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Dentro le Mura della Pazzia


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avatarsenior
inviato il 28 Gennaio 2017 ore 0:09

Questo non è un Blog, o almeno non nel senso comune del termine. In realtà avrebbe dovuto essere il mio primo Articolo , ma non rispecchiava tutti i parametri e le regole necessarie, ( a riguardo ho scritto un precedente Blog dove spiegavo perchè ).
Juza mi è venuta parzialmente incontro suggerendomi di pubblicarlo nella sezione Blog, dove non ci sono regole specifiche. Così ho fatto ed ecco quello che doveva essere il mio primo articolo.
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Ve lo dico subito. Questo non è un reportage di un viaggio, qui non troverete foto di paesaggi scintillanti e variopinti.
Qui domina il grigio, il nero e la desolazione. La stessa desolazione che hanno avuto davanti agli occhi le migliaia di “pazienti”, ma forse sarebbe meglio definirli internati, che hanno occupato L'ospedale Psichiatrico di Volterra. Qui non troverete nulla di bello, ma forse di interessante si.gi mozzafiato, foto con colori scin
Non ne faccio una colpa a nessuno, questo era, l'Ospedale Psichiatrico di Volterra..uno di quelli sparsi in Italia fino al 1978, dove gli internati erano privati di ogni contatto umano per regolamento, almeno fino al 1963, dove perfino gli infermieri erano chiamate “guardie” o “superiori”.
Il primario di turno impartiva ordini al suo staff , gli infermieri eseguivano e i pazienti subivano.
Dal regolamento interno: "Gli infermieri non devono tenere relazioni con le famiglie dei malati, darne notizie, portar fuori senz'ordine lettere, oggetti, ambasciate, saluti; né possono recare agli ammalati alcuna notizia dal di fuori, né oggetti, né stampe, né scritti..."
Mi ci sono voluti molti anni per scoprire questi imponenti padiglioni in disfacimento, questi lunghi corridoi oscuri, vetrate con inferriate da cui passano tenui lingue di sole. E abito a Volterra oramai da ventidue anni, ma l'ex Ospedale Psichiatrico era sempre rimasto come una cosa oramai passata, sepolta nel tempo e nei ricordi di chi ci ha vissuto, in un modo o in un altro..
Fondato oltre 130 anni fa fu ingrandito in tempi successivi fino a raggiungere negli anni trenta quasi 5000 pazienti.
Era una piccola cittadina in qualche modo si voleva renderla autosufficiente, e visitandola ci si rende dubito conto dell'imponenza della struttura
L'ho scoperto in un freddo pomeriggio di gennaio. L'ho saputo per caso che c'erano delle visite guidate alla struttura, incontrando una infinità di persone armate di macchina fotografica. Perché la gente vuole ancora capire: dove, come, perché.
E ho voluto capire anche io, perché se c'è una cosa che non mi difetta è il voler sapere, senza pregiudizi, conoscere e imparare.
Sono arrivato in ritardo, quel pomeriggio, l'ultima visita guidata era già partita. Ma non potevo tornarmene a casa, così ho deciso di fare l'escursione da solo, tanto i padiglioni sapevo dove erano non avrebbe fatto molta differenza….o forse si.
Mi sono incamminato tra le stradine tortuose che conducono alle strutture, incontro i ragazzi che organizzano la cosa, scambiamo quattro chiacchiere e mi consigliano da dove iniziare. Si comincia
Il primo padiglione che mi si presenta davanti è lo Charcot..imponente.
C'è un gruppo di visitatori davanti a me e mi unisco a loro, sono quasi tranquillizzato, entrare in un luogo abbandonato da solo mi inquieta un po'.



La prima cosa che mi viene in mente, forse stereotipata, è la scena di uno di quei film horror in cui si entra in ospedali o manicomi abbandonati ( e questo è…), la giornata è piuttosto grigia e si presta alle considerazioni del caso…






Grandi finestre a arco, perfino belle nella loro architettura con gran uso di archi, ma tutte sbarrate da solide inferriate.
L'esterno è oramai un intreccio di piante e rovi, l'edera si è abbarbicata sulle pareti, finestre e porte sono oramai un lontano ricordo ma la struttura si staglia ancora nella sua imponenza. Unica nota di colore un murales a una delle pareti….



Entro…Lunghi corridoi, che si intersecano con altri corridoi, alti soffitti a volta, porte divelte…ma entra ancora un po' di luce e questo è bene.



Ma dura poco proseguendo diventa subito più buio, le camere dei corridoio sono adesso piene di ombre, cerco di ricordarmi da dove sono arrivato, ma comunque non sono solo ci sono altre persone in giro.
Scatto foto, sono distratto..
Mi volto e nella stanza opposta dove sto scattando vedo una figura in piedi immobile con un pastrano nero, in penombra, non ha la testa.
Per una frazione di secondo non so se il cuore si è fermato, se il sangue si è ghiacciato, se i peli sulle braccia si sono drizzati, o tutto quanto insieme ma in quel preciso momento sono entrato nella Follia della Mente Umana e ho cominciato a sentirmi veramente dentro a quelle mura.



