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Egitto, la terra dei faraoni


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Egitto, la terra dei faraoni, testo e foto by Utente Non Registrato. Pubblicato il 09 Settembre 2011; 0 risposte, 5068 visite.





Il mio viaggio inizia a Luxor. Decido in questo itinerario di concentrarmi nella zona che anticamente veniva chiamata Alto Egitto, delimitando la zona meridionale del paese dal delta del Nilo alla prima cataratta dell'isola Elefantina, oggi nei pressi della moderna Assuan. Nessun altro paese, nessuna altra civiltà ha suscitato tanto interesse...
Tema di libri, pellicole e leggende, l'Egitto è un paese così appassionante che è stato capace di creare una scienza che parla di se stesso: l'egittologia. E così è stato per me: sorprendente e misterioso mi ha spinto a mischiarmi alla gente e a visitare luoghi remoti dove ero costantemente affascinato da tanta bellezza. Luxor è situata dove sorgeva la città di Tebe, antica capitale dell'Egitto al tempo del Medio Regno. Qui sorgono i templi di Luxor e di Karnak, massime espressioni di architettura templare egizia. Questa è la mia prima tappa, questo è quello che finalmente voglio vedere dopo numerose letture.
Appena raggiungo il piazzale di ingresso e scendo dai mezzi di trasporto mi accorgo che il caldo e il sole qui non scherzano e che la mia uscita fotografica non sarà una passeggiata. Alzo lo sguardo e vedo il primo pilone di Karnak, mi dimentico di quanto mi passa per la mente e mi incammino entusiasta.

Il tempio è più di quanto mi potessi immaginare in termini di grandiosità e di magia. Supero l'ingresso e mi perdo a girovagare nella grande sala ipostila. Qui alla presenza di 134 colonne papiriformi i miei occhi seguono i meravigliosi giochi prospettici, gli scorci, i gerogrifici, quando disposti in senso orizzontale e quando in senso verticale per una maggiore armonia ed eleganza, che raccontano le gesta del faraone e delle innumerevoli divinità. Il complesso monumentale è costituito da cinte murarie, templi, piloni, cappelle, sale ipostile, colonnati, cortili, obelischi e statue costruiti, smantellati, modificati e decorati in un periodo di tempo di circa 1500 anni a partire dal Medio Regno, quando il dio Amon era al centro del culto egizio, sino al Nuovo Regno.

Tutto questo insieme di costruzioni più o meno integre e apparentemente disordinate mi meraviglia delle incredibili capacità costruttive di una civiltà risalente a circa 4000 anni fa...sono completamente rapito... fotografo ansioso quasi di dimenticare anche il più piccolo particolare del posto...




Il caldo provoca forti ombre scure che risaltano le sculture e le scritture, tutto si modella perfettamente...
Mi accingo a visitare quanto mi resta a disposizione dettato dalla tabella di marcia che inflessibile mi costringe a correre per visitare i tempi di questa città prima di affrontare il caldo massacrante del deserto per entrare nella Valle dei Re nel pomeriggio. Vedo un grande bacino artificiale per la purificazione dei sacerdoti... la luce è sempre abbagliante...
Raggiungo il tempio di Luxor. L'accesso è un lungo viale che anticamente collegava il complesso di Karnak ed è fiancheggiato da sfingi dalla testa umana. Da qui arrivo al grande portale centrale. E' di 24m, altissimo. Cambio velocemente obiettivo e solo i 17mm riescono a fare entrare tutto nel mirino, ma le linee convergono al centro...

Le due grandi statue di Ramses incutono timore e riverenza... sono enormi e mi sento piccolo al loro cospetto... tutto intorno sono decorate scene di battaglia della vittoria del faraone contro gli Ittiti. Supero il cortile-peristilio dove scorgo ancora tracce dei colori originali sulle colonne. L'area del sancta sanctorum è costituita da un'anticamera, ornata da stucchi di epoca romana, dalla cappella della barca sacra e da una stanza laterale contenente il ciclo allegorico della nascita di Amenhotep III e della sua origine divina. Qui lunghi fasci d'ombra disegnano strane scene sulle pareti scolpite dai gerogrifici.

Mi lascio andare e il tempo vola... La terra dei faraoni è davvero il maggiore museo all'aria aperta del pianeta. Al termine seguo le indicazioni per raggiungere la riva del Nilo, il grande fiume. L'Egitto deve tutto al suo fiume: in antichità come ai giorni nostri era un'incessante fonte di sostentamento grazie alle sue inondazioni, tanto che tutta la maggior parte della popolazione egiziana e le sue città si trovano lungo la valle del Nilo. Fu così significativo per la vita degli egiziani che essi crearono un dio dedicato al benessere delle inondazioni annuali, Hapi.




