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I cieli dell'Argentina (2010)


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I cieli dell'Argentina (2010), testo e foto by Juza. Pubblicato il 15 Giugno 2011; 4 risposte, 6586 visite.


Circa un anno fa, avevo scritto un articolo sul mio viaggio in Argentina, poco dopo il ritorno. A prima vista ero soddisfatto del risultato, ma dopo una seconda lettura l'articolo finì nel cestino... questo è uno dei motivi per cui sono un fotografo e non uno scrittore: è davvero difficile trasmettere certe emozioni, sentimenti e immagini attraverso la scrittura, senza cadere nel classico diario di viaggio uguale a tanti "stato qui, fatto questo". Immaginate di sognare che state volando, quindi vi svegliate e cercate di raccontarlo ai vostri amici: il sogno sparisce nelle parole banali con cui cercate di descriverlo. Dov'è finita l'emozione di sentirsi senza peso nell'aria? La meraviglia nel guardare il paesaggio dal cielo? Tutto è scomparso, e la vostra fantastica storia è diventata una breve, fiacca frase che sarà scordata in pochi minuti. Ora, un anno è passato da quando sono sbarcato a Buenos Aires col mio buon amico Emanuele Castronovo, e ho deciso di ritentare la scrittura del racconto. Mentre passa il tempo e i ricordi si affievoliscono e si mischiano, volevo creare una sorta di foto scritta delle tre settimane passate a vagabondare nell'estremo sud dell'America; storie, pensieri, sentimenti e esperienze.





La Penisola di Valdes

All'inizio del nostro viaggio non avevamo ancora una chiara idea di come spostarci, così noleggiammo un'auto all'aeroporto di Trelew. Era una piccola auto da sessanta cavalli che in qualche modo riusciva a combinare i consumi di una sportiva con la velocità di un bradipo. Presto sentimmo l'esigenza di soprannominarla "Poderosa", sia come ironico riferimento allo scarsissimo motore che come tributo ad Ernesto "Che" Guevara e al suo viaggio in motocicletta. Che Guevara era nato a Rosario, Argentina, e quando aveva vent'anni partì per un lungo viaggio in sud America.

La Penisola di Valdes è un'area pianeggiante di 3600 chilometri quadrati; è coperta da sabbia, deserto, laghi salati, praterie e ampie estancias dove pecore e cavalli passano il loro tempo nell'arsura. Vivendo in Italia, non siamo abituati a vedere così tanto spazio vuoto. Era strabiliante. Nonostante l'ambiente ostile, in realtà a Valdes c'è una grande abbondanza di vita: foche, leoni marini, armadilli, guanachi, volpi e un'infinità di uccelli. Un pomeriggio decidemmo di guidare per due ore lungo le sperdute strade sterrate per raggiungere una colonia di leoni marini. Guidare su questi percorsi dà l'idea di essere in un rally - ma il limite di velocità è 50 km/h e, anche se non ci sono controlli, c'è un ottimo motivo per evitare le grandi velocità: la ghiaia che copre la maggior parte degli sterrati dà pochissima aderenza ed è molto facile fare incidenti. Più di una volta rischiammo di "parcheggiare in un fosso", e spesso i sassi colpivano il fondo dell'auto con una forza preoccupante. Arrivammo appena in tempo per il tramonto, e una volta presi gli obiettivi cominciammo a strisciare nella sabbia per avvicinarci ai leoni marini. Questi animali arrivano a pesare oltre 300kg e, nonostante assomiglino a grosse lumache obese, possono essere sorprendentemente veloci: è meglio tenere una distanza di sicurezza, i maschi adulti possono essere aggressivi. Non sono esattamente belli, ma i cuccioli sono molto teneri.

Come fotografi naturalisti, avevamo apprezzato molto gli ambienti selvaggi e l'abbondanza di animali di Valdes; come viaggiatori romantici, ammiravamo le estancias che sorgevano in zone remote, i tramonti infuocati e i colorati locali. Nell'atmosfera pacifica e rilassata di Puerto Pyramide, un piccolo paese di Valdes, c'era qualcosa che posso descrivere bene con queste parole del mio compagno di viaggio: "sembra un posto da hippie, come se delle comunità degli anni 60 e 70 si fossero stabilite qui". Non so quanto possa essere accurata questa immagine un pò fantasiosa, ma certamente descrive perfettamente "La Estacion", un pittoresco pub che visitammo più di una volta. Le pareti, i tavoli, i sofà e addirittura le sedie erano dipinti di colori intensissimi, e un poster del nostro buon Bob Marley completava l'atmosfera gioiosa di quel posto: "Rise up this mornin', Smiled with the risin' sun, Three little birds Pitch by my doorstep, Singin' sweet songs Of melodies pure and true...

