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Avventura nei parchi U.S.A.


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Avventura nei parchi U.S.A., testo e foto by Piergiovanni Pierantozzi. Pubblicato il 05 Dicembre 2016; 26 risposte, 5447 visite.


Avventura nei parchi è il bel titolo per un viaggio in America. In realtà il nostro è stato un viaggio turistico, direi tranquillo sebbene impegnativo, organizzato tra amici con un buon tour operator, che ci ha consentito comunque di vedere una sorprendente natura nelle zone montagnose del West americano (settembre 2016). Quello che ti colpisce maggiormente in quei luoghi è la grande diversità ambientale, che è molto più forte di quella che possiamo vedere in Europa e se volessi seguire i miei ricordi spontanei, subito si affaccerebbe alla memoria visiva l'immagine indelebile dell'Antelope Canyon. Sono i colori e le forme sinuose di quei cunicoli scavati e modellati fantasiosamente nella roccia, dall'acqua, dalla sabbia e dal vento, che con impazienza vi mostro qui sotto.


Ora però cercherò di dare un ordine più razionale al racconto, seguendo l'itinerario del viaggio.
Abbiamo percorso in pullman cinquemila chilometri partendo da Denver e, come fanno di solito tutti i turisti che vanno da quelle parti in America, concludendo il viaggio a Las Vegas. Prima di sbarcare a Denver, siamo arrivati coll'aereo da Londra a Chicago, che abbiamo visitato con una guida locale per un paio di giorni.
Val la pena di postare almeno uno scatto della grande città sul lago Michigan. E' una megalopoli che ha un centro storico, se così possiamo chiamarlo, che mostra una forte identità, anche se non ha le caratteristiche dei centri storici che in Europa siamo abituati a vedere. I palazzi antichi in America non ci sono, ma ci sono i modernissimi grattacieli accanto a quelli del secolo scorso costruiti in stile Decò, con un certo contrasto di vecchio e nuovo che si affianca. Di vecchio o di "antico" ci sono anche le costruzioni metalliche della metropolitana sopraelevata, i ponti sul fiume omonimo Chicago costruiti con travi di ferro e i bulloni a vista, le fabbriche di manifattura dismesse e recuperate. Il tutto si mescola, direi senza grandi contrasti.
Le strade del centro e le piazze con poco traffico automobilistico invitano a sostare e come nei giardini spesso le trovi arricchite da grandi installazioni di opera d'arte particolarmente raffinate, tra le quali vediamo opere di Picasso, Chagal, De Buffet, Calder, Calatrava.
Nello scatto che segue abbiamo il Cloud gate, soprannominato in italiano "Il fagiolo", istallato nel Millennium Park, dall'artista contemporaneo Anish Kapoor. E' realizzata con cento tonnellate di acciaio inossidabile, specchiante tutto intorno creando prospettive sorprendenti. Chissà quanto è costato, ma l'effetto è coinvolgente!.


Dopo Chicago torniamo al tema centrale del viaggio: ci rimangono due settimane da spendere nei famosi parchi nazionali.
Voliamo a Denver e il giorno dopo, con un pullman privato, con una guida italiana che vive a San Francisco e che ci seguirà per tutto il tempo, partiamo verso nord-ovest per andare al Parco nazionale delle Montagne Rocciose.
Di qui in poi la maggior parte del nostro tour nei parchi si svogerà su un percorso in altitudine, tra i millecinquecento e i duemilacinquecento metri d'altezza, quindi in alta montagna, accompagnati dalla piacevole sensazione di respirare aria buona, come quella delle nostre Alpi.
Nelle Rocky Moutains ci sono vette di otre quattromila con passaggi di valico che arrivano a tremilaseicento metri. Quelle catene montuose fungono da spartiacque, dove nascono i fiumi che si dirigono nelle due direzioni opposte degli oceani. L'aria è veramente pura e rarefatta, ma conserva gli odori delle piante resinose che vivono ad altezze maggiori di quelle nostre. I paesaggi che vedi sanno di "Apennini ingranditi", paesaggi un pò diversi dalle nostre Dolomiti o Val d'Aosta, i picchi sono meno svettanti e più modellati dal tempo.
Ci troviamo comunque molto vicini alle nuvole.


