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Fotografia naturalistica e post produzione


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avatarsupporter
inviato il 29 Gennaio 2020 ore 20:37

OK allora la risposta talebana sarebbe che il raw non é valutabile perché é un mosaico e tutto il resto é post produzione.
Quella moderata che una buona foto, secondo me, si valuta al netto di tutte le modifiche di parametri ammesse nella maggior parte dei concorsi, e al lordo di interventi che alterano la scena reale (per intenderci esclusi interventi come clone, o fusione di scatti estrapolati da scene differenti). Ma qui proprio perché tutto rientra nella post produzione il buono diventa giocoforza un metro soggettivo come si discusse prima parlando di cultura

avatarjunior
inviato il 07 Novembre 2020 ore 0:29

Personalmente ritengo che il commento più azzeccato sia quello di Nessunego, la fotografia intesa come forma artistica è sempre una visione personale, il mezzo e l'elaborazione per raggiungere il fine sono trascurabili, una fotografia che mira solo inutilmente (in quanto impossibile) a riprodurre la realtà è solo didascalica. Non esiste un'immagine "oggettiva", sarà sempre soggettiva, il discrimine è solo l'emozione che che l'immagine evoca, il racconto.
Il resto è fuffa, guardiamo un'immagine e vediamo cosa trasmette, come il fotografo sia arrivato al risultato non ha importanza. Questo vale per qualunque espressione artistica, e ogni arte si evolve parallelamente al mondo e alle tecnologie, nelle caverne si disegnava con i carboni e le dita, oggi si può usare un computer, chi pensa di mettere un recinto (e nella storia dell'arte è successo spesso) alle possibilità espressive, non ha una formazione artistica.

avatarsupporter
inviato il 07 Novembre 2020 ore 1:26

Questo è il punto. Hanno messo un recinto ma il tempo lo sta facendo a pezzi. Finalmente la fotografia sta diventando ciò che all' origine copiava: un disegno, un dipinto. Tra qualche anno del recinto fatto da circoli fotografici grandi testate e giurie di concorsi non rimarrà più niente che non sia un po' di polvere e qualche pezzetto di legno. E i fotografi saranno liberi di dipingere e disegnare con strumenti digitali e non analogici come matita e pennelli.

avatarjunior
inviato il 08 Novembre 2020 ore 11:41

A mio parere il centro della questione sta nel considerare la fotografia come un documento o come una forma d'arte e quindi di espressione individuale. È un discorso che riguarda un po' tutte le forme di comunicazione, dalla letteratura alla pittura e via discorrendo.
Nessuno vedendo un quadro espressionista o leggendo un libro fantasy si lamenterebbe della loro scarsa attinenza alla realtà (almeno spero), mentre, al contrario, da un libro che si presenta come saggio, o da un ritratto, ci aspettiamo e richiediamo tutt'altra attinenza alla realtà.
La differenza sta nel fatto che mentre in campo letterario o pittorico o filmico riconosciamo immediatamente la differenza tra le due tipologie, in fotografia ciò diventa più difficile, complice anche una scarsa “educazione” dello sguardo del fruitore medio e il fatto che, almeno per il momento, la foto è considerata ancora dal senso comune una delle rappresentazioni più fedeli della realtà (basti pensare che una foto spesso ha potere probatorio).
A conclusione del discorso direi che un fotografo che si dichiara “naturalista” dovrebbe avvertire l'obbligo morale di mantenersi quanto più possibile fedele alla realtà oggettiva. Ciò non toglie che sia altrettanto legittimo trattare fotograficamente gli animali alla stregua di modelle da ritrarre, ottenendo spesso risultati artistici di prim'ordine. Un po' come in ambito reportage c'è chi coglie l'attimo e chi costruisce la scena.
Sono entrambe forme di comunicazione perfettamente ammissibili salvo, laddove il contesto lo richieda, specificare a quale delle due si stia facendo ricorso.

avatarsenior
inviato il 11 Novembre 2020 ore 14:16

Incredibile come il post appaia anacronistico, pur risalendo non ad alcuni decenni fa ma ad un solo lustro. Nel frattempo tutto è stato "sdoganato".

