| inviato il 01 Gennaio 2022 ore 15:31
Ciao a tutti, è un po' di tempo che mi ronza per la testa una domanda. Siamo ormai abituati ad avere una libertà quasi totale nell'elaborazione delle nostre foto digitali. Possiamo avere sotto controllo moltissimi aspetti dell'immagine, alteluci, ombre, saturazione, vividezza, nitidezza, contrasto, e sto elencando solo le più basilari. Io non ho alcuna esperienza con lo sviluppo e la stampa da pellicola. Mi sto chiedendo da un po' quali fossero le possibilità di editing nell'epoca analogica. Cosa e come era possibile agire sulle caratteristiche di ogni immagine? Capisco la possibilità di diminuire o aumentare l'esposizione di alcune parti attraverso diverse maschere prefabbricate, ma le alteluci? Era possibile correggere solo quelle in modo selettivo? E come aumentare il livello dei neri? Quanto tempo si ha a disposizione con la pellicola per effettuare tutte queste modifiche? A volte mi domando se le libertà che abbiamo oggi tolgano attenzione alla parte compositiva e ne mettano troppa sull'elaborazione creativa e originale. In fondo, se non sto semplificando troppo, la scelta più importante in analogico era quella del tipo di pellicola, che dava un'impronta caratteristica e riconoscibile a ogni fotografia. Stiamo semplicemente attraversando un'altra era di pittorialismo? In fondo alcune fotografie vengono elaborate in modo tale da sembrare veri e propri quadri. Un esempio è la foto vincitrice del 2021 del Landscape Phtotographer of the year in Gran Bretagna (https://www.lpoty.co.uk/gallery/2021/lpoty-2021-winners#galleryItem). Non riesco a togliermi il dubbio che questa non sia più una rappresentazione di ciò che ho visto, dell'oggetto in sè, ma una sua versione abbellita, come se le cose non riescano da sole a suscitare meraviglia per come sono. Ci siamo abituati a troppi effetti speciali? Sono tante domande. In fondo sono forse semplicemente simpatizzante di una rappresentazione in cui si colga meno la soggettività (ovviamente mai eliminabile) di chi scatta e più la natura della cosa. |
| inviato il 01 Gennaio 2022 ore 16:52
Possibilità tra modifiche digitale/pellicola: 1.000.000/1 Se conosci la post produzione digitale dovresti studiare le tecniche di sviluppo del negativo e le tecniche di stampa analogica per riuscire a comprenderne le differenze |
| inviato il 01 Gennaio 2022 ore 17:29
Non era solo la pellicola a dare l'impronta determinante alla futura stampa, ma anche gli sviluppi (e relative temperature e tempi di utilizzo), il tipo di carta, ma anche qui i relativi acidi. Ma pure la stessa lente (analogamente alla ripresa) e lo stesso ingranditore, anche se ovviamente per ottenere l'effetto desiderato occorreva poi una profonda preparazione e conoscenza degli elementi da gestire. A parte che la stessa latitudine di posa sopportata da alcune pellicole già poteva offrire risultati diversi a seconda della sensibilità "impostata" e poi elaborata in sede di sviluppo. Confrontando a fondo i due modi (pellicola/digitale) alla fine ci si può rendere conto che la gamma di interventi disponibili per ottenere la stampa finale, a ben vedere, non fossero poi tanto numericamente diversi: semmai le modalità erano differenti, per ovvie ragioni operative. |
| inviato il 01 Gennaio 2022 ore 18:34
Le immagini impressionate su pellicola si possono modificare, post-produrre se vuoi (a partire dall'esposizione e dal tipo di sviluppo fino al trattamento della stampa in camera oscura). Meno facilmente e probabilmente in maniera meno estrema rispetto al digitale, ma alla fine sempre di una manipolazione e quindi di una interpretazione della realtà si tratta. Non vedo in questo senso una chiara differenza tra analogico e digitale, né la nascita di rivoluzionarie correnti artistiche. Ciao e buon anno. |
| inviato il 01 Gennaio 2022 ore 21:16