Lasciammo la Penisola di Valdes con l'impressione di stare vivendo uno dei libri di Sepulveda o Bruce Chatwin. Emanuele dormiva sempre col famoso libro "In Patagonia" di Chatwin sotto il cuscino; non era mai difficile svegliarci presto, perchè la realtà era affascinante come i nostri sogni, come i racconti narrati nei libri d'avventura. Il volo per Ushuaia, invece, fu un pò meno romantico. Tutto iniziò con un'attesa insolitamente lunga per salire a bordo. Una volta seduti, l'aereo non diede segni di voler partire. C'era qualcosa che non andava? Dopo un pezzo, l'hostess ci disse di lasciare l'aereo e tornare nella sala d'aspetto: c'era un grave problema con uno dei motori e sarebbe servito un certo tempo per sistemarlo. Una, due, tre ore... il tempo passava e noi ci accampammo nell'aeroporto, assieme agli altri scocciati viaggiatori. Dopo parecchie ore, avevo quasi perso le speranze e mi addormentai. Erano le due di notte quando Emanuele mi svegliò "Stiamo partendo!". Il motore era stato riparato (si spera) e l'aereo era pronto per il decollo. La nostra avventura andava avanti.


Ushuaia, fine del mondo e il Canale di Beagle

Erano circa le quattro quando atterrammo a Ushuaia. Quanto ero stanco! Dopo aver preso i bagagli, ci incamminammo verso l'uscita. Emanuele stava per lasciare l'aeroporto quando gli dissi "Che stai facendo?" - "Beh, sto uscendo, vuoi restare in aeroporto?" - "Sì...dove pensavi di andare alle quattro di notte?". Il mio tono, volutamente un pò acido, era una conseguenza del nervoso per il volo problematico...in ogni caso, ci rendemmo presto conto che non c'erano altre opzioni se non aspettare il giorno, dato che non avevamo prenotato nulla. Cercammo un posto tranquillo, coprimmo il pavimento con giubbotti e teli e cercai di dormire un pò usando lo zaino come cuscino. Finalmente mi addormentai; verso le sette ci svegliammo e mossi i primi passi fuori dall'aeroporto, nell'aria fresca della Terra Del Fuoco. In confronto con le temperature caldissime della Penisola di Valdes, qui era abbastanza freddo, ma nel complesso piacevole. Era una giornata soleggiata e il paesaggio di fronte a noi era stupendo.

Un taxi ci portò nella piccola città. Avevamo chiesto un ufficio turistico, ma fummo lasciati di fronto a un ostello. Forse il conducente non comprendeva quello che avevamo detto, o forse aveva capito alla perfezione quello che eravamo: due backpacker con pochi soldi e tanti sogni di avventura. L'ostello, decorato con cartoline e centinaia di foto, aveva due ragazzi dall'aria hippie alla reception. Pagammo due letti e chiesi alcuni consigli per le escursioni "che ne dite di questo", "si può fare un giro in barca", "quanto costa" ..."Perchè tante domande" disse il tipo con la barba lunga e folta "Fatelo e basta. Divertitevi!". Probabilmente apparivamo un pò superficiali, così preoccupati dell'organizzazione, di costi e date... dopotutto, il nostro viaggio doveva essere un'avventura, quindi "proviamo e si vedrà..."

Stare in un ostello solitamente è una bella esperienza, e in molti ostelli dell'Argentina è veramente eccezionale. Il nostro era semplice, pulito e amichevole. Ancora una volta, lo "spirito di Bob Marley" era qui; gente da tutto il mondo che vive assieme in un'atmosfera di pace e collaborazione. One Love! All'inizio, serve un pò di tempo per entrare veramente nella comunità; il problema è tutto nostro: spesso portiamo con noi sentimenti negativi, diffidenza per lo straniero, e tante preoccupazioni tipiche della cultura occidentale. Messe da parte queste preoccupazioni, si riesce ad unirsi al gruppo. Ovviamente questo non significa essere sempliciotti, ingenui, significa solo guardare le altre persone con spirito positivo! Mi ricordo il momento della colazione, c'erano un pò di biscotti preparati dai ragazzi dell'ostello, e una cucina liberamente utilizzabile da chiunque. Una volta conclusa la colazione, ognuno lavava le stoviglie utilizzate, in modo che fossero pronte per la prossima persona. Nulla di speciale, ma è una di quelle piccole cose che ti fanno sentire in una grande famiglia invece che in un albergo.

