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Ticino di acque uomini e aironi, I


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Ticino di acque uomini e aironi, I, testo e foto by Sergio Luzzini e Luigi Meroni. Pubblicato il 15 Giugno 2011; 75 risposte, 15962 visite.


"Attento! Quel sasso nell'acqua, è viscido e pericoloso." "Macché!!, ho provato di peggio, come quella volta, sul pontile ghiacciato ad Argegno, sul lago di Como. E quell'altra ancora, a Cameri, sulla sponda del Ticino."
Non c'è due senza tre, penso, ma il tempo per farlo non mi basta, e già l'immagine dell'intrepido nikonista, in barba a tutte le leggi fisiche, in un batter d'occhio abbandona la postura verticale, assumendo quella orizzontale sospesa nel vuoto, con le gambe che per un attimo sembrano cercare nel cielo quello che più non trovano sulla terra. Poi il tonfo, di schiena, fra mille spruzzi d'acqua. E il mio sogghigno; bastardo!
Comincia così la nostra avventura al Gottardo, nella sgradevole umidità di un laghetto alpino, a causa di un bagno imprevisto e fuori stagione ma grazie al quale, per ironia della sorte, si compose presto la carica per tradurre in realtà l'idea di un nuovo Ticino, a vent'anni dal primo nostro libro sulla sua natura. Da quel momento in poi avremmo percorso in lungo e in largo i territori del Fiume Azzurro, dimenticando di lì a poco anche la tragicomica avventura.




"Il Ticino ha due madri". La terra del Nufenen, lo partorisce la prima volta. A una quindicina di chilometri in linea d'aria, al confine col Canton Uri, una seconda genesi, sulla sommità del Gottardo, dove da un'altra piccola sorgente sgorgano acque fredde e cristalline che dopo avere percorso la valle costeggiando la Tremola, si uniranno alle prime nei pressi della variopinta cittadina di Airolo per dare vita al grande Fiume Azzurro e al suo parco fluviale, il più esteso in Europa.
A volte si sale alla Novena, al confine con la Formazza, dove ci sono i forcelli, le pernici e le simpatiche marmotte. Poco sotto il passo, a quasi 2500 metri di quota, sorvegliato da candide stelle alpine e curiosi merli d'acqua il ruscello, timido e introverso, per la prima volta vede il chiarore del sole. Qui in inverno, la neve cade copiosa sulla natura e sulla civiltà. Nella trepidante attesa della nuova stagione quando, al cospetto delle nevi persistenti compariranno le variopinte primule, i fringuelli alpini, infreddoliti e affamati, si avvicinano con fiducia alle case, alle baite, ai rifugi, insomma all'uomo nella speranza, spesso esaudita, di trovare qualche briciola, quel tanto che basta a rendere sopportabile il peso del gelo. A guardarli bene dai nostri comodi e caldi giacigli, esitiamo a credere che in quei pochi grammi di piume e penne si possa muovere una vita, che resiste con grande forza alle condizioni più estreme.
Per contendersi quelle briciole le "star", messe da parte le buone maniere, se le danno di santa ragione. In maniera elegante però, aggraziata, in uno volo che sembra una danza, così agile e leggera che per un momento fa dubitare se anche per loro sia scritta una legge di gravità.




In primavera invece le praterie alpine si ricoprono di una moltitudine di orchidee. Rare, affascinanti, odorose o insapori,candide o variopinte, dalle forme svariate, celebrate nei romanzi di Marcel Proust, e di Gabriele D'Annunzio, protagoniste nella mitologia, che attribuisce loro proprietà curative per il corpo e per lo spirito, usate come filtri d'amore ovvero come ingrediente per le pozioni di magia nera e stregoneria. Giapponesi e cinesi scrissero e raffigurarono le orchidee. Confucio ne esaltò bellezza e profumi cinque secoli prima di Cristo. Da sempre sono state apprezzate e presenti nelle tradizioni di numerosi popoli, come simbolo di bellezza e amore.




Un'antica leggenda racconta di un fanciullo di nome Orchide, al quale erano spuntati due seni da donna. Con la crescita Orchide assumeva sempre più sembianze femminili nelle forme e nel comportamento. Evitato sia dalle femmine che dai maschi a causa della sua ambiguità un giorno, disperato, si gettò da una rupe e morì. Nel luogo della sua morte iniziarono a spuntare tantissimi fiori, tutti diversi tra loro ma allo stesso tempo simili nella loro grande sensualità, chiamati Orchidee dal nome del dubbio fanciullo.




