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Ecuador, paese dai mille volti


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Ecuador, paese dai mille volti, testo e foto by Darietto84. Pubblicato il 07 Settembre 2011; 0 risposte, 6552 visite.





L'Ecuador è un paese dai mille volti: spostandosi di pochi chilometri si passa dal caldo afoso della costa alle altitudini da capogiro delle Ande per arrivare fino al verde sconfinato dell'Amazzonia. Il caleidoscopio di paesaggi si riflette nei visi dei suoi abitanti: neri, ispanici, andini, bianchi. Tratti somatici che centinaia d'anni di convivenza hanno mescolato. Siamo partiti per l'Ecuador in quattro , Simone, Michele, Daniela ed io , alla vigilia delle vacanze di Pasqua. Per me si trattava della prima esperienza fuori dall'Europa. Partivo senza preconcetti e carico di aspettative. Sono tornato con il cuore, gli occhi e la memory card piena di immagini, ricordi, emozioni indimenticabili. Il primo impatto con la caotica Quito non è dei migliori. Imbottigliati nel traffico abbiamo però avuto il primo lampo di questi mille volti, soprattutto di bambini, che ti si stampano nella mente. Il giorno successivo, l'arrivo ad Esmeralda sulla costa del Pacifico è come un viaggio in un altro mondo. Dall'aeroporto la strada si snoda nel verde lussureggiante della vegetazione equatoriale, alle nostre spalle la lunga linea della risacca, mentre nel cielo fregate ed avvoltoi volteggiano maestosi. Lungo la via che ci porta a Playa de Oro, nostra prima destinazione, incrociamo agglomerati di poche case e piccoli villaggi brulicanti di vita e di colori, occasione di fantastici scatti rubati direttamente dall'auto. Più che con la diffidenza degli abitanti, mi sono dovuto scontrare con la mia timidezza nel fotografare persone che non conoscevo. Timidezza che nel corso del viaggio mi ha abbandonato: ho capito che bastava incrociare lo sguardo per capire se quella persona voleva o meno essere fotografata.


Playa De Oro

Playa de Oro è una piccola comunità afroecuadoriana, interamente circondata dai suoi 10000 ettari di foresta primaria, che si raggiunge unicamente via fiume su piccole lance a motore. La comunità cerca di sopravvivere mantenendo intatta la foresta, per loro "el bosque", contro le speculazioni delle compagnie di legname e di estrazione dell'oro. In particolare, è la parte anziana della popolazione a difendere più strenuamente il bosque, da cui dipende la vita dell'intera comunità, mentre i giovani, ammaliati dallo stile di vita occidentale proposto dai mezzi di comunicazione, sono tentati dalle allettanti proposte delle compagnie straniere. Ne consegue uno scontro generazionale che mette a rischio la sopravvivenza della foresta stessa.
Allo scopo di fornire alla comunità una fonte di reddito basata sulla protezione , e non sulla distruzione , della foresta, nasce l'iniziativa di Simone e Michele: viaggi di turismo fotografico verso Playa de Oro, in collaborazione con un'agenzia di turismo italo,ecuadoriana.




La comunità ci accoglie senza riserve, con ospitalità e cordialità sconfinate. I bambini in particolare azzerano da subito la barriera culturale e di linguaggio che ci separa, conquistandoci con la loro spontaneità e gioia di vivere. Niente può fermare la loro voglia di gioco, neanche gli scrosci improvvisi e torrenziali della stagione delle piogge. Ancora mi commuove pensare alla dolcezza e spontaneità con cui ci hanno accolto: un episodio su tutti è l'invito ricevuto da parte di uno di loro a visitare la sua casa per conoscere la sua famiglia.


Semana Santa , La settimana Santa

La foresta attorno al villaggio incombe con il suo fascino che suscita ammirazione e timore: colibrì, falene e farfalle giganti, rane e insetti dai fantastici colori ci vengono a trovare sull'uscio delle nostre spartane abitazioni. Ma è la vita al villaggio che ci assorbe di più: è la Settimana Santa e siamo testimoni privilegiati di una serie di riti tradizionali , finora mai documentati , sviluppati nel corso dei decenni da questo villaggio. Playa de Oro è infatti una comunità cattolica estremamente piccola e sperduta: i riti si svolgono in assenza di sacerdoti e nel tempo hanno perciò assunto connotazioni peculiari, intrise di echi tribali.