La riva orientale era vista come un luogo di nascita e di vita mentre quella occidentale come il luogo della morte, così come il dio Ra, il dio del sole, che nasceva, moriva e risorgeva ogni volta che attraversava il cielo. Tutte le grandi tombe furono pertanto costruite dal lato che simboleggiava la morte, e li fu costruita la Valle dei Re, mia prossima tappa.
Avvicinandomi al fiume entro nel tipico paesaggio egiziano fatto di verdi campi coltivati intorno alle due sponde del Nilo, nei quali tante piccole figurine di uomini e donne stanno lavorando aiutati dagli instancabili asinelli. Non mi stanco degli ormai consueti piccoli paesetti di fango, qualche volta anche intonacati a calce o colorati a tinte vivaci, animati dalla presenza di uomini in galabiyya bianca o grigia che, in piedi o seduti, a lavorare o a fumare, da soli o in gruppo, si armonizzano così bene con l'ambiente intorno, da sollecitarmi una serie continua di scatti fotografici. Così come per le tante figure di donne vestite completamente di nero che, nello svolgimento dei loro lavori domestici, disegnano magnifiche silhouette sul solito sfondo ocra. E poi cimiteri musulmani fatti di semplici sassi infilati nel terreno o al più da nude e rustiche lastre di pietra che coprono le tombe, tutto sempre assolutamente anonimo senza la minima presenza di scritte o fiori. Mi viene da pensare come tutto ciò che mi passa davanti sia incredibilmente identico...
Qui tutto continua, sempre, senza mutamenti; la vita scorre uguale, giorno dopo giorno, anno dopo anno...

E' pomeriggio pieno. Ci sono circa 45 gradi. Sono nel deserto roccioso, il giallo-rosso intenso della terra sembra scolorirsi all'orizzonte... le montagne nude tutto attorno disegnano un labirinto soffocato dalla terribile temperatura. C'è un'unica altura sacra che disegna una piramide stilizzata, è il segnale che usavano i sacerdoti per orientarsi in questa spoglia valle. Il suo nome è Colei che ama il silenzio. Eccomi alla Valle dei Re.




Qui sono state scoperte più di settanta tombe, ma solo cinque risultano oggi aperte al pubblico. Gli ingressi alla maggior parte delle tombe si aprono sul livello della strada e poi scendono sotto la montagna per qualche decina di metri e tramite larghi corridoi arrivano sino alla sala del sarcofago. Altre tombe invece risultano scavate nella roccia, nascoste in qualche anfratto che si apre lungo le pareti delle montagne. All'interno, quanto di più bello è stato dipinto alle pareti delle numerose tombe scoperte dagli scavi; scene di vita, figure regali, divinità... si tratta di testi sacri che entrano a far parte del corredo stesso delle sepolture regali e che accompagnano il defunto nel suo viaggio nell'aldilà per consentirgli di "vivere" ancora nel mondo ultraterreno.
Mi allontano dalla valle e mi trovo in un immenso spazio aperto, interrotto sullo sfondo da uno stupendo semicerchio continuo di picchi di roccia calcarea color giallo ocra, perfettamente allineate sulla cima; al centro della base, quasi come se fosse parte integrante e naturale delle montagne stesse, si apre un tempio dello stesso colore, costituito da tre terrazze collegate da una rampa centrale di scale, tutte scandite da un lungo porticato di pilastri quadrati. Mi distraggo un attimo da questo scenario mozzafiato e leggo sulla guida la storia della regina Hatshepsut, figlia di Thutmosi I, che alla morte di quest'ultimo ebbe la meglio sul nipote del faraone, il futuro Thutmosi III, e si aggiudicò il controllo del paese divenendo la prima donna-re della storia. Quando, dopo 20 anni di regno caratterizzati da pace e prosperità, la regina morì, le successe finalmente Thutmosi III, il quale, per vendicarsi dei soprusi patiti, fece cancellare con colpi di scalpello tutte le immagini di Hatshepsut dalle pareti e dalle colonne del tempio funebre.

Il lungo viaggio di ritorno in pullman passa tra mille pensieri... ricordo tutta la giornata per fissarla accuratamente nelle mia memoria.
Guardo e riguardo le fotografie dal monitor della mia fotocamera. La mia tappa successiva è la città di Assuan, la città più a sud dell'Egitto e frontiera di passaggio per la regione della Nubia. Questa è una delle zone abitate più secche al mondo.

