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Festival delle Aquile, Olgij


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Festival delle Aquile, Olgij, testo e foto by Maurizio Trifilidis. Pubblicato il 20 Ottobre 2017; 22 risposte, 4537 visite.


La Mongolia è una paese vasto, grande quattro volte l'Italia; inoltre la popolazione non solo è di appena tre milioni di abitanti, ma circa la metà vive nella capitale Ulanbaatar; gli altri sono in gran parte nomadi. Di conseguenza nel paese gli spazi sono enormi, la natura pressoché incontaminata, la gente ospitale e gentile ... ma si può viaggiare ore senza incontrare nessuno.

I nomadi vivono nelle Gher, tende circolari che al loro interno contengono letti, una credenza, una stufa per scaldarsi e cucinare e i relativi utensili, i finementi dei cavalli e gli strumenti di lavoro; il bagno è sempre esterno, ma questo avviene spesso anche per la case in cemento. La caratteristica principale della gher è comunque quella di essere facilmente smontabile e altrettanto facilmente rimontabile in poche ore, dopo averla trasportata anche a grande distanza, una volta con un carro di buoi, ora sempre più spesso su un camion.

Il distretto di Bajan-Olgij, con capoluogo l'omonima cittadina, si trova nella parte occidentale della Mongolia, ai piedi dei Monti Altai, catena che separa la Mongolia dalla Russia, dalla Cina e dal Kazakistan, con la presenza di siti risalenti all'Età del Bronzo; qui il territorio è più selvaggio e variegato che in altre aree del paese. In questa regione, gran parte degli abitanti sono nomadi e vivono prevalentemente di pastorizia (vengono stimati complessivamente circa 2 milioni capi di bestiame), come nel resto del paese; le diversità risiedono nell' etnia, qui Kazaka, e nella religione, musulmana; soprattutto, qui, e solo qui in Mongolia (la pratica è diffusa anche nel Kazakistan), i pastori - per tradizione, cultura, abitudini secolari - praticano la caccia con l' aquila, molto orgogliosi di tale attività e del proprio rapace (Marco Polo già la citava nel suo "Il Milione").




Per arrivare a Olgij, occorre prendere un aereo, sempre affollatissimo, da Ulanbaatar, la capitale della Mongolia, poco più di tre ore di volo con la piccola compagnia nazionale. La strada che unisce le due città è prevalentemente non asfaltata; percorrerla, necessariamente su mezzi a quattro ruote motrici, richiederebbe diversi giorni (anche sei) e sarebbe ovviamente molto più costosa. La città di Olgij, circa 27.000 abitanti, ha caratteristiche più tipiche delle città dell' Asia centrale, di religione musulmana, che non della Mongolia buddista. Qui la maggior parte delle costruzioni sono piccole ma in mattoni e/o di cemento, tra queste diverse moschee, assenti nelle altre parti del paese. Appena fuori città, monti innevati, con ghiacci perenni, laghi scintillanti e di tutte le dimensioni, fiumi maestosi, alberi con le foglie ora già rosse e dorate rendono unico il panorama.

Nei dintorni della città, alla fine di settembre, inizio ottobre, quando l'autunno è già inoltrato e l'inverno molto vicino, i cacciatori Kazaki si radunano per sfidarsi in una serie di gare di abilità e destrezza in un evento per tutti noto con il Festival delle Aquile (Eagle's Festival), meta ambita per fotografi viaggiatori dall'inizio di questo secolo. L'evento principale e il più affollato si svolge a Olgij ma la settimana precedente (in genere la terza di settembre) vi è un festival di questo tipo anche a Sagsai, circa un'ora di fuoristrada verso occidente; le foto di questo racconto sono state scattate proprio a quest'ultimo evento, meno affollato e più genuino. Nella foto, la strada per arrivarci, certo non affollata e con nessuna persona o gher in vista.




Il programma del Festival può cambiare da un anno all'altro o da una "cittadina" a un'altra, ma inizia sempre con una sfilata iniziale e dura due giorni (il sabato e la domenica). Il primo giorno del Festival i partecipanti arrivano a cavallo anche da zone molto distanti, sfoggiando vestiti e accessori tradizionali, tra cui spesso rozze pellicce. Molti indossano il tipico cappello rosso, che li fa riconoscere dalla propria aquila in volo anche da molto lontano, specie sulla neve; l'aquila ha una vista 8 volte superiore a quella dell'uomo e il punto rosso del cappello è il punto di riferimento durante la caccia anche a grandi distanze.




L'aquila, posata sul braccio coperto da un pesante guantone e sostenuto da un bastone di legno poggiato sulla sella del cavallo, ha la testa coperta da un cappuccio protettivo di cuoio.

