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Il dubbio, il kitsch, l'arte.







user46920
avatar
inviato il 07 Marzo 2015 ore 10:12

tutti riconoscono la Gioconda come un'opera d'Arte

dirò una verità che non fa testo:
... sinceramente la Gioconda a me non interessa molto e non trovo sia "un'opera d'arte" (anche se lo è certamente), a cui preferisco la Dama con ermellino, anche per i colori più "allegri", ecc ... ma sui disegni di Leonardo, ovvero sui bozzi o gli abbozzi del da Vinci, non c'è riserva alcuna ... quelli sono i veri capolavori !!! ... i disegni della battaglia di Anghiari (per esempio), mi sembrano migliori "dell'affresco" (della pittura) e in tutti i suoi disegni si riconosce la mano !!! (mia opinione)

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2015 ore 10:47

Nemmeno a me la Gioconda sembra il capolavoro più riuscito di Leonardo (forse perché ci ha lavorato troppo a lungo, come se fosse un suo "tarlo" inconscio, e probabilmente lo era), però che sia quello più conosciuto mi sembra emblematico del fatto che tutti riconoscono le opere che si pongono quantomeno in prossimità dei vertici della categoria Arte; è scendendo più in basso che il riconoscimento diventa sempre più incerto e, oltre tutto, proprio scendendo verso il basso acquista maggior peso, nell'espressione di un giudizio, quell'apprezzamento personale che già sulla Gioconda stiamo esprimendo. Immagina se stessimo valutando un'opera di un artista minore, magari "di scuola manieristica"; sicuramente inizierebbe ad affiorare persino il dubbio del kitsch. Nella fotografia il problema si amplifica in modo addirittura drammatico, per il semplice fatto che siamo molti di più rispetto ai pittori, quindi anche il "manierismo", che comunque è spesso una sorta di passaggio obbligato nella crescita personale, è dilagante.

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2015 ore 10:56

Manierismo di cui la PP è uno dei veicoli principali...

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2015 ore 11:03

Mentre scorrono le nostre riflessioni, mi sto rendendo conto che i parametri che ciascuno di noi utilizza nel valutare un'immagine, non sono "gestibili" con la medesima abilità; insomma, non hanno la stessa "facilità d'uso".
Per esempio: una volta appresi i principi della composizione, diventa relativamente semplice applicarli ad ogni osservazione; fondamentalmente è una questione di allenamento. Così come è facile valutare se un ritocco su un'immagine di paesaggio è un po' troppo forzato rispetto alla possibile realtà di quel momento. Ma l'impatto emozionale non lo si studia, non lo si acquisisce in modo consapevole, quindi è molto più difficile da gestire.
Un'immagine che, per tutta una serie di considerazioni logiche e culturali, siamo i primi a definire kitsch, potrebbe avere comunque un primo impatto emozionale coinvolgente; credo che ogni tanto capiti a tutti e che la cosa ci crei una sorta di imbarazzo. Anche per voi è così?

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2015 ore 11:07

Manierismo di cui la PP è uno dei veicoli principali...

Vero, ma pensa a quanti elaboravano in camera oscura, non solo applicando le procedure ideate da A. Adams, ma cercando di dosarle esattamente come faceva lui!

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2015 ore 11:13

Un'immagine che, per tutta una serie di considerazioni logiche e culturali, siamo i primi a definire kitsch, potrebbe avere comunque un primo impatto emozionale coinvolgente; credo che ogni tanto capiti a tutti e che la cosa ci crei una sorta di imbarazzo. Anche per voi è così?


Certamente. Ed è stato descritto e studiato sufficientemente.

La percezione emozionale è sicuramente il primo stadio attraverso il quale ci facciamo un'idea dell'oggetto. Quello che dovrebbe essere chiaro è che NON è l'ultimo, né quello decisivo: ciò che decide in un'ultima istanza è la componente razionale, anche se giunge da buon secondo.

Ritenere che il giudizio finale sia comunque attribuito dall'impressione emotiva è una delle ragioni per cui alcuni considerano esclusivamente soggettivi i giudizi estetici. Ed è una delle ragioni che si adduce per negare la possibilità di attribuire un valore estetico in modo intersoggettivo e consapevole.

Questo è il motivo per cui ritengo imprescindibile anche la posizione sostenuta da Occhiodelcigno all'interno del dibattito. Ed anche la critica su base gadameriana considera necessario il momento di razionalizzazione e di storicizzazione, come momento di oggettivazione scientifica degli enunciati, indispensabile a consentirne la falsificazione (Popper).

Quindi sì, il Kitsch potrebbe aiutare in un primo istante un'opera a farsi notare, a colpire l'attenzione. Ma poi le nostre facoltà critiche, se ci sono, hanno di solito la meglio ed il tentativo è abortito.

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2015 ore 11:29

Ritenere che il giudizio finale sia comunque attribuito dall'impressione emotiva è una delle cause per cui alcuni considerano esclusivamente soggettivi i giudizi estetici. Ed è una delle cause che tendono a negare la possibilità di attribuire un valore estetico in modo condiviso e consapevole.

