| inviato il 19 Settembre 2017 ore 17:28
Salvatore Pinzarrone: Quando spinto dal fuoco sacro compravo tanti libri (ne comprerei ancora ma ho finito lo spazio ) mi piacevano in particolare i paesaggisti inglesi leggo nomi a caso dallo scaffale charlie white mark denton joe cornish adam burton david noton david ward Ettore Perazzetta: a volte è anche solo questione del significato che ciascuno da alle parole! |
| inviato il 19 Settembre 2017 ore 17:39
@Uli66 Grazie mille |
| inviato il 19 Settembre 2017 ore 17:42
@ Salvatore "[...] però d'altra parte penso che le foto, come qualsiasi altra forma d'arte, dovrebbero servire anche a comunicare qualcosa. Ecco questo è il mio problema in questo momento, guardo le mie foto e non mi piacciono, alcune perché fatte proprio male dal punto di vista tecnico, e le altre, anche se fatte più o meno bene, non mi comunicano " Altra precisazione: ci sono foto fatte esclusivamente per comunicare un messaggio preciso. Ad esempio una notizia o un messaggio pubblicitario (in senso lato). E questo è pacifico. E le altre foto, quelle che non hanno questo scopo preciso, cosa comunicano? Quando stiamo davanti ad un quadro che ci piace moltissimo oppure ascoltiamo un brano di musica che ci fa impazzire o un film fantastico, in quel momento noi stiamo facendo un'esperienza estetica. È esattamente questo che si prova di fronte ad un prodotto artistico che tocca le corde della nostra sensibilità. La cosa che "comunichiamo" (o speriamo di comunicare) con le nostre foto è proprio questo: si tratta di trasferire agli altri la nostra esperienza estetica provata davanti al soggetto al momento dello scatto, portandoli a condividerla (cioè a viverla insieme a noi). Trasferiamo agli altri quello "stupore" che abbiamo provato davanti ad un pezzetto di realtà delimitato nello spazio e nel tempo. Messa giù così, capirai bene che non si tratta di una cosa così semplice. Non solo perché implica una serie di competenze tecniche per far funzionare la macchina (o dipingere una tela o suonare uno strumento). Ma soprattutto perché significa sapere "fissare" il senso che noi abbiamo intuito per un attimo quando abbiamo "visto" che potevamo ricavare una fotografia ritagliando un frame dal mondo intero. Se l'operazione riesce scopriamo che gli altri trovano nella foto lo stesso senso che noi abbiamo trovato al momento dello scatto. Vedono con i nostri occhi. Se non riesce, passato del tempo nemmeno noi ci ricordiamo perché abbiamo scattato. |
| inviato il 19 Settembre 2017 ore 17:50
“ Se l'operazione riesce scopriamo che gli altri trovano nella foto lo stesso senso che noi abbiamo trovato al momento dello scatto. Vedono con i nostri occhi. Se non riesce, passato del tempo nemmeno noi ci ricordiamo perché abbiamo scattato. „ Non sarei così drastico Come ho detto sopra credo che pochissimi siano in grado di comunicare "lo stesso senso" a terzi. D'altra parte è raro anche il fallimento completo, qualche "bricola" di emozione magari passa. Vero è che la nella distribuzione dei tentativi di comunicazione/trasmissione emotiva il lato "basso" di questa scala graduata è molto (moltissimo) più popolato. (l'Arte è per pochi eletti!) |
| inviato il 19 Settembre 2017 ore 17:52
Giusto. Dicevo per esemplificare il meccanismo. |
| inviato il 19 Settembre 2017 ore 19:29
A me ha fatto molto bene comprare e guardare in particolare due libri fotografici: "Ciociaria", di Fulvio Roiter e "Abruzzo" di Michael Kenna. Due approcci molto differenti: colori brillanti, interesse antropologico oltre che estetico e molta "formalità" in Roiter, bianco e nero, paesaggio puro e una certa dose di originalità in Kenna. Ma non sono né gli autori, né le tecniche, né i soggetti ad avermi ispirato: mi ha ispirato invece il fatto che entrambi abbiano fotografato da "forestieri" i luoghi in cui vivo (sono al confine tra Lazio e Abruzzo, per l'appunto). Vedere come due conclamati maestri della fotografia hanno visto e riprodotto la realtà che mi circonda mi ha un po' epurato la testa da fissazioni tecniche o di obiettivo da raggiungere, facendomi invece riflettere in qualche modo sul modo di "vedere il paesaggio" che, per me, non può essere solo quello del turista che ammira l'estetica o l'originalità di un posto. Ho visto che sei siciliano (anche io lo sono, di origine): ti consiglio di trovare qualche libro, magare di qualche autore affermato, che tratti dei luoghi a te vicini. Vedere come imposta il lavoro fotografico qualcun altro su un luogo da te già ben conosciuto ti apre la mente, giuro Fa molto più bene guardare due foto bene fatte della tua Sicilia che sognare per mesi o per anni i paesaggi Islandesi. |
| inviato il 20 Settembre 2017 ore 1:30
“ Sono tutte fatte con le migliori fotocamere e obiettivi, con una composizione ottima, super nitide con colori spettacolari ma alla fine non mi lasciano nulla. È un problema solo mio? „ tipico caso di una fotografia che ha sostanza ma non ha forma.Una foto bella e basta è una foto inutile.Una foto deve dire qualcosa,la fotografia non è estetica,è un linguaggio.In effetti guardando le tue foto,alcune giusto 3 o 4 mi sono piaciuto molto,però per le altre come capita a te non mi lasciano un granchè. |
| inviato il 20 Settembre 2017 ore 6:28
@salvatore pinzarrone Cit. Adesso ascolterò tutti i vostri consigli e speriamo che mi torni la voglia che avevo prima, quando prendevo la fotocamera ed uscivo senza una meta ben precisa Uscire a caso senza meta...forse é proprio questo il problema. Prova a crearti dei piccoli progetti personali su dei posti che vuoi raccontare, fai dei sopralluoghi e portati la fotocamera per qualche scatto di prova. Se poi non vedi niente che ti piaccia passa oltre, significa che non vedi niente da raccontare. Ho visto qualche scatto che hai fatto, negli ultimi postati si vede qualcosa che sta per nascere, prova a seguire quell'istinto e lascialo andare, cerca il soggetto che hai in mente è mettilo in risalto, utilizzando la focale giusta e le composizioni di base. Avrai tutto il tempo per sperimentare! Buon proseguimento |
| inviato il 06 Ottobre 2017 ore 14:31
La fotografia è una parente povera del cinema, dal punto di vista artistico. Calabresi "Ad Occhi Aperti", consigliabile |
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