L'autore si riferisce, in maniera inequivocabile, alla fotografia naturalistica. Non alla fotografia o all'arte fotografica "tout court"...
Come da titolo: " Fotografia naturalistica e post produzione "

avatarsupporter
inviato il 11 Novembre 2020 ore 16:32

Il mondo cambia, caro Simone... che ci piaccia o no. ;-)
Da vecchio simpatizzante di Fabrizio De André, amo il cambiamento. Sorriso

avatarsenior
inviato il 12 Novembre 2020 ore 8:41

Questo è il punto. Hanno messo un recinto ma il tempo lo sta facendo a pezzi. Finalmente la fotografia sta diventando ciò che all' origine copiava: un disegno, un dipinto. Tra qualche anno del recinto fatto da circoli fotografici grandi testate e giurie di concorsi non rimarrà più niente che non sia un po' di polvere e qualche pezzetto di legno.

Tutto perfettamente condivisibile caro Claudio... attenzione però:

E i fotografi saranno liberi di dipingere disegnare con strumenti digitali e non analogici come matita e pennelli.

perché qui non si parlerà più di fotografia ma di pittura... seppure con altri mezzi ;-)

avatarjunior
inviato il 12 Novembre 2020 ore 10:36

Secondo me non è cambiato nulla né nell'ultimo lustro né nell'ultimo decennio.
La post-produzione è sempre esistita e la fotografia non è mai stata rappresentazione precisa della realtà in senso assoluto, ma sempre come percepita dai mezzi utilizzati ed eventualmente dalla persona.
Non voglio entrare in filosofismi o definizioni complicate che non saprei neanche utilizzare, però, semplificando il tutto:
-esiste la fotografia didascalica, che tende a rappresentare la realtà quanto più fedelmente possibile, avvicinandovisi magari asintoticamente;
-esiste la fotografia interpretativa, che sfrutta tutta la capacità di visione del mezzo fotografico utilizzato, hardware o software che sia;
-esiste l'arte grafica che vuol dire tante cose e può basarsi sulla fotografia ma sicuramente è qualcosa d'altro.
Il confine tra queste è sempre stato labile e soggettivo; oggettivo solo parzialmente.
Ognuno metta il confine dove preferisce, non facciamo però finta che non esista.
Solo a titolo di esempio, sostituire un cielo a caso, per quanto coerente con la situazione ripresa e pieno di buon gusto, come va sempre più di moda, non è come fare una doppia esposizione, enfatizzare dei colori registrati dalla fotocamera, convertire in bianco e nero, fare una lunga esposizione per vedere più colori ed avere più luce o fare un focus stacking, perché cambia completamente il rapporto tra la fotografia e la scena ripresa. Non solo, cambia anche totalmente il rapporto tra il fotografo e la scena ripresa. Questo, in misura diversa, succede anche nella pittura.
Oltre a ciò, un altro aspetto fondamentale è quello relativo al mantra che in molti ripetono e che per quanto ripetuto come un fatto oggettivo non è altro che un dogma personale: l'importante è il risultato.
Per me il risultato è importante, l'estetica e le emozioni/atmosfere/sensazioni che si porta dietro sono fondamentali, però da solo il risultato ha un valore limitato, una fotografia od un'opera riesco ad apprezzarla tanto più a fondo quanto più ne apprezzo il percorso che ha portato a realizzarla, lo stesso vale per il disprezzo, troppe volte ho visto fotografie discrete od anche belle fintanto che non conoscevo il come erano state ottenute, e sono sicuro che facendo gli esempi corretti questo valga per molti di quelli che ripetono che l'importante è il risultato; tale percorso va quindi conosciuto quanto più possibile.
Una bella fotografia ottenuta di fronte ad una scena naturale, vissuta dal fotografo, non avrà mai il valore di una fotografia simile ma con un cielo incollato da un'altra situazione e senza alcuna relazione con il momento ripreso. Un collage grafico potrà essere un'opera di grande valore, e potrei apprezzarlo molto, specialmente conoscendone l'origine, però non potrà contare sicuramente di un valore naturalistico ma solo di valori estetici, interpretativi ed emozionali differenti.
Questo è coerente con il fatto che il valore di una fotografia o di un'opera non è un valore assoluto, può cambiare nel tempo e sarà sempre relativo ad un certo riferimento.
Ognuno ha una propria visione, e non ho alcun interesse a cambiarla in favore della mia, però voler ridurre tutto ai due estremi di fotografia, didascalico-realistica contro tutto il resto, per me non ha alcun significato; è proprio nel mezzo la parte più interessante della fotografia naturalistica.






