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domanda per i veri fotografi: come esponevate "a occhio" prima degli esposimetri interni?


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user90373
avatar
inviato il 13 Maggio 2020 ore 22:23

Aperto O.T.
@ Schyter
Solo i pesci morti seguono la corrente.

É lei quello Schyter?
Chiuso O.T.

avatarsenior
inviato il 13 Maggio 2020 ore 22:31

Senza la lezione di fotografia giornaliera è molto difficile passare la giornata.

avatarsupporter
inviato il 13 Maggio 2020 ore 22:37

Tutte storie affascinanti, non avendo io vissuto quella fase.
X Fornasieri che scrive:
"Guarda che una volta che hai la terna sta al fotografo cambiarla per ottenere la pdc che vuole, cosa pretendevi che scrivessero tutte le terne possibili?"
Hai ragione, certo.
Ma io mi riferivo al fatto curioso che nella esemplificazione nella scatola i diaframmi sono associati alla condizione atmosferica, come ad indicare che con il sole si possa scattare solo ad f11, piuttosto che a f5.6 con sole attenuato. Tutto qui.

avatarsenior
inviato il 13 Maggio 2020 ore 22:53

Aperto O.T.

@ Ettore Perazzetta > É lei quello Schyter?


Direi di si ! ;-)

Chiuso O.T.

avatarjunior
inviato il 13 Maggio 2020 ore 23:13

Io, con la Olympus Pen S, ancora uso la regola del 16.
Metto un rullo da 100 asa, tempo a 1/125 e procedo a scalare.
Parto dal 16 per il sole brillante...poi 11...8 per il cielo coperto da nuvole bianche...5.6 per il cielo coperto da nuvole nere.
Questo è tutto.
La pellicola in bianco e nero ti permette qualche errore di stop.
Dopo un paio di rulli, tutto ti sembra normale e facile.
Ciao

avatarsenior
inviato il 14 Maggio 2020 ore 0:13

Come si esponeva una volta???
Bella questa discussione!


E, proprio per questo, cerco di dare un piccolo contributo alla medesima.

Io, figlio d'arte, ho iniziato a 6-7 anni di età intorno alla metà degli anni 60'.

All'epoca (a parte il fatto che iniziavano a spuntare le prime reflex TTL proprio in quegli anni) c'erano due filosofie di pensiero per i professionisti:

- chi faceva reportage, od altre cose immediate (tipo foto giornalismo e per alcuni anche sport all'aperto) esponeva ad occhio, specie chi usava le Leica od altre camere a telemetro, così come chi fotografava in studio (ma solo perchè li la luce era sempre la stessa e nel dubbio usava l'esposimetro);

- tutti gli altri esponevano accuratamente con l'esposimetro, magari spot ed a luce incidente perchè facevano: architettura, foto industriali, ritratti, ecc.
Ma parliamo degli anni 60' e seguenti (dei quali soli ho esperienza diretta).

Io appartenevo alla prima categoria di fotografi (esposizione ad occhio) ed ho imparato fin da piccolo a "leggere" la luce, grazie a quel grande maestro che fu mio padre.
Non è difficile “leggere la luce”, basta essere e tenersi allenati.
Tutt'ora faccio le sfide con mia figlia di 16 anni a chi indovina meglio la luce (arbitro l'esposimetro del telefonino, che va benissimo che che ne dicano i puristi ...) e fino a 4 EV raramente sbagliamo di più di +1/-1 EV.
Sotto 4 EV diventiamo entrambi un esposimetro molto poco affidabile: al buio è l'unica volta che serve l'esposimetro!

Tutti i grandi fotografi professionisti "da strada" degli anni 30 - 50 usavano solo l'occhio ben allenato per esporre, salvo non facessero fotografie dove si poteva pensare, ma sulla strada non c'è molto tempo per pensare.
CAPA, HCB, fino al nostro GARDIN tutt'ora (da quanto ho letto) poco usavano l'esposimetro, tanto erano bravi a leggere la luce con i loro occhi.
Poi, dove non arrivava l'occhio, arrivava la latitudine di posa della pellicola (che poco c'entra con la ns. gamma dinamica digitale) ed il fatto che spesso ai tempi (non io in passato) utilizzavano pellicole ortocromatiche. Cioè sensibili solo alla radiazione ultravioletta, alla luce blu e alla luce verde e che quindi potevano essere trattate in camera oscura con luce rossa per rimediare a problemi di esposizione (a patto che avessero “inquinato” l'intero rullino).

