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Sulle rive del Mekong


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Sulle rive del Mekong, testo e foto by Mero788. Pubblicato il 08 Marzo 2017; 5 risposte, 2533 visite.


Asia, direzione oriente.. Laos e Cambogia, per essere precisi..
Il secondo dei 2 paesi negli ultimi ha scalato posizioni nelle proposte di viaggio e rubato copertine su riviste turistiche. Chi non ha almeno visto, per una volta nella vita, la foto del sole che sorge sulle rovine di Angkor?
Ma il Laos? dov'è? qual'è la sua capitale?
definire Vientiane una capitale, è quasi un azzardo.
Sono state alcune di queste domande a far crescere la curiosità verso questo paese.. la vicinanza e la bellezza dei famosi templi Khmer hanno fatto il resto per aggiungere la Cambogia all'itineraio finale.
Partenza da Linate, data 01.12, OmanAir, destinazione Bangkok.
La capitale Thailandese è un ottima base per iniziare un'esplorazione del Sud est Asiatico.. i voli sono economici e bene o male è situata al centro di un ipotetico cerchio che racchiude: Birmania, Laos, Vietnam, Cambogia, Malesia, Indonesia.
La giornata di lavoro e il seguente viaggio di 15 ore con arrivo in notturna, trasformano Bangkok e la sua ormai famosa Khao san road in un pugno nello stomaco.
Caos, traffico, musica alta, banchetti a base di scorpioni, serpenti, ragni e fiumi di turisti occidentali in vena di far festa non sono l'approccio ideale di chi pensa di atterrare in Asia.. ma questo, potevo aspettarmelo. Ho scelto Khao san Road per alloggiare su consiglio di un caro amico, che 25 anni prima era arrivato in una Thailandia ancora sconosciuta e per certi versi “vergine” dall'impronta lasciata dal turismo di massa.. 25 anni fa facevo l'asilo, e di cose da quei tempi ne sono cambiate.. figuriamoci in una città come Bangkok!
Resto un po a gironzolare per le vie prima di andare a dormire e risvegliarmi il giorno dopo, attivo e riposato, pronto a visitare il vicino palazzo reale, il wat pho e già con uno sguardo verso il Laos.. la sera mi aspetta un treno notturno per il confine.. un ponte da attraversare, formalità burocratiche da compilare e una nuova bandiera ad aprirmi la porta di un intero paese.
La notte in treno passa veloce e, prima di addormentarmi, faccio conoscenza di un ragazzo tedesco, anche lui in viaggio da solo, con cui passerò l'intera giornata seguente a visitare Vientiane.






Il passaggio al confine è molto tranquillo, un paio di firme, qualche decina di dollari e sono in Laos..
Prendiamo un tuk-tuk che ci porta in centro Vientiane dove, dopo una ricca colazione a base di baguette e marmellata fresca, noleggiamo una bicicletta e passiamo alla visita dei monumenti piu rappresentativi della capitale.
L'insieme di case coloniali, il traffico discreto e la bellezza delle statue e stupa dorati fanno di questa città una meta piacevole per trascorrere una giornata. Prima di cena, ci concediamo una birra con vista sul Mekong (a Vientiane, in verità non c'è uno dei lungo fiume più belli del Laos..) e.. dopo altri tre bicchieri di Lao Beer, ci salutiamo. Ognuno per la sua strada, lui si ferma per intraprendere un trekking di più giorni nel villaggi limitrofi, io vado in direzione Nord, Luang Prabang. In Laos non ci sono ferrovie, e siccome sono sempre dell'idea che se un paese lo si vuole scoprire veramente, bisogna passarlo via terra, coprirne le distanze, percorrerne le strade e fermarsi anche solo per poco di villaggio in villaggio, vedendo con i proprio occhi il cambiamento graduale che inevitabilmente c'è, nel clima, nella terra, nei costumi e nelle tradizioni.






Prendo un pullman notturno e scopro una cosa nuova.. qui si viaggia su dei veri e propri letti (misure rigorosamente asiatiche, non più di 170 x100 mm), da dividere con chi il destino ha messo sulla tua strada. Nonostante abbia tutto lo spazio per me, non riesco a dormire molto.. le strade verso nord sono in pessime condizioni, si viaggia su tornati e continui saliscendi tanto che per percorrere circa 300 km ci impieghiamo una notte intera.
Al risveglio mi trovo tra le montagne laotiane e decido di fare a piedi la strada che separa la stazione dei pullman dal centro. L'aria è fresca e la nebbia avvolge in un atmosfera di mistero questa perla di città, incastrata all'incontro di due fiumi, il Nam ou e il Mekong.