Per salire al Ritom ci vuole un bel fegato, ci dicevano. Quando la funivia pende al novanta percento ti sembra di stare sullo Shuttle. Così ci siamo andati in auto, decisamente più rassicurante!
All'arrivo l'enorme facciata in cemento della diga non è una bella presentazione, ma una volta superato questo impatto si apre un fantastico scenario sul lago, una preziosa opera d'arte perfettamente incorniciata da ripidi pianori ricoperti di gigli, orchidee, anemoni e pulsatille, e popolati da culbianchi, codirossoni e da marmotte albine. Un versante della montagna è completamente ricoperto di rododendri in fiore, tra i quali fa capolino una marmotta. Più avanti, un sentiero porta al lago Cadagno dove, tra gli arbusti, si aggira, vera perla della fauna alata, il pettazzurro, che nelle torbiere del Ritom ritrova le condizioni ambientali simili a quelle della tundra artica dove normalmente vive.




Non sono certo che la marmotta sia attratta dal solito turista che si avvicina, con stravaganti attrezzi da ripresa appese al collo, e un'osservazione più scrupolosa mi conferma che l'oggetto delle sue attenzioni non è l'Homo technologicus, ma un'aquila che lentamente ruota nel cielo. D'un tratto si rizza sulle zampe posteriori, e lancia un primo allarme, due, tre fischi prolungati, ma non decisivi. Gli altri componenti della colonia la imitano, avvicinandosi senza indugio alle loro sicure tane.
Ma il rapace si avvicina troppo, e la sentinella lancia un breve ma determinato fischio; in pochi secondi la prateria rimane deserta, nessun rumore, nessun movimento. Solo un impavido adolescente, animato da un travolgente spirito di contraddizione, si sofferma per qualche istante sull'imboccatura della tana, ma il timore prende presto il sopravvento e con un salto improvviso scompare tra le viscere della terra.
Curiosa, attenta, la civetta capogrosso ci scruta lungo il nostro passaggio mentre scendiamo verso la cascata della Piumogna. Fa capolino da un foro che sembra costruito da un esperto artigiano. L'impavido costruttore è anch'esso un esperto, ma non è lei. E' un rumoroso picchio nero, che la scorsa primavera vi ha stabilito dimora, battendo e trivellando quel povero tronco fino a dilaniarlo, per modellare un foro largo e profondo dove ha riparato i suoi nidiacei per un mese e più.




Ma il picchio non si accontenta, deve preservare la sua fama da gran costruttore, così di anno in anno si prende la libertà, e di certo il gusto, di ricominciare a battere e scavare, volando tra una pianta e l'altra mentre urla come un forsennato per ribadire che lì c'è lui e nessun intruso deve metterci il becco! Ma così facendo lascia incustodita la vecchia residenza.
Il piccolo rapace notturno è invece più discreto, e si mantiene in disparte da tanto fragore, ma è attento e osserva con occhio oppurtunista l'instancabile imprenditore.
Il picchio è sì molto più grande, ma lei, la civetta, sa di essere un lesto rapace e di poter usare nel giusto istante il suo importante appellativo. Così, quando ritiene che sia giunto il momento, senza troppi preliminari né rumore si impossessa della casa altrui, con grande avvilimento del povero pantalone, che ancora una volta è costretto a rimboccarsi le maniche.




Nelle irte gole di Piottino appare una fugace figura, sembra una grande farfalla. Segue il corso delle acque tumultuose, poi scompare, riappare in un anfratto della sponda granitica, infine si mostra sotto noi in tutta la sua bellezza. Il picchio muraiolo è l'uccello farfalla, per le sembianze ed i movimenti leggeri ed aggraziati, per i colori sommessi che in primavera, d'un tratto, si ravvivano col sottogola nero e la macchia color rosso sangue sulle ali. E' solo il maschio a fregiarsi di una siffatta accuratezza, la femmina, con grande spirito di abnegazione, si occupa della famiglia e dei figli, trascurando anche la propria bellezza.
D'improvviso emerge da una crepa della parete, e nel volo ci degna di un solo sguardo, fiero ed altezzoso; poi si posa su di un masso lì vicino, muovendo incessantemente le ali, per metterne in mostra il raffinato colore purpureo.