No ma infatti è un argomento che non conosco proprio. Io presumo, sicuramente sbagliando, ma chiedo proprio a voi di farmi capire, che le possibilità più ampie del digitale abbiano per forza modificato la nostra idea di cosa sia una bella foto. Diciamo che in una scala di interpretazione che va dal mostrare l'oggetto, o l'evento, in sè (impossibile) al mostrare la mia soggettività spogliata dell'oggetto, mi sembra che ci siamo sempre più avvicinati a quest'ultima. Molte foto divengono basi su cui dipingere letteralmente per aggiungere sfumature, foschie, illuminazioni, raggi di luce, viraggi di colore innaturali. Non c'è nulla di sbagliato in questo, spesso si creano immagini anche molto suggestive, però mi sbra che si sganci sempre di più dalla cosa e si avvicini all'idea che ho della cosa. O forse addirittura, a essere maliziosi, a come penso che la cosa possa essere apprezzata da più persone possibile. Sempre che la pellicola desse un limite più stretto a questi interventi, mi chiedevo se questa limitatezza facesse sforzare di più i fotografi a cercare soggetti che valeva davvero la pena di inquadrare. |
| inviato il 01 Gennaio 2022 ore 21:59
'Sempre che la pellicola desse un limite più stretto a questi interventi, mi chiedevo se questa limitatezza facesse sforzare di più i fotografi a cercare soggetti che valeva davvero la pena di inquadrare.' Direi di sì ed aggiungerei, sperando di non banalizzare, che con la pellicola si meditava di più prima di scattare per almeno altri due motivi pragmatici: il costo e, a meno di macchine moderne automatiche ed autofocus, i tempi necessari per impostare l'esposizione corretta e la messa a fuoco manuale. Con il digitale i costi per fotogramma sono irrisori, e grazie agli automatismi permettono scatti praticamente istantanei dopo aver composto. |
| inviato il 01 Gennaio 2022 ore 22:24
Parlare di pellicola tout court non è corretto; le possibilità di intervento erano molto diverse in base al tipo di pellicola: - negativi colore e diapositive hanno processi standard quindi in fase di sviluppo non si fanno in pratica interventi (salvo processi push e pull per utilizzare una pellicola sensibilità diverse da quella nominale; - negativi B&N consentono molti più interventi in fase di ripresa-sviluppo (le due cose sono strettanente correlate). Da ciò che scrivi credo tu ti riferisca alle pellicole B&N anche se mischi un po' di cose dello sviluppo e un po' della fase di stampa (mascherature e bruciature); se l'argomento ti interessa ti consiglio di leggere "il negativo" di Ansel Adams che spiega molto bene i concetti su cui hai le curiosità che hai espresso. Non c'è bisogno di approcciarlo per forza con la volontà di apprendere e praticare il sistema zonale, molto più semplicemente troverai le risposte che cerchi in maniera molto più corretta, completa e strutturata di quanto potrai ottenere con enne risposte in un forum (se si parte da zero, come in questo caso). |
| inviato il 01 Gennaio 2022 ore 23:12
Grazie Diebu del chiarimento! Che lo sviluppo delle pellicole a colore non ammetta modifiche è per me un'informazione nuova e molto interessante! Segnato il volume di Adams tra le cose che cercherò in biblioteca prossimamente. Grazie! |
| inviato il 01 Gennaio 2022 ore 23:19
La domanda é molto interessante e anche le risposte precedenti, diciamo che più che il mezzo, é la persona a determinarne le differenze. Io sviluppo in entrambe le "camere" (chiara e scura, ma in entrambe non sono bravo. Conosco le potenzialitá di un computer e le potenzialitá di prodotti chimici, cartoncini e pennelli, il problema é che se prendiamo un bravo fotografo che sa post produrre in digitale e lo confrontiamo con la mia post produzione in c.o., sicuramente la risposta alla tua domanda va a vantaggio dell'epoca moderna, ma allo stesso tempo, confrontando un bravo fotografo che sa post produrre in camera oscura con me al computer.. ti farebbe ricredere. Questo per dire che in effetti c'erano (e ci sono) manuali sulla post produzione in fotografia analogica che contengono gli stessi concetti e processi di manuali di post produzione in digitale, cambia il modo.. ma non il risultato... Qui sul forum qualcuno aveva postato questo link.. abbastanza impressionante archive.org/details/completeselfinst10schr/page/238/mode/2up |