Nel tardo pomeriggio, partimmo per un'escursione in barca nel mare di fronte a Ushuaia. Il Canale di Beagle non è solo un posto sulle mappe, è anche un luogo nella mia immaginazione: ho fantasticato spesso sugli esploratori dei secoli passati che navigavano su queste acque, tra queste terre estreme... potete immaginare quanto sia affascinante essere realmente in un posto tanto sognato! Quanto lasciammo il porto, c'era una pioggia leggera ma continua, e il cielo era coperto da nuvole scure.




La nostra piccola imbarcazione era condivisa con altre cinque persone provenienti da vari paesi - un tipo dall'Europa dell'est, una coppia Australiana e altri due uomini. Dopo un paio d'ore di navigazione, sbarcammo su un'isoletta disabitata. Il terreno era soprendentemente scivoloso e soffice, dava l'impressione di camminare su delle molle; tutto era coperto da muschi, vegetazione bassa e licheni. La pioggia si stava facendo più intensa e il vento era gelido. Un tempo, gli Yaghan vivevano qui: queste primitive popolazioni indigene vivevano cacciando foche e leoni di mare, che davano loro sia carne che grasso. Non utilizzavano vestiti, ma avevano un metabolismo più alto del normale, che gli permetteva di soppravvivere nudi nelle fredde temperature della Terra Del Fuoco. La loro impressionante resistenza agli elementi non fu abbastanza per sopravvivere alla "civilizzazione", e la maggior parte dei nativi morì per le malattie portate dagli europei.

La storia di uno di questi nativi è particolarmente interessante. Nel 1830, il capitano della Beagle lo comprò (in altre parole rapì) assieme ad altri tre Yaghan, allo scopo di creare degli interpreti che avrebbero dovuto aiutare a civilizzare - o conquistare - queste terre. L'indigeno, che aveva appena 14 anni, fu chiamato "Jemmy Button" perchè il prezzo per il suo acquisto fu un bottone di madreperla. J.B. visse in Gran Bretagna per un certo tempo, imparò la lingua e divenne un classico gentleman inglese. Un anno dopo la Beagle tornò in Terra del Fuoco e Jemmy fu liberato. Durante il viaggio di ritorno, Jemmy conobbe il giovane Charles Darwin, che era a bordo della nave come geologo e scienziato; Darwin descrisse J.B. come una persona solare e intelligente. Nella sua terra madre, Jemmy tornò rapidamente alle sue tradizioni e sparì assieme alla moglie. Alcuni anni dopo, venne accusato del massacro di alcuni missionari, di cui negò la responsabilità. Apparve un'ultima volta nel 1863, poco prima di morire di morbillo.


Trekking in Terra Del Fuoco

Il giorno successivo fu dedicato al trekking. Il paesaggio era affascinante perchè montagne, mare, torrenti e foresta si mischiavano, e c'erano ben poche tracce dell'uomo; anche gli animali sembravano più confidenti, come se ci fosse un equilibrio invisibile tra uomo e natura. La foresta era un intrigo di alberi e vegetazione lussureggiante; piccoli torrenti spesso incrociavano il nostro sentiero, mentre altre zone erano coperte da torbiere e praterie. Talvolta il blu del mare appariva tra gli alberi; era un giorno soleggiato con un clielo azzurro limpido, e l'aria era piacevolmente fresca. La maggior parte degli alberi erano coperti da licheni, e alcuni fiori aggiungevano qua e là uno sprazzo di colore.

Camminammo tutto il giorno e infine ci fermammo a cena in un piccolo ristorante di ritorno in paese. In Argentina, bisogna aspettare un bel pezzo anche per un semplice sandwich, e se ordinate un piatto più complesso, preparatevi ad attendere un'eternità. In ogni caso, la cucina generalmente è buona; la lunga attesa dà molto tempo per parlare, e posso davvero dire che io e il mio compagno di viaggio abbiamo parlato di tanti argomenti. Avevo conosciuto Emanuele nel 2009, durante un viaggio in Finlandia con altri fotografi; alcuni mesi dopo, in settembre, avevamo passato tre settimane viaggiando in Madagascar. Da allora siamo stati buoni amici, quindi ero felice di partire nuovamente con lui per un altro viaggio - in origine, Emanuele aveva organizzato il viaggio in Argentina con vari amici, ma come spesso accade, questi rinunciarono e alla fine restammo solo in due. Quando si passa così tanto tempo a viaggiare con una persona, si finisce per parlare del significato della vita o cose del genere, perchè non importa quanto si parli di auto, ragazze, musica e così via, ci saranno sempre momenti in cui ci si stanca di parlare delle cose di tutti i giorni, e si entra in discussioni filosofiche. Mi ricordo che discussi con E. la domanda da un milione di dollari, il senso della vita, in uno sperduto albergo senza elettricità in Madagascar, trecento chilometri dalla città più vicina. Era notte e c'era un cielo stellato stellato, c'era quel tipo di atmosfera fuori dal tempo che ispira certi momenti.