Sono circa le sei del mattino e i monaci camminano ancora per le strade alla ricerca di offerte che permetteranno loro di soddisfare i bisogni quotidiani. Il Tak Bat si svolge ogni mattina all'alba ed è una cerimonia antica, svolta in molte città del Laos.. ma qui, a Luang Prabang ha una carica spirituale incredibile.
Immaginate, una città dove le case sono (forse,o cmq cosi appare) in numero inferiore ai templi buddisti, il tempo scorre lento e i suoni sono solo frutto di una natura ancora viva e padrona del luogo. I due fiumi e la collina al centro dell'abitato danno uno sfondo pittoresco a una delle poche città ancora considerate perle d'Asia. Passo qui 3 splendidi giorni girando in bicicletta a visitare i numerosi templi, i musei e le bellissime cascate che scorrono in mezzo alla foresta a circa 30 km.






Faccio qualche conoscenza e spendo qualche ora della giornata ad oziare davanti a uno shake di frutta fresca, leggendo un libro sul lungo fiume, qui, magnifico.
Riparto verso sud puntando la cittadina di Vang Vieng, anche lei immersa in un paesaggio naturale da togliere il fiato. Monoliti carsici si stagliano all'orizzonte per chilometri e chilometri percorsi da strada in terra rossa dove bambini festanti sfrecciano con le biciclette cercando di fare a gara.. delle volte tra loro, delle volte con me. I villaggi rurali si susseguono.. pedalo seguendo un giro ad anello e ne incrocio molti, simili, quieti e dormienti, figli di un altro tempo.
L'altra faccia della medaglia è nella cittadina di Vang Vieng, popolare ormai da anni per i festini a base di qualsiasi sostanza e per il tubing, una sorta di gita sul fiume a bordo di un gommone singolo, dove le fermate sono i vari bar nati sulle palafitte che si affacciano sulla riva.
E' momento di partire e spostarsi ancora più a sud, nel profondo sud del Laos.. regione ancora meno turistica rispetto all'altro estremo. Passo la notte su uno dei famosi pullman notturni e stavolta non sono molto fortunato, anzi.. il mio vicino di letto è un tedesco che fisicamente è una volta e mezza me.. e chi dice a questo qui di farmi spazio? Non contento sfodera una felpa rossa che non viene lavata dal 95' e delizia cosi l'aria già viziata dall'ambiente chiuso.
Nonostante spazio e odori, dormo, e non poco. La posizione obbligata a cui sono costretto mi “incastra” perfettamente tra il tedesco e il finestrino in modo da non sentire affatto le buche onnipresenti sulla strada. Arrivo la mattina presto a Pakse, faccio colazione e poi pianifico i prossimi giorni davanti ad un pezzo di torta e un cappuccino con cioccolato.






Il primo giorno visito le rovine khmer di Champasak; niente a che vedere con quello che vedrò in Cambogia, ma ne è valsa la pena in quanto sono molto meno visitate e il contesto in cui sono state costruite merita di spendere qualche ora nel sito. Torno a Pakse e cerco una buona bicicletta da noleggiare per un tour di 3 giorni nel Boulaven Plateau (altipiano dove vivono i laven, tribù laotiana che coltiva uno dei caffè migliori al mondo).
La fortuna mi porta in un negozio di biciclette dove le proprietarie sono simpaticissime e il giorno dopo sono già sulla mia Mtb carica solo di qualche kg (purtroppo senza una pompetta per un'eventuale foratura) pronto agli 80 km che mi separano da Tad Lo.
Tad Lo è un villaggio di qualche decina di abitanti, immerso nell'altopiano del caffè e bagnato da due cascate che danno al luogo un qualcosa di fiabesco.
Dormo in un bellissimo bungalow da Fandee (in laotiano “sorriso”) e l'atmosfera che si crea la sera parlando a tavola è ciò che, in un viaggio solitario, si spera sempre di trovare.
Resto sveglio fino a tardi a parlare con una coppia di Israeliani e una coppia di Spagnoli, i primi stanno viaggiando da un anno con una moto comprata in qualche mercato dell'usato, mentre gli iberici hanno colto la vicinanza delle vacanze natalizie per spendere qualche settimana tra Laos e Thailandia. La mattina seguente mi sveglio presto con morsi di zanzara un po ovunque ma carico e in forma per la giornata.. l'obiettivo è arrivare a Paksong (1300 m.s.l.) e passare li la notte, in modo che il giorno successivo la strada sia solo in discesa.. anche se poi il meteo ci metterà del suo a complicare il tutto. La strada che va da Tad Lo è inizialmente durissima, sali scedi a pendenze impegnative e il caldo si fa sentire tanto che alle 10:30 di mattina ci sono circa 30 gradi.
Riesco a raggiungere un villaggio non troppo lontano da Paksong e fermarmi per una breve sosta a base di frutta, acqua e caffè! Dopo la sosta sono rinato, la strada sale molto più gradualmente! Incontro prima dei cicloturisti Olandesi con cui condivido qualche km.. poi vedendo che il tempo va peggiorando allungo il passo e arrivo giusto all'ingresso della cittadina che il diluvio si schianta con tutta la sua forza. Acqua, acqua a catinelle per più di 2 ore!
Mentre aspetto le mie tagliatelle in brodo vedo arrivare i due Olandesi fradici e infreddoliti.. mi è andata bene insomma!
Smette di piovere e avendo ancora tutto il pomeriggio a disposizione scelgo di fare anche i restanti 50 km per tornare a Pakse.. Paksong non mi ha molto entusiasmato.