| inviato il 02 Gennaio 2022 ore 0:07
Provo a dire la mia, da esordiente della pellicola con un passato digitale alle spalle (in genere è il contrario). Ho allestito la mia camera oscura da poco più di un anno ma, con il mio maestro di camera oscura ho passato qualche centinaio di ore a guardare ed a fare. Quindi diciamo che ho contezza di entrambi i mondi. Rispetto al digitale, le possibilità in camera oscura non sono infinite ma ci vanno molto vicino. Certamente non è 1 milione ad 1 come scritto prima (e non me ne abbia l'autore dell'affermazione). La differenza è che il digitale è più veloce e meno dispendioso nel fare tentativi e prove prima della stampa finale e, soprattutto nello sviluppo del negativo, è reversibile. Mi spiego. Gli interventi sul negativo (vale soprattutto per il BW perché sul colore c'è molto meno margine e sulla diapositiva anche meno, come ha già scritto Diebu) partono dalla fase di ripresa in cui "tirare" una pellicola rispetto alla sensibilità nominale, è già una scelta che condizionerà tutto il workflow. A quel punto interviene la fase di sviluppo. Utilizzare metolo o fenidone o entrambi in diverse percentuali, influisce molto sulla resa finale. Idem per tempi, temperature ed agitazione della tank. Ed anche qui, una volta fatta la scelta non si torna indietro. Il negativo così ottenuto è già un prodotto semi-finito. Non è paragonabile ad un JPEG ma nemmeno ad un RAW, visto che certe decisioni non hanno il tasto "ripristina". Ma abbiamo comunque tutta la fase di stampa in cui puoi scegliere obiettivo dell'ingranditore, tipo di carta, tipo di filtri, tipo di chimica per lo sviluppo della carta, mascherature, bruciature, doppie o triple esposizioni ecc ecc ecc ... Ogni intervento, però, è anch'esso irreversibile. Al massimo possiamo buttar via la stampa e ricominciare, ma abbiamo buttato via un foglio, un po' di reagenti e del tempo. Certo, avendo le idee chiare ed esperienza, questi sprechi tendono ad azzerarsi, ma non è certo facile come con un software che mi permette di fare 100 prove senza sprecare nulla, se non il tempo... Con il colore le situazioni si complicano ma non sono in grado di parlarne visto che ancora non sono autonoma in questo. Sicuramente il mio maestro potrebbe rispondere meglio ed avrebbe esposto meglio anche la fase precedente. Ma non è più qui sul forum e dunque dovrete accontentarvi dell'allieva |
| inviato il 02 Gennaio 2022 ore 0:44
Se parliamo di bn e di risultato finale (la stampa) non ci sono così grandi differenze tra le due tecnologie. Io trovo più semplice ottenere il risultato con un plotter che in camera oscura, soprattutto per il fatto che una volta trovata la quadra tutte le altre stampe saranno identiche. In camera oscura le mascherature non mi vengono sempre identiche, dipende dalla foto. La camera chiara permette di ottenere risultati eccellenti molto più velocemente. Un buon stampatore (con anni di pratica alle spalle) sarà in grado di raggiungere gli stessi livelli, ma io per esempio non conosco alcun amatore a quel livello. Per la cronaca, ho provato a confrontare stampe fatte da me in camera oscura (di medio alto livello ma non proprio professionale/museale) con la stampa digitale da scansione. Devo ammettere che le differenze sono veramente minime, sfumature; le immagini se messe sotto vetro sono assolutamente indistinguibili. Una volta prese in mano le differenze (soprattutto tattili) ci sono, ma parliamo veramente di piccoli dettagli. Per quanto riguarda il gusto e il risultato finale, la fotografia digitale (soprattutto, ma non solo quella) fornisce degli strumenti che possono stravolgere il momento dello scatto. Questa possibilità è un arma potentissima, che spesso