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avatarjunior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 9:21

Da osservatore, ho smesso di dare troppo peso alle singole immagini. Quando mi capita sotto mano qualcosa di potenzialmente interessante, allora vado a cercarmi il sito web dell'autore o le gallerie che presenta in siti come questo, e lì capisco, per quanto possibile, se i suoi lavori siano davvero validi e quanta e quale elaborazione ci sia sotto. La grafica mi piace molto, ma la valuto su parametri ben diversi da quelli della fotografia, dove cerco interpretazione ma anche connessione con lo spazio ed il momento ripreso.

Da autore invece la questione non mi interessa più, se non mi concentro su cosa e come davvero mi interessa fotografare e post-produrre, ho capito che perdo completamente la voglia di farlo. So come sostituire qualunque elemento in una foto, ma lo faccio in grafica od in immagini di un certo tipo, in fotografia invece non mi piace togliere né cartacce, né pali né foglie, figuriamoci altro; giusto lo sporco sul sensore, quelle rare volte che c'è visto che ci passo la spatolina mensilmente Sorriso

Chiarito questo, non so quanto senso abbia questa proposta. Come fotografo sono rivolto prima di tutto verso la soddisfazione personale, mentre come osservatore so quello che cerco. Mi piace però che ci sia sensibilizzazione sull'argomento, specialmente per chi è agli inizi, o non mastica di post produzione, credo risulti davvero difficile avere un'idea chiara su cosa ci si trovi di fronte.

Concludo dicendo che trovo assurdo chi dice "in fotografia conta solo l'immagine finale, il risultato", per me non è mai stato così, sono proprio tutte le condizioni al contorno a dare valore ad un lavoro. Da appassionato di meteorologia e fenomeni atmosferici, rabbrividisco poi ogni volta che sento parlare di sostituzioni di cielo come fossero una normale esposizione multipla, proprio perché molti non concepiscono il valore del legame tra fotografo e scena ripresa.



avatarsenior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 10:04

Sono sostanzialmente d'accordo con gli interventi di Peda.
L'idea di rendere più 'onesta' una fotografia attraverso didascalie di questo tipo è attraente, ma difficilmente perseguibile.
Come difficilmente perseguibile sarebbe la scelta dei limiti da mettere, del resto variabili per ogni genere fotografico.
Faccio esempi nel campo che pratico di più, la fotografia naturalistica.
Già croppare da alcuni potrebbe essere visto come un intervento troppo artificiale, eppure sono ben poche le foto che non te ne danno la necessità.
Poi, se per esempio fotografo un uccello in volo, proveró a misurare la luce sul soggetto, schiarendo inevitabilmente il cielo: ovvio che in pp cercherò di dare al cielo un colore più realistico, altrimenti avremmo una preponderanza di cieli bianchi!
Questo non mi sembra un intervento esagerato.
Certo, c'è chi sostituisce il cielo direttamente, magari attinendo da un database preparato (da sé o trovato altrove) e inserendo il soggetto.
Poi vedi 2 foto con la stessa nuvola nello stesso posto e gli stessi colori e il sorrisino lo fai... Diciamo che si rischia il ridicolo.
Altro esempio, la clonazione: togliere elementi di disturbo non mi sembra un intervento da proibire; però anche qui dipende forse dall'intensitá applicata: se tolgo tutto praticamente diventa come sostituire lo sfondo, per cui siamo punto a capo.
Come dicevo, è difficile definire cosa si può fare e cosa no, e soprattutto fino a che punto.
Altro esempio: 2 soggetti in volo, ma troppo lontani, l'immagine sarebbe molto più pregnante avvicinandosi un po'; facile, si sposta un po' uno dei 2 soggetti o si toglie un pezzo di cielo e si sistema un po' il colore per dare uniformità allo sfondo. Ci sono riuscito perfino io che pur applicandomi non sono certo un genio della pp. Però sono esperimenti che tengo per me e non pubblico, mi sembrano mancare di onestà.
E mi fermo qui, ci potrebbero essere altri esempi.