A tutta velocità, raggiungo la meta in meno di due ore, restituisco la bici e cerco un alloggio per la notte. La sera, il caso mi fa rincontrare la coppia di spagnoli, Tori e Cecilia,conosciuti il giorno prima, ceniamo insieme e ci salutiamo.. sfortunatamente non ci incontreremo più.
Il mattino dopo parto per le 4000 isole del Mekong sotto una pioggia fitta che non mi darà pace per due giorni, i quali si possono riassumere in : viaggio in barca sotto l'acqua e sopra l'acqua, ricerca dell'alloggio sotto l'acqua e sopra l'acqua, gita a piedi alle cascate sotto l'acqua.. e per concludere bene, doccia giornaliera sotto l'acqua.. fredda! Da qui in poi, per la prossima settimana, non riuscirò ad avere l'acqua calda per la doccia.
Delle 4000 isole del Mekong voglio ricordare la trattativa intavolata con un pescatore dell'isola di Don Det, fatta di scambi di gesti ambigui, dove io e Kostas (un lituano incontrato per caso) cercavamo disperatamente un passaggio in barca, mentre il pescatore cercava di venderci un pesce pescato il giorno stesso. Il baratto si è concluso, o meglio non concluso, con una birra e altri 5 km a piedi.
E' arrivato il momento di lasciare il Laos per entrare in Cambogia.
Lascio un paese ricco di tradizione, ancora intento a conservare ciò che in passato ha marcato l'identità di un oriente pacifico e che guarda il futuro con un'idea di turismo sostenibile. Il Laos è semplice e riservato, da scoprire entrando a poco a poco nella quotidianità dei suoi abitanti e delle loro abitudini. Per cuori irrequieti è sicuramente un oasi di pace e tranquillità, dove non si corre ottimizzando il tempo ma lo si guarda scorrere lentamente.






Lasciata la terra del milione di elefanti, è arrivato il momento della Cambogia..
Per evitare almeno inizialmente le varie orde di turisti ammassate a Siem Reap o sulla costa, mi dirigo verso Kratie, una sonnolenta cittadina che si affaccia sul Mekong.
La popolarità di Kratie è cresciuta notevolmente negli ultimi anni a causa dell'alto rischio di estinzione dei delfini che nuotano in queste acque dolci. I delfini dell'Irrawaddy, si dice, sono ormai pochissimi e vivono in un angolo del Mekong al confine tra Laos e Cambogia, anche se i punti dove è più facile avvistarli si trovano sul lato Cambogiano. L'inizio della permanenza in terra Khmer non è delle migliori: in tasca ho solo una banconota da 100 dollari americani stampata nel 1990 cambiabile solo in banca, non passano 5 minuti di cammino nella piazza del mercato che un ragazzo si attacca alla mia tracolla, domando almeno in 5 posti diversi per un alloggio di 2 notti ma non trovo nulla di libero; prova e riprova alla fine trovo la sistemazione più economica e fatiscente di tutti i miei viaggi : 2 dollari per una camera condivisa con porta aperta diretta sul mercato. La prima notte qualche sventurato condivide con me la stanza.. il giorno dopo, ancora non mi spiego perchè, ho la stanza tutta per me =D !






