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Il problema del "già visto un milione di volte".


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  4. » Il problema del "già visto un milione di volte".





avatarsenior
inviato il 24 Maggio 2020 ore 9:29

E Skylab che si fa i c@zzi suoi a casa mia .....

user120016
avatar
inviato il 24 Maggio 2020 ore 9:35

Chiedo di nuovo scusa. Se ritieni, posso cancellare tutti i messaggi OT. Non ci sono problemi Sorry

avatarsenior
inviato il 24 Maggio 2020 ore 9:44

Il già visto dipende dal già fatto nell'identico modo.
Se iniziamo col cambiare il modo di fare otterremo risultati diversi.
Non è poi così OT.

avatarsenior
inviato il 24 Maggio 2020 ore 9:46

E a Luca il Nobel per la finezza...
Passo e chiudo.
Saluti a tutti, ;-)
Roberto

user90373
avatar
inviato il 24 Maggio 2020 ore 9:54

Circa i fuori tema ci sarebbe da prendere in considerazione "L'uomo del mio tempo" dove si presuppone che fotografia e fotografi non siano poi cambiati di molto, mentre i mezzi sono in continua evoluzione. Cosa centra tutto questo con il tema proposto?
Questo tipo di discussioni, così come certe fotografie, si son fatte milioni di volte, a voce, scritte a penna, con la macchina da scrivere e ora con il computer.
Resta il fatto che non essendo fondamentalmente cambiato il motivo del discorrere (fotografia) ne l'indole dei dissertatori ("fotografatori") ecco che il mezzo (attrezzatura fotografica e non) diventa motivo di "differenzazione".

avatarsenior
inviato il 24 Maggio 2020 ore 9:57

Sono celebre per la finezza....

avatarsenior
inviato il 24 Maggio 2020 ore 10:02

Dopo il bellissimo intermezzo, torno al tema principale.

Chi lo fa per lavoro, direi che e' fuori dalla discussione: o lo fa per commissione, e allora il committente ha sempre ragione anche se vuole il book del gattino nuovo di casa, o lo fa per se.
In tal caso, puo' decidere di fare la foto "uguale agli altri", che poi potra' utilizzare in brochures, cartoline, etc.

Chi lo fa per passione, penso, nella foto ci lega la sua storia.
Fotografare le 3 cime non e' lo stesso se vai su fino al parcheggione con la macchinona, fai la foto e torni, rispetto a farti la salita a piedi da Landro o dalla val Fiscalina facendo un migliaio di metri di dislivello, portandoti la roba per dormire su e svegliandoti alle 4 dopo aver fatto la notturna fino a mezzanotte.
Idem, credo, fotografare con una modella.
Le foto ti legano, come i profumi ed i sapori a tempi e posti che hai vissuto, che tu lo voglia o no.

Sono, all'interno della massa bulimica di immagini, come delle ancore che ti fissano alla realta'.

Concludendo, la foto alla barca dei pescatori sara' la "tua" foto alla barca di pescatori e, per te, avra' sempre quel sapore.

Perche', ovviamente, si fotografa sempre per se, non per gli altri.

avatarsenior
inviato il 24 Maggio 2020 ore 10:08

Ciao Leo

avatarsupporter
inviato il 24 Maggio 2020 ore 10:18

Basta non condividere su internet e si elimina il problema MrGreenMrGreenMrGreen


... esatto, fotografa per te stesso e se puoi stampa le foto ;-)

avatarsenior
inviato il 24 Maggio 2020 ore 10:37

Il gia' visto in alcuni casi dipende da una lettura affrettata e superficiale di chi guarda.

avatarsenior
inviato il 24 Maggio 2020 ore 10:42

Io credo che il.problema non sia il soggetto, ma lo sguardo di chi fotografa. Anche luoghi teoricamente "consumati" possono rivelare aspetti iinattesi. Tuttavia c'è una questione di fondo evidenziata a suo tempo da Guy Debord: le persone spesso si muovono per andare a vedere quello che già conoscono. Se trasliamo il concetto nel contesto fotografico, magari guardando le gallerie del forum, vediamo che molti non solo vanno nei soliti posti, ma tendono a riproporre inquadrature già usate con un effetto copia francamente stridente.

P.S. Eviterei in ogni caso le tre cime di Lavaredo o il solito monte islandese del "Trono di spade", così, per autotutela

A parte chi cerca di fare delle copie per evitare di metterci il suo (e ovviamente non è il caso di Domenico Mancuso il cui intento era chiaramente diverso), ognuno scatterà foto cercando di metterci le proprie capacità: chi studia una scena e cerca di capire come fotografarla al meglio fa tutta una serie di ragionamenti personali dettati dall'esperienza, dal gusto, dall'estetica, dalle fotografie e quadri che ha potuto osservare e studiare, dalla luce presente...etc. etc. Tutto questo insieme di fattori implica ragionamenti specifici ed unici da parte del fotografo, che tuttavia possono anche essere simili a quelli di altri fotografi e comunque è quasi impossibile che possano essere uguali al 100%. Potranno non esserci grandi differenze, ma microdifferenze ci saranno sempre.


Chi lo fa per passione, penso, nella foto ci lega la sua storia.
Fotografare le 3 cime non e' lo stesso se vai su fino al parcheggione con la macchinona, fai la foto e torni, rispetto a farti la salita a piedi da Landro o dalla val Fiscalina facendo un migliaio di metri di dislivello, portandoti la roba per dormire su e svegliandoti alle 4 dopo aver fatto la notturna fino a mezzanotte.
Idem, credo, fotografare con una modella.
Le foto ti legano, come i profumi ed i sapori a tempi e posti che hai vissuto, che tu lo voglia o no.