Dal Colorado dove si trovano le Rocky Moutains, ci siamo diretti verso nord nel Sud-Dakota passando dal Wyoming , partendo da Cheyenne dove abbiamo dormito e arrivando a Hot Springs, con un itinerario di quasi quattrocento chilometri per vedere il Crazy Horse Memorial, il Mount Rushmore, e infine per attraversare e visitare il Badlands National Park.
Il Mount Rushmore con i quattro presidenti scolpiti nella roccia e resi molto famosi dal film di Hitchcock "Intrigo internazionale", quasi scompare di fronte all'immensa scultura del Crazy Horse, scavata nella montagna come un monolite alto duecento metri. Un lavoro colossale, intrapreso da uno scultore polacco a metà degli anni quaranta del secolo scorso, portato avanti da solo e con l'aiuto dei suoi famigliari, ma non ancora finito. Nel frattempo lo scultore è morto e dell'uomo a cavallo con un braccio teso, il Crazy Horse proposto nell'intenzione del progetto, si vede solo la testa ben rifinita. Già così a mio parere si potrebbe esser soddisfatti dell'opera, e si dovrebbe decidere di lasciarla incompiuta, come poi probabilmente rimarrà insieme a quella dei presidenti del Rushmore anche loro non finiti. Occorrerebbero troppi soldi, troppi anche per gli americani, sebbene ghiotti di opere grandiose.
Le Badlands sono terreni calanchivi che si estendono a perdita d'occhi nel Sud-Dakota con forme vistosamente colorate, spesso disposte a strati, derivati da sedimentazioni di lunghi processi geologici ed erosione dell'acqua. La strada che abbiamo preso in direzione di Rapid City, la percorre per un lunghissimo tratto, sempre ad oltre mille metri di altitudine. Siamo rimasti affascinati dalle forme continuamente differenti e fantasiose di queste formazioni di rocce colorate che si estendono oltre l'orizzonte.


Il nostro viaggio è molto ricco di cose da vedere, l'organizzatore non ha voluto tempi morti, siamo un gruppo di turisti "compulsivi" nonostante l'età media. La guida ci rincuora dicendo che il nostro e un ottimo viaggio molto ben organizzato, tra i migliori secondo lei, ma noi arranchiamo un pò e ci facciamo coraggio: l'aria è buona e stimolante, le cose da vedere sono belle e interessanti!
Dirigendoci ora verso ovest nel Wyoming, facciamo una tappa al grande monolito sacro (questa volta naturale, non scolpito a mano), che si chiama Devils Tower, monumento nazionale naturale, sacro ai nativi. Si erge compatto per oltre quattrocento metri sopra l'altopiano, con la forma di un cono sezionato in cima e con le pareti molto verticali. Guardando con il binocolo o con lo zoom della macchina fotografica, ma anche ingrandendo le fotografie sui display, si riescono a vedere gli scalatori che vogliono raggiungere la cima, e si dice che gli indiani non ne siano affatto contenti.