Credo che lo strumento per rendere la nostra foto più reale agli occhi di chi la guarda ci sia, ed è la didascalia.
Sta al singolo fotografo decidere di approfittarne o di essere un po' meno trasparente e non dire nulla.
Mettere obblighi non è praticabile: ci sono foto fatte allo zoo o in posti simili spacciate per 'wild'! Ed ogni volta è una lotta far mettere l'indicazione ambiente controllato... Anche perché spesso chi scrive dove ha fatto le foto poi viene un po' sbeffeggiato se l'ambiente è un 'selvatico facile' ("ah, i cervi del lago...").
Che poi, a voler precisare ulteriormente, ambiente controllato diventa quasi quasi anche l'oasi dove gli animali arrivano perché sono abituati a trovare cibo pronto... Lo si capisce con l'esperienza ma pochi scrivono sotto dove è stata fatta la foto. Figurarsi chiarire quanta pp c'è dentro...
Io a volte chiedo almeno una generica indicazione del luogo. Ma a no, tutti piace essere se non un po' più onesti almeno un po' più trasparenti.
E non si ha sempre voglia di rendersi antipatici.

Per non parlare di tutte le polemiche sulla macro (insetti morti, fondali precostituiti, ecc...) o sugli scatti ai rettili (soggetti estrapolati dal loro ambiente, scenario creato artificialmente, ecc...).

Quindi, idea ammirevole ma impossibile da realizzare.

avatarsenior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 10:08

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. . . . Sappiamo benissimo tutti il significato di "Fotografia" e l'importanza del suo carattere documentale, reale e poi storico. Fuori da questo ambito ogni immagine non è più definibile come fotografia ma bensì grafica o altre forme di elaborazione.
Certamente clonare le macchie del sensore digitale è come togliere i pelucchi dalle pellicole analogiche, regolare un pelo i toni chiaroscurali, aggiustare contrasto e saturazione e raddrizzare la foto è ancora fotografia, tutto il resto non lo è.

Non sono d'accordo con chi dice che certe sostituzioni non si notano.
Da osservatore, ho smesso di dare troppo peso alle singole immagini. Quando mi capita sotto mano qualcosa di potenzialmente interessante, allora vado a cercarmi il sito web dell'autore o le gallerie che presenta in siti come questo, e lì capisco, per quanto possibile, se i suoi lavori siano davvero validi e quanta e quale elaborazione ci sia sotto.
. . . infatti è così, è sufficiente dare un'occhio complessivo ai lavori postati dall'autore per avere un'idea di come si implementa il significato fotografico.

Se gli elementi di disturbo sono molteplici e invasivi, se la luce e il contesto non sono interessanti personalmente rinuncio o torno in un secondo momento, se parliamo di Fotografia dovremmo quanto meno attenerci al suo significato originale. Sorriso

avatarsenior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 10:14

Quindi, idea ammirevole ma impossibile da realizzare.
. . . si, ma quanto meno una buona didascalia con luogo, data, eventuale descrizione dell'evento o del contesto e © dell'autore non farebbe male.

avatarsenior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 10:16

Questa non è una discussione sul limite consentito della post produzione, per quanto sia un tema senz'altro interessante e ampiamente dibattuto qui.

Il nodo della questione è l'atteggiamento del fotografo di fronte alla realtà che incontra fotografando. È qualcosa che esiste prima di sedersi davanti a Photoshop.

La domanda è: voglio rispettare quel rapporto strettissimo che esiste fra mondo sensibile e sua riproduzione fotografica?
Oppure voglio prendere elementi reali (presenti, passati, miei, di altri...) e mescolarli a piacimento?

Se scegli la prima strada, rinnovi ad ogni scatto quel "patto fondamentale" fra fotografia e mondo reale che fonda il vero specifico della fotografia, ciò che la rende diversa dalle altre arti.
Nel secondo caso, sei come il pittore che dipinge con il suo cavalletto in mezzo al campo. Prendi o scarti ciò che ti va....
E dalla pittura sono usciti capolavori assoluti.... ma non sono fotografie.

Credo che tutto questo sia materia di riflessione per ognuno di noi e soprattutto per chi nasce oggi alla fotografia, in un'epoca in cui questa distinzione semplice ma fondamentale è diventata molto labile.


