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Australia, gennaio 2017


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Australia, gennaio 2017, testo e foto by Gianfranco Fantin. Pubblicato il 03 Marzo 2018; 0 risposte, 1653 visite.


07.01

Saliamo sull'Honda di Fred con guida a destra. Silhouette di pappagalli attraversano il cielo. Il sole è basso. Ai bordi della strada fila di case a un piano con giardino.

Anche la casa di Carla e Fred è a un piano. Nella sala appesi quadri con foto di famiglia. Sotto la fioca luce di una lampada rievochiamo. Fred è arrivato in Australia che aveva sette anni, è di origini olandesi. Carla ne aveva cinque e l'italiano lo ha dimenticato.

L'indomani è stato organizzato un barbecue in nostro onore dove ci saranno tutti i cugini di Gianfranco, ma anche la mamma di Carla che questo mese compie novantacinque anni e abita dall'altra parte della strada. C'è qualche probabilità che presenzi la zia più anziana, che lo scorso anno ne ha compiuti cento.

08.01

Trentatré anni fa, quando Gianfranco ci venne per la prima volta, non c'era nulla, a Mandurah. Ora ci sono strade asfaltate e rotonde con giardini in fiore e tante villette. Il sole è ancora alto nel cielo che è di un blu intenso; ma la brezza del mare ci fa dimenticare il caldo.

È tinteggiata d'azzurro la villa di Bev e Chris che dà proprio sul canale. Oltre la terrazza c'è un piccolo molo. Attraccata una barca sempre pronta a salpare.

Poltrone in vimini nell'openspace che si allunga verso il mare, alle vetrate i colori del tramonto.

Alla TV dànno le previsioni del tempo: sopra Darwin, nel Northern Territory, nostra prossima meta, nuvole e fulmini con probabili acquazzoni tropicali.

09.01

La barca è pronta a salpare. Beverly ha il compito di preparare le nasse.

Chris indica la riva in fondo, dove c'è un dosso di sabbia. Dice che vogliono ancora costruire case e ci racconta del ventisei gennaio, quando per festeggiare l'Austalian day, il tratto di mare dove ci troviamo si riempie di barche con issata sul pennone la bandiera australiana.

Il mare è calmo, ma le previsioni dicono che verso mezzogiorno si alzerà aria dall'Antartico.

È ora di recuperare le nasse. Chris è scettico, fino a qualche giorno addietro non si pescava nulla. Ci avviciniamo alla prima boa. Beverly afferra la corda e tira verso di sé la nassa senza mollar la presa un solo istante, altrimenti il granchio potrebbe scappare. Rimaniamo col fiato sospeso a guardare la nassa apparire a fior d'acqua. Ce n'è uno! Chris accorre, prima lo deve misurare col calibro. Non dovesse raggiungere la misura prestabilita lo si deve rigettare in mare, altrimenti si prende la multa.

- È ok, bene -, dice e si sfrega le mani.

Ma il crostaceo rimane agganciato alla rete della nassa. Non c'è verso di farlo staccare. Bev dà colpi decisi per farlo cadere. Alla fine il granchio molla la presa e cade sul dorso a zampe levate. Prende allora a farle roteare come eliche impazzite fino a ribaltarsi. È a questo punto che, chele taglienti come rasoi alzate a mezz'aria, lo vedo dirigersi verso le dita dei miei piedi nudi tutto incazzato.

- Aiutoooo!

Bev è però più lesta di lui e lo blocca dandogli una ciabattata sulla testa con l'infradito di Chris. Il granchio, messo alle strette, pinza la ciabatta, anziché le mie dita. Fiuuuu, c'è mancato un pelo!

Catturiamo in totale undici crabs, tra i quali quattro femmine sotto misura, che abbiamo prontamente ributtato in mare.

- Avete portato fortuna -, dice Chris con tono soddisfatto.

È mezzogiorno e si alza la brezza dell'Antartico, come avevano previsto. Si gira la prua verso casa, comincia a far fresco.