Mi addentro lungo i corridoi , nelle camere dei pazienti: letti abbandonati oramai ridotti a scheletri arrugginiti.
Su uno di questi un manichino sembra irrigidito e quasi immobilizzato da una invisibile camicia di forza, non deve essere stata poi così diversa l'immagine reale.



Carrozzine sgangherate che chissà quanti poveracci hanno portato in giro.
Si, perchè magari una parte erano quasi autosufficienti e sbrigavano anche piccoli lavoretti quotidiani, ma gli altri versavano in condizioni pietose magari dovuti a trattamenti con scariche elettriche o a stati di coma indotti da dosi di insulina o da altri prontuari medici spesso discutibili.
10% di deceduti per percosse magneto-catodiche, 40% per malattie trasmesse, 50% per odio, mancanza di amore e affetto.
Una specie di Konzentrationslager…….



In alcune stanze manichini vengono posizionati per ricreare, semmai ce ne fosse bisogno, l'atmosfera surreale.
Sono vestiti come quello che ho visto prima in penombra, con i vestiti del tempo, tutti senza testa, forse perché la testa era il luogo più oscuro e intimo di quei poveretti
Il manichino seduto a guardare fuori dalla finestra, attraverso le inferriate, quella libertà che non hanno visto mai e che anche anni dopo, con la fine dei manicomi, non riusciranno forse a comprendere davvero.



Oppure quello che fissa la sua sedia a rotelle al centro della stanza , forse sua compagna per troppi anni.



Proseguo nella mia scoperta.
Ogni portone, finestra, pertugio che conduce all'esterno ha sempre le solite inferriate, uscire da queste stanze senza permesso credo sia stato praticamente impossibile per chiunque.



Lunghi corridoi con file di lavandini. Ho letto da qualche parte che nel momento massimo della sua capienza la media era 20 lavandini e 2 cessi ogni 200 degenti…un vero inferno in terra.



….proseguo ancora e un' immagine mi colpisce dritto allo stomaco …



Si..è una ricostruzione….ma forse non troppo lontana dalla realtà…..
Decido che può bastare per questo padiglione e guadagno l'uscita, una strada sterrata mi porterà al successivo.
La strada è tortuosa e il prossimo padiglione è il Maragliani immenso come il precedente.
Se lo vedi questo ti fa veramente paura, anche solo dall'esterno
Quasi completamente avvolto dalla vegetazione sembra una rudere di una antica civiltà ( ? ) sommerso dalla giungla.






Questa volta non sono fortunato, non c'è anima viva, sono solo e tutto l'edificio è avvolto da una sempre più crescente oscurità; entrare o lasciar perdere?
Decido di entrare.
Per entrare devo scavalcare, letteralmente, il muro di cinta, gli organizzatori hanno messo comunque a disposizione dei caschi da cantiere, questo per dire le condizioni del luogo.
Appena entrato mi ritrovo quasi subito avvolto dall'oscurità…scattare foto è difficile, ma sinceramente neppure ci penso. Proseguo per qualche corridoio e un'ansia mi avvolge. Spero a ogni passo di sentire qualcun altro nelle vicinanze, speranza vana, sono solo e a ogni passo l'ansia aumenta. Ho fatto due, forse tre, corridoi, completamente cosparsi di macerie…basta è troppo, non resisto un minuto di più. Devo uscire subito.
Chi se ne frega delle foto. Mi sembra che a ogni angolo debba spuntare qualcuno. E spero di non sbagliare strada, tutti i corridoi sono uguali.
Quando vedo la luce dell'uscita mi ci dirigo e non mi guardo mai indietro.
Mentre sto per riguadagnare il muro di cinta arrivano quattro giovani, gli dico che sono fortunati ad essere in quattro.
Mi domandano perché. Gli dico che quando entreranno capiranno.
Comunque non mi scoraggio, ho deciso di visitare tutta la struttura e così farò.
Mi rimetto in cammino e poco dopo arrivo al Padiglione Ferri.



Inutile dire che anche questo è imponente.
Per rendere un'idea la cubatura complessiva di tutto l'Ospedale Psichiatrico superava i 100.000 metri cubi.
Rispetto al precedente mi sembra perfino in buone condizioni…all'esterno.
Finalmente dopo tanto grigio una nota di colore. Qualcuno ha fatto un bel murales all'ingresso della struttura.
Magra consolazione, non ne hanno certo potuto beneficiare gli ospiti di allora.....