ci si ritorce contro se non la usiamo “con gusto”. Io credo che nel 2022 quando guardiamo una immagine non dobbiamo “vedere” la realtà ma pensare di stare vedendo quello che l'autore vuole comunicarci. Se i colori saranno troppo saturi, freddi o caldi, poco importa se abbiamo chiaro nella nostra mente che questa è una interpretazione della realtà e nulla più. Personalmente mi fanno sorridere quelle fotografie con colori così tanto irreali (senza volerlo…), come quando nei negozi di televisori proiettano delle sequenze di acquari o vegetazione, così verde che manco la velvia 50 polarizzata e sottoesposta… |
| inviato il 02 Gennaio 2022 ore 8:05
"Cosa e come era possibile agire sulle caratteristiche di ogni immagine?" Io ho stampato 38 anni a pellicola e 14 anni in digitale, sempre attrezzatura professionale di ripresa e stampa, e sempre nello stesso formato, minimo 30 x 40 cm, da oltre mezzo secolo. Detta in due parole, a pellicola si può fare molto di quello che si può fare in digitale, ma a prezzo di rotture di maroni imponenti, tremende, galattiche. Il WB lo cambi con i filtri, io ne avevo due set per due diametri diversi di filettatura, ma la stima del WB da correggere la devi fare ad occhio prima dello scatto e dunque ci vuole molta, molta esperienza, il doverlo fare prima spesso ti inchiappetta, butti via lo scatto, e son quattrini, in digitale lo scatto non costa, a pellicola costa. I fotomontaggi si fanno come in digitale, mettevo un vetro a 13,5 cm dal piano della carta e sul vetro ci mettevo le maschere ritagliate con le forbicine ed un bisturi, tenute ferme da pesini di piombo e/o scotch: cambiando il diaframma dell'ottica dell'ingranditore cambi la sfumatura del bordo dell'immagine ottenuta per maschere Non ce la fai a cambiare un cielo quando ci sono delle foglie, non arrivi a quella precisione lì, mentre in digitale lo fai in un click. A colori non puoi agire localmente, a meno che tu non ti sviluppi date e stampi da te, e sulle diaposive non ci fai nulla dopo lo scatto Raddrizzavo le linee cadenti inclinando la testa dell'ingranditore e mascherando l'esposizione per aree. Per fare l'effetto "flou", morbido, io mettevo una calza da donna a maglie più o meno strette davanti all'obiettivo in B&N, a colori lo fai male, ti rifila una dominante cromatica,ci vorrebbe bianca neutra e non esiste, a volte usavo la reticella delle bomboniere, le fanno anche sono belle bianche . Si può sbiancare localmente la stampa con l'apposito liquido, la sbianca, o se la vuoi solo più chiara, mascherando, o la puoi fare più scura o nera bruciando con l'esposizione, avevo tutta una serie di palettine di dimension diverse, col buco e senza il buco. In sviluppo puoi avere sviluppi che danno grana grossa o grana fine, sviluppi lith ad altissimo contrasto, etc. Puoi esporre molto e sviluppare poco per ridurre il contrasto del negativo, oppure fare l'inverso, esporre poco e sviluppare molto, per incrementare il contrasto del negativo. In tutti i casi, per cambiare il contrasto e bene usare quella tecnica e non cambiare la temperatura dello sviluppo. Io ero arrivato a fare anche le maschere di contrasto sui negativi 6X6 Si può fare quasi tutto a pellicola, ma lo fai con molta minor precisione che in digitale e lo fai, ripeto, a prezzo di rotture di coglioni fenomenali, tremende, galattiche, ed il processo non è mai veramente ripetitivo, non ce la fai a fare due stampe perfettamente uguali, mai. A pellicola, soprattutto nel colore, tu non puoi avere sotto controllo tutto, devi forzatamente demandare ai tecnici che fanno la pellicola un sacco di scelte strategiche, tipo IL WB, l'impostazione cromatica di base (dominante, saturazione colori, contrasto,etc) nel colore, e l'associazione dei toni di grigio ai vari colori nel B&N, tanto è vero che ci sono diverse pelicole a seconda della scena o del soggetto da fotografare, ritratti, paesaggi, etc. Cambiando pellicola, cambi la fotografia praticamente