A proposito di vita, rischiai la mia ancora una volta il pomeriggio successivo, quando presi l'aereo per El Calafate. Odio di cuore viaggiare in aereo perchè non si ha controllo; come passeggero, posso solo sperare nelle capacità del pilota nel caso ci sia un problema. Quando si tratta di spostarsi in Europa, se possibile preferisco passare un giorno o due in viaggio con la mia auto piuttosto che volare (è anche un buon modo per risparmiare sul noleggio di un'auto), ma quanto la destinazione sono paesi lontani...i voli sono inevitabili, quindi metto da parte le paure e parto. Ok, magari non ho mai rischiato veramente la vita, ma sicuramente in certi momenti ho avuto questa impressione... il problema al motore che aveva ritardato il volo Trelew-Ushuaia mi rendeva un pò nervoso all'idea di prendere un altro aereo, e durante il volo per El Calafate ci trovammo in mezzo a turbolenze veramente pesanti. Comunque sia, ancora una volta l'aereo atterrò senza incidenti...


I prati fioriti di El Calafate

Stavamo camminando in una piccola strada di El Calafate quando vidi uno spettacolo strano e triste. Un cane randagio aveva cominciato a seguirci. All'inizio eravamo un pò preoccupati, ma presto realizzammo che non era aggressivo. Poi passò un'auto... davanti ai nostri occhi esterefatti, il cane corse verso la macchina - pensavo che si sarebbe ucciso, invece all'ultimissimo momento evitò l'impatto. Passò un'altra auto, e il cane ripetè questo inspiegabile comportamento. La scena fu ripetuta varie volte, e tutte le volte sembrava che il povero animale finisse sotto le ruote, ma alla fine riusciva sempre a evitare lo scontro. Mi lasciò un misto tra incomprensione e tristezza. Cosa può portare un cane a comportarsi in questo modo? Disperazione, tendenze suicide, pazzia?

Appena fuori il paese, c'era uno stagno dove ci avevano detto che si potevano fotografare fenicotteri e altri uccelli. Quello che non ci aspettavamo era che lo stagno fosse circondato da un'infinita distesa di margherite alte un metro! Scattai anche qualche buona foto agli uccelli, ma il vero spettacolo era il posto. Il vento creava onde nel campo di fiori, mentre gli ultimi raggi di sole accarezzavano il paesaggio nella loro luce dorata.




Le margherite, fotografate con un tempo di scatto lungo, sembravano un dipinto. Il paesaggio era così bello che continuammo a fotografare finchè la luce non sparì completamente; allora raccogliemmo i nostri obbiettivi e ci incamminammo verso l'ostello. Fu qui che incontrai un altro fotografo, Jacob F. Stava facendo un viaggio molto simile al nostro: Valdes, Terra Del Fuoco, Torres Del Paine, El Chalten, ma il suo viaggio sarebbe durato tre mesi, non solo tre settimane come il nostro. Ci raccontò delle sue avventure in Cile: una notte si era svegliato alle tre e aveva camminato per ore per raggiungere il punto di vista migliore sui monti all'alba... le sue foto erano davvero stupende. Mentre aspettavo un sandwich al bacon ordinato nel piccolo ristorante dell'ostello, parlammo molto di viaggi e fotografia; è sempre una bella esperienza incontrare qualcuno che condivide le proprie passioni. A volte invidio persone come F. che passano mesi in giro per il mondo, la loro avventura è molto più intensa di quella del classico viaggio di 10-20 giorni. Mi chiedo però se farei veramente lo stesso: ad oggi, preferisco viaggi più brevi; mi piace l'avventura, il diverso stile di vita e la conoscenza di culture diverse, ma mi piace anche la vita in Italia. Anche se mi affascinano coloro che fanno viaggi di mesi, ho trovato il mio equilibrio nell'alternare spesso periodi a casa e periodi in viaggio.

Il giorno prima di partire per il Cile visitammo il Perito Moreno, uno dei ghiacciai più famosi della Patagonia. Il muro di ghiaccio è alto 70-80 metri, largo oltre due chilometri e lungo trenta; spesso grandi lastre di ghiaccio precipitano nell'acqua in un fragore assordante. Il ghiaccio aveva tutte le tonalità dal bianco al blu intenso, e creava forme che ricordano cristalli giganti, castelli e creature di fantasia. Il cielo plumbeo contribuiva a quell'atmosfera che amo: spesso i giorni di sole mancano di quel fascino magico e misterioso dei cieli nuvolosi. A volte le nuvole sono così spesse e scure che sembrano quasi un tetto, come se la terra fosse un'enorme stanza riempita con montagne, oceani e miliardi di persone, tutti sotto lo stesso tetto. E che dire del manto di nebbia che avvolgeva i monti in lontananza? Cosa si nascondeva dietro quel sipario bianco... altri ghiacciai, meraviglie della natura, o le pareti della mia immaginaria enorme stanza? Il "c-c-crack-kaboom" di un'altro blocco di ghiaccio, decine di tonnellate che precipitavano da settanta metri di altezza, mi svegliò dalle mie fantasie. Era tutto il pomeriggio che stavo cercando di fotografare gli iceberg che cadevano in acqua, ma se continuavo a perdermi nei sogni non avrei mai portato a casa la foto... torniamo sulla terra, giusto per un poco.