Sono, all'interno della massa bulimica di immagini, come delle ancore che ti fissano alla realta'.

Concludendo, la foto alla barca dei pescatori sara' la "tua" foto alla barca di pescatori e, per te, avra' sempre quel sapore.

Perche', ovviamente, si fotografa sempre per se, non per gli altri.


Concordo nella quasi totalità.
Solo sull'ultima frase modificherei con "alle volte si fotografa anche per gli altri", ma è pure vero che non esiste foto che non la si faccia per sé (almeno credo).

avatarsenior
inviato il 24 Maggio 2020 ore 10:52

Discussione molto interessante, grazie all'autore del thread.

Ho già letto analogie con la musica e da professionista di quel settore mi permetto di dire la mia. In ambito musicale, nel mainstream, il "già sentito un milione di volte" è ormai un fatto assodato ed è dettato prevalentemente da logiche di produzione per le quali è fondamentale dare agli ascoltatori, ai fruitori, dei porti sicuri così che il pezzo "funzioni" (leggasi "venda"). Se accendiamo una qualunque radio è palese come la produzione musicale mainstream sia ai minimi storici per quanto riguarda ricerca della sonorità, sperimentazione compositiva e testuale etc. A differenza di ciò che accadeva negli anni 60, 70 e 80, già citati infatti, che ci hanno lasciato dei capolavori indelebili ai quali torniamo sempre quando vogliamo godere.

Un fattore importante di questa omologazione, secondo me in netta analogia con il mondo della fotografia, è l'importanza sempre crescente assunta della post produzione rispetto al momento creativo. La creazione e la nascita dell'idea sono la risultante di tecnica, studio, ricerca e conoscenza del mondo e di sé stessi, e dei propri limiti. Negli anni d'oro della musica (che stranamente coincidono con gli anni d'oro dei grandi maestri della fotografia...) il talento la faceva da padrone, ed essendo esso una peculiarità insita nell'individuo, l'originalità scaturiva automaticamente dal risultato finale, e la differenziazione di conseguenza. In uno studio di registrazione ora, si tende a far suonare tutto uguale, tutto a tempo, tutto forte, grazie alle tecniche di editing digitale e ai comodissimi ma malefici plug-in. Ho lavorato in studi che scelgono per esempio un buon colpo di cassa della batteria e lo copincollano in tutto il brano (!) con un risultato dinamico che vi lascio immaginare (un po' come copiare gli stessi tre cieli nuvolosi ben riusciti in tutte le foto di paesaggio).
Menzione a parte merita la "loudness war" su cui vi invito ad approfondire se siete appassionati di musica, un vero flagello che ha sistematizzato definitivamente il fatto che per 'funzionare', tutto debba essere uguale... un incubo.

Un altro elemento da non sottovalutare e la "didatticizzazione": per campare tutti insegnano tutto obbligandosi a codificare i processi creativi altrui per divulgarli, per cui chi impara tende più a fidarsi dei codici (che per forza di cose sono frutto di interpolazione) invece di una disanima attenta e soggettiva dell'opera a cui ci si vuole ispirare.

Perdonatemi la lungaggine ma l'Omologazione è un elemento davvero caratterizzante dei nostri tempi, dalla fotografia a come ci vestiamo, alla musica e ai mobili che ci mettiamo in casa, e richiede un'analisi approfondita, che un post in un forum sicuramente non può incamerare.

Buona domenica a tuttei!

Tommaso


avatarjunior
inviato il 24 Maggio 2020 ore 12:11

Un fattore importante di questa omologazione, secondo me in netta analogia con il mondo della fotografia, è l'importanza sempre crescente assunta della post produzione rispetto al momento creativo.


Non è detto; la postproduzione è un elemento di personalizzazione ed è parte integrante del processo fotografico così come ai tempi dell'analogico lo era la camera oscura. Certo se si copiano modelli banali e standardizzati ,-come è accaduto in ambito audio per molte produzioni- si ottengono risultati banali. Alla fine si torna sempre lì: se hai qualcosa da dire lo dirai comunque, se non hai niente da dire qualunque sia il soggetto ne ricaverai meno di zero!

Aggiungo due righe di Debord che penso possano aiutare a capire il fenomeno che abbiamo di fronte:
"La perdita della qualità, così evidente a tutti i livelli del linguaggio spettacolare, sia negli oggetti che esso loda come nei comportamenti che regola, non fa che tradurre i caratteri fondamentali della produzione reale che scarta la realtà: la forma-merce è basata sull'uguaglianza a se stessa nella dimensione del quantitativo. E' il quantitativo che essa sviluppa, e in quello soltanto può svilupparsi."

avatarsenior
inviato il 24 Maggio 2020 ore 12:47

Prisencolinensinainciusol

avatarsenior
inviato il 24 Maggio 2020 ore 13:19

Non è detto; la postproduzione è un elemento di personalizzazione ed è parte integrante del processo fotografico così come ai tempi dell'analogico lo era la camera oscura. Certo se si copiano modelli banali e standardizzati ,-come è accaduto in ambito audio per molte produzioni- si ottengono risultati banali


Grazie Degas, giustissima precisazione, volevo esprimere anche questo concetto ma mi è sfuggito. La postproduzione omologante, a cui faccio riferimento io, è quella imposta (da un produttore o autoimposta fa lo stesso) proprio dalla mercificazione di cui parla Debord: per vendere, per le visualizzazioni, per il like. Se è funzionale al processo creativo, non è nemmeno scindibile dallo stesso e ne fa parte a pieno titolo.

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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