Questa è una delle migliori spiegazioni del problema, e dalla lettura comprensibile, tra quelle che ho trovato finora, persino rispetto a cose lette in lavori di sociologi e compagnia cantante

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2015 ore 11:44

Daniele

Vero, ma pensa a quanti elaboravano in camera oscura, non solo applicando le procedure ideate da A. Adams, ma cercando di dosarle esattamente come faceva lui!


A.Adams è l'unico nome che ritengo indenne dal sospetto di manierismo in PP.

Prima di tutto perché penso che sia anche AP (ante produzione, se mi passi lo scherzo!) cioè perché il metodo di trattamento del negativo è previsto completamente nei dettagli sin dal momento dello scatto.

E poi perché è un trattamento di esposizione-sviluppo non locale: e quindi lo classifico come elemento del processo "necessario", nel senso "inevitabile", al pari di altri sistemi.

Sulla stampa la considerazione è meno sostenibile, ma visto il principio ispiratore generale tenderei a restare della stessa opinione.

Con questo non voglio dire assolutamente che la PP è brutta e cattiva: la trovo anzi necessaria in tutti i casi. Purtuttavia osservo, semplicemente, che è un veicolo di manierismo molto evidente.

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2015 ore 11:59

Paolo, concordo in tutto

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2015 ore 12:03

" Manierismo di cui la PP è uno dei veicoli principali..."
Vero, ma pensa a quanti elaboravano in camera oscura, non solo applicando le procedure ideate da A. Adams, ma cercando di dosarle esattamente come faceva lui!

A.Adams è l'unico nome che ritengo indenne dal sospetto di manierismo in PP.

----------------
la post produzione è sempre esistita... SEMPRE ... e se leggi la Trilogia di Adams ci troverai le spiegazioni .

cio che cambia è il concetto di PP ...

se la post produzione è la correzione o la interpretazione di qualità e quantità di luce presenti sul fotogramma allora è vera post produzione. .. un sensore digitale quanto una pellicola non riuscirai mai a esporre in modo corretto tutto cio che c'è sulla scena... per cui "mascherare" in camera oscura cio che è risultato impreciso in ripresa non vuol dire "post produrre" ma far si che quella foto "interpretata" bene raggiunga il massimo della sua espressione in relazione ad una determinata carta dove andra stampata. .. : ci sono foto che hanno notifiche di interventi tali di mascherature da riempiere fogli protocolli interi.. sia che si tratti di BN che si tratti di colore anche se sul colore è più difficile ...
Lo stesso metodo tonale è di fatto l'anticamera della PP .. perché se esponi seguendo il metodo tonale dai un interpretazione delle luci media permettendo alla maggior parte di quanto ripreso di apparire leggibile, rendendo possibile in sede di sviluppo e di camera oscura un intervento entro valori di 3/4 di diaframma o di un diaframma massimo ... per avere neri più intensi e leggibili e bianchi non bruciati...

poi si arrivo al digitale .. : dapprima i sensori erano espressione più del calcolo e poi sono divenuti espressione del vero colore... : sono cambaite le tecniche di stampa .. per cui oggi il BN e il colore lo stampi sulla stessa carta a colori .. per cui devi fornire al laboratorio che provvede alla stampa il fotogramma gia finito.. Se .. segui il procedimento di prima .. intervieni sempre e soltanto sulla luce .. facendo mascherature usando i vari lightroom e i capture ... Differenze ? nessuna tra il digitale e l'analogico .. Ma qui nasce il primo problema grosso ... Se hai esperienza di camera oscusa sai come operare anche su un software .. se sai cosa è un negativo sai anche cosa e come operare su un file...

diversa è la PP in cui togli baffi barba lisci la pelle gonfi i seni arrotondi i glutei o inserisci e togli oggetti piante montagne o ogni altra forma di composizione a posteriore di cio che non avevi nelal realta. questa non è PP questa è trasformazione del processo compositivo .. lo scatto non è più una fotografia ma ne diventa solo un veicolo per arrivare alla fine del progetto o della interprtazione.

tornando al concetto inziale del forum .. penso e ritengo che è in questo contesto che la moda , le mode software .. i profili colori dei vari forum ... possa trasformare ogni lavoro fotografico in un kitsh.. o perché non sai cosa fare, o come farlo o perché segui la moda... e hai necessita poi del like di turno per capire se sei sulla strada giusta. ..

ma oggi poca gente stampa le foto, il più viene veicolato sul monitor e quindi le variabili sono infinite e distruttive.. : se calibri un lavoro su un monitor professionale e lo mostri ad una persona che ha un monitor da smartphone o da computer laptop ... tutto cio che hai fatto se ne va nelle variabili dei software..

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2015 ore 13:03

Wallywally

Non ho mai sostenuto che la PP sia caratteristica del digitale o comunque del nostro tempo.
E dirò anche di più: il criterio da me sostenuto per tenere indenne Adams dal sospetto di manierismo è ben poco robusto.
Per dimostrarlo basta pensare ai RAW sviluppati con Luci tutto in recupero, Ombre tutto in recupero e Chiarezza e Contrasto in grossi dosaggi. Non c'è alcun trattamento localizzato (nel senso che per quanto i regoli agiscano in maniera differenziata sulle parti dell'immagine, le parti sono individuate in virtù delle loro proprietà automaticamente, con algoritmo fisso) : eppure non si può negare che l'effetto costituisca una delle "maniere" più diffuse.