All'interno l'aspetto non mantiene le aspettative dell'esterno..è un vero disastro.
Solai che stanno per crollare, macerie dappertutto.
Per andare avanti è uno slalom continuo tra cumoli di macerie e pile di infissi ammucchiati ovunque.
I soliti corridoi infiniti..e quelle che a me sembrano più che camerette celle di reclusione.
Piccole, anguste e con solide e piccole porte a chiuderne l'ingresso, si, ne ho viste di molto simili vedendo immagini di impianti di reclusione. Sicuramente avevano a che fare con soggetti anche difficili, ma credo che usassero anche mezzi ugualmente sbrigativi.



Scatto ancora qualche foto, ci sono altri visitatori con me, e cerco di imaginare a cosa servisse ogniuna delle centinaia di stanze che vedo alla mia destra e alla mia sinistra mentre continuo a esplorare.



Ancora una stanza, con migliaia di fascicoli sparpagliati per terra.
Forse un archivio, prendo qualche foglio in mano, oramai ingiallito dal tempo e leggo nomi, cognomi, date; fa uno strano effetto dare un nome alle ombre che aleggiano su questi muri.



Il pomeriggio stava volgendo al termine, il giorno stava per far posto alla sera e ho deciso che la mia visita potesse finire quì.
Ho scattato un'ultima foto, forse quella più emblematica.
La PAZZIA. Era dentro queste mura, oppure era fuori tra coloro che hanno pensato tutto questo?
Che ogniuno tragga per se la conclusione che ritiene più opportuna.




E' stata un'esperienza che mi ha segnato, per molti giorni non ho fatto che pensare a quelle finestre sbarrate, a quei corridoi, a chi li avesse popolati molti anni fa. E erano a due passi da casa mia ma avevo sempre fatto finta di nulla. I manicomi non esistono più, perché vedere cose appartengono a un passato oramai lontano? Forse erano necessari per quell'epoca, ma sicuramente non erano né giusti né prerogativa di una società civile. Gli Ospedali Psichiatrici, o Maniconi, non esistono più ma esiste ancora la sofferenza dell'uomo, quella non finisce per decreto legge e un uomo deve avere la dignità di non sentirsi un animale in gabbia.


avatarsenior
inviato il 04 Febbraio 2017 ore 16:36

Ciao Marco, come hai ben potuto vedere dalle mie foto sono stato al manicomio il 26 dicembre. Complimenti per l'articolo (o post che dir si voglia) hai spiegato molto bene le sensazioni che hai provato durante l'esplorazione spiegando con attenzione i vari padiglioni e quel che succedeva in questa (e nelle altre) struttura.
Personalmente, ad oggi, è stata forse l'esplorazione che meno mi è piaciuta, la struttura è del tutto vandalizzata, nessun arredo e soprattutto sta cadendo letteralmente a pezzi. Ammetto che nonostante tutto ciò, essendo un manicomio, ha trasmesso sensazioni particolari anche a me, in primis ho percepito chiaramente la sofferenza delle persone che qua venivano "curate" anche se forse sarebbe meglio dire "detenute".
Credo che tu ti stia avvicinando all'urbex e che questo sia stato il primo passo, forse anche senza saperlo, verso questo genere molto molto particolare.
Mi permetto di darti qualche consiglio, spero possano aiutarti:
-A livello fotografico, se dovessi cominciare a praticare urbex, non scordarti mai il cavalletto, generalmente (anche se non per tutti è così, ma per la maggior parte si) chi pratica questo genere fa scatti HDR per cui il miglior amico diventa il cavalletto appunto. Se scatti a mano libera devi alzare gli iso e nelle macchine entry level solitamente questo coincide con l'aumento del rumore inoltre, in linea di massima, o bruci le ombre o le luci
-Sul bianco/nero non voglio dire molto, a me personalmente le foto di luoghi abbandonati piacciono di più a colori ma qui si va nel campo dei gusti personali
-Una cosa che mi sento di dirti invece è: diffida da questi "gruppi organizzati e autorizzati", sono fuffa, di autorizzato li non c'è nulla!! più volentieri cercati qualcuno che abbia la solita passione e organizzate qualche uscita, vedrai che il brivido e le emozioni saranno molte di più e le "teste umane" che rischierai di fotografare molte di meno.
Un saluto
Lorenzo;-)

avatarsenior
inviato il 04 Febbraio 2017 ore 17:55

Sembra l'Arkham Asylum di Gotham City nei disegni di Dave McKean ...