Torres Del Paine, Cile

Era ancora notte quando salii sul bus che ci avrebbe portato a Torres Del Paine. Il cielo era coperto e, come al solito, c'era un forte vento. Il mio amico si addormentò presto, mentre io preferivo stare sveglio a guardare il paesaggio passare dal finestrino. Pochi chilometri fuori dalla città, eravamo nella natura selvaggia: i telefoni avevano perso segnale, non c'erano più case, solo pampa a perdita d'occhio. La pampa è un ambiente tipico del Sud America: praterie e steppe con pochissimi alberi. Alcune zone sono sfruttate per l'agricoltura e l'allevamento, ma molti posti rimangono intatti.

Sul confine Argentino ci fermammo in un piccolo ufficio nel bel mezzo del nulla. Sembrava più una casa che un ufficio; attraverso una finestra aperta, si vedeva una stanza con un tavolo da biliardo, probabilmente uno dei pochi modi per far passare il tempo quando si vive in un posto fuori dal mondo. L'intera casa-ufficio aveva un aspetto antico, come se fosse stata costruita negli anni sessanta e da allora non fosse cambiata. Mentre aspettavo in una lunga coda, e fu davvero un'attesa interminabile, osservavo con attenzione i dettagli della piccola stanza dove, passo dopo passo, stavo lentamente arrivando verso l'ufficiale che controllava i passaporti. Sul muro, c'era la foto di qualcuno - un militare - sembrava molto giovane, forse 25 anni o qualcosa del genere, e aveva un'espressione seria, senza emozioni. Doveva essere qualcuno importante perchè la carta ingiallita della foto sembrava antica, come se quel ritratto fosse stato appeso lì dall'inizio del mondo. Mi chiedo quanti decenni avesse passato a guardare infinite persone passare davanti ai suoi occhi stampati, dalla solitudine della parete...




Una delle cose che rendono i monti del Paine così particolari è la loro insolita tonalità di colore - la banda centrale di granito ha un colore grigio chiaro, mentre la parte superiore è marrone scuro. Ci sono diversi sentieri tra i monti, e alcuni richiedono 8-9 giorni; lungo i percorsi, si possono trovare strutture che vanno da campeggi e ostelli ad alberghi di lusso. I prezzi sono molto alti in confronto con l'Argentina, e anche gli ostelli tendono ad avere un aspetto più turistico, meno amichevole. In ogni caso, la meravigliosa natura del parco merita davvero una visita. Diverse specie di uccelli possono essere viste da breve distanza, e i guanachi spesso si trovano addirittura lungo la strada sterrata. I tre giorni passati a camminare tra monti e laghi furono una bella esperienza, ma sinceramente mi mancava l'atmosfera calda e accogliente dell'Argentina. Fortunatamente, la successiva tappa del viaggio fu un posto assolutamente unico, una delle più belle esperienze del viaggio.


Montagne di un altro pianeta

Mentre il bus si avvicinava a El Chalten, pensavo che il Cerro Torre ha un aspetto irreale, anche visto da enorme distanza. Spiccava dal resto del paesaggio anche se era ancora distante un centinaio di chilometri. Sembrava parte di un pianeta alieno - un'immensa colonna di roccia circondata da altri monti spettacolari: Torre Egger, Punta Herron, Cerro Stanhardt, Fitz Roy. Mi è stato detto che la maggior parte dell'anno è nascosto dalle nuvole, e noi siamo stati veramente fortunati a trovare tre giorni di cielo limpido, con una veduta perfetta sulle vette.