Dalla collina si vedono spuntare da sopra gli alberi le braccia delle gru del porto di Fremantle. L'acqua dello Swan River serpeggia tra le abitazioni perse nel verde degli eucalipto. Nel fiume ci vengono gli squali a partorire; ma la gente a nuotare ci va lo stesso. Sono in molti ad averci lasciato la pelle, dice Alis, il cugino di Gianfranco, non nel fiume, ma in mare, dove i pescicane confondono le tavole da surf per delle otarie. Allora mi chiedo: ma perché entrano in mare se sanno di rischiare la vita? E l'unica risposta che mi sono data è: per passione. Sembra stupido, ma se ci pensate anche da noi muore un sacco di gente perché va fuori pista con gli sci, oppure per quattro funghi. Allora ci sta che uno in Australia non provi paura a cavalcare le onde del mare, anche se sotto ci sono gli squali.

Vetrate con vista su grattacieli, prospicienti l'oceano indiano. Sugli alberi gorgoglio di parrocchetti. Non siamo vestiti elegante, io e Gianfranco, ma ci fanno accomodare lo stesso. Ci servono carpaccio di canguro, per cena. Un cielo di sfumature blu-porpora sulle luci della città. Bye, bye Perth, è stato fantastico.

10.01

- Good Morning we are in Darwin -, annuncia il capitano e mi sveglio di sobbalzo. Ho dormito tutto il viaggio.

Ci dicono che c'è da svoltare a sinistra e camminare sempre dritti per circa quindici minuti, per arrivare al nostro Hotel. Valigie alla mano ci dirigiamo verso l'uscita. Che saranno mai quindici minuti a piedi? La fotocellula spalanca la porta a vetri che separa l'aria condizionata dall'aria naturale. Darwin, si suda solo a guardarla.

Nuvole bianco-grigiastre sopra le palme e aria tropicale scorrono dal finestrino del bus che abbiamo deciso di pigliare. Percorrere quindici minuti a piedi con i bagagli appresso, avrebbe potuto rivelarsi un suicidio.

11.01

Yellow Water Billagong Cruise. Una sorta di Crocodile Dundee Adventure per famiglie con bambini, giovani sposini, turisti obesi e fotografi ambiziosi. Una passerella conduce all'imbarcazione.

Si sta bene in canottiera. L'aria s'infila tra i capelli mentre goccioline d'acqua punteggiano il viso. Ai bordi della riva si rallenta. Dove il fogliame si fa più fitto, potrebbero nascondersi alligatori. Ma non si muove niente tra le grandi foglie di ninfea e i fiori rosa sbocciati al sole.

- Là piove -, dice Gianfranco e indica una linea grigia fitta fitta che scende da un cielo divenuto nero. Ma sembra non dobbiamo preoccuparcene più di tanto perché l'imbarcazione è provvista di un tetto di lamiera.

Uccello di Dio, così lo chiamano quel piccolo volatile colorato che zampetta sulle ninfee. Un'aquila pescatrice ci osserva dall'alto. Un cormorano s'aggrappa a un grosso ramo.




- Mi sento un po' come un cacciatore -, dice Gianfranco, - con la differenza che io gli animali non gli uccido, non ne sarei capace; me li porto a casa come dei trofei solo se prima li metto a fuoco.







Tic... tec... tac... Tactac... Tac tic tec...

- AT NINEEEEEE -, grida una donna. Occhi e narici a pelo d'acqua. Gianfranco non è pronto, ha da sistemare gli ISO, il tempo di scatto e l'apertura dell'otturatore. Il coccodrillo gli gira il sedere. Click!

Tic tec tac tac tac tac tic tec tac ratatac...

Arrivano poncio in plastica. Gianfranco lo utilizza per coprire l'attrezzatura, mentre io mi destreggio tra acqua e vento per indossarlo. In un attimo quattro gocce diventano diluvio universale. Il capitano non si ferma e la pioggia entra di traverso fin sotto il tetto dell'imbarcazione. Oggi mi sono resa conto di cosa sono i monsoni tropicali.

