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La Cina con uno zaino


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La Cina con uno zaino, testo e foto by Simone Backpack. Pubblicato il 16 Aprile 2013; 39 risposte, 10496 visite.




Ho deciso di partire per la Cina ad aprile, quasi maggio, per visitare il villaggio di Huaxi e raccogliere il materiale necessario a fare la tesi finale e laurearmi in Scienze Politiche. In realtà era solo una buona scusa: vedere il paese di cui da sempre leggevo, di cui studio la lingua, del quale volevo incontrare la vita. L'occasione che aspettavo da anni!
Passi: prenotarsi un corso di cinese e l'alloggio, il biglietto di andata, partire.
Prezzo: vendersi anche le mutande e viaggiare backpacking. Accettato.
Sono atterrato all'aeroporto di Shanghai dopo diciotto ore di viaggio e tre notti insonni, sconvolto e stanco perchè per risparmiare 200 Euro avevo fatto scalo a Milano, Dusserdolf e Abu Dabi. Se da un lato questo mi ha tolto qualche buon mese di vita (ero davvero sfinito, avevo lavorato come un matto e dormito niente fino a poco prima di salire in aereo) dall'altro mi ha dato l'occasione di incontrare ad Abu Dabi Yi, un ragazzo cinese che studia a Milano e stava tornando a casa per le vacanze estive. All'arrivo all'aeroporto di Pudong, Yi e la sua famiglia mi ha preso in carico come fossi stato del clan, col calore che poi avrei scoperto essere tipico dei cinesi del sud.



Primi problemi.

Senza che nessuno gli chiedesse niente, il padre di Yi ha preso in mano i miei documenti e ha chiamato l'università per avvisare che sarei arrivato la sera e non il mattino anche se io non sapevo il perchè e allora è arrivata la prima doccia fredda: c'è stato un errore, niente alloggio fino all'inizio dei corsi, quattro giorni dopo. L'università mi lasciava a me stesso per qualche giorno. Caricato il bagaglio nella loro macchina (uno zaino da 35 litri per due mesi di permanenza), seduto nel retro con altri tre ragazzi, sono partito per scoprire che ero ufficialmente invitato allo sport nazionale cinese: mangiare!
Mi è parso incredibile come mi hanno subito preso con loro e si sono preoccupati di aiutarmi, ma questo è niente: dal pomeriggio alla notte un cugino di Yi mi ha accompagnato fino dentro Shanghai, in giro per le strade e gli ostelli, finchè non ho trovato una sistemazione. Tutti gli alberghi puzzolenti della periferia mi hanno mandato via non appena mi hanno visto occidentale, alla fine son dovuto andare al "meno economico" albergo di fianco alla facoltà, arrivandoci in piena notte. Dodici ore di sonno di fila e un risveglio confuso, chiedendomi dove mi trovavo.



Shanghai.

Il giorno prima ero davvero troppo stanco e preoccupato per rendermi conto di cosa avevo attorno, ma il mattino mi sono svegliato, ho indossato le scarpe e mi sono messo a correre in una direzione a caso, cercando di scuotere il corpo e la mente dalla strapazzata e dal torpore, sfruttando l'effetto benefico delle endorfine. È stato l'inizio dello stupore: strade enormi, tre, quattro, cinque piani di cavalcavia, auto che viaggiavano più alte dei palazzi, e vetro, acciaio, cemento nell'afa incredibile. Ero a Shanghai, ho iniziato a capirlo solo allora: non ero più nella piccola cittadina dimenticata da Dio dove sono cresciuto, ma in Cina! Odori ovunque nonostante il cemento, di frittura, cucina e tubi di scarico, la gente che mi guardava come fossi stato un alieno (occidentale, barbuto, che per di più correva senza un motivo e in una giornata già prossima ai quaranta gradi!), scooter carichi in ogni modo, gente che camminava con la pancia di fuori, donne con l'ombrellino per conservare la pelle bianca, rumore, incessante e onnipresente rumore che non mi avrebbe lasciato mai prima di arrivare nella Mongolia Interna!
Shanghai, la metropoli del vizio, della corruzione, delle lotte tra spie e doppiogiochisti, ancora oggi, affascinante e seducente come una bella donna in un abito rosso.

Corso di lingua.