El Chalten è un piccolo paese dove l'aria è sempre fresca e le ampie, vuote strade sono spesso il regno di silenzio e tranquillità. Lungo queste strade, ogni tanto vedevamo auto che sembravano cadere a pezzi; ad alcune mancavano i fanali, altre erano divorate dalla ruggine, ma ancora si trascinavano pigramente nelle vie del paese. La sistemazione che avevamo scelto era un piccolo ostello con le pareti blu. Visto da fuori, non aveva un bell'aspetto - una struttura vecchia con un'insegna appena leggibile. Tuttavia la stanza era semplice e pulita: più che sufficiente per noi. Era una stanza da quattro persone ma a quanto pare non c'erano molti altri turisti all'ostello, così diventò la nostra stanza personale per le tre notti passate qui (al prezzo di appena 5-6 euro a notte!). Alla reception dell'ostello c'era un tale che passava il tempo a guardare video di aerei in uno schermo dell'età della pietra. Lo schermo doveva essere rotto perchè era più verde di un prato in primavera, ma il nostro silenzioso amico - da quanto mi ricordo non ci rivolse mai parola - non sembrava preoccuparsene, mentre guardava un video dopo l'altro. La Patagonia è un posto dove scene un pò strane sono all'ordine del giorno.

Avevamo una piccola mappa fotocopiata che ci era stata data all'ufficio turistico. Quando arrivammo all'ufficio con altri viaggiatori, gli impiegati dedicarono un certo tempo a illustrare il posto e la loro filosofia: nel possibile, tutto era gratuito. Campeggi gratuiti, nessuna tassa per entrare nel parco, e una mappa in regalo per voi. Ci spiegarono che per via del budget limitato non avevano molte mappe, quindi se a qualcuno non serviva, "la può lasciare per qualche altro viaggiatore". Questo spirito di onestà, amicizia e cooperazione, un pò perso a Torres Del Paine dove si paga - e salato - per ogni cosa, era adesso ritrovato in questo posto sperduto dell'Argentina. Ci sentivamo a casa.

Sulla mappa, c'erano due sentieri che si potevano fare in una, due ore; il primo portava alla vista sul Fitz Roy, mentre l'altro al mirador sul Cerro Torre. Completammo entrambi i percorsi, ma la luce non era un granchè per le foto, così proposi ad Emanuele di svegliarsi di notte per cercare di raggiungere il posto all'alba...non accettò la proposta, ma ero veramente determinato a portare a casa buone foto dei monti, quindi decisi di andare per conto mio il mattino seguente. Mi svegliai alle quattro. Forse troppo presto? Camminare nelle strade deserte di El Chalten di notte era un'esperienza un pò inquietante. Alcuni cani randagi incrociarono la mia strada, senza però avvicinarsi. Vi dirò che non ero esattamente rilassato - che fare se un cane, o un branco di cani, mi avesse attaccato? Certo, potevo usare il treppiede come una mazza, ma avevo seri dubbi sulle mie capacità di autodifesa. Una volta lasciato il paese entrai nell'oscurità della foresta, e altre paure si insinuarono nei miei pensieri. "Un puma può fare salti di 12 metri" aveva detto Emanuele "e correre a 60 chilometri all'ora. E' anche un ottimo arrampicatore!". Nel buio, l'impossibilità di controllare pienamente la situazione ci rende più timorosi, pensieri che avevo dimenticato o ridicolizzato durante il giorno tornavano nascosti nelle ombre e nelle forme ambigue create dalla torcia.




Arrivai ben prima dell'alba, e fu una fortuna, perchè la notte era uno spettacolo. Avevo camminato - o corso - così veloce che dovevo stare a torso nudo nella temperatura gelida del mattino per far passare il calore. Montai il treppiede e iniziai a scattar foto del Cerro Torre. Wow. Ne era valsa veramente la pena. Il Cerro Torre è uno dei monti più affascinanti che abbia mai visto, è una roccia alta 3100 metri che sembra tirata fuori da un libro fantasy... è difficilissima da scalare, e la vetta è coperta dal "fungo", una struttura di ghiaccio creata dal vento e dalle condizioni atmosferische estreme. Pochissimi scalatori hanno raggiunto questa vetta ed è facile capire perchè...per oltre 900 metri, il monte è una parete piatta e verticale di granito. Era una visione d'incanto, e continuai ad ammirarlo finchè i primi raggi del sole lo illuminarono. Senza fretta, la luce dorata dipinse l'intera montagna di giallo, rosso e arancio. Tutto attorno a me, c'era il silenzio, un venticello fresco e una veduta incredibile.