Spostandoci vero est, nel Montana, visitiamo il luogo della battaglia di "Little Bighorn", dove il generale Custer insieme ai suoi soldati ci ha rimesso le penne (poverini..ma Custer se l'era voluta, si dice), rendendoci sempre più conto che quei territori del West americano erano le terre degli indiani. Sempre più a ovest pernottiamo a Billings e il giorno dopo ritornando un pò a sud nel Wyoming andiamo a Cody, la città di Buffalo Bill. Visitiamo l'interessante Historical Center, dove sono raccolte intere collezioni di reperti sui nativi di grande rilievo e la pinacoteca dei pittori dell'epoca, che ci danno un'ottima idea dei paesaggi e della natura di quei posti, quando la fotografia non c'era o era agli albori. Naturalmente c'era anche la collezione dedicata a Buffalo Bill e un'atra sulle armi dell'epoca. Queste ultime io non le ho visitate, c'eran troppe cose da vedere, bisogna pur tirar fiato, no?.
Altrettanto attraente è stata la visita all'Old Trail Town, vicina a Cody, dove sono state raccolte e recuperate le case ottocentesche in legno che stavano scomparendo. A partire dagli anni sessanta, con un lavoro di ricerca, sono state individuate le vecchie case di legno nei territori circostanti, sono state smontate, riassemblate, restaurate e arredate con mobili dell'epoca. C'è la scuola, il saloon, i carri da trasporto: una piccola cittadina in stile far west, così ben ricostruita da rendere visibile quel pezzo di storia americana.


La città di Buffalo Bill è molto vicina al parco dello Yellowstone, il padre di tutti i parchi, il primo in America, voluto nell'ottocento dal presidente Grant per preservare la natura e la bellezza del luogo. Il parco è situato sulle Montagne Rocciose e si trova per la maggior parte sul cratere di un enorme antico vulcano, che si fa ancora sentire con frequenti movimenti tellurici e manifestazioni geotermiche.
Lo Yellowstone uno dei più grandi ecosistemi intatti rimasti sulla terra in zona temperata, che viene visitato da milioni di persone all'anno. L'ambiente è molto variegato: foreste, montagne, laghi, ed è ricco di animali. Nei due giorni di visita, senza particolari tentativi di ricerca, abbiamo incontrato innumerevoli bisonti, cervi, coyote, piccoli animali, ed anche un orso nero arrampicato in alto su un albero.
L'impressione più forte è data dalla presenza dei numerosi geyser e dalle pozze d'acqua calda, disseminati nel territorio. I vapori che salgono dalla terra e i colori delle grandi pozze calde, con odori a volte pregnanti di zolfo, rendono il luogo a volte veramente surreale.
Sorprendente è anche l'albergo dentro al parco dove si alloggia, con una enorme edificio centrale costruito con smisurati tronchi di legno, che si è preservato dai numerosi incendi che ogni tanto purtroppo nel parco succedono, e che in tutti quegli anni lo hanno spesso sfiorato.
Anche qui ci si trova ad una altitudine media di duemilaquattrocento metri e, a parte gli sbuffi di zolfo in alcuni luoghi, l'aria è molto fine.
Nello scatto vediamo il geyser chiamato "Vecchio fedele", molto visitato perché ripete con regolarità la sua performance e mediamente fa un'eruzione di alcuni minuti ogni ora, lanciando getti d'acqua bollente ad oltre quaranta metri d'altezza.


Proseguendo il nostro viaggio verso sud, per arrivare al Bryce Canyon, passiamo da Salt Lake City, nella terra dei Mormoni, dove investiamo un pò di tempo per conoscere qualcosa di quella gente.
La città è stata fondata nella metà dell'ottocento dai primi pionieri Mormoni, in un territorio poco ospitale per il suo clima semidesertico, soggetto a forti escursioni termiche con scarsità d'acqua nonostante il grande lago vicino che è salato. Hanno coltivato e irrigato l'arida valle e costruito la loro chiesa. La città è la più grande dello stato dell'Utah e conta attualmente circa duecentomila abitanti.
Aprofittiamo della visita alla città per conoscere meglio da vicino qualcuno di loro. Ci invitano, grazie ai contatti presi in precedenza, ad assistere ad una piccola conferenza sulla loro religione e ad una visita alla loro chiesa. Più che una conferenza risulterà essere un tentativo di indottrinamento garbato, proposto da tre ragazze di cui una si esprime bene nella nostra lingua, parlandoci delle qualità universali della loro religione. Ci distribuiscono una loro Bibbia illustrata, scritta in italiano e ci fanno ascoltare un pò della loro musica nella grande chiesa. Veramente organizzati, ma difficilmente credibili per noi ormai troppo smaliziati!
Dopo aver dormito a Salt Lake City percorriamo altri quattrocentocinquanta chilometri ancora verso sud, sempre nello Stato dell'Utah, per visitare il Bryce Canyon.
Il percorso è abbastanza lungo ma la strada è ottima e si arriva sufficientemente presto per vedere lo spettacolo che questo canyon offre.
Anche qui ci troviamo su un altopiano di otre duemilacinquecento metri d'altezza che percorriamo a piedi tutto il pomeriggio, senza però mai scendere in basso, guardando dall'alto le sculture naturali di roccia colorata erosa nei secoli dall'acqua, che hanno creato scenari imprevedibili con innumerevoli pinnacoli.