Pochi giorni dopo ho iniziato il lato "istruttivo" dell'aventura: in una classe della Donghua University ho iniziato un mese di corso intensivo di lingua cinese. Dopo un test, sono andato in una classe che era assolutamente oltre le mie capacità, e lì sono rimasto. Le lezioni erano in inglese e mi mancavano moltissime delle parole sia dell'inglese che del cinese, ma la grammatica della parte precedente la sapevo già e non mi andava di rifarla. Risultato? Una difficoltà enorme. Lo studio di quel periodo è stato impegnativo, le prime due settimane le ho fatte quasi chiuso in college, uscendo pochissimo, poi ho fatto qualche amicizia e ho incominciato anche ad uscire e smettere di fare lo studente-jedi.


La classe era internazionale, si parlava inglese e la difficoltà maggiore per me erano proprio i madrelingua. Capivo benissimo una ragazza inglese, ma contemporaneamente mi sono ritrovato a parlare con gente del New Mexico, California, Australia e altro, e questo minestrone di accenti mi ha mandato in palla per un paio di settimane. In particolare le frasi zeppe di espressioni fatte e slang sono state uno scoglio piuttosto duro. Alla fine però son riuscito a farci l'orecchio e tutto è andato meglio.
Nel complesso è stato un bel corso, forse un po' meno serio di quanto mi aspettavo, ma non tempo sprecato. L'ultimo giorno si è concluso con una piccola "prova finale": ogni classe doveva fare una esibizione di fronte a tutti gi altri corsi. Quelli del livello linguistico più basso hanno cantato una canzoncina e per primi, estremamente intimiditi e imbarazzati, ancora ne stanno ridendo loro stessi. Dalla seconda esibizione si è entrati in confidenza e tutto è andato più liscio: un ragazzo ha fatto un balletto divertente, noi abbiamo fatto un breve ballo latino americano e la mia compagna giapponese è andata su di giri per l'emozione e sbagliato tutti i passi, abbiamo riso tutto il tempo ma il massimo è stato Willie Barela, un giovane produttore cinematografico del New Mexico (The Road To Freedom): si è sistemato docilmente sul palco, l'accompagnatore ha fatto due giri di chitarra come introduzione, poi lui ha preso fiato e si è lanciato in una demenziale canzone composta la sera prima in rigoroso growl cinese. Quasi svenivo dalle risate. Il sobrio direttore dell'istituto, invece, serio e tronfio per tutto il tempo delle esibizioni precedenti, pareva dovesse morire da un momento all'altro.. o uccidere Willie!


La città.

Shanghai è in Cina, ma non è Cina. New York a confronto pare una vecchia zia. Grattacieli ti circondano ovunque, il numero di abitanti ufficiale e quello non ufficiale non coincidono mai, 22 milioni secondo delle stime e 32 secondo altre, certo è che è immensa, modernissima, affascinante. La zona di Pudong, mi hanno spiegato, nel 1995 era campagna, e ora è una selva di grattacieli, ultramoderno centro finanziario di Shanghai, importante hub economico della Cina intera e dell'Asia. Lì in mezzo ti senti piccolo davvero. Lì come nel resto della città ti accorgi di come le cose corrono veloci, e ci si sente indietro o ci si scopre centometristi.
Il mezzo con cui ci si muove di più a shanghai è la metropolitana, aperta nel 1995 è ora la più grande del mondo con le sue 11 linee, le sue stazioni di dimensioni immense ...si cammina anche un quarto d'ora solo per cambiare linea e le prossime dodici linee che arriveranno la renderanno forse inarrivabile per alcune decadi. Rimane il mezzo più efficace per girare la città e i suoi prezzi son bassi.
Anche il taxi non è una cattiva idea. Pur essendo i più costosi della Cina continentale, i taxi di Shanghai sono anche i più efficienti, i tassisti usano sempre il tassametro e in un modo o nell'altro ti portano a destinazione. Quando ho avuto dei problemi, hanno avuto a volte più pazienza di quanta ne avrei avuta io. Esemplare il caso in cui avevo il nome di un locale e la sua via solo in lettere romane e senza accenti. Ogni sillaba, in cinese, può avere quattro toni e ad ogni tono possono corrispondere vari caratteri, ad ogni carattere un senso. Si può ben capire che sparare due sillabe senza toni ad un tassista equivale a dirgli "Presto, in una direzione a caso!". Bene: ha tirato fuori una cartina e piano piano abbiamo scelto tre vie, poi, spiegando cosa dovevo fare abbiamo ristretto il campo a due e siamo andati in una scelta a sorte (poi quella giusta). Potete stare certi che un tassista di Pechino mi avrebbe mandato a quel paese con un insulto a mandorla, lo fanno per molto meno.