Nel 1959, un alpinista allora trentenne, Cesare Maestri, cercò di scalare il Cerro Torre assieme a Toni Egger; quest'ultimo precipitò e morì, e Maestri probabilmente non raggiunse mai la vetta, anche se continuò sempre a sostenere di esser riuscito nell'impresa, ad eccezione del fungo di ghiaccio che non considerava parte della montagna. Nel 1974 ci fu la prima scalata documentata, e recentamente un altro gruppo di alpinisti ha raggiunto la vetta, incluso il "fungo". A volte penso allo spirito di avventura e alla determinazione di queste persone che rischiano la vita per raggiungere alcuni dei posti più inospitali del nostro pianeta... come esseri umani, abbiamo il desiderio di andare oltre i nostri limiti. Quando guardavo il Cerro Torre, ricordavo il mito di Ulisse, che nella leggenda cercò di andare oltre le colonne d'Ercole, fine del mondo conosciuto, dicendo che "fatti non foste per viver come bruti, ma per seguire virtù e conoscenza". Ammiro molto esploratori, scienziati, ricercatori, scrittori e tutti coloro che, come Ulisse, cercano di espandere la nostra conoscenza oltre gli attuali limiti; forse ci saranno sempre alcune cose nell'universo impossibili da comprendere per la mente umana, ma sono convinto che dovremmo sempre cercarne una spiegazione razionale. Per me, razionalità e conoscenza sono essenzialmente progresso e libertà; senza di esse è facile perdere la nostra libertà...

Un rumore di passi interruppe il mio momento filosofico, e un pittore Australiano, assieme a sua moglie, si fermarono ad ammirare il paesaggio assieme a me. Erano circa le nove quando ripresi il cammino verso El Chalten, ora era tutto in discesa, la temperatura si era fatta più calda e gli immaginari puma della notte erano scomparsi; ero quasi arrivato al paese quando incontrai Emanuele, che si era svegliato da poco. Ci fermammo a far colorazione in uno dei tranquilli pub del posto, nella silenziosa, rilassante mattinata.

I giorni in questo angolo di paradiso passarono velocemente, e infine salimmo sul bus per tornare a El Calafate, dove avremmo preso il volo per Buenos Aires e quindi per Iguazu, le spettacolari cascate poste esattamente al confine tra Argentina e Brasile. Dopo svariate ore lungo strade deserte, uno squillo sul cellulare mi segnalò che eravamo tornati "alla civiltà". Anche se non eravamo mai stati completamente senza connessioni col resto del mondo - non c'era copertura cellulare a El Chalten, ma era possibile comunicare tramite una lenta connessione internet via satellite - avevo veramente l'impressione di esser sulla strada per casa, con tutti i suoi pro e contro. Quando sono alla fine di un viaggio, ho spesso sentimenti contrastanti; mi spiace lasciare un posto che mi ha così tanto affascinato e al tempo stesso sono felice di tornare tra le persone care. Ma il viaggio non era ancora finito e ci riservava delle sorprese...


Buenos Aires, città del tango e del ricordo




Un'altra notte in aeroporto: ma pensavo "è per una buona causa, domani visiteremo le cascate di Iguazu". Sicuro. Dato che eravamo arrivati a tarda notte e il volo era al mattino presto, decidemmo che dormire nell'aeroporto era un buon modo per risparmiare un pò. Anche se l'aereporto di Buenos Aires è molto più caotico di quello di Ushuaia, di notte non c'è molta gente in giro. Dopo aver trovato un posto abbastanza tranquillo, costruimmo il nostro albergo quattro stelle con un telo, le giacche e gli zaini, e infine mi addormentai con le cascate in mente. Il mattino dopo, al check-in, scoprimmo che non avevamo completato correttamente la procedura di prenotazione, quindi non avevamo un biglietto e l'aereo era pieno: in pochi minuti, ci trovammo a dover cambiare i nostri piani, e decidemmo di passare gli ultimi giorni a Buenos Aires, per la gioia di Emanuele. Da questo punto di vista io e il mio compagno di viaggio siamo molto diversi - mentre a me piacciono quasi solo i luoghi naturali, Emanuele apprezza sia natura che città. Così, mentre per me le città sono un posto da cui scappare, per lui sono un'interessante opportunità. In ogni caso, non c'era scelta, quindi perlomeno "cerchiamo di tirar fuori il meglio da questa esperienza". Prima di tutto, ci serviva un posto dove dormire, e avevamo un nome in mente: nella nostra guida agli ostelli, ce n'era uno descritto come il centro della vita notturna, uno dei posti più folli in questa folle città. Ovviamente fu la nostra scelta.

Certamente, se volete un posto rilassante dove dormire, andate altrove: nell'ostello M., la musica vi terrà svegli ogni notte, a meno che non vogliate dormire sul tetto. A tutte le ore del giorno e della notte, c'è sempre qualcuno che fa casino nei corridoi. Nelle docce, nella stanza di fianco, o addirittura nel letto a castello sotto il vostro, facilmente troverete una coppia dedita ad "approfondire la reciproca conoscenza". M. significa party, party, party fino a ore assurde della notte, quando infine la musica si ferma e la folla lentamente scompare; la gente torna alle proprie stanze, qualcuno chiede disperatamente un ultimo drink, qualcun altro sta piangendo, gente ubriaca cammina a fatica cercando di rendersi conto di quello che succede, e le vostre orecchie protestano per l'abuso di decibel con un fischio risonante.