Il giorno sucessivo ci aspetta un altro programma abbondante di escursioni che ci sollecita a muoverci in fretta da un posto all'altro. Credo però che questo sia un limite insuperabile se si decide di andare in quei luoghi lontani così vasti e si vuole vedere le cose più interessanti in un tempo ragionevole.
Ci dirigiamo verso sud-est per quattrocento chilometri, viaggiando sempre su ottime strade, per visitare l'Antelope Canyon e la Monument Valley, che si trovano vicini nel territorio degli indiani Navajo, in Arizona e al confine con l'Utah.
Per arrivare all'Antelope Canyon passiamo dalla diga sul fiume Colorado che ha formato un grande lago, il lago Powell, enorme riserva d'acqua che insieme ad un altro lago vicino viene in gran parte utilizzata, come vedremo in seguito, per l'energia elettrica e gli altri scopi, non dai nativi, ma dalla grande città nel deserto: Las Vegas.
In quest'ultimo tratto di viaggio cominciamo ad andare un pò in sofferenza per i racconti che ci fa la guida sulle vicissitudini degli indiani, sui loro soprusi subiti e non ancora finiti tutt'oggi. Messi storicamente nelle riserve, nei luoghi meno ospitali e meno produttivi, via via con le nuove scoperte minerarie, il carbone, il petrolio, l'oro e l'uranio, venivano o contenuti in spazi sempre più piccoli o spostati in atri luoghi e spesso depredati delle loro risorse primarie. I nativi sono una minoranza economicamente debole e politicamente fatica a farsi sentire.
Nel punto d'incontro per la visita all'Antelope Canyon ci sono i Navajo a raccogliere i turisti che vengono accompagnati in piccoli gruppi dalle loro guide. La nostra è un giovane dall'aria un pò timida, ma fin da subito si mostra molto disponibile ad aiutarci negli spostamenti e ad indicarci la strada. Per arrivare al sito percorriamo un tratto di strada in una zona desertica di terra giallo-rossa, cosparsa di pietre e di piccoli cespugli verdi, dove si alza un vento che muove la polvere e la sabbia.