Lasciarla.

Finito il corso, ho in contrato due romani simpaticissimi che hanno vinto alla grande la mia allergia per gli italiani all'estero, e sono andato con loro a Pechino. Poco importava se ci si era appena conosciuti: a pelle ci si è trovati bene e si è partiti per la capitale. Andati alla Hongqiao Railway station, abbiamo preso il treno superveloce e siamo arrivati alla capitale in appena cinque ore. Il mio non era un addio a Shanghai: avevo lasciato una valigia nuova di zecca all'ostello!


Pechino

Se Shanghai è una perla tra i rossi rubini, Pechino è diamante: cinese davvero, nostalgica di Mao, ideologizzata, culturalmente attiva, grande, affascinante! Il suo inquinamento proverbiale ti accoglie come nebbia, il vento non tira che sporadicamente, l'aria è impregnata di appiccicoso grigiume che ti avvolge in pochi istanti.
Ci siamo sistemati in un ostello della stessa catena di Shanghai, ma il servizio si mostrò subito differente, le persone erano più sbrigative e meno cortesi, avevano una considerazione del turista e dell'occidentale decisamente meno lusinghiera: benvenuto a Pechino, il centro del mondo, capitale del Paese di Mezzo. L'ostello era ad un tiro di schioppo da piazza Tian'An Men e subito mi sono precipitato a vederla... immensa! Quella piazza è gigantesca! Ho impiegato mezz'ora per attraversare la strada e percorrerla da un lato all'altro, con lo sguardo ebete del turista, affascinato da tale immensità.


Di fronte, la Città Proibita, al cui ingresso l'enorme volto di Mao ricorda come il potere cambi solo nome e nel farti accedere alla residenza dei mandarini pare ingoiarti per farti sparire nel passato. L'aggoettivo "immensa" vale anche per la Città Proibita, ci volgiono ore solo per percorrerla nella sua lunghezza, è un bellissimo esempio del lusso delle grandi dinastie del passato, ricca di storia e colori.
Ho visitato gli hutong, vera antica pechino sempre più distrutta per fare spazio a pacchiani palazzoni, ho girato nei mercati, Jingshan Park, il Tempio del Cielo, palazzi vari, camminato per le strade perdendomi apposta ...non ricordo mai nomi e date, ma ho un senso dell'orientamento perfetto e ritrovo sempre la via e mi sono stordito, ubriacato di Pechino e della sua bellissima vita.
Purtroppo poi, il male del viaggiatore mi ha colpito: il giorno prima di andare a mangiare serpenti, scorpioni e scarafaggi, sono andato in un ristorante che aveva addirittura le tovaglie ? mai capitato prima tale lusso, mangiavo spesso in strada e naturalmente poi ho passato alcuni giorni chiuso in albergo... niente serpenti, sarà alla prossima.


Ripresomi ho visitato la Grande Muraglia dal paesello di Badaling, andandoci controvoglia perchè non volevo fare il solito turista ma allo stesso tempo non potevo tornare a casa senza dire di averla vista. Si tratta quasi di un dovere, come vedere la Torre Eiffel a Parigi, non puoi esimerti.
Grazie "senso del dovere"! La muraglia è bellissima, sono stato felicissimo di esserci andato, aver camminato per ore sulla cresta delle montagne, aver fatto foto con una dozzina di cinesi incuriositi dalla mia presenza. Ho odiato i megafoni sparsi per la campagna, perchè mi hanno privato dell'unico momento di possibile silenzio, ma aver visto le nebbie avvolgere i suoi merli, la gente affannarsi nelle sue salite, la natura che la circondava ha ripagato di tutto. Presto ci tornerò, non vedo l'ora.