Quanto alla messa a fuoco si usava all'epoca quasi sempre l'iperfocale (in funzione delle esigenze di larghezza e profondità di campo) e la TA la si usava non certo per fare lo sfocato in 3D come oggi, ma semplicemente perché non c'era luce ed era impossibile fotografare e quindi sviluppare oltre gli 800 ASA (corrispondenti agli ISO) senza avere una grana a pallettoni giganteschi e con un contrasto estremo.

Ma le cose più affascinanti sono quelle che vi racconterò adesso e che ho conosciuto solo da qualche anno, da quando ho iniziato la mia carriera di collezionista di materiale fotografico.

La storia dell'esposizione!
Questa sconosciuta …

Fino a intorno il 1870/80 non c'era modo di esporre se non totalmente ad occhio (facendo tante prove e quindi tante esposizioni e scegliendo la migliore) e le esposizioni, che prima erano di ore, sono poi scese a minuti e quindi a diversi secondi.
Quando si è arrivati ai secondi è effettivamente nato il problema dell'esposizione corretta ed il primo esposimetro fu di carta!
Si, carta sensibile alla luce, per così dire "autosviluppante" che a seconda di come si ingrigiva o cambiava colore diceva se l'esposizione era corretta o meno.
Insomma un modo più rapido di fare mille prove, simile alle cartine al tornasole che si usano tutt'ora oggi in chimica.
Ma questa è preistoria.

Arriviamo all'inizio del 900' dove qualche genialoide (devo approfondire la paternità) inventa gli esposimetri ad estinzione (ne ho una decina, la metà funzionanti) che sono una cosa straordinaria, a mio parere: sfruttando la capacità dell'occhio di vedere cosa è visibile e cosa non è, attraverso una serie (in pratica) di filtri ND si vede quanta luce c'è!
Pertanto se uso tanti filtri ND per vedere il riferimento c'è tanta luce, se ne uso pochi (o nessuno) c'è poca luce.
Questa tecnologia è andata avanti per anni.
Funzionava in condizioni di buona luce, perché se la luce mancava non funzionava più (diciamo fino a 8-9 EV).
Ad esempio ancora negli anni 50' l'italiana Galileo produsse quella che molti ritengono sia a migliore e più innovativa fotocamera mai prodotta in Italia: la GAMI 16.
Questa fotocamera - appunto - aveva un sistema di misurazione dell'esposizione a estinzione ed era estremamente innovativa sotto diversi profili.

Andiamo avanti quindi fino agli anni 30', anzi intorno alle metà degli anni 30', quando gli scienziati dell'epoca inventarono i primi esposimetri al selenio (questi si che li ho visti ed uno l'ho tutt'ora funzionante “on board” su di una ROLLEFLEX T che apparteneva a mio papà, mentre altri ne ho “stand alone”) che avevano una precisione praticamente paragonabile a quella degli odierni esposimetri.
Un solo problema, la cellula al selenio genera continuamente corrente se esposta alla luce.
Pertanto dopo un po' (parliamo di decenni) si esaurisce.
La ragione per cui i miei diversi esposimetri al selenio funzionano ancora perfettamente (quasi tutti) è che sono stati rigorosamente conservati al buio.
L'esaurimento non è ne immediato, ne ha una sua logica, per cui è difficile fare analisi prognostiche a riguardo.

Metà anni 60'.
Arriva l'arma finale: esposimetro al CDS (solfuro di cadmio).
Arriva ad EV impensabili per il tempo tipo -3EV (anche negativi quindi) è molto duttile e veloce e non soffre del problema dell'affaticamento nel tempo.
E' nata l'era moderna, l'era di oggi!
Tutti i ns. esposimetri, gira volta, sono molto simili sotto questo profilo a quelli degli anni 60'.
Ciò non toglie che, in particolare con le mie vecchie Leica degli anni 30', io non mi diverta a scattare ancora fotografie “ad occhio”, magari solo per vedere il risultato “senza rete” con mia figlia …

avatarsenior
inviato il 14 Maggio 2020 ore 9:01

Ottimo intervento, finalmente esaustivo sulla storia degli strumenti di misurazione della luce.
Altrimenti sembra che ci fosse solo il foglietto di istruzioni della pellicola...