Si alza il sole caldo che fa muovere un ignaro lepidottero, lui stesso grigio con macchie rosse e nere, forse una parnassius apollo, ma il muraiolo è più veloce della nostra certezza, e con un agile volo la raggiunge e cattura in un amen, senza fatiche né rimorsi. I giovani affamati attendono trepidanti e orgogliosi il padre,che si presenta col generoso boccone dopo avere mostrato alla progenie, non senza una generosa dose di supponenza, l'elegante sua abilità nella caccia. Il torrente adesso corre veloce nelle anguste pareti, per guadagnare presto i "Sass gross" di Giornico dove serpenteggia tra le sette chiese, formando un'isola. L'acquaiolo, dal muro a secco di un'orto ancora imbiancato dalla neve, intona melodiosi canti alla sua amata.
Poco più a valle enormi massi nascondono magicamente minuscole e curiose costruzioni, i grotti di Personico.
La radura che li ospita è vasta e luminosa e l'erba è soffice, ben rasata, i giganteschi aceri montani riparano dai raggi intensi del sole estivo e in autunno, dapprima tingono il fogliame di un bel giallo carico, poi lo stendono come un tappeto sul terreno, per proclamare un arrivederci alla stagione del risveglio, quando i meli e i peri per primi, ostentano i fragili e candidi fiori.




I grotti foderati di muschio poi, sono quanto di più incredibile l'uomo abbia potuto costruire; solo per metà, l'altra parte l'aveva già partorita la natura. Lo stesso nome che l'uomo gli ha attribuito ha voluto consacrare, e certo rispettare quella sagace struttura che la terra gli ha consegnato dopo averla disegnata qualche milione, forse miliardo di anni prima. Ma l'estro e la creatività dell'uomo non hanno limiti, e la mano ha voluto comunque fissare la sua impronta, colorando vivacemente le pareti esterne per dar vita alle cupe giornate del rigido inverno.
Libero dalle vertigini, dall'alto un picchio muratore ci scruta, e fischia senza tregua mentre, appartato in un angolo del prato, un gruppo di timidi caprioli ci osserva incuriosito, non impaurito.
D'un tratto, senza scomporsi, uno s'alza e si incammina lentamente scomparendo nel bosco, seguito da tutti gli altri. L'ultimo, il più curioso, si ferma per un istante, si gira verso di noi e ci scruta attentamente, mentre dalla Panda gialla emerge l'innocuo cannone "calibro 500" che subito apre il fuoco, scattando a raffica. In quell'attimo, fissando i suoi occhi dolci e scuri, una profonda riflessione pervade il subconscio, e spontaneo sorge il dubbio se non sia proprio lui l'abitante della foresta nascosta, l'elfo del bosco, simbolo della forza, dell'aria, della terra e del fuoco, che senza lasciare tracce si muove nella natura, concepita come entità, madre di tutti gli esseri viventi.
Il primo passo è fatto e la prima, vera foce raggiunta. Dopo una novantina di chilometri il torrente si ferma momentaneamente nelle fantastiche bolle, un ambiente fatto di boschi allagati, di canneti e di paludi dove le acque sono libere di muoversi al di fuori degli stretti confini creati dall'uomo lungo l'ultimo tratto. Le bolle sono lo sfogo naturale nei periodi di esondazione, prima che le acque si consegnino al grande lago Maggiore.




In primavera sono i gigli di palude a tingere le rive e a rendere vivibile il paesaggio ai visitatori e ai turisti. Le piste pedonali e i percorsi naturalistici che le attraversano sono assai frequentate dagli abitanti del Canton Ticino, armati di binocoli e macchine fotografiche, per non farsi sfuggire l'occasione di una coppia di svassi che si esibisce nella danza del pinguino.
Nei freddi inverni l'interesse è stimolato dagli uccelli migratori che scendono dal corridoio delle alpi e soggiornano in questo ambiente ricco di cibo, che difficilmente cede alla morsa del ghiaccio.
Per lo stesso motivo è ospite invernale anche l'estroso martin pescatore.




Quando viene l'estate le bolle si trasformano in un'attrazione turistica e le barche, ormeggiate per il resto dell'anno, solcano incessantemente le acque dell'alto Verbano, in uno splendido scenario di monti, valli e importanti città lacustri. L'autunno è la stagione meno ricercata dal punto di vista turistico, ma forse la più indicata per un'uscita fotografica. L'esaltazione dei colori è ovviamente scontata e con un po' di perseveranza succederà, prima o poi, di imbattersi in un'alba magnifica, quando i cumuli solcano il cielo a macchia di leopardo, riflettendosi negli specchi palustri per pochi minuti, finchè la luce del sole non avrà cancellato ogni ombra, ogni riflesso, ogni sogno.




I testi e le immagini sono di Sergio Luzzini e Luigi Meroni. Per qualsiasi informazione riguardo al viaggio, al libro o semplicemente consigli fotografici potete contattarci tramite messaggi privati.