Per entrare nel canyon ci sono delle scale che portano giù in basso a diverse decine di metri, dentro le "quinte" di un teatro naturale, fatto di pareti morbidamente modellate nella roccia colorata e striata dalle intemperie secolari.
Dopo la visita, che come ho detto all'inizio ci lascia ricordi incancellabili, riprendiamo il nostro itinerario nella Navajo Nation dirigendoci a est verso la Monument Valley, dove per visitarla si farà un tour con le jeep condotte dalle guide indiane locali.
Quando arrivi nel grandioso anfiteatro, con in vista alle famose torri di roccia rossa, viste tante volte nei film western, si riesce a fatica a staccarsi dalla memoria delle immagini già viste. E' l'effetto "Gioconda", noto ai pittori, che di fronte all'immagine del quadro di Leonardo al Louvre non ti consente di "vedere" la Gioconda così com'è li di fronte, per le troppe immagini fissate nella mente che si sovrappongono a quella reale. Così succede là: si vede finalmente quel panorama favoloso ma ci si chiede se è veramente reale a ci si guarda intorno, le cose e le persone vicine, e si cerca di condividere la sensazioni, quasi per chiedere conferma di esser lì davvero. Le postazioni d'osservazione del panorama non aiutano il turista a dissociarsi dal déjà vu: i principali punti d'osservazione sono intitolati a John Ford e a John Wayne, e ti collocano nei luoghi di ripresa dei loro film più famosi. Su uno sperone di roccia vedi sostare un solitario indiano a cavallo (io pensavo fosse di cartone!) che puoi fotografare con lo sfondo dei monumenti rocciosi, e tutti si affollano intorno per gli scatti.
Ci sono però anche altri momenti veramente gratificanti, dove scopri immagini nuove e bellissime, molto coinvolgenti, che percontro non riesci a fotografare, come per esempio nel percorso fatto con le jeep al ritorno all'imbrunire, dove il panorama scorreva e sfilava con zone punteggiate di vegetazione nel susseguirsi dei grandi blocchi di montagne monumentali, con un paesaggio che cambiava continuamente prospettiva, con luci e colori mai visti. Poi i mutamenti del tempo, con il sole e la pioggia, come ci è capitato di vedere nella nostra visita, che ha modificato radicalmente la visione dei colori e delle luci.
Per non mettere la foto tipica della Monument Valley con il panorama delle torri, posto uno scatto di un gruppo di ragazzi che saltano tutti insieme ridendo sullo sfondo del noto paesaggio.


Dopo questa visita il giorno successivo ritorniamo verso Ovest per altri duecentocinquanta chilometri e ci dirigiamo verso il Grand Canyon.
E' uno dei posti più visitati dell'America e che gode di grande impatto visivo, molto più intenso dal vero che nelle fotografie, cosi come succede in genere per tutte le cose, ma qui il divario si fa molto sentire. E' quasi impossibile rappresentare gli spazi grandiosi e le profondità con il susseguirsi delle rocce e degli anfratti di vario colore che vedi dominandoli dall'alto in uno spazio infinito. Là in fondo il fiume Colorado è un ruscellino sprofondato nei millenni a centinaia e centinaia di metri più sotto. Qualche esploratore si è spinto a percorrere tutto il canyon lungo il fiume anche in epoca recente. Ci sono grandi difficoltà da superare e ci vogliono diverse settimane anche per percorrerlo solo in parte, come è descritto recentemente su un articolo di National Geographic. Solo dieci persone, nella storia del canyon, sono riuscite ad attraversarlo integralmente. Sempre nell'articolo si racconta del rischio di deteriorare irreversibilmente l'ambiente del canyon a causa dell'industria mineraria, per il traffico aereo, per lo sviluppo edilizio, per i troppi turisti e in particolare per l'ulteriore estrazione dell'uranio.
il territorio del Grand Canyon è riserva dei nativi, loro hanno protestato duramente in diverse occasioni per le infiltrazioni di minerali inquinanti di scavo che hanno contaminato l'acqua e per il rischio futuro di ulteriori avvelenamenti.
Per ora godiamoci la vista di questo panorama pensando al "M'illumino d'immenso" di Ungheretti.