avatarsenior
inviato il 12 Novembre 2020 ore 10:53

Più che d'accordo con Paolo Pigini

avatarjunior
inviato il 12 Novembre 2020 ore 11:13

Il tema è articolato e come sempre di questi tempi tendiamo a dividerci in schieramenti piuttosto che analizzare i singoli aspetti che compongono la vicenda:
1) cos'è la fotografia?
2) nella fotografia naturalistica è più importante l'arte fotografica o la passione per gli animali e le piante?
3) il valore morale come si interfaccia rispetto a 1) o a 2)?
Come piccola premessa dobbiamo accorgerci che argomentazioni che usino il principio di autorità o la bravura nella suddetta branca della fotografia lasciano il tempo che trovano: un buon fotografo non è detto che sia un altrettanto eccellente filosofo della fotografia. In questi discorsi sono la logica e i concetti a dettare forma al dialogo.
1) Il termine "fotografia" significa letteralmente: scrivere con la luce. Dunque con un termine così vago qualsiasi elaborato che abbia alla base l'esser stato fatto con la luce potrebbe esser considerato un oggetto fotografico. Ergo anche la pittura con acquarelli potrebbe esser definita fotografia. Se ci mettiamo in questa ottica la fotografia digitale non solo è fotografia quanto quella analogica, ma è anche più fotografia di quella del passato mettendo a disposizione del fotografo nuove "lettere" di luce (sto forzando l'analogia ma non voglio esser troppo rigoroso dal momento che solo da questo primo punto si fanno interi trattati).
Va inoltre detto che come ogni mezzo espressivo può essere tanto documentaristico quanto artistico e sta solo all'autore della produzione scegliere il registro.
2) Risolti in 1) i problemi legati alla fotografia ci dobbiamo solo calare in un contesto più specifico. "Naturalismo" è la corrente letteraria e artistica che si occupa della riproduzione del mondo con obiettività. Dunque il carattere documentaristico di una fotografia naturalistica è preminente affinché si possa parlare di "naturalistica". Va anche detto che il termine "obiettività" non indica assolutamente che una post-produzione atta a replicare i colori variopinti di alcuni animali, a restituire la tridimensionalità del soggetto o a far risaltare la pelliccia sia contro questa idea di realismo. Quindi anche le reticenze sulla pp andrebbero largamente ridimensionate almeno nei casi in cui non vi sono aggiunte o rimozioni evidenti e "distorcenti" della realtà. Va dunque sottolineato che l'importanza del naturalismo nella fotografia omonima non dovrebbe essere uno specchietto per bandire la tecnologia che supera, migliorando, le abilità dell'occhio umano, ma al più dovrebbe esser guidata con quello che si definisce gusto.
3) Siamo dunque arrivati al punto in cui è il carattere morale di una persona a dettare il limite nell'utilizzo della post-produzione e salvo in casi particolari come la fotografia naturalistica, o la fotografia documentaristica, (dove una pp meno esasperata e invasiva sarebbe richiesta) la pp ha largo spazio nel medium fino al punto di aggiungere o rimuovere oggetti o persone.

avatarsenior
inviato il 12 Novembre 2020 ore 14:05

Il mondo cambia, caro Simone... che ci piaccia o no. ;-)
Da vecchio simpatizzante di Fabrizio De André, amo il cambiamento.

Sarà così Claudio, anche se invidio un pò a esser sincero il tuo sano ottimismo.
Leggendo alcuni interventi (intendiamoci: tutte corrette analisi e legittime opinioni) più che De Andrè mi viene in mente Pirandello: "Uno, nessuno e centomila "


avatarsupporter
inviato il 12 Novembre 2020 ore 14:23

De André era anticonformista. Gli schemi e la loro rigidità erano oggetto della sua critica e del suo sano sarcasmo. Dal momento che la fotografia ha cambiato supporto, è evidente che le categorie e i limiti chimici del supporto analogico non le appartengono più.