Sergio Luzzini e Luigi Meroni si descrivono così: "Siamo due fotografi varesini dilettanti. Ci occupiamo di fotografia naturalistica dal 1985. Abbiamo collaborato con riviste italiane del settore quali "Airone", "Oasis", "Asferico", "Acer", "Parchi e riserve", "Piemonte Parchi", "Natura Mundi", "Ali natura", "Vie del mondo", "Tuttifotografi", "Bell'Italia" ed all'estero con "Fotografie drausen", "Birds Illustrated", "Birdwatching", "BBC Wildlife Magazine", "Greek newspaper Eleftherotypia". Collaboratori dell'Universita' dell'Insubria di Varese, abbiamo contribuito ad una trentina di volumi fotografici e numerose guide e calendari. Per la Pubblinova Edizioni Negri abbiamo pubblicato i seguenti libri: "Parco del Ticino, natura in primo piano", "Album, scatti di fotografia naturalistica", "Cosa ti svela il Po", "Parco Regionale Campo dei Fiori","Parco della Pineta di Appiano Gentile e Tradate", "Ghiaccio, fiori, piume e colori", "Natura e civilta' nella Provincia dei Laghi"e "Ticino di acque, uomini e aironi"."



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avataradmin
inviato il 31 Marzo 2013 ore 10:04

Un bel racconto per 'immergersi' nella natura di questo luogo! (complimenti anche per le foto super!)

avatarsupporter
inviato il 31 Marzo 2013 ore 10:10

Mi fa piacere, in questa mattina di Pasqua, di essere il primo a godere di questa poesia.
Come già ho avuto modo di esprimervi in altri post, siete il mio riferimento primario nell'ispirazione naturalistica ancorchè fotografica. Con qualche luccicore agli occhi... grazie.

Gianluca.

P.S.
Secondo... mi ha fregato Juza, ma lui non vale...

avatarsenior
inviato il 31 Marzo 2013 ore 10:10

Complimenti, ottimo testo e foto stupende!!!

avatarsupporter
inviato il 31 Marzo 2013 ore 10:19

Affascinanti racconto e foto.
Bravo

avatarjunior
inviato il 31 Marzo 2013 ore 10:28

Cosa devo dire...... Con queste foto mi avete " mozzato il fiato " e mi è venuta una gran voglia di appendere la macchina fotografica al chiodo, le didascalie poi, mi hanno portato sul posto come se effettivamente ci fossi stato. Molto bravi

avatarjunior
inviato il 31 Marzo 2013 ore 10:48

Dopo aver letto il racconto e guardato quelle foto non ho parole da aggiungere posso solo dire
che meraviglia!!!!!!! e complimenti per la bravuraSorriso

avatarsupporter
inviato il 31 Marzo 2013 ore 10:56

... molto bello ... una doppia lezione di stile.
Gianni

avatarsupporter
inviato il 31 Marzo 2013 ore 11:03

stupende le foto e molto bello il racconto, complimenti. :-P:-P

avatarsenior
inviato il 31 Marzo 2013 ore 11:26

Decisamente meraviglioso. Ottime foto e racconto molto interessante. Stefano

avatarsupporter
inviato il 31 Marzo 2013 ore 11:43

Grazie che con il vostro racconto e le vostre foto avete vatto vivere anche a noi questa vostra avventura.

avatarjunior
inviato il 31 Marzo 2013 ore 11:50

Complimenti, bellissimo

avatarsenior
inviato il 31 Marzo 2013 ore 11:58

Tanti COMPLIMENTI per il Vostro bellissimo racconto e le Straordinarie foto.
Veramente un bel lavoro!
Bravissimi.
Colgo l'occasione per augurarvi Buona Pasqua.
Ciao Janka55

avatarjunior
inviato il 31 Marzo 2013 ore 12:04

Bellissimo resoconto del viaggio, bellissime fotografie, complimenti sinceri .
Una boccata di ossigeno e liberta, spazi aperti, grazie

avatarjunior
inviato il 31 Marzo 2013 ore 12:28

Da ticinese non posso far altro che apprezzare ancora di più il magnifico racconto immaginandomi nuovamente i luoghi che almeno una volta ho attraversato, con le conseguenti emozioni create, i profumi, i colori e i ricordi ad essi legati Sorriso davvero molto bravi! Complimentoni!Sorriso

avatarsenior
inviato il 31 Marzo 2013 ore 12:51

Un bellissimo racconto e una bellissima interpretazione di foto! E pensare che questi luoghi sono qui a 2 passi da me! Complimenti!





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