Con un salto ad est d'atri quattrocentocinquanta chilometri, passando per un lungo tratto sulla mitica route 66, narrata da scrittori del calibro di Steinbeck e Keruac, approdiamo a Las Vegas, la grande città dei divertimenti nata nel deserto.
Si trova sul percorso per arrivare al parco nazionale della Death Valley. Ha l'aeroporto internazionale che ci consentirà di tornare a casa e che ci dà l'occasione per visitarla. E' la città più grande del Montana che fa più di mezzo milione d'abitanti residenti, nata originariamente in quel luogo arido perché nei dintorni c'erano le miniere, diventando in un secondo momento un importante snodo ferroviario. Poi si è trasformata: solo gli americani potevano concepire l'investimento di grandi risorse in quel luogo piuttosto inospitale. Basti pensare all'enorme quantità d'acqua e di energia elettrica necessari per tenerla in vita, ma sembra che l'economia sia ancora in forte crescita grazie ai milioni di visitatori e al gioco d'azzardo legalizzato. E' sostanzialmente a mio avviso un gigantesco monumento al cattivo gusto, dove puoi vedere per esempio un pezzo di Venezia in scala uno a uno, con i canali, i ponti, l'acqua, le gondole e i gondolieri, sotto un grandioso cielo azzurro illuminato artificialmente. Incredibilmente molta arte contemoranea si ispira a quei modelli, probabilmente perché è l'America attualmente a condurre il gioco del linguaggio delle immagini.
Lungo la Las Vegas Strip, la stradali centrale della città con le diverse arterie che la incrociano, sono concentrati gli alberghi e i casinò, con le luci sfavillanti di sera e con il verde dei prati e degli alberi lussureggianti, dove trovi molto spesso fontane e laghetti. Ma nostante queste grandi contraddizioni di sfarzo e spreco è una città che val la pena di visitare.
Qui sotto vediamo uno spettacolo di giochi d'acqua nel lago dell'albergo Bellagio.


Dopo aver visitato le aver dormito a LV, e prima di partire dal suo aeroporto per il viaggio di ritorno, andiamo nella Death Valley che si trova a due ore di strada. In questo tratto incontriamo molti motociclisti a cavallo di grandi Harley-Davidson, più numerosi di quelli incontrati negli altri percorsi.
La Death Vallei, o valle della morte, è una grande estensione desertica dove un tempo c'era il mare, è lunga più di duecento chilometri, e si trova in una depressione ad una quota mediamente di alcune decine di metri sotto il livello del mare. Durante il giorno le temperature sono elevate e d'estate possono superare i cinquanta gradi centigradi. E' molto pericoloso addentrarsi in questo territorio arido senza essere opportunamente attrezzati, con il carburante sufficiente, con molta acqua per bere e con mezzi di trasporto molto efficienti. Noi siamo arrivati in quest'ultima tappa del nostro viaggio a metà settembre, fino a Badwater, che si trova a ottantasei metri sotto il livello del mare, dove c'è grande bacino alimentato da una sorgente di acqua salata e in gran parte prosciugato nelle stagioni calde dell'anno. Scendendo dal pullman con l'aria condizionata, abbiamo provato a percorrerlo per un tratto a piedi. Inizialmente il forte calore avvertito era compensato dalla secchezza dell'aria, ma a mano mano che procedevi si sentiva nel respiro la salinità che toglieva fiato. Risalendo subito in pullman, e riprendendoci con l'aria condizionata, siamo andati nel centro visitatori, il Furnace Creek Visitor Center, con il termometro ben in vista che segnava nel tardo pomeriggio centootto gradi Fahrenheit (42 gradi centigradi).
Uno dei posti più belli della Valle della morte è il Zabriskie Point, di cui ricordiamo il famoso film di Antonioni. Il nome del luogo deriva da quello dell'imprenditore minerario che all'inizio del secolo scorso che in quel territorio estraeva borace.
Nell'ulimo scatto che segue vediamo uno scorcio di questo luogo particolarmente affascinante. Il nostro viaggio termina qui e porgo un caro saluto ai lettori.





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avatarsenior
inviato il 07 Dicembre 2016 ore 12:46

grazie del bel racconto e delle bellissime immagini.
complimenti per il viaggio da sogno

avatarsenior
inviato il 07 Dicembre 2016 ore 15:10

Grazie anche a te Marco per i complimenti e la lettura
Ciao Piergiovanni Sorriso

avatarjunior
inviato il 12 Dicembre 2016 ore 11:15

Ciao Piergiovanni,
sono un appassionato di viaggi e fotografia, e ho avuto modo di visitare negli ultimi anni parecchie volte gli States ed in particolare la zona centro-ovest. Il tutto sempre organizzato in autonomia, con auto a noleggio e la libertà che ne consegue.