Parto di buon mattino con il cielo coperto, bicicletta noleggiata e si pedala per una ventina di km verso Campie, villaggio da cui diverse barche di pescatori si prestano per la navigazione del fiume alla ricerca dei rari delfini. La strada che collega le due località è molto bella, palme verdi e bambini che salutano al mio passaggio mi accompagnano per parte della tratta.. inoltre la strada è rialzata per evitare problemi durante la stagione delle piogge, ed essendo questa appena terminata, si ha la sensazione di pedalare sul Mekong. Trovo il punto di partenza delle varie barche e mi sorprendo quando, a largo della riva, inizio a vedere questi delfini risalire il fiume in “gruppo”.. le guide erano abbastanza chiare nel dire che solo un po di fortuna mi avrebbe permesso di vederli. Sorte o altro, di delfini c'è ne sono.. e non pochi! Vedere un animale vivere nel suo habitat naturale è sempre emozionante. Termino il giro in barca contento della scelta di essere passato da queste parti, torno a buon passo in città ripercorrendo la strada fatta all'andata e pranzo in una scuola di cucina Khmer.
Non ci metto molto nella scelta del piatto.. la specialità nazionale è l'Amok, e vedendo il bell'aspetto del piatto portato al tavolo di fianco mi tolgo gli ultimi dubbi!
L'Amok è un piatto a base di pesce o carne, cucinato a vapore o al forno in una ciotola dove vengono aggiunte uovo e spezie locali. Rientra sicuramente nei primi tre posti della personale classica gastronomica del viaggio.. e tenendo conto che non mi sono fatto mancare niente, ha vinto la concorrenza di tante altre delizie. Il pomeriggio lo passo girando senza meta, pedalando per le vie della cittadina, passeggiando al mercato e cercando di imparare qualche parola khmer (con scarsi risultati).







Le previsioni dei prossimi giorni a Siem Reap danno sole, ne approfitto comprando un biglietto del pullman con partenza fissata alle 7:30 del mattino seguente. Sono puntuale ma non arriva nessun pullman.. vengo cosi messo su un minivan insieme ad una famiglia Cambogiana e si parte! Mi spetta il posto da parte al nonno, che non sapendo mezza parola in inglese ed essendo di gran compagnia, dorme per tutto il tragitto... cerco di ammazzare il tempo leggendo, ascoltando musica,parlando da solo..
Arrivato a Siem Reap cerco un passaggio per il centro.. opto per un motorino fermato per strada.. solita contrattazione di benvenuto e nel giro di qualche minuto sono in Pub street..
Si avete letto bene, Pub street.. non sarà propriamente asiatico come nome ma da queste parti è molto popolare questa via, sopratutto nelle ore piccole..
Dal tardo pomeriggio fino a notte inoltrata i turisti si riversano in queste strade, riempendo bar e ristoranti all'occidentale, andando a caccia dello street food più singolare o delle ragazze facili piu belle.. obiettivamente la faccia triste di questo angolo di mondo.
Ma è qui a Siem Reap, che tra vizi e servizi offerti al turista esigente, che si trova uno dei più grandi lasciti della storia, uno straordinario complesso di templi khmer dislocati sul territorio circostante, raggruppati in un nome unico : Il complesso di Angkor.






Ci metto un po più del previsto a raggiungere il gate di ingresso in quanto la biglietteria è distaccata di qualche km dalla città e dal sito. Fatto il biglietto per la giornata intera mi avvio con la bicicletta verso l'entrata e superata quest'ultima dopo i controlli di rito, mi ritrovo su una strada immersa nella foresta.
E' impossibile prepararsi alla bellezza dell'Angkor wat.. l'hai visto in un milione di foto, all'alba, al tramonto.. ma trovarselo davanti è un brivido di storia che ti passa la schiena.. realizzare che l'uomo, a volte, è in grado di fare cose meravigliose.
Inutile dire che ci sono decine di migliaia di turisti al giorno che visitano ciò che di meglio è stato lasciato dal popolo khmer.
A mio gusto personale, l'Angkor Thom è quello che più mi ha sorpreso e impressionato.
Il tempio , situato al centro della cittadella e quindi delle belle mura che fanno da perimetro, ha nei visi del Buddha, l'elemento piu rappresentativo. Ti guardano, ti osservano ovunque tu sia, con un sorriso emblematico ormai famoso in tutto il mondo.
Il Ta Prohm è il terzo dei templi visitati nel complesso, un po più piccolo come dimensioni rispetto ai due precedenti, ha la particolarità di avere le rovine letteralmente abbracciate dalle grandi radici degli alberi che crescono nella foresta. L'effetto ottico è molto bello e da l'impressione che piano piano la foresta si stia riprendendo ciò che le è stato tolto anni fa.
A fine giornata torno in ostello dove mi fermo a parlare della giornata insieme ad altri viaggiatori, che a loro volta mi raccontano impressioni e dispensano consigli utili.