(ti sto facendo un GRANDE complimento)

avatarsenior
inviato il 04 Febbraio 2017 ore 18:33

E io ti rimando un GRANDE grazie!!!
Volevo solo fare un blog un pò diverso dagli altri...non so se ci sono riuscito....ma visitare quei luoghi mi ha fatto molto riflettere..
Marco

avatarsenior
inviato il 04 Febbraio 2017 ore 18:37

Grazie Lorenzo per i tuo preziosi consigli, che sicuramente metterò in pratica.
Condivido l'ultima tua affermazione, in toto, per questo mi ripropongo di fare un'altra uscita, magari da solo, con più calma.
Alla prossima.
Marco

avatarsenior
inviato il 19 Aprile 2017 ore 0:03

Da tutto quel grumo di dolore emerge il ricordo di una luce: è il nome di un vero uomo che si chiamava Franco Basaglia.

avatarjunior
inviato il 19 Aprile 2017 ore 0:40

Inizio col farti i complimenti per come lo hai scritto, mentre leggevo mi sentivo lì accanto a te, a camminare per quei corridoi bui. Ho la pelle d'oca. Sei riuscito a trasmettermi le forti emozioni che si provano nel visitare un posto come questo. Mi piacerebbe molto vederlo anche a me, dev'essere un esperienza molto forte. Tanto forte che a parer mio qui la tecnica fotografica passa in secondo piano. La tecnica è messa dietro dalla forza dei soggetti... da principiante ti dico azzeccatissimo il bianco e nero, personalmente non potrei immaginare scatti del genere a colori. Mi è piaciuto molto.. sia per il testo che per le tue foto che rendono pienamente l'idea del tuo stato d animo durante la visita. Complimenti.

avatarjunior
inviato il 19 Aprile 2017 ore 1:04

Emozionante; innesca profonda tristezza pensare che si tratta di realtà veramente vissuta, anche se ormai lontana nel tempo (almeno in Italia); il b/n è più adatto del colore, come ben si vede nelle poche foto a colori inserite. ^P^

avatarsenior
inviato il 19 Aprile 2017 ore 17:56

Vi ringrazio davvero per i bei commenti e per i complimenti. Si, lo ammetto, è stata anche per me una esperienza unica e emozionante. Sono luoghi che ti segnano per sempre. Ci sono ritornato una seconda volta, da solo, e forse è stato ancora più intimo e personale.
Alla prossima
Marco

user42139
avatar
inviato il 03 Ottobre 2017 ore 7:06

Solo sinceri complimenti. Nel reportage traspaiono il pathos e la sensibilità della persona; qualità che hai saputo esprimere con pienezza nel racconto vero, umano e drammatico della tua visita alla ex struttura psichiatrica di Volterra.Le foto sono il completamento ad un percorso di grande impatto emotivo che il lettore compie insieme a te.
Bravissimo.
Ciao Robbi

avatarsenior
inviato il 03 Ottobre 2017 ore 22:37

Un grazie sincero per l'apprezzamento. Ma era veramente quello lo stato d'animo quando ho visitato per la prima volta quel luogo da incubo. Mi ci sono voluti diversi giorni per metabolizzare il tutto....e avere il coraggio di ritornarci..da solo..
Ciao
Marco

user198399
avatar
inviato il 22 Marzo 2020 ore 21:40

Un plauso...un plauso per questa testimonianza,connubio perfetto tra scritto, immagini, emozioni...tutto "raccontato" con dovizia di dettagli ...dettagli scritti da un'anima sensibile, a mio avviso.
Nulla è lasciato al caso...
Bellissima la scelta del bianco e nero che, a mio avviso, esalta quel disagio interiore e cerebrale che doveva albergare in quelle stanze ora vuote...un viaggio virtuale oserei dire ...un viaggio in cui l'osservatore è suggestionato e incuriosito da quella pazzia che si respira..e che può portare, alcuni , a riviverla in parte , a sentirla addosso, "dentro"...come se ,entrando li, non si avesse più un ' unica personalità, come se si potesse avere due facce dimenticando quale sia quella sana..
Le foto che mostrano luoghi infausti, ostili ...sono di ineccepibile pregio, grazie all'occhio spalancato del fotografo che mostra, con queste immagini, tutto l'orrore interiore.
Grazie

avatarsenior
inviato il 22 Marzo 2020 ore 22:15

Molto belle ed evocative le tue foto. mi hanno ricordato subito un mio reportage in un luogo molto simile architettonicamente. lho montato in versione clip audiovideo www.juzaphoto.com/video.php?t=3439787&l=it

avatarjunior
inviato il 22 Marzo 2020 ore 22:34

Ciao, letto tutto d un fiato.Molto coinvolgente, bellissime riprese.

avatarsenior
inviato il 22 Marzo 2020 ore 23:22

Molto istruttivo e sentito. E anche le fotomi piacciono molto. Cavolo poi con una entry level per niente nuova e un fondo di bottiglia di lente kit..bravo veramente.. alla faccia mia che corro dietro un componente nuovo per la mianborsa per poi fare tante foto che nn dicono nulla

Che cosa ne pensi di questo argomento?


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