Sono sempre curioso di conoscere le esperienze di chi, invece, si affida a tour operator per visitare queste zone, "imbarcandosi" in tour con altre decine di persone ed una ridotta possibilità di movimento (correggimi se sbaglio) in questi luoghi dove, storicamente, la libertà spettina i capelli e ti entra dentro come la gasoline entra nei cilindri delle automobili.

Nel tuo resoconto ho avuto modo di vedere che avete visitato Yellowstone in due soli giorni, non avete visitato il Grand Teton, a Page non hai citato lo spettacolare Horseshoe Bend, così come i piccoli paesini lungo la Route66 che la rendono caratteristica al di là delle scritte impresse sull'asfalto..

La mia domanda è, quindi, ne è valsa la pena?
Lo chiedo ovviamente senza spirito polemico, ma solo per ricevere un feedback diretto da chi ha un modo di approcciarsi a questi luoghi diverso dal mio.

Ciao e grazie.

avatarjunior
inviato il 12 Dicembre 2016 ore 11:43

Grande viaggio bello molto bello!!!!!Eeeek!!!

avatarjunior
inviato il 12 Dicembre 2016 ore 11:59

Già solo il fatto di aver visto il Devil Tower rende questo viaggio per me memorabile......potessi andarci anche io lo farei subito. Turistico o meno, fotografico o meno, completo o meno bisogna cogliere quello che la vita e le opportunità ci offtono...sperando di godersi ogni momento nella sua completezza. Difficile ma possibile.

avatarsenior
inviato il 12 Dicembre 2016 ore 12:00

Bel raccolto Piergiovanni, per un'esperienza che ti rimarrà per sempre nella memoria. Mi sono ritrovato in alcune sensazioni da te ricordate sulla Monument Valley nel mio viaggio dello scorso anno.
Rispetto alle giuste considerazioni per i vantaggi di un trip più libero, posso dire che, con dieci anni di meno sulla groppa, questa sarebbe stata anche per quanto mi riguarda la soluzione ideale, poiché col viaggio organizzato tante cose si perdono o non vengono fatte come ciscuno di noi vorrebbe. Però con due ernie lombari e moglie a carico non me la sono sentita di affrontare questa avventura senza il supporto di altri compagni di viaggio. In effetti, il nostro, seppur con le limitazioni di cui dicevo, si è rivelato come una fantastica esperienza anche per il buon livello di accompagnatori e autisti e per la fortuna di aver trovato dei simpatici compagni di viaggio. Inoltre, questa soluzione che è rivelata utilissima anche per il disbrigo dei tanti piccoli problemucci che in viaggio possono sempre capitare.
Al di là di queste problematiche, devo dire che di mio, per un viaggio simile, avrei speso altre due settimane come minimo, per un impegno, anche fisico, piuttosto considerevole. Peraltro, alcune cose interessanti si sarebbero difficilmente concretizzate, come ad esempio una discesa nel Grand Canyon, che richiede una prenotazione con discreto anticipo.


avatarsenior
inviato il 12 Dicembre 2016 ore 13:40

Fraxnico, leggo volentieri le tue righe di commento ed in un certo senso non posso che concordare con quello che dici su gli aspetti "esistenziali" dei viaggi ed in particolare in West America. Devi considerare anche, mettendoti nei miei panni se ti va, che le scelte sono condizionate sopratutto dalle proprie performance (vedi commento successivo di Davidex), di quelle che viaggiano con te, e dalla voglia o meno di affrontare l'imprevisto.
Avendo però esperienza anche di viaggi direi piuttosto avventurosi, posso dire che andando a contatto con l'ambiente e le persone molto da vicino, sicuramente il viaggio ha molto più spessore ma rimane sempre un "lontano" rispetto alla vita di tutti i giorni. Ecco perché c'è poi anche la necessità della condivisione per riappropriarci dei ricordi.
Approvo comunque il tuo modo di viaggiare, ciao Piergiovanni Sorriso

avatarsenior
inviato il 12 Dicembre 2016 ore 14:16

Grazie del commento Ittogami!
Ciao Piergiovanni Sorriso

avatarsenior
inviato il 12 Dicembre 2016 ore 14:23

Mi fa piacere il tuo commento Misseri e concordo sul cercare di godersi le opportunità
Ciao Piergiovanni Sorriso

avatarjunior
inviato il 12 Dicembre 2016 ore 14:45

Grazie per la risposta.. ;-)