Il giorno dopo dedico la visita ai templi “minori” e meno frequentati dai turisti. Nonostante i templi non sono paragonabili a quelli visti il giorno prima, a fine giornata sono molto contento per la tranquillità con cui ho potuto passeggiare tra le rovine e per i momenti in solitaria che da queste parti sono piu' unici che rari.
Il terzo e ultimo giorno a Siem Reap, lo dedico all'acquisto di qualche souvenir e alla visita in bicicletta di un villaggio nei pressi del lago Tonle Sap. Sulle acque dolci si sviluppano diversi villaggi che, in base alla stagione secca o piovosa, si muovono sull'acqua come un blocco unico.
La sera stessa prendo un pullman notturno che mi porterà fino al sud della Cambogia..
La distanza non è moltissima, ma le condizioni delle strade impediscono di andare a velocità decenti e ci si ritrova a percorrere tratti a non più di 30 km/h; eppure riesco a dormire! Fin troppo bene devo dire. La mattina vengo svegliato di colpo da una coppia di ragazzi che vedendomi ancora nel mondo dei sogni e a destinazione raggiunta hanno il buon senso di chiamarmi.. il problema è che faccio le varie operazioni mattutine al doppio della velocità e inevitabilmente dimentico qualcosa sul pullman.
Il problema diventa grosso quando scopro cosa ho dimenticato : gli occhiali da vista!
Ancora non mi spiego come possa essere sceso dal pullman senza essermi accorto di essere mezzo cieco.. avrei come minimo dovuto cadere o inciampare su qualcosa o mancare un gradino. No. Niente da fare.. sono sceso, mi sono seduto, ho parlato mezz'ora con qualcuno che sarebbe andato, come me, a Kampot e poi ho rimesso le lenti a contatto. Solo la sera mi accorgo cosa ho perso.






Arrivo a Kampot, famosa per le piantagioni di pepe verde, e la trovo una città molto tranquilla, con un fascino coloniale non indifferente, ideale a chi vuole passare qualche giorno in pieno relax, mangiando bene e passeggiando sul lungofiume.
In parte simile, è Kep, altro villaggio sonnolento affacciato sul mare, che offre l'opportunità di visitare le isole vicine, dal mare limpido e pulito, dove in qualche caso (dicono, io non ho provato) è anche adatto a immersioni e diving. Quindi perché ci sono andato a Kep?
Essendo di bocca buona, sono stato attratto dalla cucina a base di pesce che spopola al mercato del granchio. Il granchio di Kep, neanche a dirlo, è l'orgoglio di questo villaggio! I pescatori dalla tarda sera fino alle prime ore del nuovo giorno entrano nelle acque di fronte al mercato del granchio e, con i retini, cacciano i grossi granchi che con l'oscurità pensano ingenuamente di scampare a una fine certa.
La sera arriva, riesco dopo giorni a fare una doccia calda e quando tutto sembra perfetto scopro di aver perso gli occhiali. Per cena granchio a volontà e grigliata di pesce per due persone.. un buon modo per dimenticare gli occhiali persi.. La mattina dopo camminata in mezzo al parco nazionale di Kep, tra verdi colline e piante tropicali.. alcune viste sulla costa cambogiana meritano veramente la camminata di un paio d'ore necessaria ad aggirare il promontorio su cui poi si sviluppa il villaggio che ha dato il nome al parco. Nel pomeriggio si parte per Phnom penh, la capitale.






