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... Dessi retta alla mia passione... riporterei una mezza tonnellata di canzoni di Jacques Brel...
Temperando il mio entusiasmo [tranquilli! ] , mi limito a proporre l'interpretazione particolare che Marianne Faithfull ha dato della famosa Dans le port d'Amsterdam . La canzone è tradotta in Inglese con minime variazioni fedeli al testo ed al senso originali.
Il testo inglese:
In the port of Amsterdam There's a sailor who sings Of the dreams that he brings From the wide open sea In the port of Amsterdam There's a sailor who sleeps While the river bank weeps To the old willow tree In the port of Amsterdam There's a sailor who dies Full of beer, full of cries In a drunken town fight In the port of Amsterdam There's a sailor who's born On a hot muggy morn By the dawn's early light In the port of Amsterdam Where the sailors all meet There's a sailor who eats Only fish heads and tails And he'll show you his teeth That have rotted too soon That can haul up the sails That can swallow the moon And he yells to the cook With his arms open wide Hey, bring me more fish Throw it down by my side And he wants so to belch But he's too full to try So he stands up and laughs And he zips up his fly In the port of Amsterdam You can see sailors dance Paunches bursting their pants Grinding women to port They've forgotten the tune That their whiskey voice croaked Splitting the night With the roar of their jokes And they turn and they dance And they laugh and they lust Till the rancid sound of the accordion bursts And out of the night With their pride in their pants And the sluts that they tow Underneath the street lamps In the port of Amsterdam There's a sailor who drinks And he drinks and he drinks And he drinks once again He'll drink to the health Of the w-hores of Amsterdam Who've given their bodies To a thousand other men Yeah, they've bargained their virtue Their goodness all gone For a few dirty coins Well he just can't go on Throws his nose to the sky And he aims it up above And he pisses like I cry On the unfaithful love In the port of Amsterdam In the port of Amsterdam
Proprio così... nel riprendere quel passo mi è parso interessante paragonare all'originale la versione inglese, fra similitudini e differenze. Parlando di voci londinesi, della stessa canzone aveva fatto una buona cover anche David Bowie. Personalmente, sarà per la generazione a cui appartengo, preferisco ancora l'originale, fisarmonica compresa.
A proposito... è lo strumento che accompagna, da solo, un'altra canzone di Jacques Brel che non resisto a proporre, sia per il testo sia per l'arrangiamento: L'Eclusier
Ricambio il ringraziamento
A.
Aggiungo, per comodità, il testo:
Les mariniers Me voient vieillir Je vois vieillir Les mariniers On joue au jeu Des imbéciles Où l'immobile Est le plus vieux Dans mon métier Même en été Faut voyager Les yeux fermés
Ce n'est pas rien D'être éclusier
Les mariniers Savent ma trogne Ils me plaisantent Et ils ont tort Moitié sorcier Moitié ivrogne Je jette un sort À tout c'qui chante Dans mon métier C'est en automne Qu'on cueille les pommes Et les noyés
Ce n'est pas rien D'être éclusier
Dans son panier Un enfant louche Pour voir la mouche Qui est sur son nez Maman ronronne Le temps soupire Le chou transpire Le feu ronchonne Dans mon métier C'est en hiver Qu'on pense au père Qui s'est noyé
Ce n'est pas rien D'être éclusier
Vers le printemps Les marinières M'font des manières De leur chaland J'aimerais leur jeu Sans cette guerre Qui m'a un peu Trop abîmé Dans mon métier C'est au printemps Qu'on prend le temps De se noyer
Grazie, Ben-G. E' un ascolto di certo stimolante ma talmente diverso da quello della più diffusa musica tonale da richiedere (per dirla con Adorno) una “diversa disposizione intellettuale”. Riporto quel che in merito scrisse Mauro Mancia:
Personalmente, sono di quelli che pensarono che l'evitamento sistematico dei modi rassicuranti da parte della cd. Musica Contemporanea (specialmente quella delle avanguardie del secondo dopoguerra) recasse, a monte di altro, l'angoscia dell'Uomo del Novecento derivante dalla sua progressiva separazione dalla Natura. Al riguardo un compositore come Edgard Varése, negli anni '30, disse più volte che il senso della Natura ormai risiedeva nei suoni della civiltà corrente, delle città.
Tuttavia… Non riuscii a decidere del perché non mi risultava inquietante una musica certamente “urbana” come, ad esempio, il Free Jazz: forse perché ne avevo già metabolizzato gli stilemi e le dissonanze? O forse perché esso non reca trasgressioni e dissonanze eccessive (cioè in contraddizione sistematica con le regolarità della struttura stessa della vita)? Insomma, la solita questione del confine fra natura e cultura.
Per quanto il lockdown non ci sia più, ai fini di un “relax” completo, per mia inclinazione, preferisco appoggiarmi a qualcosa di più suadente, minimalista in genere, come nel caso seguente:
Ringrazio Louis-cyphre per aver riportato dei buoni “vecchi ricordi” .
Ringrazio Ben-G per il consueto pregio dei suoi interventi e per l'ultima sua segnalazione, davvero interessante…
… Specialmente per la figura dai tratti quasi mitologici di Don Allum, figura che mi fà pensare ad un Sisifo ribelle che ha sostituito l'inautentica ripetitività degli usi comuni con la propria: autentica, eroica nonché compiaciuta, così reclamando la proprietà del suo destino. Non lo conoscevo. Forse sarebbe piaciuto ad Albert Camus.
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