Non ti avevo fatto i complimenti per le foto, davvero molto belle. Ciao!

avatarsenior
inviato il 12 Dicembre 2016 ore 14:46

Vedo Davide che condividiamo un'esperienza simile in questo viaggio in America. Per me è stato molto bello. Come dice Fraxnico sarebbe stato ancor più bello andarci in auto e girare con più libertà: là ho incontrato persone anche anziane che viaggiavano da soli in macchina e mi dicevano che non era complicato. Personalmente ho problemi di affrontare troppi imprevisti e mi sembra che anche tu, oltre al tuo problema alla schiena, dici che occorre comunque il buon supporto di compagni di viaggio.
Qualche anno fa mi era capitato in un viaggio (organizzato) in Namibia d'incontrare, in aereo all'andata, un francese che insieme a sua moglie e altri due amici viaggiavano da soli. Uno di loro, che mi sembrava il "capogruppo", era in preda al panico per i problemi iniziali che potevano esserci per trovare i fuoristrada a noleggio, per il materiale che si portavano dietro e che l'aereo avrebbe potuto non scaricare perché poteva essersi disperso nei trasbordi..

avatarsenior
inviato il 12 Dicembre 2016 ore 15:21

Effettivamente Piergiovanni facevo riferimento proprio a questi piccoli o grandi imprevisti, che possono sempre capitare, rendendo l'esperienza un poco meno piacevole, specie in situazioni dove necessariamente bisogna cavarsela da sè, senza nemmeno la condivisione con qualche amico con cui sorridere e condividere l'impegno. Tutti fattori che avrebbero creato certamente qualche nervosismo di troppo.
Se tralascio il fatto che temevo un possibile riacutizzarsi del mal di schiena al semplice maldestro sollevamento di una valigia (essì che io le preparo sempre pesantissime MrGreen), che è una questione più che altro legata alla mia condizione, posso fare accenno ai tempi persi per l'uscita dalle grandi città come LA, oppure al potersi turnare alla guida lungo tirate anche di 5-600km al giorno. Poi è anche vero che il bello sta anche nel superare queste piccole cose, ma forse con più tempo a disposizione per razionalizzare gli spostamenti e riposarsi tra una tappa e l'altra, attraverso le bellezze di questo sconfinato paese.
In conclusione, posso dire che il viaggio organizzato (bene, nel mio caso, tramite un'agenzia di SF) è trascorso senza intoppi di sorta, pur con qualche limite nell'approfondimento di aspetti umani e fotografici d'indubbio interesse.

avatarjunior
inviato il 05 Gennaio 2017 ore 16:52

Bellissimo report, complimenti, mi hai fatto venire ancor pù voglia di visitare i luoghi da te decritti, questa estate ho potuto visitare la costa opposta in viaggio di nozze, le enormi metropoli di NY e Washington, e la piccola Boston, la famigerata Niagara che aimè mi ha deluso parecchio, mi attira di più la natura da te descritta, e pero un giorno di poterci andare

avatarsenior
inviato il 05 Gennaio 2017 ore 20:05

Ciao! Complimenti per tutto è stato un gran bel racconto!
Mi permetto di segnalati il mio che ho pubblicato proprio oggi e che in parte si sovrappone al tuo ;-) tra l altro ci siamo mancati di un mesetto

avatarsenior
inviato il 06 Gennaio 2017 ore 9:48

Narratore, ti ringrazio della lettura e del complimento. In effetti gli USA sono così grandi e con una grandissima riserva naturale che vale la pena visitare.
Ciao PiergiovanniSorriso





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