Mongolia Interna
I cinesi viaggiano in treno, con posti economici, ammucchiati e spesso ad orari impossibili, è così io, in un treno notturno da Pechino a Huhehaote (o Hohhot per gli inglesi), senza posto a sedere, sdraiato per terra con degli operai shoccati dal giovane straniero (ergo ricco) che rideva e scherzava con loro sul pavimento. Due hostess sono venute a dirmi di prendere un posto a sedere, ma ho rifiutato: il prezzo del mio biglietto era uguale a quello delle persone attorno a me, sarebbe stata un'ingiustizia avere il posto a sedere solo perchè occidentale! Quel mio reiterato rifiuto mi ha reso più simpatico e fatto fare un viaggio tra persone ancora più amichevoli, allietato dalla chitarra di un giovane immigrato indiano, elemento estraneo come me.


Alloggiato nell'albergo più pulcioso e sporco in cui sono mai finito, frequentato da coppie gay che si incontrano di nascosto e sfigati occidentali che si fidano di guide aggiornate con segnati alberghi inesistenti (sì, degli alberghi nella guida non ne esisteva neanche uno), faccio un giro per la città di quasi tre milioni di abitanti e scopro una Cina ancora diversa, con gente più timida ma anche più incuriosita e ben disposta, meno abituata agli stranieri. Strade sconnesse, mercati all'aperto, centri commerciali con le commesse che vanno in palla appena le rivolgo la parola, cielo stupendamente azzurro e un bel fresco dopo il caldo soffocante del sud. Mi sento rinato, mi sento sano dopo l'intossicazione alimentare, quel posto mi piace e cammino e cammino ancora. La città è nuova, non esiste o non trovo una "città antica", ma non importa, la vita che ci vedo mi piace, e non incontro un solo occidentale per tutto il tempo. Cina, Cina vera, povera, orgogliosa.
Il giorno dopo salgo su un pullman e vado a Xilamuren, un villaggio di jurte avvolte attorno ad un mastodontico hotel di lusso a forma di anch'esso di jurta. Vado dritto da un allevatore e un giro a cavallo nelle pianure ripaga tutta la scomodità del viaggio.
Nel tragitto, andata e ritorno, sono pedinato dalla polizia: salivano a controllare se ero nel pulman, controllavano dove stava "l'italiano" facendo finta di niente e scendevano. Sapevo che erano lì per me, ma ho fatto finta di niente ogni volta.



Xian
La parte antica di Xian è bella e affascinante, mentre l'esterno è una selva di grattaceli, l'interno delle mura è ricco di edifici antichi ma è allo stesso tempo moderno e vitale, dinamico, in molte zone la gente si veste diversamente, sono più occidentali in un modo difficile da descrivere. In Cina una pantalone, una maglietta e delle scarpe si indossano senza nessuna coordinazione e con strani conceti di taglia, ma lì le taglie in genere erano giuste, coi jeans non vedevi sandali, pinocchietti con mocassini in finta pelle... è stato strano accorgersene, c'era un gusto più occidentale pur essendo immersi in vie cinesissime.


C'è un quartiere musulmano, a Xian, dove bastano pochi passi nei mercati e le viuzze ti portano in un mondo parallelo, in cui visi estremorientali portano con sé usanze antiche e identità custodite gelosamente, sincresie culturali e modi di vivere differenti. Cosa mai successa prima, gli anziani si infastidiscono per la macchina fotografica, una giovane donna si rifiuta di vendermi datteri e si rivolge a me con inatteso disprezzo, ma allo stesso tempo dei giovani macellai a lavoro scherzano volentieri con me. Questa comunità è controllatissima, ha subito molto in passato e ancora è tenuta da parte dalle istituzioni, la sua diffidenza ha radici profonde, ma è al contempo una comunità affascinante e vitale. Perdermi nel loro quartiere, dove non incontro un solo viso occidentale, è inebriante.


A Xian, sempre dentro le mura, si trovano anche delle vie "internazionali" con bei pub, costosissima birra tedesca e cucina occidentale ? o un apprezzabile tentativo di farla. È stata una sorpresa essere fermato da dei cinesi che, parlandomi in inglese, facevano a gara a chi indovinava la mia nazionalità (con loro rinunciavo a definirmi sardo, italiano andava bene), oppure finire a bere sodo con un gruppo di ragazzi, scherzando del mondo e prendendo in giro le auto da truzzo parcheggiate poco più avanti. Non me l'aspettavo. È stato proprio grazie a loro che ho perso il pulman per l'esercito di terracotta e rinunciato ad andarci. Altro motivo per tornarci.

Ancora Shanghai e Huaxizun.