avatarsenior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 10:17

Secondo il mio umilissimo parere la questione andrebbe affrontata "à rebours", in senso inverso: premesso che la fotografia può essere manipolata (in verità questo avviene da sempre), non stracciamoci le vesti quando vien fatto; ma definiamo chi altera la realtà (e io sono senz'altro tra questi) non come fotografo purista ma, che so, fotoillustratore, postfotografo, pittografo come diceva il compianto Occhiodelcigno, persino - incredibile! - artista. Sorriso

avatarsenior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 10:36

Sorriso nel lontano 1999 feci un corso di fotografia, durato 6 mesi in fasi alterne, con un assistente di Italo Zannier diventato poi docente allo iuav di venezia nel corso di fotografia, tale signore e docente si chiama Guido Guidi è non tollerava nessun tipo di manipolazione o alterazione, ci toglieva perfino il filtro giallo posto davanti all'obiettivo nel caso stessimo scattando con pellicole B&N. Durante una presentazione/analisi dei lavori prodotti dai partecipanti del corso uno dei fotografi/allievi ammise di aver sostituito il cielo sciatto dello scatto originale con uno + accattivante, tale scelta fu assai infelice Sorriso e ovviamente molto criticata dal maestro Guidi che gli scartò il lavoro e lo invito severamente a rifare il tutto secondo i veri canoni fotografici e gli insegnamenti del corso.
Tale esperienza a cui tutti i corsisti presenziavano insegnò il vero valore e la forza intrinseca della "fotografia".

Se scegli la prima strada, rinnovi ad ogni scatto quel "patto fondamentale" fra fotografia e mondo reale che fonda il vero specifico della fotografia, ciò che la rende diversa dalle altre arti.
Nel secondo caso, sei come il pittore che dipinge con il suo cavalletto in mezzo al campo. Prendi o scarti ciò che ti va....
E dalla pittura sono usciti capolavori assoluti.... ma non sono fotografie.
. . . è proprio così e non ci sono scappatoie.

avatarsenior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 10:37

ma definiamo chi altera la realtà (e io sono senz'altro tra questi) non come fotografo purista
D'accordo. Personalmente più che definire gli altri, preferisco definire quello che faccio io.

La formula scritta in apertura di questo post (o qualsiasi analoga) credo proprio che la aggiungerò nelle future fotografie postate qui in galleria.
Credo che vada fatto per mantenere viva l'attenzione su questo aspetto semplice da definire e da capire ma fondamentale.

avatarsenior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 10:39

Guido Guidi è senz'altro uno dei fotografi più coerenti che abbia conosciuto.

avatarsenior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 10:44

D'accordo. Personalmente più che definire gli altri, preferisco definire quello che faccio io.
. . . si, infatti è più una questione che ha a che vedere con se stessi in rapporto col momento propizio, la fotografia con l'atto dello scatto è il momento sublime di congelamento della realtà sensibile e come tale va presentato.

avatarsenior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 10:48

Guido Guidi è senz'altro uno dei fotografi più coerenti che abbia conosciuto.
. . . senz'altro si, è un fotografo che mi ha dato moltissimo, una persona di spessore, di ottima formazione culturale, generoso e anche molto ironico e scherzoso, ma ovviamente molto serio nel suo lavoro.

avatarsenior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 11:12

Messa così diventa una disquisizione quasi filosofica, un confronto tra positivismo e sue reazioni.
Ad esser rigidi anche l'uso di un semplice flash modifica la realtà e quindi andrebbe escluso.
Per cui la fotografia digitale non è più fotografia nel senso che tu intendi, dato che fornisce un prodotto la cui visione è fortemente influenzata dal mezzo che usi per guardarlo: il monitor del mio portatile 15" dà una visione differente dal 27" esterno, e dal cellulare con cui sto scrivendo ora.
Ma prima ancora, le mie scelte (tempo diaframma iso) sono un'interpretazione della realtà più che una sua rappresentazione. Se non mia dell'esposimetro e della macchina che uso.
La mia scelta se chiudere di uno stop o piuttosto aprire influenza la rappresentazione della realtà.
Non vedo molta differenza nel farlo al momento dello scatto o dopo in pp.
Per tornare al mio esempio del soggetto in volo, una rappresentazione fedele della realtà mi impone di restituire al cielo bianco del mio scatto il suo colore, o quanto meno uno simile o 'realistico'.
Sovraesporre o sottoesporre un tramonto realizza il passaggio tra riproduzione ed interpretazione.
Di fatto - a mio personale parere - il passaggio da reale a realistico è insito in ogni scatto, ponendo seri dubbi sulla definizione di fotografia come riproduzione fedele della realtà.
Mi sa che la distinzione tra fotografo e pittore non è poi così assoluta: anche senza volerlo siamo tutti un po' pittori.
Per altro verso, molti pittori - per es. Canaletto - erano un po' fotografi (ante litteram...).