La zona è stata rimodellata a seguito della costruzione dell'Alta Diga nel '60. Numerosi siti archeologici dovettero essere spostati per non essere sommersi dall'acqua del bacino che si sarebbe creato con la diga. Philae è tra questi; è isolotto lambito dal Nilo che sorge tra palme e oleandri al confine con la Nubia. Il nome stesso in arabo significa posto remoto. Era ritenuto uno dei luoghi di sepoltura di Osiride e per tanto sacra per gli egiziani e per tanto sacrilego avvicinarvisi per chiunque non fosse un sacerdote. Mi imbarco su una piccola feluca dove un ragazzino aiuta il padre al lavoro con i turisti. Ci allontaniamo dal molo e scorgo in lontananza una piccola costruzione. Le acque del Nilo sono blu intenso e contrastano con i colori sgargianti delle barchette dei turisti. La piccola costruzione è ora dinanzi a me nelle sue dimensioni reali. Sono di nuovo piccolo al cospetto dei faraoni.




Mi lancio sul bordo dell'imbarcazione e fotografo. Non posso cambiare angolatura ma la sola visuale che posso permettermi è splendida. Solo ora capisco perchè il tempio è considerato la perla d'Egitto. Nel piazzale dal grande colonnato scopro che gli edifici sono di diverse epoche; a fianco del pilone di ingresso c'è il Chiosco di Traiano, sui muri compare il cartiglio di Alessandro Magno. Qui è sorprendente vedere come la cultura egizia sia sopravvissuta secoli dopo la scomparsa dell'ultimo faraone regnante.

I due leoni all'ingresso sono di splendida fattura e le figure scolpite sul pilone di ingresso spazzano via i ricordi di Luxor e Karnak. Le scene sono alte quanto il pilone, immense. Proseguo oltre e anche qui scorgo con rammarico che altre civiltà hanno lasciato una traccia indelebile del loro passaggio... Sono affranto e amareggiato dalle mutilazioni delle sculture da parte dei cristiani copti che hanno abitato il tempio in antichità; visi delle divinità scalpellati, croci cristiane ovunque, uno scempio...
Scatto ripetutamente esplorando le numerose sale fino ad arrivare al Sancta Sanctorum: qui è scolpita la nascita del Nilo.
La posizione di Philae è molto prossima al Tropico del Cancro, il che fa sì che le ombre proiettate dai suoi templi siano sempre più corte man mano che passano i giorni fino a che il sole non raggiunge il punto più alto in cielo al solstizio d'estate; a mezzogiorno di questo giorno le ombre sono praticamente inesistenti. Vago ancora tra i cortili interni e mi dileguo dalle orde di turisti per contemplare in solitudine il fascino senza tempo di questa civiltà.







La mia visita non è però terminata...
Se la civiltà egiziana è prosperata sulle sponde del Nilo esiste una piccola minoranza che vive nel deserto e voglio avvicinarmi a loro...
Con la guida raggiungo i confini con il Sudan, dove si trova il Parco Nazionale di Gebel Elba, la più vasta area protetta del paese. L'area si estende attraverso pianure desertiche, dune sabbiose, paludi, "foreste" di mangrovie fino a raggiungere le stupende isole coralline di fronte a Marsa Alam. Prendo un cammello per dirigermi all'oasi di Wadi Gamal, guidato dalla tribù beduina locale, tradizionalmente capace di sopravvivere in zone al limite dell'immaginabile. Sono in cammino sulla sabbia del deserto e poi lungo una valle verde, dove crescono piante e secchi arbusti. Scendo dal cammello e riposo sulla sabbia ancora tiepida dopo una lunga giornata di sole. All'ombra di un grande cespuglio, un gruppo di uomini della tribù Ababda mi mostra come preparano il caffè e nelle ceneri calde del fuoco mettono a cuocere il pane.

Dopo numerose tazze di caffè forte al cardamomo e alla cannella, mi incammino lungo la valle che si apre alle nostre spalle.
Il piccolo Haana, figlio del capo tribù, salta tra una roccia e l'altra con una sicurezza e un entusiasmo tutto particolare, orgoglioso di mostrarmi la sua terra. Tutto intorno solo alte montagne nude. Una lucertola blu brillante con la testa di colore giallo mi guarda da una roccia vicino. Torno alla tenda che il sole sta già lasciando spazio ad una luna crescente chiara nel cielo del deserto; al campo mi aspetta una cena ed un falò con canti e balli tradizionali sotto le stelle. Solo ora, attraverso il calore del fuoco, mi sento parte di queste persone che vivono da secoli in questo remoto luogo asciutto.




Mi rammarico di non poter proseguire oltre in questo mio viaggio... un giorno sarà tempo di visitare Il Cairo e le grandi Piramidi di Giza, Abu Simbel...Parte di storia per volta, per non esaurire la mia curiosità e la mia voglia di scoprire...



Enrico Catella è un fotografo free-lance di Torino specializzato in scatti editoriali e pubblicitari. Il suo lavoro consiste nel seguire con attenzione i clienti realizzando scatti digitali di alta qualità per lavorazione di processi industriali valorizzazione architettonica e territoriale delle aziende, cataloghi prodotti e oggettistica, food design, ritrattistica. Potete vedere il suo portfolio su www.enricocatella.it.



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