Nourlangie Rock, dimora di antichissime tradizioni. Disegni aborigeni su pietra narrano la storia di un intero popolo. Si cammina nella fitta boscaglia. Sembra di essere in un bagno turco, ma all'aperto.




12.01

Oggi si va al Litchfield Park.

Le dimensioni sono quelle di una formica, ma costruiscono autentici grattacieli che vanno dai due fino ai cinque metri d'altezza. Siamo sull'altopiano Tabletop Range, famoso per il grande numero di termitai. Sembra di vedere un cimitero con le sue lapidi. Ogni regina depone duemila uova al giorno, che alla schiusa volano via. Poche tornano a casa.
La parete del termitaio rivolta al sole ne assorbe il calore fino a raggiungere i trenta gradi, la parte in ombra, più fredda, mantiene costante la temperatura.




Scroscia davanti a noi, celata da rami, Florence, la prima cascata. Era previsto si potesse fare una nuotata, in questo luogo, ma data l'abbondanza di precipitazioni è troppo rischioso. Gli acquazzoni hanno reso inagibili tutte le pozze della zona, ormai da due settimane. Dagli elicotteri sono stati avvistati coccodrilli, è quindi sconsigliato fare il bagno.

La seconda cascata si chiama Tolmer e cade da una gola dalle rocce rosse. Dalla piattaforma in cui sostiamo si gode di un ottimo panorama. Alla guida spiace impedirci di fare il bagno anche in questo caso. Del resto, non avesse piovuto, tutto sarebbe arido, e non si vedrebbero nemmeno le cascate.

Cartelli con scritto: Attention crocodile, ci tengono a debita distanza dalla riva della Wangi, la terza cascata che visitiamo. Consigliano di non sporgersi dalle passerelle nemmeno con l'obiettivo della fotocamera, poiché gli alligatori spiccano dei salti fuor d'acqua e afferrano tutto ciò che vedono penzolare.




C'è una gran gazzarra tra il fogliame del palmeto. Spiovono a testa in giù musi di volpi volanti.




Un turista ci segnala la presenza di una grossa ragnatela. Il Nephila pilipes è uno dei ragni più grandi al mondo. Nell'insieme può raggiungere dimensioni fino a venti centimetri. Cavalletto e obiettivo macro sono d'obbligo in questo caso.




13.01

Gocce di condensa e aria da frigorifero sulla faccia, al momento del decollo. Il caldo tropicale si è trasformato d'improvviso in fredda aria invernale.

Ad Alice Spring facciamo scalo. Piccolo aeroporto nel deserto. Fa caldo, ma c'è meno umidità rispetto a Darwin.

Arrossate, volubili nuvole e celeste cielo che scurisce nel blu cupo di una notte stellata. Un rompo di tuono, laggiù a sinistra un lampo. Un altro tuono. Il monolite prende fuoco. A milioni di tramonti ha assistito. Spira il vento dell'outback, lento, la polvere rossa in anni di silenzio.




Cinquantamila steli illuminati, alimentati a energia solare e un sentiero rischiarato da lanterne. Gli steli sembrano fiorire non appena il buio scende su Uluru e cambiano colore a scadenze regolari. L'arte più moderna si combina con la natura e la spiritualità del luogo.

14.01

Imbocchiamo l'unica strada esistente per il Kings Canyon.

- It's not so hard -, dice Steve, sincerandosi del quantitativo d'acqua messo nel sacco. Con la mitica 5D e il 24-70 al collo ci incamminiamo. La 7D stavolta la tiene Gianfranco, anche perché vi ha innestato l'obiettivo più pesante, che a me nuocerebbe alle cervicali.




Cespugli verdi, alberi dal fitto fogliame, fiumiciattoli e uccelli di tutti i colori. Ma ad attirare la nostra attenzione sono le venature e i colori delle rocce. È come essere in un grande archivio di pietra e percorrere a ritroso sconfinati intervalli di tempo.

15.01

Sul Sydney Harbour Bridge ci si può arrampicare. Bellissime ragazze tirate a lucido siedono ai tavolini sorseggiando vino bianco tenuto in fresco in secchielli con ghiaccio. I battelli entrano ed escono dal porto della baia.