I cacciatori che partecipano hanno tutte le età: anziani che vogliono mantenere la tradizione, anche quando iniziano a fare fatica a salire a cavallo, …




ma anche giovanissimi, affiancati dai genitori, che trasmettono tutte le loro conoscenze e li spronano a perseguire quella che era l'attività principale dei loro avi, praticata da millenni. Partecipano anche alcune giovani cacciatrici. Pure per i più giovani, i vestiti rispettano la tradizione. I visi sono scolpiti dal vento, dal sole e dal freddo; gli occhi stretti come fessure; alcuni li hanno di colore azzurro. Caratteristiche questa che si trovano sia nei cacciatori sia negli spettatori locali; fra quest' ultimi rilevante la presenza femminile di tutte le età.




La protagonista principale del Festival è ovviamente l'aquila reale. Questa pesa circa 6/7 kg e ha un apertura alare che può superare i due metri e mezzo. Questi rapaci sono in grado di individuare la propria preda da molto lontano e, in genere, le femmine (burkit), di maggiori dimensioni e più pesanti, si mostrano le più efficaci nella caccia. Per questo, sono le predilette dei cacciatori ma anche le più difficile da fotografare per la loro velocità.


Il rapporto tra il cacciatore e il suo rapace è molto stretto; dura a lungo: da quando l'aquila viene catturata giovanissima fino a quando, superati i dieci anni di attività, verrà liberata. I rapaci sono tanto più efficaci se il proprietario li cattura quando hanno già sviluppato una propria capacità di caccia; prendere dei piccoli dal nido appena nati è più facile, ma i risultati poi ottenibili sono inferiori. L'addestramento richiede pazienza ed esperienza; dura a lungo e viene agevolato utilizzando un'altra aquila già esperta. La carne della preda catturata costituisce il premio per l'aquila e ne incentiva l'apprendimento. Organizzandosi con una buona guida, durante l'inverno è possibile partecipare a qualche battuta di caccia e/o alle fasi di addestramento, senza però avere la certezza che una preda sia effettivamente catturata.




Una delle gare principali consiste nel cacciatore che lascia la sua aquila su una collina, le toglie il cappuccio e poi, raggiunto un punto distante un centinaio o più di metri, la richiama, la invita a raggiungerlo e a posarsi sul suo braccio. Qui un' aquila sta per raggiungere il suo cacciatore e risulterà una delle migliore nella competizione.





Velocità, obbedienza e precisione sono gli elementi di giudizio per vincere la gara. Lo stesso vale per l'altra gara (shakhyru), in cui l'aquila questa volta deve posarsi e catturare una preda, generalmente un pellicciotto di volpe, trascinata dalla sella del cavallo del suo cacciatore (a Olgij, talvolta utilizzano un animale vivo e in questo caso l'evento diventa cruento e potrebbe risultare non piacevole). In proposito è utile ricordare che la caccia è un'attività principalmente “ludica” ma che comunque termina con la cattura e l'uccisione della preda; il cacciatore ne trattiene la pelle (e la usa per il suo vestiario) e lascia la carne all'aquila. Su questa prassi, come detto, si basa l'addestramento del rapace, che viene praticato a lungo durante i mesi invernali. Nella gara, il rapace che svolge diligentemente il suo compito, si posa sulla preda e attende che il cacciatore se ne impossessi.

Qualche volta, per richiamare l'aquila e avere e una reazione più veloce, viene usato come preda anche un animale appena ucciso; per questo talvolta si vede il cacciatore che lancia la preda con la mano ancora sporca del suo sangue.

Non tutte le aquile svolgono la gara in maniera impeccabile; qualcuna proprio non si alza in volo, altre, si dirigono in direzioni del tutto sbagliate. In questo caso il cacciatore parte al galoppo proprio per inseguire l'aquila che non ha risposto al suo richiamo e riprenderne il controllo.

In un'altra gara di abilità (tenge ilu), tra le più spettacolari, il cavaliere si lancia al galoppo, incitato dagli altri partecipanti alla gara e dal pubblico; quest'ultimo comprende turisti e fotografi, ma anche, nella maggior parte, molta gente del luogo, spesso amici e famigliari dei concorrenti.





Il cavaliere, in piena velocità, raccoglie da terra piccoli oggetti, nel caso specifico, fiori plastica, ma anche nastri e/o pietre.