Una volta definita la perla d' Asia, Phnom penh è ora una città molto dinamica, che conserva alcune delle architetture simbolo del sud est asiatico.
Più ci si allontana dal centro, più si nota di quanto può essere falso il primo impatto che si ha con la città. A qualche centinaia di metri dai lussuosi palazzi, a farla da padrone sono baracche in legno, sporcizia e caos. Eppure è l'Asia di oggi, piena di contrasti tra il nuovo e il vecchio, tra il ricco e il povero, tra la profondità spirituale e la materia superflua.. ciò che indubbiamente si percepisce è che è viva, pulsante, già in carreggiata per ripartire dalle deviazioni passate. Infatti, uno dei motivi principali della visita a Phnom Penh è proprio quello riguardante la sua storia recente, in particolare il periodo del regime di Pol Pot e dei khmer rossi. L'idea di Pol Pot era quella di far rinascere la Cambogia come una società orientata a sfruttare l'agricoltura come risorsa primaria e dove non ci sarebbero state differenze sociali. L'unico modo per inculcare la nuova ideologia era quello di resettare tutto, un anno zero, dove tutto ciò che riguardava il passato sarebbe stato eliminato insieme alla gente che ne faceva parte. Fu una tragedia, uno sterminio senza pari, subito dal popolo stesso di cui Pol Pot ne era la guida. Morirono moltissimi cambogiani al punto che attualmente è una delle nazioni con l'età media più bassa al mondo.






Le testimonianze di questo passato sono concentrati in due luoghi, il museo delle torture Touls leng e i Killing Fields. Il primo è una vecchia scuola dove all'interno sono state compiute diverse torture e atrocità a danno di quelli che venivano considerate spie o nemici del regime; i Killing fields sono invece nati per “necessità”, in quanto occultare i corpi delle persone uccise dal regime stava diventando un problema non da poco.. i numerosi cadaveri venivano portati i questi campi di sterminio dove venivano giustiziati e buttati nelle fosse comuni. Fortunatamente, ciò che Pol Pot stava mettendo in atto, fu fermato in tempo e la tragedia relativamente limitata.
Questi due luoghi sono testimonianza, a differenza del complesso di Angkor, di come possiamo essere disumani e crudeli verso la nostra stessa specie. Per quanto sia inspiegabile, questa, è una storia che si ripete (vedi il regime Staliniano o la persecuzione ebrea da parte di Hitler ecc.) e con ogni probabilità si ripeterà in futuro.. starà a noi e alla nostra coscienza agire in tempo perchè un altra tragedia simile venga evitata.
Dopo aver visitato questi due luoghi, rinuncio a entrare al palazzo reale e alla pagoda d'argento, rinuncio a fare code insieme ad altri turisti, rinuncio perchè tanto non avrebbe senso.
Decido di passare la giornata stando all'aria aperta, camminando in mezzo alla gente del posto e leggendo qualche capitolo di “In Asia” di Terzani. Domani lascerò questo paese, per tornare a Bangkok e finire li il mio primo viaggio nel Sud Est Asiatico.






La Cambogia è un paese bello tanto quanto il Laos, ma che certamente da più spazio a riflessioni, espone il cuore a emozioni inaspettate e fa aprire gli occhi davanti a una storia che dovrebbe insegnare a non commettere più certi errori.
Arrivo alla vigilia di Natale in una Bangkok calda e umida, sistemo le ultime cose prima del ritorno e mi concedo qualche sfizio dimenticando la normalità che sarà padrona dei prossimi giorni.
Mi ritrovo a Natale, a camminare solo in una metropoli enorme, in mano un sacchetto di frutta fresca appena comprata, il sole dritto in faccia, l'occhio che cerca dettagli sfuggiti 25 giorni fa e la mente libera, spensierata che viaggia già verso la prossima meta.

Mario



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avatarsenior
inviato il 09 Marzo 2017 ore 10:59

Complimenti veramente per la narrazione leggibile con un bel ritmo. Complimenti anche per il tuo viaggio in solitaria,direi avventuroso e soprattutto sportivo. Io viaggiato in quei luoghi da turista di gruppo organizzato e condivido molte tue impressioni su quei luoghi. Ciao Piergiovanni

avatarsupporter
inviato il 09 Marzo 2017 ore 11:38

Ho fatto questo viaggio e ne sono rimasto entusiasta, grazie per avermelo ricordato e aver condiviso le foto

avatarjunior
inviato il 10 Marzo 2017 ore 8:30

Grazie mille a entrambe, fa sempre piacere parole così !
Esperienze come questa sono uniche nella vita !
Grazie ancora
Mario ?

avatarjunior
inviato il 16 Marzo 2017 ore 12:22

Avendo visto Cambogia e Vietnam di recente.. non posso che emozionarmi

avatarjunior
inviato il 17 Marzo 2017 ore 13:22

gran bel viaggio anche il Vietnam.. sicuramente è uno spunto per il futuro ?
Grazie,
Mario





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