità. Però la mente, o se vogliamo l'individualità, non si arrende all'evidenza che non può conoscere ciò che va al di là delle sue capacità conoscitive. Per cui, si crea un'immagine del Sé; quest'immagine è... l'io, il senso dell'io o ego che dir si voglia. L'io, in realtà, non esiste, ma è un modo con cui noi immaginiamo che cos'è il Sé. Qualcosa di analogo - a livello macrocosmico - lo troviamo nel "concetto" di Realtà Ultima. Questa verità totale non può essere concepita, non può essere conosciuta, è al di là delle possibilità mentali. Ma siccome l'individualità si ostina a voler determinare la Realtà Ultima, si "immagina" una sua immagine, e "crea" l'idea di Dio. È una pura ideazione della mente, la quale si immagina che l'Assoluto sia buono, misericordioso, grande, altissimo. Ora, grande ed altissimo sono espressioni spaziali; buono e misericordioso sono delle espressioni emotive; giusto, ordinatore supremo, ecc., sono delle categorie intellettuali. Noi proiettiamo sull'Assoluto delle categorie che corrispondono alle nostre componenti individuali, per creare qualcosa che c'è permesso di immaginare, ma che non è l'Assoluto in quanto tale, perché l'Assoluto in quanto tale è impensabile. Siccome il Sé è l'Assoluto, è altrettanto impensabile, ma ognuno di noi se lo ritaglia secondo le proprie caratteristiche individuali, per creare... l'io.
Una delle cose importanti nel mondo della contingenza, è che a un nome corrisponde un oggetto. Per esempio, se io dico "albero", albero c'è;se io dico "cane", cane c'è; se io dico "sedia", sedia c'è; se io dico "io", ebbene, "io" non c'è, perché in realtà, è una "mascheratura" (persona in latino) per il Sé impersonale. Quando ci si rende conto che anche questa mascheratura può essere respinta, può essere dissolta - come il serpente dalla corda - ci si può rendere conto che l'io, non è scomparso, perché non c'è mai stato, c'è sempre stato soltanto il Sé, ed è questa la conoscenza intuitiva suprema, ed è un esperienza intuitiva reale, che ognuno di noi potenzialmente può avere.

Daniele obietta: "come posso essere daniele finito ed al contempo Esistenza-Coscienza infinita? Non puoi; daniele non esiste, Tu sei Coscienza-Esistenza. Daniele è solo un nome, una forma e una particolare transazione sovraimposta alla Coscienza-Esistenza. Se tolgo a daniele l'Esistenza-Coscienza cosa rimane? "Daniele" è mera denominazione, mentre quale è la sua realtà?
È come dire "sedia"; è insostanziale sedia, un nome, una forma ed un particolare utilizzo sovraimposto al legno, che è l'unica realtà!

L'obiezione della pietra è particolarmente sciocca. Come può esistere una pietra in un sogno? Da chi trae la propria realtà? Provami l'esistenza della pietra separata separata dalla Coscienza-Esistenza in cui essa appare! Non esiste alcuna pietra indipendentemente dal suo conoscitore, nessuno ha mai visto una pietra priva del suo conoscitore! Simpson dice di essere un sognatore lucido. Il mio esempio, era atto a mostrare una sola cosa, ovvero, come qualcosa di incredibile con un cambio di prospettiva risulta non solo credibile, ma limpido e certo. L'esperienza comune dell'uomo però, non è il sogno lucido, e su questo si basa la mia indagine, le esperienze più comuni e abituali che tutti abbiamo. In un sogno, il sognatore è assolutamente certo di essere il vegliante. Se calcio la pietra mi farà male al piede. Se la analizzo chimicamente renderà certi risultati. Eppure quella pietra traeva la sua esistenza da me soltanto. Io sono la realtà, mentre la pietra è falsa, apparenza in me. Perché io - in quanto coscienza - sono reale e la pietra è falsa, o trae esistenza in prestito da me? Perché la pietra - o l'intero universo - è mutuamente contraddetto dagli stati di coscienza, mentre l'Esistenza-Coscienza è sempre presente. Lo è anche nel sonno profondo! Vedo già i baffoni arricciarsi, ma aspetta un attimo. É come nello spazio profondo; sembrerebbe che non c'è luce, ma in realtà c'è solo luce, non c'è nessun oggetto su cui essa si possa riflettere. Similmente, nel sonno profondo c'è solo coscienza, mentre non c'è nessun oggetto di cui essere cosciente. In effetti il sonno profondo è uno stato solo dal punto di vista pregiudizievole della veglia, mentre in realtà è lo stesso infinito di cui si dibatte qui, l'Assoluto. È pensabile? È comprensibile? Ecc.?

Dice bene simpson: "Abbiamo un infinito che si mostra anche come finito", pur essendo questa "finitezza" un solo errore percettivo, esattamente come la vista del serpente. Caro simpson, devo ammettere che mi sei piaciuto sempre di più dopo la nostra scaramuccia, la forza scorre forte in te. "non capisco come si possa mettere assieme tutto, io non ci sono mai riuscito"... non ci riuscirai mai, è fuori dal dominio della mente e dell'intelletto. Devi Essere. Non cercare di conoscere qualcosa di mirabolante distante milioni di anni luce; conosci te stesso!

Arrivati fin qui, temo che siamo giunti ai saluti - qualcuno starà esultando. Ringrazio sentitamente Giordano Bruno, persona dall'innata istanza di ricerca e grande ascoltatore. Credo che chi ha letto queste mie righe, con comprensione, capirà il motivo per cui lascio il forum. In secondo luogo, devo ammettere che non mi diverte essere puntualmente aggredito ogni volta che partecipo a una discussione extra-fotografica; e non mi riferisco a daniele, iron o altri in particolare: se non ci fossero loro ce ne sarebbero altri. Vale quanto detto nel primo messaggio; messi difronte a fatti che scuotono le certezze, attaccano, infastiditi da chi vede oltre, e io non voglio infastidire nessuno.

Grazie

OM SANTIH SANTIH SANTIH



avatarsenior
inviato il 02 Giugno 2023 ore 7:15

RINGRAZIO JUZA PER L'INFINITA PAZIENZA E GLI CHIEDO DI ACCELERARE LA PRATICA DI CANCELLAZIONE ALEX108. GRAZIE

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