Vince chi è più veloce e preciso. Bisogna ricordare che il pastore mongolo vive la maggior parte del tempo sul suo cavallo, più piccolo dei nostri, e sono tutti eccellenti cavallerizzi. Anche se ora incominciano ad apprezzare il vantaggio delle piccole moto, il cui utilizzo in tutte le attività quotidiane cresce ovunque.

Un intermezzo divertente tra le varie gare vede marito e moglie lanciarsi al galoppo insieme; in quest'occasione la moglie ha il diritto di frustare il marito; qualcuno fa una galoppata “consensuale” in allegria; in altri casi, la moglie prende sul serio il suo diritto e il marito galoppa quanto più velocemente possibile per evitare ogni malinteso.

Un'altra gara, più cruenta, è una specie e di tiro alla fune a cavallo (kokbar); ma si utilizza un montone, e non la fune; due cavalieri ne afferrano la gambe e se ne disputano il possesso. I contendenti possono tirare sia da fermo sia andando al galoppo; la gara può durare pochi secondi o anche diversi minuti; chi strappa il montone all'avversario vince e passa il turno, fino al duello finale.




Partecipano i pastori più giovani, ma anche lottatori professionali (la lotta è lo sport nazionale, insieme al tiro con l'arco); frequenti le risse alla fine di ogni gara. Si tratta dell'unica manifestazione del Festival piuttosto violenta, sia per l'animosità nei singoli duelli, sia perché il montone viene ucciso e sgozzato appositamente per la gara.

La caccia è fondamentalmente una componente vitale della tradizione Kazaka, da mantenere e rispettare; si svolge principalmente nel periodo più freddo, quando la terra è coperta di neve e le greggi richiedono meno attenzione; è anche il periodo in cui le volpi, principale preda dei rapaci, hanno la pelliccia più bella. Il Festival è anche un'importante occasione d'incontro, l'ultima prima dell'inverno; successivamente, infatti, la rigidità del clima impedisce la mobilità dei pastori e le occasioni di incontro con i vicini, che possono anche essere a ore di viaggio l'uno con l'altro. Nell'occasione del Festival, vicino al campo di gara, sorgono stufe pronte a fornire cibo a tutti i richiedenti e anche un piccolo mercatino, in parte per i turisti, ma anche per facilitare il baratto tra i cacciatori e le loro famiglie. Qui, tra un gara e l'altra, ci si incontra e si chiacchiera, cosa che il pastore mongolo, abituato alla solitudine, fa sempre molto volentieri. Alla fine della seconda giornata tutti tornano alle loro gher e finisce il Festival.




Complessivamente il Festival è un grande, e genuinamente vero, spettacolo, che giustifica i disagi necessari per parteciparvi. Il viaggio è molto lungo (Roma, Mosca, Ulanbaatar, Olgij); si dorme nelle Gher, che sono certo comode, ma qualche volta troppo fredde, e qualche volta, con la stufa accesa, troppo calde; inoltre, non hanno mai il bagno; questi sono in comune e non sempre vicinissimi; la temperatura, di notte, scende sotto lo zero.

Ma andare in Mongolia è come tornare indietro nel tempo; andare al festival ancor di più, è' come immergersi quasi in un altro secolo, in atmosfere dimenticate o, forse, mai conosciute. FOTOGRAFARE è entusiasmante, anche se complesso - per la polvere, per la luce molto forte e, soprattutto, per la presenza invadente del pubblico, locale e turisti; bracci, teste, mani appaiono all' improvviso, proprio dove si dirige l'obiettivo della macchina, e rimangono immortalati nell'immagine, appena scattata, e questo accade proprio negli scatti migliori (molte le foto gettate per le improvvise e indesiderate apparizioni).

Giochi equestri e gare di abilità simili si tengono anche, sempre nella medesima area e sempre nella tradizione Kazaka, a marzo, alla Festa di primavera, quando la neve inizia a sciogliersi, e anche a luglio, al Raduno nomade, ai piedi dei Monti Altai. Tutte occasioni che richiamano molti turisti, talvolta in misura maggiore di quelle che sono le capacità ricettive di Olgij. I mongoli hanno molti pregi, ma l'affidabilità non rientra tra questi; aver prenotato non sempre assicura l'effettiva disponibilità di ciò che si è già pagato; l'organizzazione e una buona guida sono indispensabili.

Il materiale fotografico utilizzato, limitato per ovvi motivi di peso, comprendeva una D4s e una D800, il 21 Zeiss, il 35 Sigma art, il 70-200 2.8 e il 300 4 vr della Nikon. Devo ringraziare Marco e Rosella di Iperboreus, che hanno organizzato il viaggio su misura per me e per i miei amici; probabilmente tornerò, magari anche andando nel deserto del Gobi.