Le celebrazioni, spesso scandite al ritmo di percussioni e strumenti artigianali, proseguono fino al cuore della notte, seguite con fervore e devozione autentica dagli abitanti. Si tratta di momenti estremamente emozionanti anche per i non credenti, dato l'estremo impatto scenico ed emotivo dei momenti culminanti dei riti. Le celebrazioni proseguono in crescendo fino alla grande festa della Pasqua, che la comunità celebra uccidendo un grosso toro e dividendo la sua carne in parti uguali per tutte le famiglie del villaggio. La comunità ci saluta con una festosa "marimba", il ballo tipico eseguito dai ragazzi del villaggio vestiti in sgargianti costumi. Il lunedì dell'Angelo è giorno di partenza per le Ande: il viaggio ci porta negli stessi luoghi visti all'andata, ma questa volta sostiamo per qualche ora a Selva Verde, per dei memorabili scatti a questo paese di pescatori. Mentre intere famiglie puliscono reti cariche di gamberetti, fregate, pellicani e sterne rubano e si contendono parte del pescato.


Mondo Andino

Il nostro soggiorno prosegue nella località andina di Plancha Loma. Al nostro arrivo ci attende una grande sorpresa: oltre ad una danza di benvenuto, ad accoglierci è la leader storica del movimento degli indigeni andini locali. E' lei stessa ad introdurci alla dura vita della loro comunità, che abbiamo modo di osservare con i nostri occhi il giorno successivo.




Gli andini, con una cordialità e calore inaspettati, ci mostrano la loro vita di tutti i giorni: le abitazioni tradizionali, il lavoro nei campi, l'allevamento degli alpaca e dei porcellini d'india , piatto tipico locale. Le condizioni di vita sono molto più dure qui che sulla costa, con tassi di mortalità infantile e di mortalità da parto molto elevati. La presenza di Pierre, esperto conoscitore della zona, ci ha permesso di capire meglio i problemi degli andini. Pierre ci ha raccontato uno spaccato della lotta di questa comunità, costretta a far fronte a problemi annosi, ma anche a tentativi maldestri di intervento da parte dello stato, che negli anni ha applicato delle politiche agricole controproducenti. E' stridente notare come dall'altra parte del globo rispetto all'Europa, in condizioni climatiche completamente diverse, vengano allevate le stesse razze di mucca e coltivate gli stessi cereali. La sostituzione di colture e allevamenti tradizionali con specie di importazione ha portato a problemi di scarsità d'acqua e malnutrizione. Inoltre, l'aver spinto le coltivazioni fino ad altitudine che sfiorano i 4000 m su pendii scoscesi ha portato a notevoli problemi di erosione del suolo.




Non è un caso che la leader del movimento sia una donna: fino a 20 anni fa, le donne hanno rivestito nella società andina un ruolo subordinato rispetto agli uomini. Non ricevevano un'istruzione, non era loro consentito di esprimersi liberamente e i lavori più pesanti, come quelli nei campi, erano di loro competenza. Sono state quindi le donne ad organizzarsi per prime per ottenere una maggiore emancipazione. Il movimento indigeno si è quindi allargato all'intera società andina per portare le istanze di questa parte della popolazione ecuadoriana all'attenzione del governo centrale.
Il movimento lavora inoltre in maniera molto concreta per migliorare le condizioni di vita della popolazione: sono state reintrodotte coltivazioni tipiche come la nutriente quinoa e vari tipi di tuberi, gli allevamenti di porcellini d'india e di alpaca. Questi prodotti tipici sono da noi stati gustati durante un ricchissimo pranzo presso una casa della comunità.
Abbiamo inoltre potuto visitare un mulino elettrico che viene utilizzato trasformare in farine i cereali coltivati dagli agricoltori locali e dei telai a mano con i quali vengono prodotti capi molti raffinati. Anche l'unica scuola media superiore locale e l'ostello dove noi stessi abbiamo soggiornato sono opera della comunità, che attraverso l'istruzione dei suoi figli e progetti di turismo comunitario vuole migliorare il proprio futuro.


L'Amazzonia Ecuadoriana




L'ultima parte del viaggio è dedicata all'Amazzonia, ospiti in un lodge gestito da una comunità di lingua Quichua. Questo lodge è un esempio di successo di come il turismo ecologico/fotografico possa salvaguardare la foresta fornendo una fonte di reddito alle comunità amazzoniche e tenendo ben lontane le compagnie petrolifere che altrove sono riuscite a trivellare devastando la foresta vergine. Il viaggio di andata, a bordo di una lancia a motore, è quasi surreale: una fittissima pioggia fa quasi scomparire le rive del vasto fiume, avvolgendoci in una nebbia irreale.