Chi non lo accetta dovrà farsene una ragione ;-)

avatarsenior
inviato il 12 Novembre 2020 ore 17:24

Io credo che tra l'ottimismo di Claudio e il pessimismo di altri sia difficile, per non dire impossibile, definire quanta pp sia lecita in una foto naturalistica, per cui - parafrasando Montale - dirò che resta da fare la fotografia 'onesta'.
Che in fondo significa solo dichiarare quando si usano delle tecniche un po' al limite e forse non molto giustificabili da un punto di vista etico.
Per es. i carnai, gli insetti morti o congelati, la situazione costruita artificialmente...
Che spesso si capisce subito: se x es. vedo un'astore sopra una lepre posta nella forcella di un albero a 2 metri d'altezza, direi che l'appellativo wild così di moda forse è un po' fuori luogo.

Ma tornando alla pp, diciamo che non è 'onesto' sostituire il cielo in un'immagine.
Se io facessi 2 scatti, uno ad un corvo imperiale in volo ed un altro subito dopo allo stesso cielo, montando poi le 2 foto: di fatto non ho stravolto la realtà della mia foto, dato che ho ritratto il soggetto nel suo ambiente nel corretto momento (a pochi secondi di distanza). Però ho potuto avere come risultato un cielo con la giusta luminosità, che non avrei avuto altrimenti (mai provato a farlo, troppo complicato per le mie scarse doti in pp).
Se avessi invece fotografato il corvo piazzandolo poi in un cielo d'archivio avrei 'barato' alquanto. O no?
Più semplicemente, nel caso di un singolo scatto, trovo che lavorare sul colore del cielo in pp cercando di restituirne il colore reale sia più che legittimo: un cielo bianco o quasi esiste solo nella mia esposizione sul soggetto, non è reale, non è il colore di quel cielo durante il mio scatto.

Altro esempio.
Ho uno scatto con 2 Chiurli piccoli in volo ad una distanza accettabile: bella situazione, ma sono un po' troppo lontani, andrebbero avvicinati un po'.
Bene, taglio un pezzo di cielo, o sposto uno dei 2 soggetti in modo da averli più vicini.
Questo son riuscito a farlo anch'io.
Adesso ho una foto che mi consente di croppare un po' di più, sicuramente più interessante.
Però, sarà perché ne sono conscio, non riesco ad accettarla fino in fondo, e infatti non la pubblico.
Dal mio punto di vista non è 'onesta'.
Se l'avessi vista nel forum scattata da un altro magari mi sarebbe piaciuta.
È un intervento accettabile?
In fin dei conti, sembra che aggiungere un pezzo di sfondo sopra, sotto o ai bordi per equilibrare la composizione sia un intervento comune.
Lo ha fatto Roberto Marchitelli in quella splendida foto della Garzetta in volo citata da Va.Mark: secondo me il problema è essere disposti ad ammetterlo. E Roberto, che è un gran signore per quel poco che lo conosco, non ha avuto problemi a spiegare la sua foto.

Questo per dire che stabilire dove si possa arrivare con la pp, quali interventi siano accettabili e quali no, non credo sia possibile.
Nemmeno fissare un tempo di lavoro: io, che sono piuttosto incapace, in 5' a parte duplicare un livello faccio ben poco!

Comunque, se i mezzi ci sono ritengo sia giusto usarli. Senza nasconderne l'uso.

avatarsenior
inviato il 12 Novembre 2020 ore 17:38

Io valuto la foto, non dove è arrivata la PP. L'importante, in naturalistica, la salvaguardia del soggetto.

avatarsenior
inviato il 12 Novembre 2020 ore 19:33

Ma se faccio una foto per hobby sarò libero di fare tutta la PP che voglio? Vedo spesso foto di uccelli con sfondi arancioni, verdi rossi completamente innaturali ma che stanno bene nella composizione e me ne frego altamente se il colore è stato aggiunto mica sono un biologo che cataloga animali! Se la PP non mi piace al massimo lo dico ma non è che non bisogna farlo.

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