in tutto. Detta in altre parole, a pellicola demandi la profilazione dell'immagine (toni luminosi, cromatismo e contrasto) a chi produce e sviluppa la pellicola: a me questo ha sempre fatto girare, e di molto, i coglioni, perché quelle scelte me le voglio fare da me e soprattutto perché le faccio meglio io che fotografo la mia scena, che un tecnico che fa una profilazione media standard. In digitale sono finalmente libero di fare da me tutte quelle scelte. Ovviamente, dando maggiore libertà al fotografo ed a chi fa il fotoritocco, per fare le cose fatte bene, ci vuole molta più conoscenza tecnica che a pellicola, anche in campi che non sono fotografici: questo ha procurato una caduta qualitativa grossa, un ruzzolone forte, della qualità media delle immagini anche stampate che si vedono in digitale, c'è veramente pieno di pattume a giro, ma anche creato delle Fotografie di qualità molto più alta che a pellicola, fatte da chi sa il fatto suo in ripresa, fotoritocco e stampa. Io non tornerei indietro alla pellicola nemmeno se mi picchiassero, perché oggi ottengo una qualità molto più alta di stampe che a pellicola, sia colore che in B&N, e lo ottengo con molta più facilità che con la pellicola. Ma se uno con la pellicola ci si diverte, lo faccia, se la goda e viva tranquillio! |
| inviato il 02 Gennaio 2022 ore 10:37
“ Io non tornerei indietro alla pellicola nemmeno se mi picchiassero, perché oggi ottengo una qualità molto più alta di stampe che a pellicola, sia colore che in B&N, e lo ottengo con molta più facilità che con la pellicola. Ma se uno con la pellicola ci si diverte, lo faccia, se la goda e viva tranquillio! „ Se sei soddisfatto così è giusto aver abbandonato la pellicola, ci mancherebbe, anche se è davvero un peccato che queste competenze e queste professionalità vadano perse. Hai elencato molto meglio di me tutti gli interventi che si possono fare in camera oscura e mi fa piacere che anche tu abbia confermato che tutto ciò che si ottiene in digitale lo puoi fare anche in analogico. Solo ad un costo maggiore, economico e di tempo, come avevo scritto anch'io. È chiaro, in un mondo che vuole tutto, subito, senza faticare e senza studiare, la pellicola è spacciata. Ma era giusto precisare che i limiti sono solo nelle capacità di chi la usa e di chi la tratta. La qualità delle stampe, ben inteso, in mani esperte, non è affatto inferiore al digitale. Purtroppo per il colore richiede una curva di apprendimento lunga, per cui per il momento io ho affiancato digitale ed analogico che possono convivere benissimo. E visto che a me la camera oscura diverte molto, continuerò ad usarla insieme alla stampante digitale. Le contrapposizioni di guelfi contro ghibellini le lascio ai libri di storia |
| inviato il 02 Gennaio 2022 ore 10:50
“ Ci siamo abituati a troppi effetti speciali? „ Claudio, tralascio le tue domande sulle possibilità di intervento nel flusso di lavoro a pellicola rispetto a quello digitale alle quali hai già avuto risposte dettagliate. Rispondendo alla tua domanda citata, io credo di sì. A me pare che sia molto in voga la tendenza ad elaborare il paesaggio per imbottirlo degli effetti più vari, allontanandosi dalla rappresentazione della scena reale. Senza voler giudicare un'eventuale esigenza espressiva da parte di alcuni, noto però che si diffonde la necessità di stupire per forza, caricando le immagini con luci, saturazioni, cieli e colori irreali. Credo che ciò sia anche frutto dell'inondazione continua di immagini che si subisce quotidianamente, per cui diventa sempre più difficile "farsi notare"; credo che se questo sia in parte comprensibile come necessaria esigenza (se professionisti), lo trovo spesso semplicemente una smodata ambizione (se amatori). Purtroppo anche concorsi e forum vari ne sono contagiati. Personalmente, un rullino di diapositive ogni tanto lo trovo una buona dieta purificatrice. |
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