Dopo due mesi, forse era il caso di andare a visitare il villaggio su cui dovevo scrivere la tesi, e quale soluzione migliore dell'andarci l'ultimo giorno, dato che l'aereo partiva a notte fonda?
"Il villaggio numero uno al mondo", "I primi sotto il paradiso", "Il villaggio più ricco del mondo" e altre espressioni simili sono quelle che designano Huaxi, il villaggio col pil pro capite più alto della Cina, famoso come il primo della classe in tutto il paese, bellamente ignorato dal resto del globo.


In questo villaggio, grazie alla crezione di alcune holding e ai miracoli del mercato azionario, sono tutti ricchissimi, formalmente. Le poche migliaia di abitanti del villaggio sono benestanti, gli altri dai vilaggi vicini fanno gli operai, ma non risiedono lì quindi non "abbassano" il livello di ricchezza formale.
Elemento cardine della pianta di questo villaggio è un grattacielo, vanto e orgoglio del villaggio di contadini arricchitisi con la finanza, "il più alto grattacielo rurale al mondo" - mi domando quanti siano i grattaceli rurali al mondo - che si vede da oltre mezz'ora prima di arrivarci, modernissimo. Si tratta di una struttura alberghiera di lusso in cui cinque piani si visitano a pagamento: the Metal club, The wood Club, The water Club, The fire Club e The Earth club, piani ricoperti rispettivamente di oro, legni, acque dolci e salate, atmosfera di fuoco tramite alta tecnologia ottica e vari tipi di pietre.


La principale attrazione è, naturalmente, il piano dorato, dove tutto, anche le bacchette del ristorante, è dorato, e il cui pezzo forte è il toro d'oro massiccio che troneggia davanti a te appena vi entri: trentacinque milioni di euro, grossomodo, il suo valore. Sarebbe bello comprare Il Toro pagandolo con quel toro.
A Huaxi capito in mezzo ad una ventina di pulman di scolaresche e io ed il mio amico Andrea siamo gli unici occidentali. Andrea, per giunta, è alto due metri in un paese dove persino io sembro avere una statura dignitosa. Risultato? Una folla di ragazzini ci segue, ci filma col telefonino mentre passiamo, ci saluta in coro, fa foto assieme a noi, provano a dire qualche maldestra parola di inglese, ci circonda, ci osserva. Un'esperienza esilarante.

È dopo quest'ultimo villaggio che vado dritto all'aeroporto e torno in occidente, in Belgio, dopo un totale di 52 ore di viaggio (dalla partenza della mattina per il villaggio) e sei ore di fusorario. Dodici ore di sonno profondisssimo, il primo caffè in moca dopo oltre due mesi di porcherie solubili o Red Bull, e alle due del mattino, mentre la mia ragazza ancora dormiva, ho riguardato per oltre un'ora le foto fatte in quel pezzo di vita appena concluso, soffocato e confuso dallo stesso magone che mi aveva fatto piangere al decollo dell'aereo, oramai il giorno prima.
Ora sto dando il mio meglio, lavorando, calcolando e pianificando per bene il prossimo viaggio nella Grande Cina, zaino in spalla e cuore in mano, perchè quel magone non mi è mai passato, nelle vene mi è rimasto qualcosa di bellissimo, che ormai è parte di me.


Simone scrive di sè: Amante dei viaggi backpacking e solitari, già ai tempi dell'università compravo ogni biglietto economico che trovavo e spesso partivo senza dire niente a nessuno. Col tempo ho fatto del viaggiare con bagaglio minimo e la minima spesa quasi una scienza, unendo così necessità e piacere. Appassionato di arti marziali e del silenzio della natura, il dedicarmi fin dalla tenera età al trekking mi ha portato quasi naturalmente ad altre discipline outdoor e ad una conoscenza profonda di tecniche e materiali, così testo e recensisco tutta l'attrezzatura che mi capita a tiro e controllo la qualità per alcuni marchi del settore, a partire dalle tende da campeggio . In tutto questo, la fotografia è un necessario e irrinunciabile piacere.