Io ho potuto usare all'inizio degli anni '70 un esposimetro al selenio Leica che si montava sulla slitta del flash della M3. Ed era materiale che aveva già una ventina di anni.

Una derivazione di quello che tu chiami esposimetro a estinzione veniva usato dal direttore della fotografia sui set cinematografici per valutare al volo il contrasto di illuminazione della scena.

Credo che le celle al solfuro di cadmio siano ad un certo punto state sostituite da celle al silicio, ma devo verificare. La differenza tra il Lunasix prima serie e il Profisix, insomma.

Ho verificato. Sì era così.
camera-wiki.org/wiki/Gossen_Profisix_/_Lunasix_F
camera-wiki.org/wiki/Gossen_Lunasix

Il Profisix è un oggetto bellissimo che tengo gelosamente...



avatarjunior
inviato il 14 Maggio 2020 ore 9:39

"La regola del 16" era usabile (io l'ho applicata quando ero ragazzino) grazie alla latitudine di posa delle pellicole (maggiore nelle b/n e minore in quelle a colori). Per le diapositive era necessario l'esposimetro esterno (io avevo il modello più economico della Gossen, preso a 5000 lire nel' 68...). Oggigiorno mi diverto ancora a valutare ad occhio con la regola del 16 l'esposizione, confrontandola con l'esposizione elettronica della digitale. Quando avevo la reflex analogica e viaggiavo, se non c'era il tempo di esporre manualmente con l'esposimetro incorporato, confidando sulla latitudine di posa della pellicola, nelle ore di luce della giornata mettendo f 8, messa a fuoco iperfocale , 1/125 s, portavo sempre a casa uno scatto accettabile.

avatarsenior
inviato il 14 Maggio 2020 ore 9:39

Caputo: inviato il 13 Maggio 2020 ore 22:31

Senza la lezione di fotografia giornaliera è molto difficile passare la giornata.


Non mi pare si siano tenute "lezioni di fotografia" scusa; questa mi sembra sia una sorta di discussione "storico-autobiografica" ove ciascuno se non più giovanissimo, racconta la sua esperienza.

A presto,

E.

avatarsenior
inviato il 14 Maggio 2020 ore 10:02

Comunque oltre alle cellule al Solfuto di Cadmio (CdS), e al Selenio in epoca preistorica, ossia prima delle cellule al Silicio (SI), si adoperavano anche le cellule al Fosfoarseniuro di Gallio (GaAsP).

avatarsenior
inviato il 14 Maggio 2020 ore 10:10

Anche gli astronauti sulla Luna seguivano la tabellina...




Tutte le foto:
www.flickr.com/photos/projectapolloarchive/albums

avatarjunior
inviato il 14 Maggio 2020 ore 10:36

Ho iniziato a fotografare nel 1960 con una fantastica Canon R 2000, reflex con esposimetro esterno agganciabile alla rotella dei tempi. Poiché la custodia non si chiudeva con l'esposimetro montato, spesso si usciva senza, e si esponeva a ragionamento ed esperienza. Nel 1970 comperai la Canon FTb con esposimetro TTL, molto preciso. Con il bn e sviluppando e stampando da se' le foto, si accumulava esperienza. Usavo prevalentemente rullini Ilford ad alta sensibilità così i parametri in gioco erano solo due. Subito dopo, per seguire le demolizioni di un quartiere storico che procedevano in maniera discontinua e avendo bisogno di una macchina che stesse nella tasca del giaccone, comprerai una Zorki, 24x36 russa, senza esposimetro. Non ricordo che esistesse il problema di come esporre.

avatarsupporter
inviato il 14 Maggio 2020 ore 10:51

Qualcuno riconosce il tipo e la marca di esposimetro che usa qui il buon Ansel?

it.wikipedia.org/wiki/Ansel_Adams#/media/File:Ansel_Adams_and_camera.j

avatarsupporter
inviato il 14 Maggio 2020 ore 11:05

Ringrazio in particolare Tonyrigo per il contributo straordinario alla discussione.

avatarsenior
inviato il 14 Maggio 2020 ore 11:25

Roberto P


quasi sicuramente un Weston Master II

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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