L'edificio è una vecchia e antica casa nel centro di Buenos Aires. Compilammo rapidamente le schede di registrazione, quindi ricevemmo un paio di coperte e le chiavi della nostra stanza, al quinto piano. La stanza era condivisa con altri quattro ragazzi; quando arrivammo, verso mezzogiorno, stavano dormendo. Non ci fu opportunità di parlare fino al giorno successivo, quando chiesi alcuni consigli su dove andare a cena a un tipo biondo che avevo sopprannominato "Sickboy", perchè era il perfetto alter ego del personaggio di Trainspotting. Sickboy e i suoi amici dormivano praticamente tutto il giorno, si svegliavano verso sera per poi tuffarsi nella roboante vita notturna della capitale argentina. Il nostro amico si dimostrò essere una persona cordiale così, dopo aver chiesto il suo parere sui posti da visitare, decidemmo di provare un ristorante che ci aveva consigliato. Inutile dirlo, non trovammo mai il ristorante, anzi in realtà ci perdemmo, e alla fine un taxi ci riportò all'ostello.

Nei pochi giorni passati nella capitale, ho visto uno scorcio di questa città che mi ha lasciato un pò di spunti di riflessione. La leggenda dice che il Tango nacque nei bassifondi di Buenos Aires, così non potevamo perdere l'opportunità di assistere a uno spettacolo di danza...o meglio, questo diceva Emanuele, io non ero così convinto, ma accettai e sono contento di avergli dato retta. Due coppie di ballerini mostrarono una notevole abilità, mentre la musica e le luci creavano un'atmosfera coinvolgente. Dopo lo show passammo un pò di tempo a passeggiare invece che tornare all'ostello. Anche a notte fonda, ci sentivamo tranquilli a camminare nelle "avenidas"; erano le due di notte ma c'era parecchia gente in giro, e l'unica cosa che ci spaventava erano i tassisti che guidavano come maniaci, come se volessero deliberatamente investire la gente. Ma era principalmente un'illusione; B.A. è una città dove bisogna tenere gli occhi aperti, perchè c'è sempre qualcuno che sarebbe felice di liberarvi dal peso del portafoglio. Nell'ultimo giorno di viaggio, il povero Emanuele perse la sua Nikon D300 e tre obiettivi perchè fu distratto per pochi secondi: non si accorse neppure del ladro, lo zainetto era semplicemente sparito. Non lo ritrovammo più, ma per fortuna Emanuele aveva una copia di backup delle foto.

Ma l'esperienza più toccante del viaggio fu la visita a Plaza De Mayo. Qui, ogni martedì, dopo decenni, le Madri Di Plaza De Mayo ancora protestano per ricordare i loro figli rapiti e uccisi durante la Guerra Sucia (guerra sporca). Uno dei loro slogan è ancora impresso chiaramente nei miei ricordi: "Hasta la victoria siempre querido filhos". Il tempo è passato, ma la rabbia per le atrocità commesse dalla dittatura di Videla e dall'infame governo di Isabel Peron non si esaurirà nel tempo. Negli anni tra il 1974 e il 1983, migliaia di persone sparirono: politici socialisti, giornalisti, attivisti politici, e anche centinia di bambini che non avevano altra colpa se non quella di avere genitori di sinistra. Il nome di uno dei bambini scomparsi viene pronunciato, e la folla risponde: "Presente". Centinaia di voci, assieme, per ricordare uno dei periodi più bui della storia dell'Argentina.


L'arrivederci

Un grande temporale segna la fine della nostra permanenza a Buenos Aires. In pochi minuti, l'acqua ingolfa i tombini, le strade diventano torrenti, le auto fanno surf in dieci centimetri d'acqua e i nostri vestiti si inzuppano; le luci dei negozi risaltano nel blu della pioggia torrenziale che sta scendendo dalle nubi plumbee. Ma lo scorrere dell'acqua e del tempo non porterà via i ricordi del mio viaggio sotto i cieli dell'Argentina...






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avatarsenior
inviato il 18 Aprile 2013 ore 21:37

Che emozioni, spero di viverle anch'io in un posto magico come l'Argentina.
Grazie per la condivisione.

avatarjunior
inviato il 10 Aprile 2014 ore 13:48

Sono stata a Ushuaia svariate volte, ogni anno a settembre ci vado...posto magnifico, come tutta l'argentina, del resto!

avatarsenior
inviato il 14 Marzo 2015 ore 9:06

Si legge molto volentieri: c'è scorrevolezza e ritmo!

avatarjunior
inviato il 10 Dicembre 2017 ore 23:37

Complimenti





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