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avataradmin
inviato il 16 Aprile 2013 ore 13:11

Complimenti per questo splendido reportage! :-)

avatarjunior
inviato il 16 Aprile 2013 ore 14:39

:-) Grazie mille! Spero di poterne preparare altri quanto prima!

avatarsenior
inviato il 16 Aprile 2013 ore 15:01

Complimenti davvero interessante

avatarsupporter
inviato il 16 Aprile 2013 ore 15:46

Ciao Simone, devo farti i complimenti per questo racconto davvero affascinante.
Mi hai fatto conoscere una parte della Cina (Paese che non ho ancora visitato) diversa dal solito e descritta
in modo fluente che mi ha subito appassionato. Molto ben scelte anche le foto che accompagnano il racconto.
Ti auguro di poterci tornare presto con piu' padronanza della lingua cosi' avrai da raccontarci ancora
la tua nuova esperienza nella Grande Cina.
Auguri e a presto.
Ciao, Lully
P.S. Scusa, ma gli zoccoli che calzava la sposa in rosso, erano provvisori o quelli per la cerimonia?

avatarsenior
inviato il 16 Aprile 2013 ore 15:59

Non ho MAI letto un racconto dalla prima all'ultima parola, ma il tuo mi ha catturato e quasi sicuramente lo rileggero'...
Hai fatto un genere di viaggio che farei io immediatamente, purtroppo non avendo tempi cosi' lunghi da dedicarvi devo sempre e solo ripiegare nel classico viaggio da turista.
Ti rinnovo i miei complimenti e la mia invidia nei tuoi confronti.;-)
Ciao
Fede

avatarjunior
inviato il 16 Aprile 2013 ore 17:38

Grazie mille Francy Lully e Fede, non mi aspettavo dei complimenti! E grazie anche per gli auguri e per aver chiuso un occhio sui miei refusi MrGreen
Lully non so darti una risposta certa, ma con quel che mi è capitato di vedere è possibile si sia sposata con quella roba ai piedi. Ho visto cose che voi umani... eheh! Ti dico solo: uomini col gambaletto di nylon col pizzo...

avatarjunior
inviato il 16 Aprile 2013 ore 17:49

complimenti Simone, bellissimo reportage di viaggio
vorrei poter anche io farmi un viaggio in Cina. Sono cinese, nato in Italia, e escludendo quei viaggi per vedere i parenti, io la cina con le varie sfumature, diversità, colori, culture non lo mai vista e conosciuta.
ancora complimentiMrGreen

avatarsenior
inviato il 16 Aprile 2013 ore 18:10

Reportage bellissimo! adoro il medio oriente, io vivo ancora con la speranza di poter tornare in Jappone, stavolta assieme alla Reflex proprio per immortalare come si deve i posti che mi sono rimasti nel cuore.

avatarjunior
inviato il 16 Aprile 2013 ore 18:25

Grazie Luca! Ti auguro di farlo quanto prima, merita davvero. Se puoi farlo solo, parti solo :-)
Antoni, thnx, ora sono io ad invidiare te, ancora il Nippone mi manca, non riesco a metterlo in agenda prima di qualche anno purtroppo - rosico rosico rosico. Ti auguro di tornarci il prima possibile e.. anzi guarda, ne stavo parlando due settimane fa con degli amici che vogliono andarci, vai su zingarate.com, nel forum c'era un annuncio per voli per il giappone a 380 euro. Spero queste informazioni ti possano tornare utili :-)

avatarjunior
inviato il 16 Aprile 2013 ore 20:37

B.E.L.L.I.S.S.I.M.O
È il primo ed unico reportage che ho letto tutto d'un fiato! e dire che sino ad'ora avevo iniziato a leggerne diversi sulla cina, ma non ero mai arrivato alla fine, perchè noisi e troppo "routard style"... il tuo invece è un invito all'avventura e alla scoperta della vera essenza del viaggio. Spero ci torni presto in quei posti, così con il tuo reportage è come se avessi viaggiato con te!!! ciaooMrGreen

avatarjunior
inviato il 16 Aprile 2013 ore 20:53

Che reportage appassionante....complimenti veramente :)

avatarjunior
inviato il 16 Aprile 2013 ore 21:04

Grazie Angiolett ed Erika! è il mio modo di viaggiare. Se son riuscito a trasmettere un frammento minimo di come vivo la serendipity e la scoperta allora son davvero contento :-)

avatarjunior
inviato il 16 Aprile 2013 ore 21:33

Ma sei sicuro di non essere parente di Chatwin? MrGreen

avatarjunior
inviato il 16 Aprile 2013 ore 22:05

Lol!MrGreen

avatarsenior
inviato il 17 Aprile 2013 ore 14:50

Bellissimo articolo, totalmente coinvolgente.
Complimenti!





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