La PP è necessaria, probabilmente sempre. A mio giudizio fa parte irrinunciabile del criterio di arte e di maestria l'utilizzo di tutti i metodi che possono contribuire a piegare la materia alle necessità dell'artista.

Ma il criterio per stabilire se è buona o cattiva NON può essere definito a priori (nel senso che non si riesce a farlo): solo di fronte al risultato si può dire se è ben fatta o se è peggiorativa. Se è un plus o un minus. ;-)

Per capirci:
la PP rientra nella sfera dell'artigianato, che naturalmente può essere raffinato oppure rozzo. Il docente del workshop ti insegna la tecnica per ottenere un effetto. Nel caso migliore, anche una tecnica raffinata.

Cosa assai diversa è, però, decidere come, quando e dove usarla, in che misura ed assieme a quali altri effetti. Che sono cose che, più che all'artigianato, attengono ad una poetica. E che non si insegnano nello spazio limitato di un workshop.

Paolo

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2015 ore 16:03

Wally, Paolo, in effetti il problema non sta nello strumento che usi, ma nelle motivazioni e nella consapevolezza con cui lo usi, e sono perfettamente d'accordo con Paolo sul fatto che non si tratta di una consapevolezza tecnica, artigianale, ma di una "poetica" (il solo fatto che utilizziamo questa parola così inafferrabile la dice lunga sulla difficoltà di apprendere una "poetica", figuriamoci quella di insegnarla!)

avatarsenior
inviato il 07 Marzo 2015 ore 17:01

D'accordo con te, con la precisazione che si tratta "anche" di una consapevolezza tecnica e artigianale, che però è insufficiente a garantire un esito artistico. Condizione Necessaria, anche se certamente non Sufficiente. ;-)

Questo perché quando si arriva a parlare di poetiche il discorso diventa arbitrario, ed io devo ammettere di avere una concezione etica dell'arte, nella quale l'artigianato e la scuola di bottega - come probabilmente avrai intuito - hanno un ruolo ineliminabile.

Con questo ho svelato che attribuisco ancora un ruolo fondamentale all'educazione accademica - pur non considerandola sufficiente a creare artisti, la considero necessaria. E dunque che parteggiavo per la concezione p. es. della Scuola Romana di pittura e non per quella - vincitrice nella storia - della biennale.

Ma questo è facile capirlo se pensi che in musica a pochi verrebbe in mente che è possibile creare un violinista con un corso triennale!! Mentre ormai nelle accademie di belle arti i corsi di materie principali, quali pittura, scultura etc. durano anche 1 solo anno.

Gli esiti artistici da... biennale, a queste condizioni, non sono più una scelta: diventano praticamente obbligatorii.

user46920
avatar
inviato il 07 Marzo 2015 ore 22:52

Con questo ho svelato che attribuisco ancora un ruolo fondamentale all'educazione accademica - pur non considerandola sufficiente a creare artisti, la considero necessaria.


Creare artisti è un po' come creare arte, se non più complesso ... l'accademia serve, ma prima o poi come dici è necessario altro ... tipo "l'educazione sensibile" come afferma Francesco (se non ho frainteso) ... o proprio, altro !!!

avatarsenior
inviato il 08 Marzo 2015 ore 10:43

Mentre ormai nelle accademie di belle arti i corsi di materie principali, quali pittura, scultura etc. durano anche 1 solo anno.

Capisco benissimo; io non ho frequentato l'Accademia, ma l'Istituto d'Arte si; poi ci ho anche insegnato (per la verità Tecnologia e Chimica, non materie d'indirizzo propriamente dette), e già nel passaggio tra le due "epoche" ho visto una contrazione degli insegnamenti specifici a beneficio di un presunto "allargamento culturale" che però, realizzato limando tempi e metodi di ciascun insegnamento, finisce per diventare molto più superficiale di prima. Insomma, si tende a creare dei "tuttologi" incapaci piuttosto che indirizzare e coltivare le potenzialità di ciascuno. Considerando che qualcosa di simile affligge anche il livello superiore (Università e Accademia), non stiamo facendo altro che rimandare a "data da destinarsi" la maturazione personale delle nuove generazioni. Credo però che esista, nell'evoluzione fisiologica naturale dell'individuo, un livello che, se viene superato senza aver già raggiunto un certo grado di autocoscienza, genera solo "consumatori" in massa anziché individui capaci di scelte. In un quadro del genere non può stupire che il kitsch diventi una sorta di nuovo paradigma, e nemmeno che l'Arte e la cultura subiscano un rifiuto "generazionale". Persino il dubbio viene vissuto come "generatore di incertezza", anziché maturare come strumento di discernimento e valutazione per non lasciarsi tentare da visioni assolutistiche; ma vissuto così è ovvio che non abbia più nessuna funzione.

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