Sempre disponibile a chi vuole informazioni sull'argomento.



Risposte e commenti


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user26730
avatar
inviato il 21 Ottobre 2017 ore 2:54

Complimenti per la scelta del viaggio che finalmente esce fuori dall linea quasi obbligatoria che si vede negli ultimi anni. Ultimamente sembra che se non fai foto a quella precisa nonnina nel Laddak, o a quel preciso monaco in quel tempio in Birmania, o a quel pescatore in quella precisa posa sul lago Inle.....non sei nessuno. Dunque la scelta di una destinazione che esce fuori da questo filone mi piace e mi fa immensamente piacere.
La mongolia e' un paese affascinante e il festival da te fotografato rende molto l'idea di genuinita' di una parte della popolazione di questo paese.
Le tue foto, oltre ad essere di qualita alta, hanno un dinamismo poetico che fanno godere di ogni dettaglio.
Cpomplimenti di nuovo!
Max

avatarsenior
inviato il 21 Ottobre 2017 ore 7:20


Grazie per il commento; sul lago Inle ci sono stato ma oramai i pescatori, come quelli dello Sri Lanka, sono diventati figuranti a pagamento, e quindi non li ho fotografati, ma il resto della Birmania mantiene ancora una caratteristica di genuità apprezzabile se si esce dal circuito turistico. un saluto.CoolCoolCool
mt

avatarjunior
inviato il 21 Ottobre 2017 ore 9:14

Ciao Maurizio. Ottimo reportage, grazie per la condivisione. La mongolia è una meta che mi ha sempre affascinato. Mi permetto solo una piccola considerazione:secondo me data la velocità dei soggetti potevi alzare un pochino gli iso che hai tenuto sempre molto bassi per poter avere tempi diversi, anche se onestamente le foto sono tutte buone :)

avatarsenior
inviato il 21 Ottobre 2017 ore 9:36

Molto affascinante la descrizione di un mondo che rischia di scomparire con la "modernità"

avatarsenior
inviato il 21 Ottobre 2017 ore 15:07

Bel racconto complimenti. Interessante anche la descrizione dei posti e del festival. Belle foto, in particolare quelle dinamicheSorriso

avatarsenior
inviato il 21 Ottobre 2017 ore 16:32



Grazie mille Piergiovanni, purtroppo il limite imposto di foto proporzionato alle battute dell'articolo mi ha indotto a includere principalmente foto collegate al testo, mettendo in secondo piano la qualità fotografica delle stesse; nella cartella Mongolia ne posterò presto alte.
un saluto.
mt

avatarjunior
inviato il 08 Dicembre 2017 ore 21:56

Complimenti per le eccellenti immagini e per il racconto estremamente evocativo. Viene voglia di andarci a tutti i costi!
Stefano

avatarsenior
inviato il 11 Dicembre 2017 ore 8:23

Grazie Stefano; è un bel viaggio, anche prescindere dalla fotografia; un saluto. mt

avatarsenior
inviato il 16 Dicembre 2017 ore 14:44

Va detto che addestrano le aquile anche alla caccia al lupo.

Prima lo immobilizzano alla spina dorsale e poi lo uccidono.

Per addestrarle vengono legati dei lupi anche con la museruola.

Giusto per sapere che ci fanno le aquile che vengono catturate da giovani.

Lo so che sono belle da vedere, ma è giusto sapere che si vede e che cosa significa.

avatarsenior
inviato il 17 Dicembre 2017 ore 11:01



grazie dei commenti .....

avatarsenior
inviato il 11 Gennaio 2018 ore 23:34

E' bellissimo !! Il racconto è conciso,senza fronzoli ...le fotografie sono ottime.
un saluto mongolo

avatarjunior
inviato il 08 Febbraio 2018 ore 20:28

Complimenti, foto molto belle

avatarsupporter
inviato il 09 Febbraio 2018 ore 8:21

Ottimo racconto sia nella parte scritta, sia nella parte fotografica. Esprime per me l'essenza del viaggio: viaggiare per conoscere posti e culture diverse, quelle poche ancora non omologate!
Ciao Adriano! Cool

avatarsupporter
inviato il 19 Febbraio 2018 ore 17:28

Vorrei esprimermi con tante parole di elogio per il tuo articolo e i tuoi scatti ma mi limito a dire che ho trovato il tutto molto affascinante. Complimenti: viene proprio voglia di fare questo viaggio!
Ciao
Paolo

avatarsenior
inviato il 19 Febbraio 2018 ore 17:29


Grazie a tutti; un bel viaggio, anche se non proprio facile.
un saluto.

mt





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