16.01

Sydney ha un'area sette volte quella di Parigi e il quartiere più lontano dista novantasei chilometri dal centro.

Tony, il nostro autista, fa spesso battute di spirito senza cambiare tono di voce.

- Prima abbiamo fatto sei figli, poi abbiamo acquistato la TV -, dice.

Il costo per iscrivere un figlio a una scuola privata si aggira sui 14'000 dollari australiani l'anno. Il governo intende dare a tutte le famiglie numerose la possibilità di far studiare i propri figli. Per questo motivo Tony paga la retta solo per i primi tre. Dal quarto in poi è gratuito. Almeno così mi è sembrato di capire.

Con lo scopo di educare la popolazione a un comportamento salutare, il programma scolastico include molte attività sportive. A differenza degli Stati Uniti d'America, in Australia di persone obese se ne vedono ben poche.

Ci fermiamo a Bondi Beach, tra quelle oceaniche, la spiaggia più prossima al centro città.

- Volete fare un bagno? - dice Tony, - assicuratevi allora di portare con voi qualcuno che nuota adagio.

Teli da spiaggia, bagnanti abbronzati e surfisti. La sabbia è soffice. Freddina, ma piacevole, l'acqua del mare raggiunge i nostri piedi. Il sole è alto e caldo. Ci sono cartelli che indicano dove è vietato balneare. Il mare sembra cheto, ma nasconde molte insidie. Squali? Anche qui ce ne sono! Lo humor di Tony ha colpito.

Un'onda più alta delle altre ci bagna i vestiti. Ok, ok, usciamo!

Raddison Blu Plaza, eccolo lì. Ci saremmo potuti arrivare anche senza l'aiuto della tecnologia. Sydney è un groviglio di strade, ma se guardate in alto vi potrebbero tornare d'aiuto i 293 metri della Sydney Tower, per orientarvi.

17.01

Asiatica ragazza magro-vestita di maglietta e pantaloni a pois. 5$, plego. Da un sacchetto rigonfio-plastificato traboccano sudici indumenti e tre moscerini. No polvere, liquido, please. Nel tamburo inox-forato sgomitano brache magliette e mutande con calzette color ratto. Glu glu glu glu.

- Thilty minutes -, dice la cinese in inglese. Prendo posto sulla seggiola accanto a Gianfranco.

Sbuffa il ferro a stirar camicie sull'asse sdraiate. All'insù a guardar la TV, il mento della cinese. Lavati asciugati profumati 10$.

Fa un caldo bestiale. Troppo bestiale! Chiudete le saracinesche, noi si va in albergo. Dedico tempo al diario e visto che non ho nulla da scrivere fantastico in una sintassi non propriamente scorrevole. Appunto, capite la difficoltà? Il sole non scende dai grattacieli, sta su a perpendicolo sulla Sydney Tower a guardar la gente passeggiare sul ciottolato del Royal Botanic Gardens a fronte di una fragranza di fioriti fiori e d'un gorgogliar di pappagalli sul sagrato della St. Mary's Cathedral tra canti e batti mano e Fish & Chips accomodati su del cartone ondulato, mentre noi ci si accontenta di un gelato.

Il cielo annuvola e tregua sia che al caldo segue gradevole venticello.

Treppiedi Manfrotto a puntar l'Opera House mossi da imponenti grandangoli e filtri a lastra fino a sei, dieci stop.
Gianfranco opta per un'altra postazione. Occhi a mandorla in time lapse, una figata che provo subito con l'iPad. Acceleri il sole e le nuvole scorrono veloci sui grattacieli.




Cala il sole sopra a nembi giunti da Ovest ora fermi sui Building della baia. Ed è fuoco che incendia il cielo fino alle stelle riflesse nel mare.

Sul viale attraverso i giardini del parco, scorre l'aria fresca della notte e l'irrigazione automatica. Al posto dei pappagalli, ora volano pipistrelli.

Fine prima parte.
















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