Il viaggio di andata, a bordo di una lancia a motore, è quasi surreale: una fittissima pioggia fa quasi scomparire le rive del vasto fiume, avvolgendoci in una nebbia irreale. La permanenza al lodge è interamente dedicata alla scoperta delle incredibili flora e fauna amazzoniche. Effettuiamo giri in canoa e a piedi nell'intrico della foresta allagata dalle piogge, accompagnati dalla insostituibile guida di Domingo. E' lui ad individuare e identificare incredibile specie di uccelli e insetti per noi altrimenti invisibili, mimetizzati perfettamente con l'ambiente circostante.

Un aneddoto tra tanti: presi come eravamo a fotografare una fantastica rondine alibianche appoggiata su un palo a poca distanza dalla nostra canoa, non ci siamo accorti della presenza di quattro chirotteri appollaiati in fila esattamente sotto alla rondine fino a che Domingo non ce li ha fatti notare. Particolarmente suggestivo è stato salire su una piattaforma sulla cima di uno degli alberi più alti di questa parte della foresta (oltre 36 metri). Da lassù si aveva una visuale a 360° del tetto della foresta, che ci offriva la possibilità di osservare specie di uccelli non avvistabili dal fiume. Tra di essi, tucani, pappagalli, colibrì e mille specie dai colori sgargianti, come il trogone corona blu.




Ed eccoci alla fine del viaggio, e così del racconto: salutiamo l'Amazzonia alle 6 di mattina e ci imbarchiamo per il viaggio di ritorno che, a causa dei tempi morti in aeroporto, durerà quasi due giorni. Dopo la frenesia di questi giorni di incontri e di emozioni, viene il momento per riassaporare e riflettere su ciò che si è visto e vissuto. Mi ci è voluto del tempo per riuscire a raccontare questo viaggio, perché ciò che mi ha lasciato è stato davvero tanto: ricordi, emozioni e riflessioni che si sono accavallati e che è stato difficile rimettere in ordine per poterli trasmettere ad altri. E' stato l'incontro con una natura diversa da quella a cui siamo abituati: indomabile, affascinante e pericolosa, ma anche così fragile e in cui le ferite inferte dall'uomo sono purtroppo già ben visibili anche in un paese così "selvaggio" come è ancora l'Ecuador. Ma è stato soprattutto l'incontro con un popolo, quello ecuadoregno: dai mille visi, tradizioni e costumi, ma unitario nella genuinità con cui accoglie e ospita degli stranieri un po' bizzarri come noi fotografi , arrivati con più bagagli che una top model e che tutto fotografavamo con curiosità. Incontro che non può non toccare nel profondo: le condizioni di povertà e di marginalità sociale, il lavoro massacrante, le vessazioni dei diritti e il duro confronto con il potere economico delle compagnie estere stridono con la gioia e la tenacia di vita di questa gente. Non si può rimanere indifferenti. Non si può non interrogarsi sull'inessenzialità del nostro stile di vita, che può essere tale solo a prezzo delle loro dure condizioni di vita. Ma ancora più pressante è domandarsi cosa è realmente importante per noi: nonostante tutte le nostre possibilità, siamo felici?


Dario Pertusini è nato nel 1984 in provincia di Como. Da sempre vive a Palanzo, un piccolo paesino sulle rive del Lario. Si è avvicinato alla fotografia naturalistica nel 2005, inizialmente solo come strumento di documentazione durante le escursioni naturalistiche. La sua passione per la fotografia è da allora andata crescendo continuamente, insieme all'amore per la natura. Non predilige un genere in particolare ma ama qualsiasi forma di fotografia naturalistica: dalla macro all'avifauna, dalla flora ai grandi mammiferi. Nel tempo, anche grazie all'aiuto e ai consigli di amici fotografi, il suo stile si è evoluto ed è arrivato ad abbracciare tematiche più ampie, come il reportage. Ha così trovato il modo di unire alla fotografia anche la sua seconda grande passione: il viaggio. Inteso non solo come scoperta di nuovi luoghi, ma soprattutto come strumento di conoscenza di altre culture e di incontro con altri popoli. Potete leggere questo articolo e vedere altri suoi scatti nel suo nuovo sito web : www.dariopertusini.it



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