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Chris Killip







user39791
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inviato il 17 Aprile 2017 ore 20:37

Chris Killip nasce nel 1946 sull'Isola di Man, nel Mar d'Irlanda, piccola isola amministrativamente indipendente sia dall'Irlanda, sia dalla Corona Britannica. Indubbiamente la provenienza geografica esercita una profonda influenza sul suo lavoro fotografico. Di formazione quasi totalmente autodidatta, Killip è il fotografo per eccellenza della costa Est del nord dell'Inghilterra negli anni '70-'90, oltre che emozionante ritrattista dei personaggi della sua isola natia.
Il suo primo lavoro come fotografo autonomo è proprio quello dedicato all'Isola di Man, in cui Killip scruta come con un microscopio la desolazione della vita quotidiana che si nasconde dietro allo sguardo, a volte protervo, dei suoi abitanti, della sua famiglia. Sono i visi, soprattutto, i protagonisti di questa prima serie, ancora piuttosto “giovane”, che ci si presentano davanti mostrandosi in tutta la loro crudezza: non c'è bellezza, perfezione, in quei volti stanchi e scontenti, nei volti di corpi immobili, come in attesa. Sono facce, facce di persone comuni che vivono su un'isola in bilico fra due orizzonti, abbandonate al loro destino. Sono personaggi che si ripetono uguali da secoli, che sembra aspettino la fine per darsi un posto nel mondo.
Quello che fa Killip è cercare di scollare la patina di bellezza che la fotografia è in grado di sovrapporre anche alla più ignobile delle condizioni umane. Non si tratta di mostrare il lato commovente del disagio, ma piuttosto di eliminare il più possibile l'artificio e lasciare che siano le persone a raccontare la loro storia. Questo tentativo di realismo, la ricerca forte della negazione di uno sguardo autoriale che corre il rischio di “truccare” l'immagine, in realtà mostrano in modo prepotente l'orientamento politico dei reportage di Killip. La sua é un'agre critica fatta non in nome dell'ideologia, ma in nome della verità, frustrante ricerca comune a molti artisti. Raccontare la verità è un impegno etico che in questo fotografo risulta palese, come ad esempio nella serie “Seacoal”, realizzata durante un arco di tempo di otto dei quindici anni in cui Killip ha vissuto a Newcastle. Killip si trasferí a vivere nella cittá per essere totalmente coinvolto in ciò che voleva raccontare, come racconta in un intervista per l' Aperture Magazine di New York del 2012. È estremamente necessario conoscere e “sapere” fin nel dettaglio più minuto e insignificante la parte di umanità che si ha deciso di fotografare, in caso contrario non si è fotografi, ma buoni creatori di immagini.
In questi giorni termina al Museo Reina Sofia di Madrid una bellissima esposizione monografica su questo “fotografo dei lavoratori”, ed è grazie a questa mostra che io l'ho scoperto. Domina, nelle sue opere, un senso di attesa, di aspettativa frustrata, di sconsolazione. Le persone che Chris Killip ritrae, la società che le circonda, costituiscono un mondo esausto, una cultura impoverita dalla de-industrializzazione, abbandonata dal governo e lasciata ad arrangiarsi da sola, alla ricerca di una riconversione non solo industriale, ma anche delle dinamiche sociali collettive e parentali, rimaste senza più molti punti di riferimento.
Quella che si presenta è la storia di una popolazione precisa, quella del nord-est dell'Inghilterra, in un arco temporale preciso, il periodo del governo di Margaret Thatcher, che subisce le conseguenze di una crisi post industriale senza soluzione apparente; è la storia di un paesaggio che invece di essere ritratto per il suo lato pittoresco, propone tutta la sua brutalità, nella desolante forza delle onde che si infrangono sulle scogliere, nel placido arrivo dell'alta marea ai bordi dell'abitato, nell'attesa dell'imminente tempesta. Tutto, nelle fotografie di Chris Killip, è sospeso nel tempo dell'attesa di un futuro difficile persino da immaginare. Esiste solo il presente, e non è incoraggiante.
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avatarsenior
inviato il 17 Aprile 2017 ore 20:53

Grazie fili

user39791
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inviato il 18 Aprile 2017 ore 6:55

;-)

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