Su una cosa siamo perfettamente d'accordo: valorizzare la didascalia.

avatarsenior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 11:35

il passaggio da reale a realistico è insito in ogni scatto, ponendo seri dubbi sulla definizione di fotografia come riproduzione fedele della realtà

La tua precisazione è assolutamente pertinente ed attorno ad essa si sono sviluppate infinite discussioni sul "limite della fedeltà" e sulla possibilità di forzarla.

Proprio per evitare di ricadere in un dibattito senza soluzione, la mia linea di confine è molto più semplice e se vuoi meccanica.
Le cose che tu mi mostri corrispondono a quello che hai visto? Hai aggiunto o eliminato qualcosa?
Se tu mi dici che hai rispettato il rapporto "meccanico" tra la realtà e la sua imperfetta riproduzione fotografica, io ti credo e so come guardare la tua fotografia.
Tutto qui.

E' qualcosa che prescinde dal mezzo e dalle sue caratteristiche tecniche che influenzano la "fedeltà" della riproduzione.

avatarsenior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 11:42

"Concludo dicendo che trovo assurdo chi dice "in fotografia conta solo l'immagine finale, il risultato""

Per me invece è una Verità Assoluta.

Ce ne sono pochissime nella vita, ma qualcuna c'è, e ce ne è una anche in Fotografia.

Io sono davanti ad una fotografia e la devo giudicare tecnicamente ed artisticamente:

Che differenza c'è tra la foto di un leone fatta in uno zoo e quella fatta nella savana, se le due foto sono uguali?

Che differenza c'è tra un cielo plumbeo, da tregenda, se quel cielo è fatto con Photoshop o se è "vero", se le due foto sono uguali?


Occhio a non fare la guerra ai mulini a vento o a fare come fece Dracula, che voleva bene solo sangue di Vergine e .........morì di sete.

Restiamo coi piedi per terra per favore!


Qui c'è la Galleria dei "Fotomontaggi ed Elaborazioni Grafiche" dunque uno che non sia un bidonista sa benissimo dove posizionare la sua Fotografia, la deve mettere lì, se fortemente eleborata.

Se non lo fa, andargli a chiedere una dichiarazione di verginità, equivale a chiedere a uno di non dire le bugie: è cosa del tutto infantile e non serve a nulla, se le bugie te le vuole dire, te le dice.

avatarjunior
inviato il 28 Dicembre 2020 ore 12:49

fotoillustratore, postfotografo, pittografo come diceva il compianto Occhiodelcigno, persino - incredibile! - artista. Sorriso

Grandissima citazione!

"Concludo dicendo che trovo assurdo chi dice "in fotografia conta solo l'immagine finale, il risultato""

Per me invece è una Verità Assoluta.

Ce ne sono pochissime nella vita, ma qualcuna c'è e ce ne è una anche in Fotografia.

Io sono davanti ad una fotografia e la devo giudicare tecnicamente ed artisticamente:

Che differenza c'è tra la foto di un leone fatta in uno zoo e quella fatta nella savana se sono uguali?

Che differenza c'è tra un cielo plumbeo e da tregenda se è fatto con Photoshop o se è "vero" se le due foto sono uguali?

Occhio a non fare la guerra ai mulni a vento o a fare come fece Dracula, che voleva bene solo sangue di Vergine e .........morì di sete!

Eh lo so, non è di certo la prima volta che lo scrivi ;-)

Ti dico come la penso io, per chiarezza: ogni cosa è strettamente legata alle sue condizioni al contorno, vale per la fisica, dove i volumi di controllo per la modellazione di fenomeni devono sempre essere scelti in maniera adeguata al fenomeno che si sta studiando, vale per il resto.

Siamo umani e consciamente od inconsciamente ci emozioniamo per una serie di ragioni che vanno ben oltre il mero risultato ed il nostro giudizio cambia se di fronte ci troviamo una sinfonia perfetta creata da un computer o un'opera, magari difettosa, ottenuta tramite lo sforzo di un'altra persona. Poi c'è chi razionalizza di più e chi vive più nell'istinto, ma la cosa riguarda tutti.

Una fotografia crea sensazioni nell'osservatore, e non sono solamente sensazioni relative alla percezione sensoriale, vanno molto oltre. Il legame tra fotografo e scena ripresa diventa fondamentale, poi qualcuno cercherà di ignorarlo prendendo in considerazione solo una parte limitata dei parametri di giudizio, ma senza avere una visione d'insieme.



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